Cass. pen., sez. IV, sentenza 10/05/2023, n. 19652
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te SENTENZA sul ricorso proposto da: KEIT ABUBACAR nato il 20/02/1995 avverso l'ordinanza del 21/02/2022 della CORTE APPELLO di PALERMOudita la relazione svolta dal Consigliere A M;lette le conclusioni del PG e del Ministero dell'Economia e delle Finanze RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Palermo ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da K A (alias K A) in relazione alla sofferta custodia cautelare in carcere subita dal 15/4/2015 (data dell'esecuzione del fermo di indiziato di delitto) sino al 20/2/2017, in riferimento a un capo di imputazione provvisorio già ipotizzante il reato di omicidio plurimo contestato ai sensi degli artt. 110, 112 n.1 e 575 cod.pen., aggravato ai sensi dell'art.3 della I. n. 26 maggio 1993, n.205;condotta perfezionata per avere cagionato, in concorso anche con ignoti, la morte di nove migranti, gettandoli in mare per motivi di odio religioso;reato in relazione al quale, con sentenza del 20/2/2017, la Corte d'assise di Palermo lo aveva assolto per non aver commesso il fatto, con pronuncia confermata dalla Corte d'assise d'appello e divenuta quindi irrevocabile il 16/10/2019. La Corte d'appello, quale giudice adito ai sensi dell'art.315 cod.proc.pen., ha osservato che la domanda del ricorrente non poteva essere accolta, avendo lo stesso contribuito con il proprio comportamento a indurre l'autorità giudiziaria a intervenire nei propri confronti. Ha osservato che, nella valutazione compiuta dal GIP, erano risultate determinanti le dichiarazioni rese dai testimoni che avevano riferito in ordine alla partecipazione dell'indagato all'azione, operando altresì degli accurati riconoscimenti fotografici e che - anche in sede di incidente probatorio - l'istante era stato riconosciuto come uno dei correi dell'azione da parte di ben quattro soggetti. Ha rilevato che la sentenza di assoluzione si fondava sul presupposto della ritenuta genericità e imprecisione della prova specifica, ma che in sede cautelare il quadro indiziario si presentava grave e non connotato dagli attributi della illegittimità o della arbitrarietà;ha rilevato quindi come il connotato ostativo della colpa grave potesse essere individuato sul piano di un atteggiamento di connivenza passiva, idoneo a determinare un oggettivo rafforzamento della volontà criminosa degli agenti, anche in considerazione del mancato intervento del ricorrente nel momento in cui le vittime erano state gettate al di fuori del natante. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione K A (alias K A), a mezzo del proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione, con il quale ha dedotto l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale - con riferimento all'art.314 in relazione all'art.643, comma 1, cod.proc.pen. - nonché la mancanza, contraddittorietà o illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di dolo o colpa grave quale causa determinante l'ingiusta detenzione nonché per travisamento degli atti processuali fondanti la misura cautelare, in relazione all'art.606, comma 1, lett.b, c) ed e), cod.proc.pen.. Ha dedotto che i dati indiziari valorizzati dal giudice della riparazione e che avevano portato all'emissione dell'ordinanza applicativa erano stati smentiti dal giudice della cognizione all'esito dell'istruttoria dibattimentale e che nessun elemento idoneo a comprovare la colpa grave o il dolo in capo al ricorrente poteva essere dedotto dagli esiti dell'interrogatorio reso all'esito dei fermo;ha dedotto che il vizio genetico dell'ordinanza impugnata consisteva nel ritenere di poter rivalutare gli elementi di indagine posti a sostegno della misura anziché basarsi su quanto emerso nel corso del giudizio di cognizione;ha dedotto quindi come, di fatto, la Corte territoriale avesse negato il diritto all'indennizzo sulla base del solo dato storico rappresentato dalla presenza del ricorrente sul natante ove era avvenuta la caduta in mare dei predetti nove soggetti.
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