Corte d'Appello Milano, sentenza 02/09/2024, n. 644
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Testo completo
N. R.G. 947/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI MILANO
Sez. Lavoro
Composta da: dott. Giovanni Picciau - Presidente dott. Maria Rosaria Cuomo - Consigliere dott. Paola Poli - Giudice Ausiliario rel. ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile in grado d'appello avverso la sentenza non definitiva n. 2273/2022 e della sentenza definitiva n. 234/2023 del Tribunale di Milano, estensore dott. Chirieleison, discussa all'udienza collegiale del 20/6/2024, promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio dell'avv. TOSI PAOLO e dell'avv. Parte_1 P.IVA_1 CONTI MARIA GIOVANNA, elettivamente domiciliata in VIA PALEOCAPA, 6 MILANO presso i difensori APPELLANTE CONTRO
(C.F. ), (C.F. Controparte_1 C.F._1 CP_2
), (C.F. ), C.F._2 Controparte_3 C.F._3 CP_4
(C.F. ), (C.F. ,
[...] C.F._4 Controparte_5 C.F._5
(C.F. , (C.F. Controparte_6 C.F._6 Controparte_7
), (C.F. ), C.F._7 Parte_2 C.F._8 Parte_3 (C.F. ), (C.F.
[...] C.F._9 Parte_4
), (C.F. ), C.F._10 Parte_5 C.F._11 Pt_6
(C.F. ), con il patrocinio dell'avv. MALASPINA SERGIO,
[...] C.F._12 elettivamente domiciliati in VIALE REGINA MARGHERITA 30 MILANO presso il difensore APPELLATI
CONCLUSIONI
Per parte appellante: “Voglia questa ecc.ma Corte d'Appello, previa fissazione dell'udienza di discussione: nel merito, in parziale riforma della sentenza non definitiva n. 2273/2022 del 5.12.2022 e della sentenza definitiva n. 234/2023 del 21.3.2023 del Tribunale di Milano respingere tutte le domande avversarie perché infondate in fatto e in diritto, con conseguente condanna degli appellati a restituire tutto quanto percepito in esecuzione della sentenza di primo grado;
in subordine, nell'ipotesi in cui venga confermata la nullità delle clausole contrattuali censurate da controparte, dichiarare altresì la nullità di tutte le clausole relative alle indennità in questione, in ragione della clausola di inscindibilità contenuta negli accordi collettivi, e, per l'effetto, escludere ogni debenza delle relative somme ed accertare la natura indebita di quanto già percepito, oltre alla non incidenza di queste sulla
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retribuzione feriale e, con compensazione tra quanto indebitamente corrisposto e quanto domandato in ricorso, rigettare le domande avversarie;
in ulteriore subordine, limitare la condanna della Società agli importi effettivamente dovuti agli appellati nei limiti della prescrizione quinquennale, con esclusione delle differenze retributive in ipotesi maturate per i periodi anteriori a:
25.5.2016 per il sig. ;
CP_1
15.4.2016 per il sig. ;
CP_2
24.5.2016 per il sig. CP_3
1.3.2016 per il sig. ;
CP_4
29.10.2016 per il sig. CP_5
25.11.2016 per il sig. ;
CP_6
7.11.2014 per il sig. ;
CP_7
3.2.2016 per il sig. Pt_2
11.6.2016 per il sig. Pt_4
13.11.2014 per il sig. ;
Pt_7
16.2.2016 per il sig. ;
Pt_6
e per l'effetto condannare gli appellati alla restituzione di tutto quanto eventualmente percepito in eccesso per esecuzione della sentenza di primo grado.”
Per parte appellata: “Voglia questa ill.ma Corte di Appello:
- rigettare l'appello proposto in quanto infondato in fatto e in diritto per tutti i motivi esposti nella presente memoria;
- per l'effetto, confermare la sentenza non definitiva n. 2273/2022 del 5 dicembre 2022 e della sentenza definitiva n. 234 / 2023 del 21 marzo 2023, emesse dal Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, Giudice
Dott.ssa Chirieleison RGN 1991/2022 non notificate.
- Con vittoria di spese competenze ed onorari, di entrambi i gradi del giudizio, comprensivi delle spese generali ex art. 15 D.M. n. 585/94, con distrazione in favore del sottoscritto difensore anticipatario.”
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Milano, con la sentenza non definitiva n. 2273/22 ha parzialmente accolto il ricorso dei lavoratori, tutti macchinisti alle dipendenze di , con il quale hanno domandato Parte_1 l'accertamento del loro diritto alla retribuzione di ciascun giorno di ferie con un importo pari alla retribuzione giornaliera complessiva calcolata sulla media dei compensi percepiti da ciascuno nei dodici mesi precedenti la fruizione delle ferie, comprensiva sia della indennità di assenza dalla Part residenza, sia della (detratto l'importo fisso di € 12,80 già riconosciuto), rigettando le domande con riguardo alle residue indennità rivendicate, disponendo la prosecuzione del giudizio per la predisposizione di nuovi conteggi.
Richiamati precedenti di legittimità e di merito e la giurisprudenza europea in materia, il primo giudice ha ritenuto che debbano rientrare nella retribuzione feriale, per renderla paragonabile a quella ordinaria – nella logica teleologica di evitare l'effetto dissuasivo – tutti gli emolumenti che si possono definire intrinsecamente e imprescindibilmente collegati alla esecuzione abituale delle incombenze del lavoratore.
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Rientrano in tale definizione la indennità di utilizzazione professionale (IUP) e l'indennità di assenza dalla residenza, mentre devono essere escluse la indennità di trasferta, lavoro notturno, domenicale e festivo.
Con la sentenza definitiva n. 234/2023, ha ritenuto condivisibili i nuovi conteggi redatti dai lavoratori alla luce della sentenza parziale, essendo corretto l'utilizzo del divisore individuato nei giorni di presenza effettiva nell'anno di maturazione, in luogo del divisore 26, e, rigettata l'eccezione di prescrizione quinquennale, ha condannato al pagamento delle differenze retributiva, per il Parte_1 periodo oggetto di causa (2011 – 2022), nella misura indicata in dispositivo.
Ha proposto appello parziale , con plurimi motivi. Parte_1
Con il primo motivo ha lamentato che la sentenza abbia omesso ogni confronto con le tesi difensive della società e non abbia tenuto in alcuna considerazione la storia e la genesi della “indennità di utilizzazione professionale” (IUP) e del suo confluire nel salario di produttività, pacificamente erogato durante le ferie per importi di circa mille euro l'anno. Inoltre, il primo giudice non ha riservato alcuna attenzione al ruolo della contrattazione collettiva. Con il secondo motivo, richiamata la nozione comunitaria di retribuzione durante le ferie, ha osservato che nel caso di specie il lavoratore dovrebbe dimostrare non solo che le voci variabili richieste costituiscano elementi retributivi intrinsecamente connessi alla natura delle mansioni svolte
o correlati allo status professionale dell'appellato, ma anche che: (a) tali voci non siano state già prese in considerazione dalle parti sociali, al fine di individuare una retribuzione per la giornata di ferie;
(b) il trattamento complessivo comunque reso durante le ferie non sia paragonabile a quello per la giornata ordinaria, secondo una valutazione da effettuare nello specifico settore e in relazione anche al valore degli importi, e quindi, di fatto, si realizzi in concreto un effetto dissuasivo. Con il terzo motivo la società ha dedotto che la “indennità di utilizzazione professionale” (IUP) è già adeguatamente compresa nella retribuzione per ferie. Con il quarto motivo ha rilevato che l'indennità di assenza dalla residenza ha natura indennitaria e non retributiva, tenuto conto del regime fiscale e contributivo applicato.
Con la quinta censura, ha evidenziato come le somme rivendicate e riconosciute in sentenza sia a titolo di “indennità di utilizzazione professionale” sia a titolo di “indennità per assenza dalla residenza” hanno un'incidenza annua irrisoria rispetto alla retribuzione degli appellati, tale da escludere ogni effetto dissuasivo rispetto alla fruizione delle ferie.
Ha poi contestato che nel computo per calcolare la media delle voci richieste come effettivamente percepite nei giorni lavorativi si debba utilizzare l'anno e per valutare l'incidenza del mancato computo delle stesse voci nei giorni di ferie si debba utilizzare il mese. Risulta invece corretto, come ritenuto dalla CDA di Torino, un confronto su base annuale, che consideri sia tutte le giornate lavorative svolte sia tutte le giornate di ferie usufruite, dando conto del reale effetto dissuasivo. Così operando, l'incidenza percentuale risulta alquanto contenuta (si vede per il dettaglio pag. 32 e ss del ricorso in appello).
Ha, poi, insistito nel contestare la quantificazione del dovuto per come calcolata dai lavoratori applicando il divisore 22 o i giorni di effettiva presenza in servizio nel mese, anziché il divisore 26, come previsto dall'art. 68/6 CCNL. Inoltre, da verifiche interne, è risultato che ha fruito di 243 giorni di ferie e non di 258, CP_1 di 268 giorni e non di 276, di 279 giorni e non di 290. In ragione di ciò, a tutto Pt_4 Pt_6 concedere, ed al netto della prescrizione quinquennale, spetterebbero ai lavoratori gli importi indicati
a pag. 36 del ricorso in appello. In ogni caso, la disciplina comunitaria impone quattro settimane di ferie annue con la conseguenza che per i giorni di ferie eccedenti tale periodo i principi comunitari non sono invocabili. Nel caso di specie, essendo l'orario di lavoro articolato su cinque giorni, il godimento di quattro settimane comporta l'utilizzo di soli 20 giorni di ferie.
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Con il sesto motivo ha lamentato la omessa pronuncia circa la eccezione di applicazione della clausola di inscindibilità contenuta nel CCNL di riferimento, secondo la quale le norme del contratto sono correlate, inscindibili ed esigibili, sicchè la declaratoria di nullità di una clausola non può che determinare la nullità anche di tutte le altre norme che disciplinano le indennità in questione, e conseguentemente va esclusa la spettanza in generale di tali indennità, e la domanda resta assorbita dagli importi dovuti in restituzione dal lavoratore per la indebita corresponsione delle somme previste dalla normativa travolta dalla nullità. Infine, ha censurato la sentenza per aver rigettato l'eccezione di prescrizione quinquennale, argomentando a confutazione della pronuncia di legittimità n. 26246/22 intervenuta sul tema della decorrenza del termine estintivo in costanza di rapporto successivamente alla riforma introdotta dal