Cass. civ., sez. II, sentenza 21/03/2023, n. 08047
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a pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso R.G. n. 15574-2018 proposto da: PULVIRENTI GABRIELLA, rappresentata e difesa dagli avvocati SALVATORE INGRASSIA E FABIO SANTANGELI -ricorrente - contro GRASSO CARLO, MESSINA LAURA E MESSINA ANGELA, rappresentati e difesi dall’avvocato G M -controricorrenti e ricorrenti incidentali- avverso la SENTENZA della CORTE D'APPELLO di CATANIA n. 586/2018 depositata il 13.3.2018 Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale dott. A P che ha chiesto l’accoglimento del secondo e, in parte, del terzo motivo del ricorso principale, nonchè del ricorso incidentale condizionato;Udita la relazione della causa svolta dal consigliere L O;RITENUTO IN FATTO 1. Nella controversia relativa alla stipula di due contratti preliminari di vendita immobiliare intervenuta tra i promissari acquirenti C G, L M e A M e la promittente venditrice G P, la Corte d’Appello di Catania, con sentenza n. 586/2018 resa pubblica il 13.3.2018, in parziale accoglimento del gravame proposto dalla convenuta P contro la sentenza di primo grado (Tribunale di Catania n. 3414/2014), ha riformato la decisione nella parte in cui aveva dichiarato la risoluzione per inadempimento della promittente venditrice;ha dichiarato legit timo il recesso esercitato dagli attori - appellati G-M e ha condannato l’appellante P alla restituzione del doppio della caparra (€. 45.000,00 in favore di A M ed €. 45.000,00 in favore del G e di L M). Per giungere a tale conclusione, la Corte territoriale ha osservato: - che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, la domanda degli attori G-M andava qualificata come accertamento della legittimità del recesso e non come risoluzione contrattuale per inadempimentodella P;-che l’intervenuto trasferimento degli immobili ad un terzo in pendenza del termine per la stipula del definitivo aveva comportato la trasformazione dei contratti in preliminari di vendita di cosa altrui, e tale trasferimento (disposto dalla P in favore della società dalla stessa amministrata) non configurava inadempimento contrattuale della promittente venditrice, che si era comunque attivata per fare acquistare la proprietà ai promissari acquirenti G-M;- che comunque il recesso di costoro era legittimo, perchè al momento della scadenza del termine per la stipula del definitivo gli immobili non risultavano completati nelle parti essenziali e non erano effettivamente abitabili, anche a prescindere dal sopravvenuto rilascio della relativa certificazione. 2. Contro tale sentenza, la P ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi contrastati con controricorso dai G-M, i quali hanno altresì proposto ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi. Il Sostituto Procuratore Generale dott. Alessandro Pepe ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del secondo e, in parte, del terzo motivo del ricorso principale, nonchè del ricorso incidentale condizionato. Le parti hanno depositato memorie. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.1Col primo di motivo di ricorso la P denunzia il vizio di ultrapetizione ex art. 112 cpc e la violazione delle norme sull’appello incidentale ex artt. 343 e 346 cpc in relazione all’art. 360 n. 4 cpc. In particolare, rimprovera alla Corte d’Appello di avere accolto la domanda di recesso ex art. 1385 cc in assenza di appello incidentale condizionato degli attori, posto che il Tribunale aveva accolto una domanda mai proposta (quella di risoluzione per inadempimento) e quindi era incorso nel vizio di ultrapetizione. Il motivo è infondato. Come costantemente affermato da questa Corte, la modificazione, da parte del giudice di appello, della qualificazione giuridica della domanda operata dal primo giudice è illegittima - per violazione del giudicato interno formatosi in ragione dell'omessa impugnazione sul punto della parte interessata - solo se detta qualificazione abbia condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito (tra le varie, Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 14077 del 01/06/2018 Rv. 649336;Sez. 2, Sentenza n. 18427 del 01/08/2013 Rv. 627588;Sez. 3, Sentenza n. 21490 del 07/11/2005 Rv. 586044). E ancora, in tema di giudizio di appello, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, come il principio del "tantum devolutum quantum appellatum", non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, ovvero in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed all'applicazione di una norma giuridica diverse da quelle invocate dall'istante, né incorre nella violazione di tale principio il giudice d'appello che, rimanendo nell'ambito del "petitum" e della "causa petendi", confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice (v. Sez. 6 - L, Ordinanza n. 513 del 11/01/2019 Rv. 652131;Sez. 3, Sentenza n. 20652 del 25/09/2009 Rv. 609719;Sez. L, Sentenza n. 11039 del 12/05/2006 Rv. 589062). Nel caso in esame, dall’esame degli atti – che la natura procedurale del vizio dedotto consente di compiere -risulta che gli attori G-M in primo grado avevano azionato il recesso ex 1385 comma 2 (la citazione non è chiarissima, ma a pag. 7 vi è un preciso riferimento a tale norma) e quindi il Tribunale aveva errato nel ravvisare una domanda di risoluzione per inadempimento non proposta, ma tuttavia non aveva attribuito agli attori (promissari acquirenti) beni della vita diversi o ulteriori rispetto a quelli (scioglimento dal vincolo contrattuale e restituzione del doppio della caparra) richiesti con l’atto introduttivo. Orbene, la proposizione - da parte della convenuta (odierna ricorrente) – di uno specifico motivo di appello sulla ritenuta risoluzione per inadempimento (ne dà atto lo stesso ricorso a pag. 4) ha ovviamente precluso la formazione di un giudicato interno su tale qualificazione della domanda e dunque la Corte d’Appello, nell’esercizio dei suoi poteri, ben poteva procedere ad una diversa qualificazione in linea con la domanda degli attori anche in assenza di appello incidentale degli stessi che - esse ndo comunque risultati vittoriosi sul nucleo essenziale della domanda (scioglimento del contratto e restituzione del doppio della caparra) - non avevano l’onere di proporre appello incidentale.
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