Cass. pen., sez. V, sentenza 13/03/2023, n. 10658

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Il provvedimento analizzato è una sentenza della Corte di Cassazione, che ha esaminato il ricorso di un imputato avverso una decisione della Corte di Appello di Roma. Le parti in causa hanno sollevato questioni giuridiche relative alla responsabilità penale per bancarotta fraudolenta documentale. L'imputato ha contestato la motivazione della sentenza impugnata, sostenendo che la Corte di Appello non avesse adeguatamente dimostrato la sussistenza del dolo specifico, limitandosi a considerazioni generiche e apodittiche. Inoltre, ha evidenziato vizi nella valutazione della recidiva e delle circostanze attenuanti.

Il giudice della Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendo che la Corte di Appello non avesse fornito una motivazione sufficiente riguardo all'elemento psicologico del reato. Ha sottolineato che la mera assunzione della carica di amministratore non implica automaticamente la responsabilità penale, richiedendo prove concrete della consapevolezza dell'imputato riguardo alla gestione contabile. La sentenza impugnata è stata annullata con rinvio, imponendo alla Corte di Appello di riesaminare la questione alla luce di un'analisi più approfondita e specifica dell'elemento soggettivo del reato.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 13/03/2023, n. 10658
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10658
Data del deposito : 13 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da IN ES nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 14/10/2021 della CORTE di APPELLO di ROMAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Maria Teresa BELMONTE letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, Francesca CERONI, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. letta la memoria depositata dall'avvocato Luisa FIORENTINO nell'interesse del ricorrente, la quale si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione del Tribunale di quella stessa città, che aveva riconosciuto SI AN responsabile dei reati a lui ascritti di bancarotta fraudolenta documentale ( capo A) e di cagionamento doloso del fallimento ( capo B), lo ha assolto da quest'ultimo reato, perchè il fatto non sussiste, confermando la decisione di primo grado con riferimento al delitto sub A).

2. Ricorre per cassazione l'imputato, con il ministero del difensore di fiducia, avvocato Luisa Fiorentino, che svolge tre motivi.

2.1. Con il primo motivo, denuncia vizi della motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell'elemento oggettivo del reato di bancarotta documentale, giacchè la Corte di appello nulla ha argomentato, se non in termini apodittici, astratti e generici, in merito alla dedotta mancata conoscenza da parte dell'imputato della richiesta del curatore di consegna delle scritture contabili. Allo stesso modo, non risulta sufficientemente scrutinato il dolo specifico, che è stato fondato sulla mera assunzione della carica di rappresentanza legale dell'ente, in assenza di significativi atti gestori. La valutazione della Corte di appello si fonda, anche sotto tale profilo, su assunti astratti, presumendo irragionevolmente che l'imputato condividesse l'intento di danneggiare i creditori della società, sulla base di elementi di tipo sintomatico inidonei a fondare il dolo specifico.

2.2. Vizi della motivazione della sentenza impugnata che, pur avendo assolto l'imputato dal delitto sub B), ha mantenuto ferma la circostanza aggravante di cui all'art. 219 co. 2 n. 1 L.F. confermando la pena inflitta dal primo giudice.

2.3. Con il terzo motivo è denunciata violazione degli artt. 62 bis e 99 cod. pen. laddove, confermando la pena del primo giudice, la Corte di appello ha ignorato le censure difensive in tema di recidiva e di circostanze attenuanti generiche. Quanto alla recidiva, in particolare, il ricorrente osserva come avesse segnalato con l'appello la insussistenza dei presupposti della recidiva di cui all'art. 99 co. 4 cod. pen., potendosi al più ritenere integrata quella di cui al comma terzo, con ricadute sull'entità dell'aumento della pena ( metà invece che due terzi).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.E' fondato, in maniera assorbente rispetto agli altri motivi, il primo, che attinge la sentenza impugnata censurando lo scrutinio dell'elemento psicologico.

1.1. La Corte di appello ha offerto una giustificazione dell'oggetto del dolo e del suo concreto atteggiarsi nella vicenda in esame rimandando a una vaga, inconferente e illogica valutazione. Scrive, infatti, la Corte di appello che "il disinteresse alla gestione contabile della società e il totale discontrollo delle scritture contabili è sintomo dell'evidenza di una condotta consapevole e volontaria" (pag. l).

1.2. Ora, al di là dell'improprio utilizzo della parola "discontrollo", traslata dal linguaggio psicanalitico, quello che preme evidenziare è che, secondo la Corte, si tratterebbe di sintomi evidenti di una "condotta consapevole e volontaria". E, tuttavia, sia il 'discontrollo' che il 'disinteresse', espressione, quest'ultima, pure utilizzata nel medesimo contesto argomentativo dalla Corte territoriale, non rimandano affatto alla "consapevole e volontaria omissione" affermata in sentenza, trattandosi, piuttosto, di formule che evocano condotte colpose.

1.3 E' in questo salto logico che sta il principale vizio argomentativo dal quale è inficiato il discorso giustificativo posto a sostegno dell'affermazione di responsabilità per un fatto, connotato dal dolo, in cui risulta accostato un atteggiamento di completa noncuranza a una condotta "consapevole e volontaria" diretta a danneggiare i creditori. In realtà, il vizio motivazionale della sentenza impugnata è anche più ampio, gaicchè essa non individua concreti elementi significativi del dolo proprio della fattispecie contestata.

2. Giova ricordare che il ricorrente è stato ritenuto responsabile di concorso in bancarotta documentale fraudolenta, nella specie, della sottrazione delle scritture contabili, in ordine alle quali era, infatti, emerso, aliunde, la loro almeno parziale tenuta durante la vita della società, per quanto agli organi fallimentari non fosse stato consegnato alcunchè. Nella sentenza impugnata si evoca - per fondare l'affermazione di responsabilità del ricorrente - il consolidato orientamento di legittimità formatosi con riferimento alla posizione della c.d. "testa di legno" e agli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture, riconducibili a colui che sia investito anche solo formalmente della amministrazione della società fallita, sussistendo il diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture. Si ritiene, infatti, che, in quanto investito di una posizione di garanzia rispetto al bene giuridico

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