Cass. civ., sez. I, sentenza 13/07/2018, n. 18723
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seguente Rep. Ud. 9.3.2018 SENTENZA sul ricorso n. 2912\2017 proposto da APPIA ANTICA s.r.l. (CF 03244550160) in persona del legale rapp.te p.t., rapp.to e difeso per procura in calce al ricorso dall'avv. M V, elettivamente domiciliato in Ghisalba (Bg) alla v. A. De Gasperi n. 1/A - ricorrente -contro FALLIMENTO IMERI COSTRUZIONI s.r.l. (CF 03449520174), in persona del Curatore dr. L L, rapp.to e difeso per procura in calce al controricorso, dall'avv. D B, elettivamente domiciliato in Roma alla v. L. Luciani n. 1 presso lo studio dell'avv. D M B - controricorrente - avverso il decreto del 20.12.2016 del Tribunale di Brescia;z cí( sentita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 9 marzo 2018 dal relatore dr. A C;udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. L S che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Svolgimento del processo Con decreto del 20.12.2016 il Tribunale di Brescia respingeva l'opposizione al passivo proposta dalla s.r.l. Appia Antica volta ad ottenere il riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis n. 5 c.c. in relazione al proprio credito per fornitura e lavori già ammesso al passivo dal giudice delegato ma solo in via chirografaria. Osservava il Tribunale che, pur aderendo alla tesi secondo cui la legge n. 35 del 2012 ha svincolato il riconoscimento del privilegio artigiano dai criteri generali posti dall'art. 2083 c.c., il ricorrente non aveva provato il possesso dei requisiti richiesti dalla legge n. 443 del 1985, essendosi limitato ad evidenziare la sussistenza dell'iscrizione all'albo delle imprese artigiane ed il mancato superamento dei limiti fissati dalla legge quadro riguardo al numero dei dipendenti, omettendo però di dimostrare che tutti i soci prestavano la propria attività lavorativa nell'ambito dell'impresa e di fornire elementi da cui ricavare la preminenza del lavoro svolto dai soci sugli altri fattori produttivi. Avverso tale decreto Appia Antica s.r.l. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo;resiste la curatela mediante controricorso. Motivi della decisione Con l'unico articolato motivo il ricorrente lamenta la nullità del decreto impugnato per la mancata e/o corretta valutazione della prova documentale ai fini del riconoscimento del privilegio artigiano di cui all'art. 2775 bis n. 5 c.c. (ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c.), sostenendo, per i crediti sorti posteriormente all'entrata in vigore della novella del 2012, che l'iscrizione all'albo degli artigiani dovrebbe considerarsi condizione sufficiente per il riconoscimento del privilegio o comunque un elemento idoneo a far scattare una presunzione relativa del possesso della qualifica di artigiano, superabile solo con la rigorosa prova, da porsi a carico del curatore, dell'illegittimità di tale iscrizione al momento della nascita del credito. Sostiene il ricorrente che il Tribunale, nel richiedere la prova degli ulteriori requisiti qualitativi e quantitativi, non solo avrebbe prestato adesione all'ormai superato richiamo all'art. 2083 c.c., ma avrebbe in ogni caso omesso di considerare che i documenti prodotti dal ricorrente attestavano con certezza la sussistenza di tutte le condizioni necessarie per riconoscere in capo al ricorrente la qualifica di impresa artigiana. Il motivo è infondato. Com'è noto l'originaria formulazione dell'art. 2751 bis, n. 5, c.c. antecedente alla modifica intervenuta con l'art. 36 del d.l. n. 5 del 2012 (conv. in I. n. 35 del 2012) si limitava a riconoscere il privilegio in relazione ai crediti "dell'impresa artigiana", senza operare alcuna ulteriore specificazione al riguardo. Con riferimento al testo antecedente alla modifica, le SU con sentenza n. 5685 del 2015 hanno chiarito che la nozione di impresa artigiana va apprezzata esclusivamente alla luce dei criteri fissati in via generale dall'art. 2083 c.c. e dunque tenendo conto del criterio della prevalenza del lavoro del titolare dell'impresa e della sua famiglia rispetto al capitale ed all'altrui lavoro (il cui accertamento implica la verifica dell'incidenza del lavoro del titolare e dei familiari ed il capitale investito in termini di strutture, macchinari e materie prime), essendo invece non decisivo l'esclusivo riferimento al criterio del volume di affari. Ferma dunque restando la rilevanza del riferimento all'art. 2083 c.c. al fine di definire l'impresa come artigiana nei rapporti tra privati, la pronuncia, ponendosi nel solco di una consolidata giurisprudenza, ha ulteriormente precisato che l'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane costituisce il presupposto per fruire delle agevolazioni previste dalla legge quadro o da altre disposizioni, ma non vale a far sorgere una presunzione assoluta circa la qualifica artigiana dell'impresa ai fini del riconoscimento del privilegio generale mobiliare, essendo dunque consentito al giudice di sindacare la reale consistenza dell'impresa creditrice (richiamandosi sul punto quanto statuito da Corte Cost. n. 307 del 1996). Ne consegue, con riferimento al regime anteriore alla novella del 2012, che l'iscrizione all'albo, pur avendo natura costitutiva, non fa sorgere alcuna presunzione circa la natura artigiana dell'impresa e dunque non rileva ai fini del privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 5, c.c. Nel caso in esame, tuttavia, il credito vantato dal ricorrente è maturato in epoca successiva all'entrata in vigore della legge del 2012: si tratta, infatti, di una circostanza non solo incontestata (e costituente il presupposto del percorso motivazionale del Tribunale), ma altresì rafforzata dal fatto che la fattura relativa ai lavori eseguiti dal ricorrente risale all'ottobre del 2012 e dunque ad un'epoca successiva all'entrata in vigore della legge (fissata al 10.2.2012). Occorre verificare, dunque, con riferimento al nuovo regime, se l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane costituisca, a differenza del regime anteriore, requisito da solo sufficiente per il riconoscimento del privilegio in esame. Per effetto della modifica intervenuta nel 2012, il nuovo testo dell'art. 2751 bis, n. 5, c.c. riconosce adesso il privilegio all'impresa artigiana "definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti", operando un chiaro rinvio alle definizioni contenute nella legge del quadro n. 443 del 1985. Non può dunque prescindersi, nell'esaminare gli elementi costitutivi della qualifica dell'impresa artigiana, dai requisiti previsti dalla legge quadro che infatti, all'art. 3, si occupa proprio della definizione di impresa artigiana, candidandosi tale norma, evidentemente, a divenire un sicuro punto di riferimento nell'interpretazione del rinvio contenuto nella norma codicistica. In particolare l'art. 3, comma 2, ammettendo l'esercizio dell'impresa artigiana in forma societaria (con esclusione delle s.p.a. e delle s.a.p.a.), pone quale condizione essenziale che la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell'impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale;impone, inoltre, sempre ai fini dell'integrazione definitoria, che ricorrano i limiti dimensionali di cui all'art. 4 quanto al numero massimo di dipendenti occupati. Facendo applicazione di tali criteri al caso di specie, dunque, il decreto impugnato ha escluso il rispetto del primo ordine di limiti, evidenziando come la documentazione prodotta "non consenta una dimostrazione attendibile della prevalenza del fattore de/lavoro personale dei soci sugli altri fattori della produzione": le opposte considerazioni, svolte dal ricorrente nella seconda parte del motivo e dirette a contrastare in punto di fatto quanto osservato dal Tribunale, si fondano su aspetti afferenti alla valutazione della prova inammissibili in sede di legittimità. Resta da verificare, tuttavia, il peso interpretativo da assegnare alla disposizione contenuta nel successivo art. 5 che prevede che "l'iscrizione all'albo è costitutiva e condizione per la concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane". La tesi sostenuta dal ricorrente (nella prima parte del motivo) è che l'iscrizione all'albo, possedendo un valore costitutivo, dovrebbe esonerare il giudice, ai fini del riconoscimento del privilegio, dall'indagine concernente i limiti di cui agli artt. 3 e 4 o quantomeno integrerebbe una presunzione relativa circa il possesso di quei requisiti, con conseguente onere del curatore di fornire la prova contraria. Si tratta di una proposta interpretativa che non può essere condivisa. L'art. 2751 bis, n. 5, c.c. impone di definire l'impresa artigiana in base alle "disposizioni legislative vigenti" e dunque attraverso il positivo riscontro non solo di una ma di tutte le condizioni richieste dalla legge quadro, dovendosi verificare, quindi, sia il possesso dei requisiti soggettivi di cui all'art. 3, sia il rispetto dei limiti dimensionali dell'art. 4, oltre all'avvenuta iscrizione nell'albo delle imprese artigiane. In tale prospettiva, dunque, l'iscrizione si configura come coelemento della fattispecie acquisitiva della qualifica soggettiva, elemento necessario ma non sufficiente per definire l'impresa come artigiana, dovendo pertanto concorrere con gli altri requisiti di cui agli artt. 3 e 4, la cui sussistenza va dimostrata dal creditore e conseguentemente verificata in concreto dal giudice ai fini del riconoscimento del privilegio. La necessaria sussistenza del requisito dell'iscrizione deriva da ragioni di carattere formale, collegate alla previsione di un regime pubblicitario volto principalmente a tutelare l'affidamento dei terzi che intrattengano rapporti con l'impresa;la non sufficienza dell'iscrizione, ai fini del riconoscimento del privilegio, deriva invece dal rinvio operato dall'art. 2751 bis, n. 5, c.c. alla sussistenza di tutte le condizioni previste dalla legge e volte ad integrare la nozione di impresa artigiana. Una diversa modalità interpretativa, volta a valorizzare esclusivamente la natura costitutiva dell'iscrizione e ad affermare la sufficienza del mero dato formale a far presumere l'avvenuto controllo da parte dell'autorità amministrativa del possesso degli altri requisiti, nemmeno condurrebbe ai risultati auspicati dal ricorrente, collidendo con la possibilità per il giudice di procedere alla disapplicazione del provvedimento illegittimo in quanto adottato in assenza delle condizioni previste dalla legge per il riconoscimento della qualifica di impresa artigiana. Né la costitutività dell'iscrizione può essere semplicemente correlata alla concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane: in tal caso, infatti, l'art. 5 conterrebbe una inutile ripetizione lessicale;al contrario, essendo l'iscrizione "costitutiva e condizione per la concessione delle agevolazioni", è chiaro che il concetto di costitutività va tenuto ben distinto dal termine "condizione", trattandosi dunque di aspetti che regolano fenomeni differenti (il possesso della qualifica, da un lato, e quello della concessione delle agevolazioni dall'altro). In conclusione deve ritenersi che l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane, pur avendo natura costitutiva della qualifica dell'impresa come artigiana, costituisce un elemento necessario ma non sufficiente ai fini del riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 5, c.c., dovendo concorrere con gli altri elementi previsti dalla legge n. 443 del 1985 cui la norma codicistica rinvia.Le considerazioni che precedono impongono il rigetto del ricorso;le spese della fase di legittimità vengono compensate in considerazione della novità della questione.
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