Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/08/2004, n. 16831

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In tema di assicurazioni contro gli infortuni e le malattie professionali, i due istituti della revisione per miglioramento o aggravamento e della revisione per errore sono distinti ed hanno diversi presupposti, nonché diversa disciplina, in quanto il primo (regolato dall'art. 83 del d.P.R. n. 1224 del 1965 per gli infortuni sul lavoro, dall'art. 137, stesso d.P.R. per le malattie professionali, dall'art. 146, quinto comma, stesso d.P.R. per la silicosi e asbestosi, e dall'art. 13, comma quarto, del D.Lgs. n. 38 del 2000 per le malattie neoplastiche) si fonda sulla variazione, in meglio od in peggio, delle condizioni sanitarie dell'assicurato, e garantisce che la rendita sia aderente, entro certi limiti temporali, alla condizione di bisogno dell'assicurato, variabile nel tempo, mentre il secondo (regolato attualmente dall'art. 9 del citato d.lgs.), si fonda su un errore iniziale di valutazione e sull'esigenza che il beneficio corrisponda ai presupposti di legge.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/08/2004, n. 16831
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16831
Data del deposito : 25 agosto 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P G - Presidente -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. L F - Consigliere -
Dott. P P - Consigliere -
Dott. D M A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A B, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA SEBINO

32, presso lo studio dell'avvocato C D G, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato P B, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE

CONTRO

GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA IV NOVEMBRE

144, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, R R, giusta procura speciale atto notaio CARLO FEDERICO TUCCARI di ROMA del 06/06/02, rep. 60383;

- resistente con procura -
avverso la sentenza n. 161/01 del Tribunale di SULMONA, depositata il 17/05/01 R.G.N. 412/99;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 03/06/04 dal Consigliere Dott. A D M;

udito l'Avvocato R;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F

GHERSI

Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. Angelone Bruno, titolare dal marzo 1963 di rendita Inail per silicosi nella misura dell'88%, in sede di revisione per miglioramento nell'ottobre 1996 si è vista ridurre la percentuale inabilitante al 37%.
Il Pretore di Sulmona, in parziale accoglimento della domanda dell'Angelone, gli ha riconosciuto una inabilità del 65% dalla data della revisione.
Il Tribunale di Sulmona, cui l'Inail aveva sollevato doglianze circa il valore della ctu espletata in primo grado, l'ha rinnovata in sede di appello;
sulla base degli accertamenti peritali svolti in quella sede (mediante esami spirografici ed emogasanalisi, nonché valutazioni cliniche) confermativi del grado di inabilità accertato dall' istituto assicuratore, ha respinto la domanda. Il Tribunale ha aggiunto che l'Angelone non ha sollevato consistenti obiezioni sotto il profilo medico-legale, sufficienti a determinare un diverso convincimento.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'Angelone, con unico motivo.
L'intimato Istituto si è costituito con controricorso, resistendo. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 9 D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, si duole che il ctu di 2 grado sia pervenuto alla sua diagnosi mediante l'adozione di strumenti diagnostici non esistenti al tempo del riconoscimento della rendita.
Il motivo è infondato.
I due istituti della revisione per miglioramento (o per aggravamento) e della revisione per errore sono distinti (Cass. 13 gennaio 2001, n. 435, Cass. 19 settembre 1992 n. 19771, Cass. 26 maggio 1989 n. 2524, Cass. 13 febbraio 1987 n. 1606), ed hanno presupposti diversi. Il primo si fonda sulla variazione, in meglio o in peggio, delle condizioni sanitarie dell' assicurato, e risponde alla necessità che la rendita sia aderente, entro certi limiti temporali, alla condizione di bisogno dell' assicurato, variabile nel tempo;
il secondo su un errore iniziale di valutazione, e sulla esigenza che il beneficio corrisponda ai presupposti di legge.
Il primo è soggetto alla disciplina dell'art. 83 D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (per gli infortuni sul lavoro), dell'art. 137 (per le
malattie professionali), 146, 5^ comma (per la silicosi e asbestosi), nonché dell'art. 13, comma 4^, D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 per le malattie neoplastiche, infettive e parassitarie;
il secondo a varie discipline succedutesi nel tempo;
attualmente all'art. 9 D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, avente efficacia retroattiva ed applicabile ai
procedimenti in corso (Cass. 19 giugno 2000 n. 8308, Cass. 14959/2000, Cass. 26 agosto 2002 n. 12525, Cass. 29 settembre 2000 n.
12915
;
Cass. 10 gennaio 2003 n. 254, Cass. 20 gennaio 2003 n. 776, Cass. 4 marzo 2003 n, 3209, Cass. 19 aprile 2003 n. 6386, Cass. 12 dicembre 2003 n. 19012), ed anche ai rapporti esauriti per prescrizione o giudicato (Cass. 8308/2000 cit.). La nuova disciplina lascia immutato, rispetto a quella precedente dell'art. 55, 5^ comma, Legge 9 marzo 1989, n. 88, l'oggetto della rettifica ("errore di qualsiasi natura, commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione delle prestazioni"), ed il limite del dolo e della colpa grave dell' assicurato, che rendono l'errore rettificabile in ogni caso e senza limiti temporali. Introduce però, al di fuori del dolo e della colpa grave, un limite temporale di dieci anni al potere di rettifica, soggetto a decadenza, che decorre dalla data di comunicazione dell'originario provvedimento errato (art. 9, comma 1, ultima parte D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38). Fondamento di questo limite è un'esigenza immanente all'ordinamento, analoga a quella che è a fondamento dell'art. 83 t.u., di cui ripete l'arco temporale: la tutela del titolare di rendita protratta nel tempo. E, con il decorso di un decennio, questa necessità diventa prevalente anche sull'esigenza di rimuovere un diritto erroneamente riconosciuto.
Il secondo limite è interno alla struttura dell' accertamento dell'errore. "In caso di mutamento della diagnosi medica e della valutazione da parte dell'istituto assicuratore successivamente al riconoscimento del diritto", l'errore è rettificabile "solo se accertato con i criteri, metodi e strumenti di indagine disponibili all'atto del provvedimento originario" (art. 9, secondo comma). La individuazione del procedimento va fatta sulla base dei suoi presupposti e non del nomen attribuito dal soggetto che prende l'iniziativa, rispettivamente l'Istituto nel disporla o l'assicurato nel richiederla (sul diritto dell'assicurato di richiedere la rettifica Cass. 6386/2003 cit.);
la sua corretta valutazione spetta al giudice del merito, il quale non è vincolato dalla qualificazione delle parti e dal tipo di procedimento aperto (Cass. 10842/2000 cit.;
Cass. 6386/2003 cit.);
occorre comunque che la corretta qualificazione, involgendo accertamenti di fatto, sia svolta in sede di merito.
L'odierno ricorrente non deduce direttamente che l'Inail, sub specie di revisione per miglioramento, abbia proceduto ad una revisione per errore;
ma si duole semplicemente della mancata applicazione al caso di specie della disciplina dell'art. 9 D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38. Si deve osservare al riguardo, in primo luogo, che l'art. 9 in esame non trova applicazione alla revisione della rendita ai sensi dell'art. 83 t.u. (Cass. 30 luglio 2002 n. 11297). In secondo luogo, ove si volesse ritenere implicita nella denuncia dell'inosservanza dell'art. 9 (e nella frase, a pag. del ricorso "non potendo la silicosi polmonare migliorare ma solo peggiorare), la deduzione che l'istituto assicuratore abbia adottato una rettifica, sub specie di revisione, si devono fare due osservazioni: a) l'art. 146, primo comma, t.u., come sostituito dall'art. 5 Legge 27 dicembre 1975, n. 780, prevede espressamente la revisione della rendita (ed
addirittura la sua soppressione) per miglioramento della silicosi, e pertanto l'affermazione del ricorrente che la silicosi può solo peggiorare rimane assiomatica, priva di qualsiasi riscontro normativo e scientifico, sicché appare problematica la interpretazione ipotizzata del ricorso;
b) trattasi comunque di deduzione inammissibile per la prima volta in sede di legittimità, involgendo accertamenti di fatto, come cennato, non ammessi in questa sede. In nessuna parte della sentenza impugnata risulta che trattasi di censura già avanzata in sede di merito, ne' il ricorrente lo deduce nel ricorso per Cassazione.
Il ricorso deve essere pertanto respinto.
Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell'art. 152 d.a.c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui all'art. 42, comma 11, del d.l. n. 269 del 30 settembre 2003, convertito in Legge 24 novembre 2003, n. 326, nella specie inapplicabile "ratione temporis".

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