Cass. civ., sez. III, ordinanza 20/06/2022, n. 19819

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, ordinanza 20/06/2022, n. 19819
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19819
Data del deposito : 20 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

ORDINANZA sul ricorso 33023/2019 proposto da: T M V, rappresentato e difeso dall'avvocato D G ed elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell'avvocato M G, in Via Laura Mantegazza 24 Pec: avvocatodonatogargano@oec.giuffre.it -ricorrente -

contro

BANCA POPOLARE DI B, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati ROBERTA PIACENTE e

ROBERTA

2o2) MARANO' ,ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avvocato F T, in Roma, viale Bruno Buozzi n. 77 Vk Pec. avv.robertapiacente@studiolegalelaterza.it Avv.robertamarano@studiolegalelaterza.it

- controricorrente -

nonchè

contro

UNICREDIT SPA, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato A N e domiciliato presso la Cancelleria della Corte di Cassazione Pec: avvocatoandreanencha@pecstudio.it avverso la sentenza n. 1306/2019 della CORTE D'APPELLO di B, depositata il 05/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/04/2022 da M A Considerato che:

1.La Banca Popolare di Bari, assumendo di essere creditrice nei confronti di M T, titolare dell'omonima ditta, per la somma di L. 104.578.367, ottenne decreto ingiuntivo in danno del debitore e della moglie, quale garante, per l'importo di circa L 101.030.730 oltre interessi per saldi passivi di conto corrente bancario e iscrisse ipoteca giudiziale per circa L. 150 milioni sull'intero patrimonio immobiliare. Il T propose opposizione al decreto ingiuntivo, e nel giudizio spiegò atto di intervento, quale cessionaria del credito, la Eurofinance 2000 s.r.l. Il Tribunale di Bari, disposta una CTU contabile con cui accertò l'inesistenza del credito vantato dalla banca, risultando piuttosto un credito del correntista, accolse l'opposizione, revocò il decreto ingiuntivo ma rigettò la domanda di danni, formulata dal T ex art.96 c.p.c.

2. La Corte d'Appello di Bari, con sentenza del 28/6/2012, rigettò l'appello ma la sentenza fu cassata da questa Corte, con sentenza del 5/4/2016, la quale affermò il seguente principio di diritto: "Nell'ipotesi in cui - come nella specie - risulti accertata l'inesistenza del diritto per cui è stata iscritta ipoteca giudiziale e la normale prudenza del creditore nel procedere all'iscrizione dell'ipoteca giudiziale, è configurabile in capo al suddetto creditore la responsabilità ex art. 96, secondo co. c.p.c. quando non ha usato la normale diligenza nell'iscrivere ipoteca sui beni per un valore proporzionato rispetto al credito garantito, secondo i parametri indicati agli artt. 2875 e 2876 c.c., così ponendo in essere, mediante l'eccedenza del valore dei beni rispetto alla cautela, un abuso del diritto della garanzia patrimoniale in danno del debitore".

3. A seguito di riassunzione della causa la Corte d'Appello di Bari, pronunciando in sede di rinvio, con sentenza del 5/6/2019, ha ritenuto che, in concreto, non fosse stata raggiunta la prova degli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale del creditore, e cioè la condotta, l'elemento psicologico, il danno ingiusto e il nesso causale tra la condotta della banca ed il danno ed ha pertanto rigettato l'appello. Per quanto ancora qui di interesse la Corte ha ritenuto non dimostrato il nesso causale tra la iscrizione ipotecaria e il danno che sarebbe derivato al T per non aver potuto disporre del proprio patrimonio immobiliare mediante la commercializzazione dei beni realizzati su suoli edificatori di sua proprietà, in quanto i beni, prima dell'iscrizione ipotecaria della Banca Popolare di Bari, già risultavano gravati da ipoteca di altro istituto di credito, sicchè ciò avrebbe comunque precluso di porre in essere le attività asseritamente impedite dalla successiva iscrizione di ipoteca;
né poteva ritenersi sussistente la prova del pregiudizio asseritamente costituito dalla disponibilità di un terzo all'acquisto di uno dei beni pignorati, non essendovi prova della genuinità dei documenti provenienti dal terzo. Neppure vi sarebbe prova del danno in mancanza di idonea documentazione contabile da cui poter desumere il venir meno di utili per effetto dell'iscrizione e del blocco dell'attività imprenditoriale. Ancora vi sarebbe prova documentale della manifestata disponibilità della banca a ridurre l'iscrizione ipotecaria, alla quale il T non avrebbe dato alcun riscontro. Conclusivamente la Corte d'Appello ha rigettato l'appello, con compensazione delle spese.

4.Avverso la sentenza M T ha proposto ricorso per cassazione sulla base di dodici motivi. Hanno resistito con distinti controricorsi la Unicredit. SpA. e la Banca Popolare di Bari. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio sussistendo le condizioni richieste dall'art. 380 bis c.p.c. in vista della quale la Banca Popolare di Bari e M T hanno depositato memoria.

Ritenuto che:

1.Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione ex art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c. nella parte in cui la sentenza ha più volte richiamato documentazione prodotta per la prima volta tardivamente dalla Banca ritenendola peraltro ammissibile (in particolare lettera della banca del 21 marzo 2002 e del 5 giugno 2002) e in relazione alla quale la Corte territoriale ha ritenuto raggiunta la prova dell'istituto di credito circa la volontà di svincolare dall'ipoteca il capannone oggetto di trattative di vendita in favore della società Pagone. Il ricorrente lamenta che la Corte d'Appello, utilizzando una documentazione tardivamente e dunque inammissibilmente acquisita in giudizio, abbia ritenuto provata la espressa volontà della banca di procedere alla riduzione dell'ipoteca iscritta. Si tratterebbe di documentazione allegata dalla Banca nella fase di appello che, nella prospettazione del ricorrente, sarebbe stata acquisita in violazione dell'art. 345 c.p.c.

2.Con il secondo motivo si deduce "ex art. 360, co. 1 n. 4 laddove la Corte d'Appello di Bari, pur sollecitata dalla richiesta di stralcio della nuova documentazione prodotta dalla Banca Unicredit, allorché si costituiva nel giudizio n. 1203 del 2016, ha del tutto ignorato la relativa eccezione del difensore del T Michele, ammettendo, pertanto, la detta documentazione sulla quale, peraltro, ha fondato il proprio convincimento" 3. Con il terzo motivo di ricorso - ex art. 360, co. 1 n. 4 con riferimento all'art. 116 c.p.c. laddove la Corte d'Appello di Bari con la sentenza impugnata, con riguardo alle raccomandate del 21/3/2002 e 5/6/2002, ha ritenuto essere stata fornita la prova - da parte della Banca Popolare di Bari - della volontà di cancellare, seppure parzialmente, l'ipoteca gravante sugli immobili del ricorrente.

1-3. I motivi possono essere trattati congiuntamente perché tutti afferenti al preteso error in procedendo in cui sarebbe incorsa la Corte d'Appello nel ritenere ammissibili e rilevanti, ai fini del decidere, le lettere della Banca del 21 marzo 2002 e del 5 giugno 2002, asseritamente tardive. Essi vanno disattesi. Le due raccomandate sulle quali la Corte d'Appello ha basato la propria argomentazione sono state depositate dalla Banca Popolare di Bari, la prima in occasione della costituzione della medesima nel giudizio di secondo grado pendente davanti alla Corte d'Appello e, stante l'introduzione della domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. all'udienza di precisazione delle conclusioni del giudizio di primo grado, da ritenersi depositata nella prima udienza utile, e la seconda unitamente alle note di replica. Era allora in vigore, alla data del 24/2/2006, la formulazione dell'art. 345, 3° co. c.p.c. secondo la quale "non sono ammessi nuovi mezzi di prova, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa". La novella di cui alla L 134/12 -che ha soppresso tale margine di discrezionale valutazione del giudice d'appello circa la indispensabilità dei documenti ai fini della decisione- si applica ai giudizi introdotti dopo 1'11/9/2012 e, quindi, non si applica al presente giudizio, di guisa che entrambi i documenti potevano essere considerati- e sono stati in concreto ritenuti- indispensabili ai fini della decisione della causa. Ne consegue, pertanto, l'infondatezza di tutti i motivi di ricorso che fanno leva sulla pretesa tardività e conseguente inammissibilità della richiamata documentazione. Il tutto a prescindere dal rilievo preliminare dell'inammissibilità del motivo in quanto non evidenzia l'interesse del ricorrente a far valere l'inammissibilità della produzione documentale effettuata dalla banca in sede di appello. Invero, le censure attinenti all'utilizzo delle due raccomandate sono dirette a sostenere la risarcibilità del danno conseguito alla impossibilità di vendere gli immobili alla società Pagone, a causa del persistere del vincolo ipotecario;
sennonché il ricorrente non ha fornito, a monte, elementi idonei a dimostrare che detti immobili fossero liberi dalle iscrizioni ipotecarie della Banca Cattolica (si è, infatti, limitato ad affermare - nell'illustrazione del successivo IX motivo - che le precedenti ipoteche non colpivano il capannone e la palazzina uffici siti in Bitonto, di cui ha indicato le particelle catastali, ma non ha impugnato la sentenza nella parte in cui - a pp. 14 e 15 - ha individuato le stesse particelle come ipotecate sia dalla Banca Popolare di Bari che, prima, dalla Banca Cattolica) e non ha pertanto evidenziato l'interesse a far accertare la responsabilità della Banca Popolare per la mancata vendita di immobili, che presupponeva una (non dimostrata) libertà di detti immobili da altre formalità pregiudizievoli.
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