Cass. pen., sez. III, sentenza 30/04/2020, n. 13358

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 30/04/2020, n. 13358
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13358
Data del deposito : 30 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da M S, nato a Palermo il 16/10/1940 avverso l'ordinanza del 22/10/2019 del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere C C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P F, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 22 ottobre 2019 il Tribunale di Palermo, quale Giudice del riesame delle misure cautelari reali, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da S M, indagato per il reato di cui all'art. 21, comma 1 lett. b della legge 11 febbraio 1992, n. 157 e all'art. 11, comma 3 lett. f e 30 comma 1 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, nei confronti del provvedimento del 18 settembre 2019 di convalida da parte del Pubblico ministero, quanto al sequestro di armi e munizioni eseguito il 15 settembre 2019 da personale del Corpo Forestale dello Stato in area protetta individuata come sito di Zona di Protezione Speciale nella rete Natura 2000. 2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi.

2.1. Col primo motivo, invocando violazione di legge, il ricorrente ha osservato che i siti di Natura 2000 non erano assimilabili alle aree protette a norma della legge 394 cit., stante la declaratoria di illegittimità del relativo procedimento amministrativo previsto dalla norma. Oltre a ciò, le aree sottratte all'esercizio venatorio dovevano essere indicate da tabelle perimetrali. In ogni caso, la citata legge non avrebbe potuto trovare applicazione, poiché essa pone a carico di chi esercita la caccia l'onere di individuare le aree sottratte all'esercizio venatorio soltanto con riguardo ai parchi nazionali, mentre per i parchi regionali o le altre zone protette occorre l'individuazione delle aree vietate alla caccia ai sensi dell'art. 10, comma 9, della legge 157 cit.. 2.2. Col secondo motivo, e contrariamente a quanto prescritto dall'art. 10, comma 9 della legge 157 cit., l'area era priva di tabellazione, e non era corretto quanto sostenuto dal provvedimento impugnato circa la conoscibilità del divieto facendo uso dell'ordinaria diligenza, laddove al contrario era onere della pubblica accusa la dimostrazione della consapevolezza dell'esistenza del divieto, né poteva considerarsi sufficiente al riguardo l'indicazione del sito dal quale poteva scaricarsi la cartografia delle zone presenti sul territorio siciliano. Tant'è che addirittura altra pattuglia del Corpo forestale, che aveva fermato il ricorrente poco prima dell'accertamento di cui alla contestazione, non aveva rilevato alcuna anomalia benché il luogo fosse il medesimo.

2.3. Col terzo motivo, quanto alla sussistenza dei presupposti del sequestro probatorio, il ricorrente ha osservato che per l'accertamento dei fatti di reato contestati - che non presupponevano necessariamente l'uso di un'arma - non occorreva svolgere alcun accertamento balistico, mentre la finalità del sequestro era stata collegata alla verifica della funzionalità dell'arma, in tal modo denotando la funzione del sequestro come attività di ricerca di eventuale noti tia criminis, sganciato dal fatto reato oggetto di indagine.

3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso non è fondato.

4.1. Per quanto riguarda il primo motivo di impugnazione, esso non è fondato, anche se la sussistenza del fumus commissi delicti va limitata ad una sola delle due contravvenzioni ipotizzate, vale a dire a quella prevista dal combinato disposto degli artt. 21, comma 1, lett. b), e 30, comma 1, lett. d, della legge n. 157 del 1992. Non sussiste, per contro, il fumus dell'altro reato ipotizzato, quello di cui all'art. 11, comma 3, della legge 394 del 1991, i cui divieti - nella specie, a quanto si comprende, viene in rilievo quello previsto dalla lett. f) per l'introduzione non autorizzata di un'arma - sono sanzionati penalmente ai sensi del successivo art. 30, comma 1. Posto che tali divieti si riferiscono esclusivamente ai parchi nazionali, giusta il chiaro campo di applicazione definito dalla disposizione, in mancanza di analoga, specifica, estensione dei medesimi divieti ad aree protette di diversa natura - ed in particolare, per quanto qui rileva, alle ZPS (Zone di Protezione Speciale) - nell'ambito di misure di salvaguardia o previsioni regolamentari, il principio di tassatività impedisce di configurare il reato. Va invero tenuto conto del fatto che le diverse tipologie di aree protette hanno differenti discipline e la stessa legge-quadro n. 394 cit. distingue le aree protette nazionali - cui è riservato il titolo secondo della legge, artt. 8-21, con tutela differenziata tra parchi nazionali, riserve naturali statali e aree protette marine - e le aree naturali protette regionali, cui è dedicato il titolo terzo (artt. 22-28). Ai parchi nazionali la legge-quadro assicura la più incisiva forma di protezione, trattandosi peraltro dei siti che, per le modalità di istituzione (con d.P.R., ex art. 8, comma 1, I. 394/1991) e per la loro forma più strutturata quale ente pubblico con personalità giuridica, di regola istituito con legge ex art. 8, comma 6, della legge 394 (cfr., quanto alla disciplina dell'ente ed ai suoi organi, artt. 9 e 10), garantiscono una immediata riconoscibilità, anche dei relativi confini, così circoscrivendo chiaramente l'area in cui vigono i divieti penalmente sanzionati. L'ente parco - avente, come detto, personalità giuridica pubblica - ha inoltre potestà regolamentare ed i relativi regolamenti, da adottarsi da parte del Ministro dell'ambiente e da pubblicarsi sulla Gazzetta ufficiale, hanno efficacia sovraordinata anche rispetto ai regolamenti comunali (art. 11, comma 6). Con particolare riguardo all'esercizio venatorio, è da rimarcare che il citato art. 11, comma 3, ne fa assoluto divieto all'interno dei confini del paco nazionale (lett. a), donde il correlativo divieto per i privati di introdurre «armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, se non autorizzati» (lett. n. La possibilità, consentita al regolamento dell'ente parco, di apportare eventuali deroghe al divieto di cui alla lett. a), concerne esclusivamente i «prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per riComporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco» e gli stessi «devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'Ente parco ed essere attuati dal personale dell'Ente parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'Ente parco stesso» (art. 11, comma 4). E' altresì previsto che eventuali diritti esclusivi di caccia delle collettività locali o altri usi civici di prelievi faunistici siano liquidati dal competente commissario per la liquidazione degli usi civici ad istanza dell'Ente parco (art. 11, comma 5). In sostanza, nei parchi nazionali è fatto ex lege assoluto ed inderogabile divieto di esercizio venatorio e, conseguentemente, di introduzione di armi, esplosivi o qualsiasi altro mezzo distruttivo e di cattura, e proprio questi specifici divieti - unitamente agli altri contenuti nel richiamato art. 11, comma 3, della legge - sono penalmente sanzionati a norma del successivo art. 30, comma 1. Detta previsione, poi, sanziona altresì penalmente, da un lato, la violazione delle misure di salvaguardia adottate, ai sensi dell'art. 6, con riguardo alle aree da proteggere di nuova individuazione, misure efficaci sino alla formale istituzione dell'area (art. 6, comma 2) ed eventualmente anche successivamente sino all'entrata in vigore della disciplina specifica di ciascuna area protetta (art. 8, comma 5);
d'altro lato, una volta istituite le aree e prima dell'approvazione del relativo regolamento, si prevede altresì tutela penale per la violazione dei divieti previsti dall'art. 11 della legge (art. 6, comma 4). Ancora, l'art. 30, comma 1 sanziona, per un verso, la realizzazione di interventi, impianti ed opere all'interno di un parco nazionale senza il nulla-osta dell'Ente parco di cui all'art. 13;
per altro verso, la violazione dei divieti posti dall'art. 19, comma 3, con riguardo alle aree protette marine. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'art. 30, commi 1-bis, 2 e 2-bis, il delineato sistema di tutela penale in materia di aree protette è completato con l'estensione delle sanzioni penali previste dal primo comma al «caso di violazione dei regolamenti e delle misure di salvaguardia delle riserve naturali statali» (art. 30, comma 7) e con riguardo «alla violazione delle disposizione di leggi regionali che prevedono misure di salvaguardia in vista della istituzione di aree protette e con riguardo alla trasgressione di regolamenti di parchi naturali regionali» (art. 30, comma 8).
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