Cass. civ., sez. I, sentenza 30/07/2018, n. 20139
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Testo completo
reto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, art. 27). Violazione delle norme sulla competenza». Il secondo motivo (p. 8) assume «omesso esame circa un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione alle norme di diritto». Il terzo motivo (p. 8) assume «violazione e falsa applicazione di legge: art. 819 ter, artt. 42 e 43 cod. proc. civ.;e delle norme sulla competenza». Il quarto motivo (p. 10) assume «omesso esame circa un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione alle norme di diritto». Il quinto motivo (p. 11) assume «violazione e falsa applicazione dell'art. 34 d.lgs. n. 5/2003;art. 819 ter, artt. 42 e 43 cod. proc. civ.;violazione delle norme sulla competenza». Il sesto motivo (p. 12) assume «violazione e falsa applicazione dell'art. 819 ter cod. proc. civ. (inammissibilità del regolamento di competenza per le clausole arbitrali)». Il settimo motivo (p. 14) assume «omesso esame circa un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione alle norme di diritto». L'ottavo motivo (p. 15) assume «violazione e falsa applicazione degli art. 324 e 329 cod. proc. civ. (giudicato sulla giurisdizione con conseguente inammissibilità del regolamento di competenza)». Il nono motivo (p. 16) assume «omesso esame circa un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione alle norme di diritto (rinuncia eccezione di clausola arbitrale)».5.- Il primo e il secondo motivo di ricorso vanno trattati in modo congiunto, data la sostanziale continuità dei loro contenuti. Gli stessi, infatti, fanno riferimento al problema dell'eventuale applicazione della norma dell'art. 819 ter cod. proc. civ., come introdotta dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. La pronuncia della Corte pugliese ha ritenuto l'applicabilità della detta norma, sulla base dell'art. 27 di detto decreto legislativo (per cui «le disposizioni degli artt. 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto»), altresì rilevando che nella specie «il procedimento arbitrale non è stato ancora iniziato tra le parti» e pure richiamandosi alla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, 6 settembre 2010, n. 19047. In ragione di tali riscontri, la sentenza impugnata ha affermato l'inammissibilità dell'appello formulato dall'attuale ricorrente, dovendo quest'ultimo proporre invece regolamento di competenza ai sensi dell'art. 42 cod. proc. civ. Il primo motivo contesta in particolare tale motivazione, affermando che «la sentenza impugnata ha trascurato che il giudizio ha avuto origine nel lontano 1989, onde non avrebbe dovuto applicarsi la normativa di rito sopravvenuto». Il secondo motivo osserva, in via subordinata, che a ritenere applicabile la norma dell'art. 819 ter alla fattispecie ne segue diretta la tardività della eccezione di compromesso sollevata dalla cooperativa La Garganica, posto che questa è stata avanzata «soltanto alla VI precisazione delle conclusioni, soltanto in data 27 febbraio 2008».yr 6.- Il primo motivo e il secondo motivo di ricorso non possono essere accolti. La giurisprudenza di questa Corte ha già affrontato la fattispecie tipo proposta dalla presente controversia, che per l'appunto raffigura il caso di clausola compromissoria, stipulata prima dell'entrata in vigore della norma dell'art. 819 ter e non attivata da procedimento arbitrale né prima, né dopo l'entrata in vigore della norma stessa (2 marzo 2006). In particolare, la sentenza di Cass., 25 ottobre 2016, n. 21523 ha osservato che, in realtà, la pronuncia delle Sezioni Unite n. 19047 - una volta richiamati per simile, peculiare ipotesi i principi generali della perpetuatio jurisdictionis e tempus regit actum - non si è poi soffermata a sciogliere l'alternativa individuando, nello specifico, quale dei due principi vada applicato in concreto. Anche se la soluzione - ha proseguito la pronuncia n. 21523/2016 - «appare scontata». «Allo stato attuale, il giudizio arbitrale ha funzione sostitutiva della giurisdizione ordinaria e dunque partecipa della giurisdizione». «Per conseguenza, l'art. 819 ter non ha introdotto un'innovazione in materia di competenza, innovazione tale da condurre a limitare l'applicazione del regime impugnabilità delle sentenze mediante regolamento necessario o facoltativo, ivi previsto, alle sole controversie introdotte dopo l'entrata in vigore della norma, ai sensi dell'art. 5 cod. proc. civ., ma si applica in parte qua a tutte le sentenze intervenute dopo l'entrata in vigore della norma ossia alle decisioni intervenute dopo il 2 marzo 2006 a prescindere dalla data di instaurazione del relativo processo». Perciò, «la sentenza con quale il Tribunale adito, ignorando la qualificazione dei rapporti di u1/4-- competenza tra arbitri e autorità giudiziaria, data dall'art. 819 ter, dichiari improponibile la domanda, dev'essere intesa come pronuncia declinatoria della competenza a favore degli arbitri ed è pertanto impugnabile con il regolamento necessario di competenza». Il Collegio ritiene di condividere l'impostazione seguita dalla riportata pronuncia;e conclusivamente rileva che la sentenza fatta oggetto di appello dall'attuale ricorrente risale al 21 luglio 2008, sì che la stessa non avrebbe potuto, comunque, che essere fatta oggetto di regolamento di competenza. 7.- Il terzo e il settimo motivo di ricorso vanno esaminati insieme, venendo gli stessi a proporre, in buona sostanza, questioni del medesimo ordine. Che si sostanziano nell'affermare che la pronuncia del Tribunale di Foggia del luglio 2008 ha deciso anche sul merito, non solo sulla competenza. Ciò in quanto il detto Tribunale ha pure stabilito - così rilevano i motivi in esame - che la «domanda proposta dagli interventori volontari, signori Pezzi Vincenzo e Pezzi Luisa, ... deve essere rigettata per difetto di prova in ordine ai fatti costitutivi della pretesa fatta valere» (motivo n. 3). E pure perché la Corte di Appello non ha considerato che «l'appello era stato proposto contro le statuizioni di merito della sentenza di primo grado» (motivo n. 7).
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