Cass. civ., sez. V trib., sentenza 07/04/2023, n. 9531
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l'Agenzia delle entrate aveva notificato alla società (Omissis), con sede in (Omissis), un provvedimento di diniego del rimborso Iva, chiesto dalla società in data 27 luglio 2010 per il periodo precedente, in quanto ritenuta tardivo;avverso l'atto di diniego la società aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Pescara;la società aveva quindi proposto appello.
La Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo, sezione staccata di Pescara, ha rigettato l'appello, in particolare, dopo avere fatto specifico riferimento ai principi giurisprudenziali di questa Corte, ha ritenuto che il termine per la presentazione dell'istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 633 del 1972 , art. 38ter, era da considerarsi perentorio.
Avverso la suddetta pronuncia la società ha quindi proposto ricorso affidato ad un unico motivo di censura, illustrato con successiva memoria, cui ha resistito l'Agenzia delle entrate depositando controricorso.
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. T B, ha depositato le proprie conclusioni con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
Con l'unico motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3), per violazione del DM 20 maggio 1982, n. 2672, art. 1, comma 2, nonchè dello scambio di note tra l'Italia e la Svizzera costituente un accordo sulle condizioni di reciprocità dei rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto agli operatori economici dd. 18 luglio 1997.
In particolare, parte ricorrente lamenta che erroneamente il giudice del gravame ha ritenuto applicabile il termine di decadenza per la presentazione del rimborso iva di cui al DM 20 maggio 1982, n. 2672, poichè lo stesso aveva stabilito il termine per il rimborso solo con specifico riferimento ai soggetti domiciliati e residenti negli Stati membri della Comunità economica Europea senza, quindi, alcuno specifico riferimento agli operatori economici domiciliati e residenti in Stati non appartenenti alla Comunità economica Europea, con riguardo ai quali, invece, il D.P.R. n. 633 del 1972 , art. 38ter, comma 2, si limitava a stabilire unicamente il diritto al rimborso in condizioni di reciprocità. Pertanto, secondo parte ricorrente, il suddetto termine non era applicabile al caso di specie in quanto ad esso non specificamente afferente nè si sarebbe potuto applicare il termine di cui al provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del giorno 1 aprile 2010, in vigore dal 3 maggio 2010 ed emesso in attuazione del nuovo testo del D.P.R. n. 633 del 1972 , art. 38ter, comma 5, come da ultimo sostituito dal D.Lgs. n. 11 febbraio 2010, n. 18, art. 1, comma 1, lett. u).
Il motivo è fondato nei termini di cui a presso.
Va osservato, in primo luogo, che l'art. 38 ter, cit., è stato modificato con il D.Lgs. n. 18 del 2010, art. 1, comma 1, lett. u) , prevedendosi una disciplina specifica per l'esecuzione dei rimborsi a soggetti non residenti stabiliti in Stati non appartenenti alla Comunità.
Prima di tale intervento normativo, il precedente testo dell'art. 38ter, cit., prevedeva una disciplina unitaria in materia di esecuzione dei rimborsi in favore di soggetti non residenti, sia che fossero domiciliati e residenti negli Stati membri dell'Unione Europea e senza stabile organizzazione in Italia, che non fossero identificati direttamente ai sensi dell'art. 35-ter e che non avessero nominato un rappresentante ai sensi del comma 2 dell'art. 17, sia che si trattasse di operatori economici domiciliati e residenti in Stati non appartenenti alla Comunità economica Europea, con la precisazione che, in quest'ultimo caso, il riconoscimento del diritto al rimborso era subordinato alla verifica della condizione di reciprocità di trattamento. Il D.Lgs. n. 18 del 2010, art. 5 , aveva previsto, per quanto riguardava il regime di decorrenza della modifica operata, con specifico riferimento alle modifiche introdotte con le disposizioni di cui all'art. 1, comma 1, lett. u), cit., che le stesse avrebbero trovato applicazione a partire dalla data fissata con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. Il successivo provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate 1 aprile 2010 ha espressamente previsto che le disposizioni di cui al punto 3.1.1, relative cioè alle richieste di rimborso di soggetti passivi stabiliti in Stati non appartenenti alla Comunità Europea con cui esistono accordi di reciprocità, si applicavano alle richieste di rimborso presentate a partire dal 3 maggio 2010.
Va detto, a tal proposito, che, sebbene la ricorrente ha presentato l'istanza di rimborso in data 27 luglio 2010, il provvedimento direttoriale non poteva non fare riferimento alle domande di rimborso quantomeno riferibili alle operazioni compiute nell'anno precedente, poichè solo in tal modo si sarebbe potuto consentire al contribuente di provvedere tempestivamente alla presentazione dell'istanza di rimborso con la previsione di un termine di decadenza fissato nel trenta settembre dell'anno solare successivo al periodo di riferimento.
Dunque, correttamente parte ricorrente evidenzia che, poichè la domanda per la quale ha chiesto il rimborso era risalente al 2008, non si potrebbe fare riferimento al termine previsto dal provvedimento direttoriale in esame.
Deve, quindi, verificarsi se, relativamente agli operatori economici esteri, sussisteva al tempo una specifica previsione normativa che stabiliva un termine di decadenza entro il quale avrebbe dovuto essere presentata la domanda di rimborso.
Non può, sotto tale profilo, farsi riferimento a quanto espressamente disciplinato dal DM 20 maggio 1982 , che ha previsto, all'art. 1, comma 2, che: "A partire dal 1982, il rimborso può essere richiesto per trimestre solare, semprechè di importo non inferiore a lire duecentocinquantamila, e deve essere eseguito entro il termine previsto nel precedente comma su istanza degli interessati da presentare entro il 30 giugno dell'anno solare successivo a quello cui il trimestre si riferisce".
Il suddetto provvedimento, in realtà, dà attuazione, come espressamente precisato nella sua epigrafe, al D.P.R. n. 793 del 1981, art. 16 , che aveva aggiunto al D.P.R. n. 633 del 1972 , l'art. 38ter, cit.. Quella previsione normativa, tuttavia, era riferita unicamente ai soggetti domiciliati e residenti negli Stati membri della Comunità Economica Europea, privi di stabile organizzazione in Italia e senza rappresentate nominato ai sensi del comma 2 dell'art. 17.
Il testo della suddetta previsione normativa, pertanto, non contemplava ancora la disciplina dei rimborsi iva anche in favore degli operatori economici esteri.
Solo con la successiva modifica apportata dalla L. n. 428 del 1990, art. 38 , all'art. 38ter, cit., si introdusse anche la previsione della disciplina dei rimborsi in favore degli operatori economici domiciliati e residenti in Stati non appartenenti alla Comunità economica Europea. Tuttavia, il DM 20 maggio 1982 , come visto, poichè emesso in attuazione del D.P.R. n. 793 del 1981, art. 16 , aveva un contenuto limitato a regolare solo il termine di decadenza per la presentazione delle istanze di rimborso per i soli soggetti comunitari privi di stabile organizzazione in Italia e senza un rappresentante fiscale, come chiaramente evincibile dal contenuto dell'art. 1 del medesimo provvedimento.
Pertanto, nonostante la successiva estensione normativa della disciplina del rimborso iva anche in favore degli operatori esteri, purchè sussistesse la condizione di reciprocità, operata dalla L. n. 428 del 1990, art. 38 , non può ritenersi che ad essi potesse trovare applicazione il termine previsto dal citato provvedimento.
Tale considerazione non può condurre a ritenere, tuttavia, che l'istanza di rimborso proposta dagli operatori esteri possa essere considerata priva di un termine entro il quale la domanda deve essere presentata a pena di decadenza.
L'esigenza di definire un termine di decadenza entro il quale la domanda di rimborso può essere richiesta trova la sua espressa considerazione negli stessi arresti della Corte di giustizia che ha avuto modo di precisare che la possibilità di proporre una domanda di rimborso delle eccedenze dell'iva senza alcuna limitazione temporale si porrebbe in contrasto col principio della certezza del diritto, che esige che la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti e agli obblighi dello stesso nei confronti dell'amministrazione tributaria, non possa essere indefinitamente rimessa in discussione (sentenza del 21 gennaio 2010, Alstom Power Hydro, C-472/08, Racc. pag. I-623, punto 16 e giurisprudenza ivi citata;sentenza 21 giugno 2012, Elsacom SV, C294/11).
In materia di rimborso iva per gli operatori economici domiciliati e residenti in Stati non appartenenti alla Comunità economica Europea, va precisato, già l'art. 13 della Tredicesima Direttiva prevedeva che il rimborso in favore dei suddetti soggetti è concesso su domanda del soggetto passivo e gli Stati membri determinano le modalità per l'introduzione della domanda, ivi compresi i termini, il periodo a cui la domanda deve riferirsi, il servizio competente a cui deve essere presentata e gli importi minimi per i quali può essere chiesto il rimborso nonchè le modalità del rimborso, ivi compresi i termini.
Successivamente, l'art. 171, Direttiva n. 112/2006/CE, ha previsto espressamente che il rimborso dell'iva a favore dei soggetti passivi che non sono stabiliti nel territorio della Comunità, è effettuato secondo le modalità d'applicazione stabilite dalla Direttiva 86/560/CEE . In sostanza, con specifico riferimento alla disciplina dei rimborsi iva in favore dei soggetti economici non stabiliti nel territorio unionale, oltre a prevedersi la possibilità del riconoscimento del diritto, purchè sussista la condizione di reciprocità, la normativa unionale e la giurisprudenza della Corte di giustizia hanno posto in specifica evidenza la necessità di stabilire dei termini entro i quali la suddetta istanza deve essere presentata, in modo non dissimile da quanto imposto nei confronti degli altri operatori economici interni all'Unione.
Questa prospettiva di fondo consente quindi di ritenere non corretta la linea interpretativa proposta dalla ricorrente, ribadita in memoria, essenzialmente orientata nel senso della mancanza, con riferimento alla fattispecie, di una previsione specifica di un termine entro il quale doveva essere presentata la domanda di rimborso.
La necessità, quindi, di individuare comunque un termine entro il quale deve essere presentata la domanda di rimborso, come richiesto a livello della normativa unionale e degli arresti della giurisprudenza della Corte di giustizia, sopra indicati, induce a ritenere che, in assenza di una specifica previsione normativa specifica, il termine di decadenza debba essere individuato nella generale previsione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, comma 2, art. 21 , ultimo periodo, secondo cui: "la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione".
Il motivo di ricorso è, quindi, fondato laddove il giudice del gravame ha ritenuto che, con riferimento al caso di specie, ha ritenuto applicabile il termine di decadenza per la presentazione del rimborso iva di cui al DM 20 maggio 1982, n. 2672.
Invero, è con specifico riferimento al parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, comma 2, art. 21 , ultimo periodo, che il giudice del gravame dovrà, in sede di rinvio, verificare se la domanda di rimborso proposta dalla ricorrente sia stata tempestivamente presentata.