Cass. civ., sez. V trib., sentenza 12/06/2023, n. 16652
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Testo completo
nsigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso n. 28059/2017proposto da: AMA s.p.a., nella persona del rappresentante legale pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, via Panama, n. 68, presso lo studio del Prof. Avv. G P, che la assiste, rappresenta e difende, sia congiuntamente, che disgiuntamente, al Prof. Avv. F P, in virtù di procura speciale a margine del ricorso per cassazione. - ricorrente-
contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12. - intimata- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delLAZIO, n. 2312/2017, depositata il 26 aprile 2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere L C nella pubblica udienza del 5 aprile 2023, tenutasi in camera di consiglio, senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi dell'art. 23, comma 8 bis, del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, e successive modifiche;
FATTI DI CAUSA
1. La società AMA s.p.a. ha proposto appello avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, con la quale è stato dichiarato inammissibile, perchè tardivo, il ricorso proposto dalla stessa società avverso il diniego dell'istanza di rimborso (presentata in data 12luglio 2013) della somma di euro2.727.272,37, oltre interessi, versata dalla società, con la fattura del 29 aprile 2010, a titolo di IVA per l'an no 2010. 2. La Commissione tributaria provinciale aveva ritenut o tardiva l'istanza di rimborso proposta, rispetto alla liquidazione periodica mensile dell'IVA, avvenuta in data 16 maggio 2010. 3. La Commissione tributaria regionale, per quel che rileva in questa sede, ha affermato che: -) il pagamento o versamento, cui fa ceva riferimento per tutte le imposte l'art . 21 del d ecreto legislativo n. 546 del 1992 anda va rapportato al sistema di versamento dell'IVA, caratterizzato dalla neutralità dell'imposta stessa e, quindi , da dichiarazioni e liquidazioni periodiche di fatture attive e passive;
-) ancorare il pagamento dell'IVA (relativa ad una singola fattura attiva) al materiale versamento, con mod. F24, dell'eccedenza a debito risultante dalla liquidazione periodica di tutte le operazioni poste in essere nel medesimo periodo significava assoggettare la singola operazione non a dati oggettivi intrinseci, ma a elementi eventuali ed esterni, rappresentati dallo svolgimento o meno (nello stesso arco temporale considerato) di altre operazioni attive o passive, determinanti, di volta in volta, una eccedenza di IVA a debito ovvero a credito, con l'irrazionale conseguenza che la decorrenza del termine (perentorio) per far valere il diritto al rimborso per un errore verificatosi in tale computo poteva essere procrastinata a tempo indefinito, fino al momento in cui la liquidazione periodica desse, come risultato, un'eccedenza a debito, con materiale versamento di tale eccedenza con modello F24 (e, nel caso di specie, detta circostanza si era appunto verificata, del tutto casualmente, per la prima volta solo in data 18 luglio 2011 in sede di liquidazione IVA da parte della capogruppo, avendo la società AMA s.p.a. optato per il regime di liquidazione IVA di gruppo ex art. 73 del d.P.R. 633 del 1972);
-) il versamento dell'IVA relativa ad una singola fattura attiva non poteva che coincidere con l'indicazione e il computo di tale IVA nella dichiarazione e liquidazione periodica, anche sedetto versamento era soggetto alla necessaria compensazione del relativo ammontare, in uno con altre fatture attive, con quello emergente dalle fatture passive.
4.I giudici di secondo grado, inoltre, hanno affermato che il termine biennale era incominciato a decorrere dal momento in cui era stato effettuato il versamento, in quanto l'errore in cui il contribuente era incorso legittimava l'immediato esercizio del diritto al rimborso, non ostandovi preclusione alcuna, mentre la liquidazione annuale aveva soltanto consolidato un errore già verificatosi in sede di liquidazione mensile, senza in alcun modo incidere (detta dichiarazione annuale) sul presupposto della debenza, legato infatti ad un errore circoscritto ad una singola fattura e non ad altri elementi venuti in essere solo successivamente, connessi a nuove circostanze di fatto o di diritto emerse definitivamente solo al momento della dichiarazione annuale medesima.
5. L a società AMA s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato adue motivi.
6. L'Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.
7. La Procura Generale della Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiestol'accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 21, comma 2, del decreto legislativo n. 546/1992, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento alla individuazione della data del pagamento. La Co mmissione tributaria regionale aveva errato nel considerare irrilevante il materiale versamento dell'imposta, effettuato il 18 luglio 2011 , ritenendo che, diversamente opinando, il dies a quo di decorrenza del termine per il rimborso potesse risultare collegato «non a dati oggettivi intrinseci, ma a elementi eventuali ed esterni, rappresentati dallo svolgimento o meno ... di altre operazioni attive o passive, determinanti, di volta in volta, una eccedenza di IVA a debito ovvero a credito».La formulazione normativa dell'art. 21 del decreto legislativo n. 546/1992 non autorizzava una simile e discrezionale esegesi del dato testuale , in quanto, da un lato l'effettuazione del versamento mediante F24 costituivaun momento chiaramente identificabile, del tutto sottratto a valutazioni discrezionali dell'interprete e, quindi, del tutto idoneo a determinare con la dovuta certezza la decorrenza del termine decadenziale quale quello previsto dall'art. 21citato;
dall'altro, era da contestare l'assunto che la presenza, nel periodo di riferimento, di altre operazioni attive o passive potesseessere considerata alla stregua di «elementi eventuali ed esterni» rispetto alla fattispecie in esame , essendo evidente che la presenza di altre operazioni attive e passive effettuate dal soggetto passivo nel periodo di riferimento dovesse essere considerata quale elemento interno alla fattispecie considerata, essendo la disciplina dell'IVA basata proprio sul criterio generale della compensazione o del riporto delle eccedenze creditorie, delle quali venivaammesso il rimborso in favore del contribuente esclusivamente in ipotesi marginali ed in presenza di presupposti ben identificati e tassativamente selezionati (art. 30 del d .P.R. n. 633/1972) . Peraltro, l'interpretazione proposta trovava conferma nella disposizione contenuta nell'art. 30ter, comma 1, del d.P.R. n. 633/1972 (introdotto dall'art. 8 della legge Europea 2017, definitivamente approvata l'8 novembre 2017), che aveva introdotto per la prima volta nel decreto istitutivo dell'IVA una specifica disciplina dei c.d. rimborsi «anomali» (quale quello oggetto del presente giudizio), disponendo che «Il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell'imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione».
2.Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 21, comma 2, del decreto legislativo n. 546/1992, con riferimento alla insorgenza del presupposto per la restituzione. Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione tribut aria regionale, con l'impugnata sentenza, la presentazione della dichiarazione annuale IVA costituiva il momento in cui sorgeva il presupposto per la restituzione, con la conseguenza che, nel caso di specie, la presentazione della dichiarazione per il periodo d'imposta 2010 era avvenuta il 30 settembre 2011, con conseguente tempestività dell'istanza di rimborso presentata il 12 luglio 2013. Ed invero, non poteva essere ignorato che soltanto con la presentazione della dichiarazione annuale si era consolidato definitivamente il debito tributario ai fini IVA e si era, quindi, manifestato il presupposto per la relativa restituzione. L’impostazione tecnico-contabile delle liquidazioni periodiche dell'IVA era tale per cui nel periodo di riferimento (mese o trimestre) veniva calcolato un saldo, quale risultato della sommatoria algebrica fra il tributo a debito emergente dalle operazioni attive e quello a credito derivante dalle operazioni
contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12. - intimata- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delLAZIO, n. 2312/2017, depositata il 26 aprile 2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere L C nella pubblica udienza del 5 aprile 2023, tenutasi in camera di consiglio, senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi dell'art. 23, comma 8 bis, del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, e successive modifiche;
FATTI DI CAUSA
1. La società AMA s.p.a. ha proposto appello avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, con la quale è stato dichiarato inammissibile, perchè tardivo, il ricorso proposto dalla stessa società avverso il diniego dell'istanza di rimborso (presentata in data 12luglio 2013) della somma di euro2.727.272,37, oltre interessi, versata dalla società, con la fattura del 29 aprile 2010, a titolo di IVA per l'an no 2010. 2. La Commissione tributaria provinciale aveva ritenut o tardiva l'istanza di rimborso proposta, rispetto alla liquidazione periodica mensile dell'IVA, avvenuta in data 16 maggio 2010. 3. La Commissione tributaria regionale, per quel che rileva in questa sede, ha affermato che: -) il pagamento o versamento, cui fa ceva riferimento per tutte le imposte l'art . 21 del d ecreto legislativo n. 546 del 1992 anda va rapportato al sistema di versamento dell'IVA, caratterizzato dalla neutralità dell'imposta stessa e, quindi , da dichiarazioni e liquidazioni periodiche di fatture attive e passive;
-) ancorare il pagamento dell'IVA (relativa ad una singola fattura attiva) al materiale versamento, con mod. F24, dell'eccedenza a debito risultante dalla liquidazione periodica di tutte le operazioni poste in essere nel medesimo periodo significava assoggettare la singola operazione non a dati oggettivi intrinseci, ma a elementi eventuali ed esterni, rappresentati dallo svolgimento o meno (nello stesso arco temporale considerato) di altre operazioni attive o passive, determinanti, di volta in volta, una eccedenza di IVA a debito ovvero a credito, con l'irrazionale conseguenza che la decorrenza del termine (perentorio) per far valere il diritto al rimborso per un errore verificatosi in tale computo poteva essere procrastinata a tempo indefinito, fino al momento in cui la liquidazione periodica desse, come risultato, un'eccedenza a debito, con materiale versamento di tale eccedenza con modello F24 (e, nel caso di specie, detta circostanza si era appunto verificata, del tutto casualmente, per la prima volta solo in data 18 luglio 2011 in sede di liquidazione IVA da parte della capogruppo, avendo la società AMA s.p.a. optato per il regime di liquidazione IVA di gruppo ex art. 73 del d.P.R. 633 del 1972);
-) il versamento dell'IVA relativa ad una singola fattura attiva non poteva che coincidere con l'indicazione e il computo di tale IVA nella dichiarazione e liquidazione periodica, anche sedetto versamento era soggetto alla necessaria compensazione del relativo ammontare, in uno con altre fatture attive, con quello emergente dalle fatture passive.
4.I giudici di secondo grado, inoltre, hanno affermato che il termine biennale era incominciato a decorrere dal momento in cui era stato effettuato il versamento, in quanto l'errore in cui il contribuente era incorso legittimava l'immediato esercizio del diritto al rimborso, non ostandovi preclusione alcuna, mentre la liquidazione annuale aveva soltanto consolidato un errore già verificatosi in sede di liquidazione mensile, senza in alcun modo incidere (detta dichiarazione annuale) sul presupposto della debenza, legato infatti ad un errore circoscritto ad una singola fattura e non ad altri elementi venuti in essere solo successivamente, connessi a nuove circostanze di fatto o di diritto emerse definitivamente solo al momento della dichiarazione annuale medesima.
5. L a società AMA s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato adue motivi.
6. L'Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.
7. La Procura Generale della Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiestol'accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 21, comma 2, del decreto legislativo n. 546/1992, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento alla individuazione della data del pagamento. La Co mmissione tributaria regionale aveva errato nel considerare irrilevante il materiale versamento dell'imposta, effettuato il 18 luglio 2011 , ritenendo che, diversamente opinando, il dies a quo di decorrenza del termine per il rimborso potesse risultare collegato «non a dati oggettivi intrinseci, ma a elementi eventuali ed esterni, rappresentati dallo svolgimento o meno ... di altre operazioni attive o passive, determinanti, di volta in volta, una eccedenza di IVA a debito ovvero a credito».La formulazione normativa dell'art. 21 del decreto legislativo n. 546/1992 non autorizzava una simile e discrezionale esegesi del dato testuale , in quanto, da un lato l'effettuazione del versamento mediante F24 costituivaun momento chiaramente identificabile, del tutto sottratto a valutazioni discrezionali dell'interprete e, quindi, del tutto idoneo a determinare con la dovuta certezza la decorrenza del termine decadenziale quale quello previsto dall'art. 21citato;
dall'altro, era da contestare l'assunto che la presenza, nel periodo di riferimento, di altre operazioni attive o passive potesseessere considerata alla stregua di «elementi eventuali ed esterni» rispetto alla fattispecie in esame , essendo evidente che la presenza di altre operazioni attive e passive effettuate dal soggetto passivo nel periodo di riferimento dovesse essere considerata quale elemento interno alla fattispecie considerata, essendo la disciplina dell'IVA basata proprio sul criterio generale della compensazione o del riporto delle eccedenze creditorie, delle quali venivaammesso il rimborso in favore del contribuente esclusivamente in ipotesi marginali ed in presenza di presupposti ben identificati e tassativamente selezionati (art. 30 del d .P.R. n. 633/1972) . Peraltro, l'interpretazione proposta trovava conferma nella disposizione contenuta nell'art. 30ter, comma 1, del d.P.R. n. 633/1972 (introdotto dall'art. 8 della legge Europea 2017, definitivamente approvata l'8 novembre 2017), che aveva introdotto per la prima volta nel decreto istitutivo dell'IVA una specifica disciplina dei c.d. rimborsi «anomali» (quale quello oggetto del presente giudizio), disponendo che «Il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell'imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione».
2.Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 21, comma 2, del decreto legislativo n. 546/1992, con riferimento alla insorgenza del presupposto per la restituzione. Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione tribut aria regionale, con l'impugnata sentenza, la presentazione della dichiarazione annuale IVA costituiva il momento in cui sorgeva il presupposto per la restituzione, con la conseguenza che, nel caso di specie, la presentazione della dichiarazione per il periodo d'imposta 2010 era avvenuta il 30 settembre 2011, con conseguente tempestività dell'istanza di rimborso presentata il 12 luglio 2013. Ed invero, non poteva essere ignorato che soltanto con la presentazione della dichiarazione annuale si era consolidato definitivamente il debito tributario ai fini IVA e si era, quindi, manifestato il presupposto per la relativa restituzione. L’impostazione tecnico-contabile delle liquidazioni periodiche dell'IVA era tale per cui nel periodo di riferimento (mese o trimestre) veniva calcolato un saldo, quale risultato della sommatoria algebrica fra il tributo a debito emergente dalle operazioni attive e quello a credito derivante dalle operazioni
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