Corte d'Appello Bologna, sentenza 10/07/2024, n. 1501

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Bologna, sentenza 10/07/2024, n. 1501
Giurisdizione : Corte d'Appello Bologna
Numero : 1501
Data del deposito : 10 luglio 2024

Testo completo

n. R.G. 1586/2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA
Prima Sezione Civile
La Corte di Appello nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. P M Presidente dott. A A Consigliere Relatore dott. R L R Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. r.g. 1586/2022 promossa da:
, nato a Messina il 3/8/1956 Parte_1 con l'avv S L, elettivamente domiciliato nel suo studio in Via Università, 16 MESSINA
APPELLANTE contro
, nata in Svizzera il 29/3/1958, Controparte_1
con l'avv. L P e domiciliata nel suo studio, in Vicolo dei Mulini, 6 - PARMA
APPELLATA
IN PUNTO A: appello avverso la sentenza n. 970/2022 in data 11 luglio - 8 agosto 2022 del Tribunale di Parma che ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio fra le parti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
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1– Il Tribunale di Parma, con la sentenza n 70/2022 in data 11 luglio - 8 agosto 2022 ha pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio fra e (i Parte_1 Controparte_1
quali avevano contratto matrimonio in Langhirano (Parma) il 2 ottobre 1977, ha posto a carico di
[...]
a titolo di assegno divorzile in favore della a far tempo dal luglio 2022, la Pt_2 CP_1
somma di euro 400,00 mensili, indicizzata ISTATA da luglio 2023, da corrispondere entro il giorno 10 di ogni mese, condannando il ricorrete a rifondere alla le spese di lite, liquidate in 4.720,00 CP_1
euro per compenso professionale, oltre ad accessori di legge.
A sostegno della propria decisione il Tribunale, nel richiamare il recente orientamento, ormai consolidato, della Suprema Corte, ha individuato una significativa disparità reddituale fra le parti riconducibile anche dal modello di vita familiare adottato in costanza di matrimonio, dal momento che la moglie, la quale inizialmente lavorava come infermiera generica e nel contempo frequentava un corso serale per acquisire il diploma di ragioniera, aveva in seguito abbandonato l'attività lavorativa per consentire al marito, poliziotto, do svolgere l'attività lavorativa e di accettare trasferimenti anche in sedi lontane e rischiose per poter progredire nella carriera in polizia.


2- Avverso la sentenza predetta, ha proposto appello con ricorso depositato il 28 Parte_1
settembre 2022, censurando la decisione impugnata nella parte in cui ha riconosciuto all'appellata la spettanza dell'assegno divorzile, deducendo quali motivi:
1) la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. e dell'art 115 c.p.c. in materia di onere della prova, poichè il Tribunale si sarebbe limitato a recepire le affermazioni di controparte e perché pur dando atto che il percepisce euro 1.495,00 al netto della ritenute, avrebbe considerato le Pt_1
somme lorde;
perché nessuna prova vi sarebbe del fatto che la abbia contribuito al reddito del CP_1
marito con la propria attività casalinga e concordato con lui di non lavorare, mentre aveva avuto le possibilità di svolgere attività lavorativa;

2) la violazione e falsa applicazione della della L. n.898 del 1970, art. 5, comma 6, stante la sussistenza di mezzi adeguati per far fronte alle proprie esigenze di vita in capo all'appellata e la scorretta comparazione delle condizioni economico-patrimoniale dei coniugi (sempre in violazione degli artt.
115 e 116 cpc.) poichè il Tribunale non avrebbe considerato le proprietà della donna e il fatto che il suo reddito di 900 euro mensili non subisce decurtazioni per spese che invece il marito deve sostenere.
Ha chiesto quindi che, in riforma della sentenza impugnata, questa Corte revochi l'assegno divorzile, dichiarando che il ulla deve e alla a tale titolo e in subordine di ridurre tale Pt_1 CP_1
assegno nella misura ritenuta equa, revocando inoltre la condanna alle spese disposta in primo grado.
L'appellante ha chiesto inoltre la sospensione dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione della sentenza
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gravata ex art. 293 c.p.c. , anche tenuto conto delle precarie condizioni di salute e delle patologie sofferte, che lo renderebbero bisognoso di assistenza e cure continuative con l'ausilio di operatori.
Già in sede di inibitoria si è costituita ontestando le domande dell'appellante . Controparte_1
Con ordinanza del 24 marzo 2023 la Corte ha respinto l'istanza di inibitoria proposta dall'appellante, osservando che
La fondatezza dei motivi di impugnazione non appare in termini di immediata evidenza:
- in particolare non risulta ictu oculi confutabile la notevole disparità fra le condizioni economico reddituali delle parti, posto che dalla documentazione prodotta dall'appellante (pur non aggiornata né completa, avendo egli allegato all'appello soltanto il CU 2020 relativo all'anno fiscale 2019) emerge che egli usufruisce di un reddito da pensione mensile medio netto di circa 2.250 euro (euro
36.989,04 reddito lordo, detratta l'imposta netta di 9.791,93, pari a 27.198 euro, da dividersi per dodici mensilità, dato conforme a quanto rilevato dal Presidente del Tribunale di Parma, il quale nei provvedimenti provvisori e urgenti ha individuato un reddito in capo al di 2.300 euro mensili Pt_1
netti) e che per contro la percepisce un reddito netto di circa 970 euro (v CU 2023 CP_1
13.008,05, detratte imposte per circa 1.284,89 euro diviso dodici mensilità. Entrambe le parti allo stato usufruiscono di un alloggio: in particolare occupa di fatto da anni la casa familiare in Pt_1
comproprietà con la ex moglie in via esclusiva senza pagare corrispettivi di sorta;
la ha, CP_1

finchè le è concessa, la disponibilità di un piccolissimo appartamento nello stabile nel quale svolge le mansioni di portinaia;

- sotto altro profilo le allegazioni dell'istante non smentiscono, ai fini del vaglio di prima lettura e valutazione, cui è finalizzata la presente fase d'inibitoria, la significativa componente anche compensativa –perequativo dell'assegno riconosciuto dal Tribunale, alla luce dell'impegno profuso dall'appellata in favore della famiglia nel corso della vita matrimoniale e che ha consentito al marito di perseguire la propria carriera nella Polizia di Stato e di divenire Ispettore Capo della Squadra
Mobile di Messina, svolgendo ruoli anche delicati, con sacrificio di delle proprie Controparte_1
aspettative professionali e reddituali;

- non risulta dalla documentazione medica prodotta che le varie patologie dell'appellante richiedano
l'assistenza costante e quotidiana di una badante e comunque di una persona di servizio a tempo pieno, come allegato, e tanto meno che egli sia portatore di un riconosciuto grado d'invalidità.
Proprio la ragione da ultimo esposta, ossia la mancata dimostrazione di condizioni di salute tali da richiedere spese di assistenza di entità tale da non consentire a di pagare l'assegno Parte_1
divorzile disposto in favore della moglie, si esclude che si possa configurare nella fattispecie il
“periculum in mora”, ossia un pregiudizio irreparabile, che nella fattispecie è dedotto appunto con
pagina 3 di 12 riguardo alla necessità dell'istante di sostenere spese per preservare la propria salute. Al riguardo è appena il caso di osservare che il ben può fruire, così come ha in effetti usufruito Pt_1
gratuitamente o nella limitata misura prevista dell'assistenza sanitaria pubblica (ad esempio con ricoveri in ospedale) e dei relativi farmaci (non sono state documentate spese sostenute) e ben potrebbe accedere, qualora ve ne fossero i presupposti, alle forme assistenziali di legge (non risulta egli abbia chiesto e tanto meno ottenuto indennità di accompagnamento.
Va infine osservato che parte resistente – appellata ha correttamente osservato che la sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza comporterebbe in ogni caso la riviviscenza dell'ordinanza presidenziale che ha disposto il mantenimento delle condizioni di separazione (con assegno di 350 euro annualmente rivalutabile in favore della moglie). La stessa ha eccepito da ultimo di CP_1
essere stata costretta – a causa dell'inadempimento dell'ex marito - ad eseguire la sentenza del
Tribunale di Parma, di cui in questa sede è chiesta dall'appellante la sospensione dell'efficacia Org_ esecutiva, mediante procedimento ex art.8 terzo comma, L.898/1970 nei confronti di Gestione
Dipendenti Pubblici sede di Messina, Istituto tenuto ad erogare al ricorrente la pensione mensile, che ha provveduto al versamento diretto dell'assegno de quo in suo favore (ma soltanto in misura di euro
350,00 a far tempo da aprile 2020 fino a dicembre 2022, allorquando ha adeguato l'importo ad euro
400,00 secondo il dettato della sentenza del Tribunale di Parma, ma senza nulla ricevere dal 2016 all'aprile 2020 non ha quindi potuto beneficiare. Pertanto, per quanto riguarda gli importi già oggetto Org_ del pagamento diretto da parte dell' è evidente che l'istanza di sospensiva non è più attuabile né ammissibile. Per il resto, invece, essa per le ragioni sopra espose, è infondata e deve essere senz'altro respinta.
Si è costituita in giudizio e ha resistito all'impugnazione, invocandone il rigetto, Controparte_1
e ancor prima l'inammissibilità per violazione dell'art. 342 bis c.p.c. stante la sua formulazione disorganica e il mancato specifico richiamo dei passi della decisione ritenuti erronei.
Anche nel merito, in ogni caso, ha contestato l'appello, evidenziando il puntuale e approfondito esame da parte del giudice di prime cure delle questioni trattate e delle risultanze istruttorie, che hanno inequivocabilmente dimostrato la disparità delle condizioni delle parti, l'abnegazione della resistente odierna appellata e la sua rinuncia ad occasioni di realizzazione personale per via delle scelte comuni.
Il PROCURATORE GENERALE, pur regolarmente notiziato del procedimento, non ha ritenuto di intervenire.
All'udienza del 22 febbraio 2024 sono comparsi i difensori delle parti riportandosi alle rispettive difese
e il difensore dell'appellante ha chiesto e di depositare ulteriore documentazione.
La Corte ha trattenuto la causa in decisione.
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3- Anche in questa sede trovano piena confema le considerazioni già svolte in sede di inibitoria, e in particolare le piena condivisibilità delle argomentazioni svolte dal Tribunale di Parma.
Preliminarmente si osserva che l'appello , più che inammissibile ai sensi dell'art. 342 bis c.p.c. è nel merito infondato: vero è infatti che la lettura dell'atto introduttivo dell'impugnazione, pur comprensibile in quanto deduce l'erroneità della decisione in punto di valutazione delle risultanze istruttorie in punto di redditi e condizioni delle parti e sul contributo dato dalla moglie al reddito del marito è infondato, perché non fornisce a sua volta elementi atti a smentire le accurate e convincenti motivazioni del primo giudice, prospettando genericamente ma non evidenziando in concreto illogicità
o contraddizioni nel ragionamento del Giudice (che in effetti non vi sono).
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