Cass. pen., sez. VI, sentenza 12/09/2023, n. 43262

CASS
Sentenza
12 settembre 2023
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Sentenza
12 settembre 2023

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La remissione di querela formulata nell'ambito di un giudizio per reato perseguibile d'ufficio non comporta l'implicita revoca della costituzione di parte civile, trattandosi di atto del tutto autonomo rispetto alla richiesta risarcitoria, che, pertanto, può essere coltivata anche in presenza della rinuncia alla volontà punitiva da parte della persona offesa. (In motivazione, la Corte ha precisato che la remissione può essere inequivocabilmente interpretata come tacita volontà di rinuncia all'azione civile solo se si proceda per un reato "ab origine" procedibile a querela).

Il reato di minaccia a pubblico ufficiale è configurabile anche nel caso in cui l'atto richiesto non appartenga alla esclusiva e personale potestà amministrativa del soggetto minacciato, ma rientri nella sfera di competenza di organi collegiali, a condizione che l'atto stesso appartenga comunque alla sfera di influenza del pubblico agente.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 12/09/2023, n. 43262
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 43262
Data del deposito : 12 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

43262-23 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE PENALE Composta da NG Costanzo - Presidente - Sent. n.sez.990/23 UP 12/9/2023 Orlando Villoni NG Capozzi R.G.N. 18957/2023 Debora Tripiccione - Relatore - Paolo Di Geronimo ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da IT NG, nato a [...] il [...] avverso la sentenza emessa il 30/3/2023 dalla Corte di appello di Messina visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro Molino, che ha chiesto l'annullamento con rinvio limitatamente al mancato riconoscimento dei benefici di legge;
lette le conclusioni formulate dall'avvocato Tommaso Calderone, difensore della parte civile Comune di Basicò, il quale chiede rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio;
lette le conclusioni e la memoria difensiva depositata dall'avvocato Giovambattista Freni, difensore del ricorrente, il quale insiste per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Messina, riformando la sentenza di proscioglimento emessa in primo grado, condannava l'imputato per il reato continuato di minacce a pubblico ufficiale, oltre che al risarcimento del danno patito dal Comune di Basicò, costituitosi parte civile, nonché alla refusione delle spese del doppio grado di giudizio. All'imputato si contestava di aver minacciato NO MO, sindaco del Comune di Basicò, al fine di indurlo a desistere dal recupero di somme dovute all'ente dalla società Agrisviluppo s.a.s., di cui era legale rappresentante la moglie dell'imputato. Nel giudizio di primo grado, il MO costituitosi parte civile in - proprio e nella qualità di sindaco rimetteva la querela ed il Tribunale, previa - riqualificazione del fatto ai sensi dell'art. 612 cod.pen., dichiarava non doversi procedere.

2. Avverso la sentenza in esame, il ricorrente ha formulato otto motivi di impugnazione.

2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge ritenendo che il Comune di Basicò non potesse partecipare al giudizio di appello, in quanto, a seguito della remissione di querela da parte del Sindaco pro-tempore, doveva ritenersi tacitamente revocata anche la costituzione in giudizio. Evidenziava il ricorrente come, ove pure si fosse ritenuta non tacitamente revocata la costituzione di parte civile, quest'ultima aveva omesso di impugnare la sentenza di proscioglimento, sicchè la Corte di appello non avrebbe potuto recepire la domanda risarcitoria e, tano meno, liquidare spese del doppio grado di giudizio. Inoltre, si eccepisce che la delibera di giunta, con la quale era stato conferito il mandato difensivo, limitava l'incarico al solo primo grado di giudizio, né era intervenuta una nuova delibera relativamente alla fase di appello. Infine, essendo nelle more del giudizio mutato il Sindaco per effetto di nuove elezioni, il nuovo legale rappresentante dell'ente avrebbe dovuto rinnovare la costituzione in giudizio.

2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione sostenendo che l'appello proposto dal pubblico ministero doveva essere dichiarato inammissibile, in quanto nell'impugnazione si sarebbe prospettata una diversa qualificazione del fatto. In particolare, si ritiene che l'appello avrebbe ricondotto la condotta nell'alveo della previsione di cui all'art. 336, comma primo, cod.pen., mentre l'imputazione originaria faceva riferimento all'ipotesi di cui al secondo comma.

2.3. Con il terzo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione, eccependo che la Corte di appello avrebbe proceduto ad una diversa ricostruzione del fatto, peraltro senza chiarire in quale delle previsioni incriminatrici previste dall'art. 336 cod.pen. rientri la condotta. La sentenza, inoltre, avrebbe introdotto 2 un fatto nuovo, consistente nella presenza della moglie dell'imputato alla seduta del consiglio comunale nel corso della quale venne rinnovata la minaccia al Sindaco da parte dell'imputato, circostanza non emersa in precedenza.

2.4. Con il quarto motivo, deduce nullità della sentenza in considerazione dell'omessa specificazione della condotta ritenuta sussistente, in relazione alle diverse previsioni contenute all'art. 336, comma primo e secondo, cod.pen.

2.5. Con il quinto motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata conferma della qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 612 cod.pen., in conformità a quanto ritenuto dal giudice di primo grado. Assume il ricorrente che la condotta tenuta dall'imputato, pur potendo integrare gli estremi della minaccia, non era certamente volta a costringere il Sindaco al compimento di un atto d'ufficio. La Corte di appello avrebbe omesso di considerare che non rientrava nella competenza del Sindaco rinunciare all'esecuzione delle sentenze di condanna emesse nei confronti della Agrisviluppo s.a.s. La condotta in esame, pertanto, doveva ritenersi quale estrinsecazione di un generico atteggiamento di avversione personale nei confronti del Sindaco, non finalizzata alla coartazione del predetto rispetto all'esercizio delle sue funzioni, con la conseguente esclusione dell'ipotesi di cui all'art. 336 cod.pen.

2.6. Con il sesto motivo, si censura il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, nonché dell'attenuante della provocazione, configurabile in considerazione del fatto che l'imputato avrebbe agito nello stato d'ira determinato dal fatto ingiusto imputabile al Sindaco del Comune di Basicò.

2.7. Con il settimo motivo, si deduce l'immotivato diniego della sospensione condizionale della pena e della non menzione della sentenza di condanna.

2.8. Con l'ottavo motivo, infine, si contesta l'insussistenza di qualsivoglia danno suscettibile di risarcimento in favore del nuovo Sindaco del Comune di Basicò, essendo questo estraneo alla vicenda in esame.

3. Il difensore dell'imputato depositava memoria difensiva ed allegati. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato.

1.1. L'esame del ricorso presuppone la sintetica esposizione dei fatti, così come correttamente ricostruiti nella sentenza impugnata, dalla quale si evince che la Agrisviluppo s.a.s. aveva in atto un contenzioso con il Comune di Basicò, relativamente al pagamento di oneri di urbanizzazione. In tale contesto, l'imputato marito della legale rappresentante della Agrisviluppo s.a.s. poneva - in essere reiterate condotte di minaccia nei confronti del Sindaco del predetto 3 Comune. In particolare, in un'occasione tentava di aggredirlo mentre il Sindaco si trovava in macchina, minacciandolo con evidente riferimento alla vicenda amministrativa che

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