Cass. civ., sez. III, sentenza 02/03/2018, n. 04933

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 02/03/2018, n. 04933
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 04933
Data del deposito : 2 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

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UFFICIO COPIE SENTENZA

Richiesta copia esecutiva dal Sig.--/Z-: ArJ66.,t sul ricorso 19548-2015 proposto da: per diritti Jg-33x5 INFANTE LEONARDO, FLORIO MARIA GRAZIA, MARTINO IL CANCELLIERE CLU-GAmfFQ_ • GAETANO, MARTINO TIZIANA, considerati domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato x5;1 19Y' cyznoqm,q GIUSEPPE GALLO giusta procura in calce al ricorso;!018

- ricorrenti -

.02

contro

C LUIGI, COCOMAZZO ARCANGELA, CIRCOLONE GIUSEPPE, PASQUANDREA MICHELE, CIAVARELLA MATTEO, DAMIANI FLAVIA, PICCINO NICOLA, BANDINI MARIA GRAZIA, CORPOSANTO GIUSEPPE, FATONE ANNA, DI GIOIA INCORONATA, FLORIO MARIO LEONARDO, IANZANO MARIA, LAFICO SEVERINO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI

PIETRALATA

320-D, presso lo studio dell'avvocato G M R, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato R D A giusta procura in calce al controricorso;
MASSARI VITTORIO, LECCIOTTI TECLA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

CARDINAL E LUCA

22, presso lo studio dell'avvocato V D'IIDORO, che li rappresenta e difende;

- controricorrenti -

nonchè

contro

RENDINA LUIGINA, FLORIO MARCELLO ANTONIO, DE LII ANNA ANTONIETTA, IANZANO MICHELE, DE LILLA ANTONIO, DE SANTI DORA ASSUNTA, DE LULIO MARIA FELICIA,

EDIL

2000 DL'ALTRELLI PIERLUIGI ANTONIO & C SNC ;

- intimati -

avverso la sentenza n. 606/2015 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 15/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/2018 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per il rigetto;
udito l'Avvocato GIUSEPPE GALLO;RILEVATO CHE:

1.11 fabbricato, sito in San Severo via Giusti nn. 29 e 31, comprensivo di 12 appartamenti, veniva realizzato agli inizi degli anni 70 del secolo scorso dalla impresa edile Infante Leonardo e Martino Luigi. A gennaio 2005, i condomini, allarmati dalla inflessione di un solaio interpiano, verificatosi durante i lavori di ristrutturazione all'interno dell'appartamento dei coniugi I, incaricavano due tecnici di eseguire specifiche verifiche, in esito alle quali emergeva la presenza di lesioni alla struttura del solaio, l'insufficiente armatura dei pilastri e l'insufficienza di staffe di collegamento. Ulteriori indagini accertavano l'utilizzo di calcestruzzo non adeguato. Sulla scorta di tali accertamenti l'Ufficio tecnico del Comune di San Severo, stante il pericolo di crollo, con ordinanza sindacale 19/2/2005 disponeva lo sgombero dell'edificio ed il puntellamento dello stesso.

2.Tutti e 12 i condomini convenivano in giudizio l'impresa costruttrice per ottenere il risarcimento dei danni. Costituitisi in giudizio i convenuti, gli stessi, previa autorizzazione, chiamavano in causa la Edil 2000, quale ditta esecutrice dei lavori di ristrutturazione (dell'appartamento dei coniugi I), a seguito dei quali si era verificato il cedimento strutturale. Nel giudizio così introdotto venivano disposte due consulenze tecniche d'ufficio che confermavano la non idoneità del calcestruzzo impiegato dai costruttori per realizzare i pilastri e le travi dell'edificio, nonché l'utilizzo da parte degli stessi di tecniche costruttive manchevoli. Il Tribunale di Foggia, Sezione distaccata di San Severo, con sentenza non definitiva n. 95/09 - decidendo non definitivamente 3i9 sulla domanda proposta da tutti i condomini del fabbricato nei confronti della impresa edile Infante Leonardo e Martino Luigi, nonché sulle domande da questi ultimi proposte (precisamente quella riconvenzionale nei confronti degli attori ed altra nei confronti della Edil 2000, terza chiamata in causa) - -dichiarava i convenuti, quali titolari della ditta costruttrice, responsabili, in solido fra loro, dei vizi e dei difetti costruttivi dell'immobile (analiticamente descritti dal ctu Ing. N C negli elaborati peritali depositati nel corso del giudizio) e, per l'effetto, condannava i predetti convenuti, in solido tra loro al risarcimento dei danni conseguenti;
- rigettava la domanda riconvenzionale proposta dai convenuti;
- disponeva con ordinanza il prosieguo del procedimento.

3.Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponevano appello principale i costruttori convenuti e proponevano appello incidentale gli attori. I costruttori, convenuti in primo grado, chiedevano, in via principale, il rigetto della domanda attorea e l'accoglimento della domanda riconvenzionale, e, in via subordinata, in caso di conferma della sentenza di primo grado, la condanna al risarcimento della Edil 2000, eventualmente in solido con i coniugi I (proprietari dell'appartamento in ristrutturazione, ove si era verificato il cedimento). I condomini, invece, lamentavano l'erronea dichiarazione di improponibilità dell'azione ex art. 1669 c.c., atteso che la percezione del danno era avvenuta soltanto nel 2005, e in via subordinata, l'erronea esclusione del dolo nella condotta dei costruttori dell'immobile (che avrebbero ottenuto indebitamente le certificazioni amministrative previste dalla normativa di settore per il completamento del fabbricato e per la sua abitabilità).La Corte di appello di Bari con l'impugnata sentenza: -rigettava l'appello principale (e per l'effetto dichiarava assorbito l'esame dell'appello incidentale condizionato) e, -nel regolamentare le spese relative al giudizio di appello, rimetteva alla sentenza definitiva del Tribunale la regolamentazione delle spese relative al giudizio di primo grado.

4. Avverso la sentenza della Corte territoriale proponevano ricorso i costruttori, convenuti in primo grado, articolando sei profili di doglianza. I condomini del fabbricato, attori in primo grado, costituitisi mediante distinti difensori, resistevano con distinti controricorsi.

CONSIDERATO CHE

1. Il ricorso non è fondato.

2.Nel primo motivo i costruttori ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 c.c. e 16 R.D. n. 2229/1939, anche con riferimento alla legge n. 1086/1971 e ai DD.MM LL.PP. n. 9161/1972 e 633/1974 ed alla legge n. 64/1974, recante la normativa antisismica. Secondo i ricorrenti, poiché il progetto dell'edificio in contestazione era stato assentito alla fine del 1970 ed i lavori avevano avuto inizio nei primi mesi del 1971, l'esecuzione delle opere in conglomerato cementizio, semplice od armato, sarebbe stata regolata esclusivamente dall'art. 16 del citato reale decreto, che prevede, quale parametro di riferimento, una resistenza media a compressione non inferiore a 120 kg/cmq;
dalle prove strumentali, effettuate dal ctu sugli elementi strutturali dell'edificio, sarebbe emerso (salvo che per tre pilastri su oltre 200) una resistenza media a compressione superiore a detto valore (e, dunque, conforme alla normativa all'epoca vigente);
il ctu sarebbe pervenuto a conclusione differente in quanto avrebbe applicato, peraltro in modo errato, normativa sopravvenuta e, in particolare, la legge n. 1086/1971, che prevedeva, quale parametro di riferimento della resistenza a rottura, 150 kg/cmq, e la legge n. 64/1974;
la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto la non idoneità del conglomerato cementizio impiegato, e, sempre erroneamente, avrebbe applicato il predetto art. 16, ravvisando la responsabilità dei costruttori e l'art. 2043 c.c. nonostante il difetto di dolo o di colpa grave nella condotta dei costruttori. Il motivo è infondato, in quanto dalla impugnata sentenza (p. 4) emerge che la normativa alla luce della quale è stata vagliata la idoneità dei conglomerati cementizi è proprio quella del r.d. n. 2229/1939. I ricorrenti deducono che, contrariamente a quanto accertato dal ctu nominato nel giudizio di primo grado e quindi recepito da entrambi i giudici di merito, solo un pilastro su 200 sarebbe risultato (peraltro a circa 40 anni dalla costruzione) non conforme ai requisiti richiesti da detta normativa;
ma, come è noto, nel giudizio di legittimità non è consentito sottoporre le risultanze processuali emerse nel corso del giudizio di merito ad una nuova valutazione. D'altra parte, non si ravvisa la dedotta violazione dell'art. 2043 c.c., avendo la Corte territoriale desunto il profilo colposo della condotta dei costruttori dall'avvenuto impiego di calcestruzzo non idoneo (per quantità e per qualità) e di armature in ferro non regolari.
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