Cass. civ., sez. V trib., sentenza 21/12/2018, n. 33234
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Testo completo
La s.a.r.l. D. &G. L. costituì in Lussemburgo il 4 marzo 2004 la s.à.r.l. G., alla quale è subentrata dapprima la s.r.l. con socio unico G. e poi la s.r.l. con socio unico D. &G. T., che pochi giorni dopo acquistò da D.D. e da G.S. i marchi di cui è proprietaria, dei quali concesse il diritto di sfruttamento in esclusiva, e a fronte del pagamento di royalties, alla s.r.l. D. &G., in virtù di contratto di licenza.
L'Agenzia delle entrate ravvisò nell'operazione un meccanismo volto a evitare l'assoggettamento delle royalties a ritenuta e a usufruire in Lussemburgo di un trattamento fiscale privilegiato e lo ritenne artificioso, perchè, sostenne, il centro decisionale della società era da collocare a Milano, presso la sede della s.r.l. D.&G., e non già a Lussemburgo, dove l'allora G. non aveva struttura amministrativa e soltanto a partire dal 2006 contava una dipendente con mansioni di segretaria. L'Ufficio fece leva al riguardo su vasta corrispondenza e-mail intercorsa tra amministratori e dipendenti delle società, che a suo avviso documentavano l'esterovestizione della società oggetto di verifica.
Ne seguì un avviso di accertamento col quale, per il periodo d'imposta 2005/2006, l'Agenzia contestò alla G. l'omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali e recuperò imposte dirette e irap. La società impugnò l'avviso, senza successo nè in primo, nè in secondo grado.
In particolare, il giudice d'appello, dopo aver dato atto dell'adeguatezza della motivazione dell'avviso, ha convenuto con quello di primo grado che la G. fosse stata costituita all'estero soltanto per ottenere un regime fiscale maggiormente favorevole, in quanto ha ritenuto che essa non avesse una propria organizzazione e fosse di fatto eterogestita, perchè rispondeva agli ordini a essa impartiti da Milano.
Contro questa sentenza propone ricorso la s.r.l. G. per ottenerne la cassazione, che affida a cinque motivi, dei quali il quarto articolato in cinque subcensure, cui l'Agenzia replica con controricorso.
Presenta memoria la s.r.l. D. &G. T. con socio unico, succeduta alla G..
Motivi della decisione
1. Va preliminarmente respinta l'eccezione proposta dall'Agenzia d'inammissibilità del ricorso perchè privo del requisito della specificità, anche a causa della tecnica dell'assemblaggio con la quale è costruito.
Il ricorso per cassazione assemblato mediante integrale riproduzione di una serie di documenti, difatti, è comunque ammissibile qualora, espunti i documenti e gli atti integralmente riprodotti, in quanto facilmente individuabili ed isolabili, una volta ricondotto al canone di sinteticità, rispetti il principio di autosufficienza (tra le ultime, Cass. 4 aprile 2018, n. 8245).
E, nel caso in esame, le giunzioni tra i vari comparti del ricorso consentono di ritenere rispettato questo canone.
Parimenti infondata è l'ulteriore eccezione d'inammissibilità del ricorso, perchè tendente a una mera rivalutazione dei fatti, perchè la società sottopone a critica impianto di diritto e motivazione della sentenza impugnata.
2. - Col quarto motivo di ricorso, da esaminare preliminarmente, perchè logicamente prodromico, la contribuente lamenta:
- la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 73, commi 5-bis e 5-ter e del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 14, come convertito, là dove il giudice d'appello ha applicato il meccanismo presuntivo scaturente dalla combinazione delle suddette norme in relazione a un periodo d'imposta al quale tale combinazione non era applicabile;
- la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 73, comma 3 e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, art. 49, là dove la Commissione tributaria regionale ha trascurato che sia il diritto interno, sia quello internazionale delle convenzioni escludono la rilevanza dei motivi sottesi a un'operazione e ai vantaggi fiscali da questa derivanti al fine d'individuare la residenza fiscale di una società oppure di risolvere eventuali conflitti tra ordinamenti in ordine ai criteri di localizzazione della residenza;
- l'insufficienza della motivazione in ordine al risparmio fiscale che secondo l'Agenzia sarebbe stato perseguito mediante la costituzione di GADO all'estero, in relazione alla collocazione dell'attività di direzione amministrativa e di gestione imprenditoriale della GADO in Italia e all'ubicazione dell'oggetto principale, nonchè con riguardo all'integrazione, nel periodo d'imposta accertato, del requisito temporale richiesto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 73, comma 3, come presupposto indefettibile per ricondurre in Italia la residenza fiscale di una società avente sede legale all'estero.
2.1. - Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire (si veda, in particolare, Cass. 7 febbraio 2013, n. 2869) che per esterovestizione s'intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all'estero, in particolare in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo, ovviamente, di sottrarsi al più gravoso regime nazionale.
2.2. - Perchè, tuttavia, questo meccanismo risponda alla nozione di pratica abusiva occorre, per un verso, che esso abbia come risultato l'ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all'obiettivo perseguito dalle norme e, dall'altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell'operazione si limiti all'ottenimento di tale vantaggio fiscale (vedi Corte giust. 17 dicembre 2015, causa C419/14, WebMindLicenses Kft, punto 36).
Non è difatti sufficiente applicare criteri generali predeterminati, ma occorre passare in rassegna la singola operazione. Ciò perchè una presunzione generale di frode e di abuso non può giustificare nè un provvedimento fiscale che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva, nè uno che pregiudichi l'esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (in particolare, Corte giust. 7 settembre 2017, causa C-6/16, Equiom e Enka, punti 30-32).
E' necessario quindi accertare che lo scopo essenziale di un'operazione si limiti all'ottenimento di tale vantaggio fiscale: ciò perchè quando il contribuente può scegliere tra due operazioni, non è obbligato a preferire quella che implica il pagamento di maggiori imposte, ma, al contrario, ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli consenta di ridurre la sua contribuzione fiscale (Corte giust. in causa C419/14, cit., punto 42;vedi, poi le sentenze Halifax e a., causa C-255/02, punto 73;Part Service, causa C-425/06, punto 47, nonchè Weald Leasing, causa C-103/09, punto 27, RBS Deutschland Holdings, causa C-277/09, punto 53 e, da ultimo, X BV e X NV, cause C-398/16 e 399/16, punto 49).
2.3. - Giustappunto con riguardo al fenomeno della localizzazione all'estero della residenza fiscale di una società, si è quindi sottolineato (Corte giust. 12 settembre 2006, in causa C196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas) che, in tema di libertà di stabilimento, la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà;una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa soltanto se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato.
2.4. - L'obiettivo della libertà di stabilimento è di permettere a un cittadino di uno Stato membro di creare uno stabilimento secondario in un altro Stato membro per esercitarvi le proprie attività e di partecipare così, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio di origine e di trarne vantaggio.
La nozione di stabilimento implica, quindi, l'esercizio effettivo di un'attività economica per una durata di tempo indeterminata, mercè l'insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro: presuppone, pertanto, un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite e l'esercizio quivi di un'attività economica reale.
Ne consegue che, perchè sia giustificata da motivi di lotta a pratiche abusive, una restrizione alla libertà di stabilimento deve avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale.
In definitiva, quel che rileva, ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento, non è accertare la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma accertare se il trasferimento in realtà vi è stato o meno, se, cioè, l'operazione sia meramente artificiosa (wholly artificial arrangement), consistendo nella creazione di una forma giuridica che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica.