Cass. civ., sez. V trib., sentenza 02/09/2002, n. 12749

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Massime1

In tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, ai sensi dell'art. 62 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali, per tali dovendosi intendere, ex art. 2 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, fra l'altro, quelli "derivanti da lavorazioni industriali". Su tale disciplina deve ritenersi che non abbia inciso l'art. 39 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, il quale ha assimilato i rifiuti "speciali" a quelli urbani, e, pertanto, i luoghi specifici di lavorazione industriale, cioè le zone dello stabilimento sulle quali insiste il vero e proprio opificio industriale, vanno considerate estranee alla superficie da computare per il calcolo della tassa in questione. L'onere della prova circa l'esistenza e la delimitazione delle zone anzidette, esentate dalla tassa, spetta a chi ritiene di averne diritto, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 02/09/2002, n. 12749
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12749
Data del deposito : 2 settembre 2002

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. B S - Presidente -
Dott. G P - Consigliere -
Dott. M O - Consigliere -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. G V A M - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Lanificio PIELLE S.p.A., in persona dei legali rappresentanti C N P e P R, elettivamente domiciliata in Roma, via Principessa Clotilde. n.7, presso l'avvocato M T, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato G C, giusta procura speciale a margine del ricorso


- ricorrente -


contro
Comune di Prato, in persona del vice-Sindaco p.t., domiciliato in Roma, piazza Trevi, n.86, presso l'avvocato M. T B, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al controricorso


- controricorrente -


avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Firenze, n. 108/20/99, depositata il 16.07.11999. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6/05/02 dal Relatore Cons. Dott. G V A M;

Udito l'Avvocato Troiano (per delega), per il ricorrente;

Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. V G, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso, per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Avverso l'avviso di accertamento emesso dal Comune di Prato, relativo all'anno 1996, recante le somme di Lire 20.824.000 per tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani e soprattassa di Lire 10.442.000 per infedele dichiarazione, il Lanificio PIELLE S.p.A., che gestisce localmente un'industria manifatturiera di tipo tessile, propose ricorso alla commissione tributaria provinciale di Prato che, con sentenza n. 31 del 1998, lo rigettò. Ricorse in appello il Lanificio, chiedendo che la commissione tributaria regionale di Firenze, in riforma della decisione impugnata, annullasse l'avviso di accertamento, previa dichiarazione che la superficie dello stabilimento assoggettabile alla suddetta tassa è soltanto quella corrispondente agli uffici, servizi e sala campionario, pari a mq. 440, mentre ne è esclusa la superficie destinata alle attività produttive dell'azienda, dove si generano rifiuti di carattere industriale;
chiese, inoltre, l'eliminazione della soprattassa e degli altri accessori portati dall'avviso, con condanna del Comune di Prato alla restituzione delle somme non dovute, eventualmente corrisposte nelle more del giudizio, ed alle spese di lite.
Il Comune di Prato, costituendosi nel giudizio d'appello, contestò le richieste avversarie affermando che la tassa era dovuta riguardo all'intera superficie dell'immobile, perché i rifiuti speciali, prodotti nello stabilimento dell'appellante, erano assimilati a quelli urbani, in virtù di quanto disposto dall'articolo 39, legge 22 febbraio 1994, n. 146.
La commissione tributaria regionale di Firenze, con sentenza depositata il 16.7.1999, rigettò l'appello, avendo accolto il principio per cui i rifiuti prodotti dalla ditta appellante nel proprio stabilimento erano assimilati ex lege a quelli urbani. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il Lanificio PIELLE S.p.A., affidando il ricorso a cinque motivi, illustrati anche con successiva memoria, cui si oppone con controricorso il Comune di Prato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente censura la sentenza della commissione tributaria regionale della Toscana per diversi motivi, e precisamente:
1.: per avere ritenuto computabili, ai fini del calcolo della tassa, le aree di lavorazione dello stabilimento, in cui si producono rifiuti di natura industriale, e quindi speciale, non. soggetti a raccolta e smaltimento da parte del Comune - violazione di legge (articoli 62, co. 3, D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, e 39, legge 22 aprile 1994, n. 146) ed omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione;

2.: per non avere considerato che tutti i rifiuti industriali, anche i cc.dd. "scarti di lavorazione", sono rifiuti speciali, smaltiti direttamente da chi li produce e non dal Comune - violazione di legge (articoli 2 e 3, D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915), omessa o insufficiente motivazione;

3.: per omessa o errata decisione sulla spettanza dell'onere della prova circa la natura, industriale (speciale) o urbana (assimilata) dei rifiuti prodotti e circa l'esistenza di superfici non tassabili - violazione di legge (articoli 2697 c.c., 112 c.p.c.), omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione;

4.: per omessa decisione in ordine all'eccezione (dedotta col quarto motivo d'appello) di non debenza della tassa, in difetto di raccolta e smaltimento dei rifiuti in questione da parte del Comune - violazione e falsa applicazione dell'articolo 65, D.Lgs. n. 507/1993, omessa o insufficiente motivazione;

5.: per omessa decisione in ordine all'eccezione (dedotta col quinto motivo d'appello) di non debenza della soprattassa irrogata dal Comune - violazione e falsa applicazione dell'articolo 76, D.Lgs. n. 507/1993 ed omessi o insufficiente motivazione.
Il ricorso deve essere accolto, nei limiti di ragione qui di seguito esposti.
Ritiene il Comune di dover computare - ai fini del calcolo della tassa dovuta per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani prodotti dal Lanificio PIELLE, opificio industriale - l'intera area di esso, senza distinzione fra locali di lavorazione ed altre aree (uffici, servizi, sala campionario). Per contro, il Lanificio PIELLE, presentando ricorso alla commissione tributaria provinciale, oppose che le superfici corrispondenti ai locali di lavorazione dell'azienda ed a quelli accessori non dovevano, a suo giudizio, esser e comprese nel computo, perché vi si producevano, di regola, rifiuti di tipo industriale, cioè "speciale", sottratti per legge alla tassazione (articolo 62, co. 3, D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, non abrogato dall'articolo 39, legge 22 aprile 1994, n. 146).
Replicò il Comune che la tassa era stata applicata tenendo conto dell'intera superficie dello stabilimento, perché la normativa all'epoca vigente (in particolare, l'articolo 39, legge n. 146/1994, attraverso il richiamo al punto 1.1.1.a della deliberazione 27.7.1984 assunta dall'apposito comitato interministeriale, in attuazione dell'articolo 4, lett. e, del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915) aveva assimilato ex lege i rifiuti speciali a quelli urbani. Il thema decidendum è quindi essenzialmente limitato all'applicabilità o non applicabilità, nel caso di specie, del richiamato articolo 39, legge n. 146/1994. Entro tali limiti, le questioni realmente dedotte in lite, portate anche all'esame del giudice d'appello e riproposte nel ricorso per cassazione, sono dunque le seguenti:
1) se, pur nel periodo di vigore dell'articolo 39, legge n. 146/1994, le superfici di lavorazione industriale continuavano ad essere escluse dal computo finalizzato alla determinazione della tassa e 2) se, nel caso concreto, l'accertamento posto a base dell'avviso contestato le escludeva oppure no, in ragione del tipo di lavorazione che in esse si compie.
La prima questione, di carattere interpretativo, va risolta in senso positivo, giacché le norme all'epoca vigenti (non abrogate dall'articolo 39 della legge n. 146/1994) stabilivano, per quanto qui interessa, che "nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, di regola, rifiuti., speciali..." (articolo 62, co. 3, D.Lgs. n. 507/1993);

essendo "rifiuti speciali", ai sensi dell'articolo 2, D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, quelli (fra l'altro) "derivanti da
lavorazioni industriali".
A maggior conferma di tale esclusione, l'articolo 68, co. 2, lett. e) del medesimo D.Lgs. n. 507/1993, stabilisce che resta ferma,
comunque, "l'intassabilità delle superfici di lavorazione industriale".
Quanto alla definizione delle "superfici di lavorazione industriale", si deve ritenere che queste siano limitate a quella parte dell'immobile su cui insiste l'opificio vero e proprio, cioè a quei locali destinati, "per specifiche caratteristiche strutturali", allo svolgimento dell'attività produttiva (cfr. Cass. n. 1242/1996, con riferimento al precedente periodo di vigenza dell'articolo 270, R.D. 14 settembre 1931, n. 1175 - T.U.F.L., ma tuttavia attuale, stante la
persistenza del medesimo criterio nella norma, sopra cit., dell'articolo 62, D.Lgs. n. 507/1993). Pertanto, l'assimilazione ex lege dei rifiuti "speciali" a quelli urbani, che il giudice a quo ritiene operata dall'articolo 39, legge n. 146/1994, non ricorre nel caso dei rifiuti prodotti da aziende
industriali, nei luoghi specifici di lavorazione industriale, cioè in quelle zone dello stabilimento in cui insiste il vero e proprio "opificio industriale". Tali zone, così delimitate, erano quindi estranee - nel periodo cui si riferisce l'accertamento in questione - alla superficie da computare per il calcolo della tassa sulla raccolta e sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. La seconda questione, relativa alla delimitazione, nel caso concreto, delle "superfici di lavorazione industriale", al fine di escluderle dal computo per la determinazione della tassa, costituisce apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito. Così pure il giudizio sull'ulteriore quesito, se anche in altre zone dello stabilimento si producano, eventualmente, rifiuti (tossici o nocivi) non assimilabili per altro motivo a quelli urbani, e perciò pure esclusi dalla tassa.
Quanto alla sopportazione dell'onere della prova, circa l'esistenza, l'ubicazione e la delimitazione delle superfici di lavorazione industriale, non computabili al fine del calcolo della tassa, si osserva che il presupposto di ordine generale per la tassazione è costituito dall'attivazione del relativo servizio ad opera del Comune, il quale esercita conseguentemente un diritto di privativa (articolo 59, D.Lgs. n. 507/1993). Al pagamento della tassa sono quindi astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato (articolo 62, D.Lgs. n. 507/1993). Le esenzioni, comprese quelle parziali dipendenti dall'utilizzazione di locali per lavorazioni industriali, si pongono come eccezione alla regola generale di pagamento del tributo e pertanto, ai sensi dell'articolo 2697, secondo comma, c.c., la prova delle condizioni che giustificano tale esenzione spetta a chi sostiene di averne diritto (cfr. Cass. n. 14992/2000). La censura contenuta nel quinto motivo, con cui si deduce che la commissione tributaria regionale ha omesso di motivare e di decidere in ordine alla lamentata illegittimità della soprattassa di Lire 10.442.000 applicata dal Comune, è fondata, giacché il giudice a quo ha totalmente omesso di statuire in merito a tale questione, specificamente dedotta col quinto motivo d'appello della ricorrente. Tutte le altre censure contenute nel ricorso della Lanificio PIELLE S.p.A. sono assorbite.
In conclusione, per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto, per quanto di ragione. Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Toscana, che giudicherà nel merito, uniformandosi ai principi di diritto sopra espressi, e provvederà anche in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità.

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