Cass. civ., sez. III, sentenza 01/03/2023, n. 06116
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uogo a provvedere sull'istanza cautelare in considerazione del fatto che l'articolo era stato medio tempore rimosso dall'archivio web del giornale. All'esito del giudizio di merito, il Tribunale di Pordenone dichiarò cessata la materia del contendere con riferimento alla richiesta di cancellazione o aggiornamento dei dati pubblicati ondine e rigettò le domande attoree di risarcimento dei danni sia in relazione alla prospettata diffamazione a mezzo stampa sia per la prolungata permanenza della notizia sul sito web. La Corte di Appello di Trieste ha rigettato il gravame proposto dal P (in proprio e in qualità di I.r. della S.G.S. s.r.I.), affermando -tra l'altro- che: non potevano considerarsi integrati gli estremi del reato di diffamazione a mezzo stampa, in quanto l'articolo rispettava i requisiti della verità della notizia, della continenza e dell'interesse pubblico alla conoscenza dei fatti;era stata correttamente dichiarata la cessazione della materia del contendere in punto di aggiornamento della notizia, in quanto, a seguito della richiesta del P, la testata giornalistica si era «attivata velocemente per assicurare l'eliminazione dell'articolo, oltreché per pubblicare un ulteriore articolo avente ad oggetto le sentenze assolutorie»;«dopo aver adottato le suddette misure per aggiornare i dati personali dell'appellante, la testata giornalistica [aveva] esaurito gli oneri sulla stessa incombenti. Non è possibile, infatti, ritenere che la redazione di un giornale sia gravata dall'onere di seguire e dar conto, autonomamente e di propria sponte, degli sviluppi delle notizie precedentemente fornite, a maggior ragione se giunte a distanza di tempo considerevole»;«l'articolo risalente al 2003 non ha carattere diffamatorio e, in conseguenza, di ciò nessun risarcimento del danno spel:ta al P». Ha proposto ricorso per cassazione il soccombente, affidandosi a due motivi, ha resistito, con controricorso, la GEDI News Network s.p.a. - Divisione Nord-Est. Il ricorso giunge all'odierna pubblica udienza a seguito di ordinanza interlocutoria n. 21982/2022. Il P.M. ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile. Il ricorrente -che aveva depositato memoria in vista della precedente adunanza camerale- ha formulato tempestiva istanza di discussione orale. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Col primo motivo, il ricorrente denuncia «violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c. perché è stato totalmente omesso l'esame di un fatto decisivo oggetto di discussione e cioè la diffamazione di Gaspare P e della sua società S.G.S. con il titolo a caratteri cubitali, idoneo a generare comunque dubbi sul lettore, incidendo quindi sulla sua reputazione: tanto più che gli addebiti indicati avvenivano proprio dato il suo lavoro e quindi ancora più gravi;e violazione dell'art. 360 sub 3 in relazione all'art. 132 c.p.c. mancando appunto ogni motivazione su questo punto: il tutto in relazione agli artt. 590 c.p. e 2043 c.c.». 1.1. Il motivo va disatteso, in quanto: è inammissibile, ai sensi dell'art. 348 ter, co. 5 c.p.c., in relazione al vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., atteso che, a fronte di una "doppia conforme" di merito, il ricorrente non ha dedotto -come necessario (cfr., per tutte, Cass. n. 26774/2016)- che la sentenza di appello confermativa di quella di primo grado non è fondata sulle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto;è infondato in relazione alla dedotta carenza di motivazione, giacché la Corte ha esaminato il requisito della "continenza" e lo ha considerato rispettato, con ciò mostrando di ritenere ininfluente le deduzioni svolte dall'appellante nell'atto di gravame (ritrascritte a pagg. 19 e 20 del ricorso) circa la natura di per sé diffamatoria del risalto grafico dato al titolo dell'articolo.
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