Corte d'Appello Lecce, sentenza 23/04/2024, n. 185

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Lecce, sentenza 23/04/2024, n. 185
Giurisdizione : Corte d'Appello Lecce
Numero : 185
Data del deposito : 23 aprile 2024

Testo completo

Appello sentenza Tribunale Brindisi n. 1093 del 24.06.2022 Oggetto: permessi retribuiti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI LECCE
Sezione Lavoro
Riunita in Camera di Consiglio e composta dai Magistrati:
Dott.ssa S B Presidente
Dott.ssa M G C Consigliere
Dott.ssa L S Consigliere relatore ha pronunciato la presente
S E N T E N Z A nella causa civile in materia di lavoro, in grado di appello, tra rappresentata e difesa dagli avv.ti F S e A S Parte_1
Appellante principale - Appellato incidentale
e
, rappresentata e difesa dall'avv. G G Controparte_1
Appellato principale - Appellante incidentale
FATTO
Con ricorso depositato l'1.02.2021 la proponeva opposizione avverso il decreto Parte_1
ingiuntivo n. 612/2020, con cui era stato ingiunto il pagamento, in favore di - Controparte_1
lavoratrice inquadrata nel livello 4 del di categoria, con mansioni di commessa part-time al Org_1
60%-, della somma di € 2.455,30, rivendicata a titolo di permessi retribuiti ex art. 158 CCNL, maturati nel periodo compreso tra il 2014 e il 2019. A fondamento dell'opposizione la società eccepiva, preliminarmente, la prescrizione del credito per il periodo precedente il 23.12.2015. Nel merito sosteneva l'infondatezza della pretesa, in quanto la signora , come tutti i dipendenti CP_1
della società, aveva sempre osservato un orario di lavoro ridotto rispetto a quello che le era stato retribuito, avendo avuto la possibilità di fruire giornalmente di una pausa di quindici minuti nei momenti di minore afflusso di clientela, con conseguente progressivo assorbimento dei permessi previsti dal CCNL, come pure consentito dall'art. 158 CCNL;
deduceva, ancora, che, in relazione alle
1


festività soppresse, la società aveva corrisposto quanto dovuto a titolo di indennità sostitutiva ed eccepiva, in via subordinata, la erroneità dei conteggi. Chiedeva, pertanto, la revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Si costituiva in giudizio , affermando che nessun accordo collettivo o Controparte_1 individuale era stato mai stipulato tra le parti in materia di riduzione dell'orario di lavoro e permessi
e contestando che l'orario di lavoro osservato fosse stato comprensivo di una pausa di quindici minuti.
Quanto all'eccezione di prescrizione, ne riteneva l'infondatezza, perché, ai sensi dell'art. 158 CCNL
(“I permessi non fruiti entro l'anno di maturazione decadranno e saranno pagati con la retribuzione di fatto di cui all'art. 208 in atto al momento della scadenza, oppure potranno essere fruiti in epoca successiva e comunque non oltre il 30 giugno dell'anno successivo”), il credito maturato nell'anno 2014 poteva essere fatto valere solo dall'1.07.2015 e, inoltre, il decorso del termine era stato interrotto già con la diffida inoltrata il 22.01.2020 dalla cui la lavoratrice aderiva, e da altre diffide successive. Precisava, CP_2
in ultimo, che il credito imputabile alle festività soppresse era stato detratto dai conteggi. Insisteva per il rigetto del ricorso.
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale -dopo aver richiamato la disciplina contrattuale (art.
158 CCNL) e aver circoscritto l'oggetto del contendere esclusivamente alla pretesa creditoria concernente l'indennità sostitutiva maturata per le ore di r.o.l. non godute (con esclusione delle ore riferite a indennità sostitutiva di festività soppresse, pure disciplinata dall'art. 158 cit.)- riteneva che la mancata fruizione dei permessi fosse dimostrata dai prospetti paga emessi dalla società, che non contenevano alcuna annotazione in ordine alla fruizione dei permessi retribuiti. Circa il preteso assorbimento dei r.o.l. nella pausa giornaliera di quindici minuti -di cui, ad avviso della società, tutti
i lavoratori avevano fruito- escludeva che l'art. 158 CCNL consentisse la possibilità di un tale assorbimento, stante anche la diversa finalità dell'istituto delle pause giornaliere (riconducibili alla previsione di cui all'art. 8, comma 2, d.lgs. 66/2003) rispetto ai r.o.l., e considerato che il generalizzato riconoscimento di sei ore di permesso mensile, con la fruizione di quindici minuti di pausa al giorno, senza alcuna distinzione tra dipendenti part-time e full-time, si sarebbe tradotto nell'attribuzione di un numero di ore di permesso addirittura superiore rispetto a quello previsto dal
CCNL;
in ogni caso, non vi era prova documentale di una informativa o di un accordo sindacale in tal senso. Respingeva, inoltre, l'eccezione di prescrizione, in considerazione della natura risarcitoria della indennità rivendicata e della conseguente applicazione del termine di prescrizione decennale. In ultimo, riteneva corretta la quantificazione del credito, anche in considerazione della mancanza di una contestazione specifica dei conteggi prodotti con il ricorso monitorio. Rigettava, quindi, il ricorso in opposizione, compensando le spese di lite, a causa di difformi orientamenti giurisprudenziali.
La a impugnato tale decisione, censurandola per i seguenti motivi: Parte_1
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1) errata applicazione dei principi in materia di onere della prova, in quanto il Tribunale aveva ritenuto che la lavoratrice avesse assolto l'onere della prova in ordine alla mancata fruizione dei permessi attraverso i prospetti paga, senza considerare che questi non avevano valore confessorio e che nessuna previsione normativa imponeva al datore di lavoro di indicare, in busta paga, i minuti di pausa fruiti dai dipendenti. Ha censurato, sotto tale profilo, la mancata ammissione della prova testimoniale, richiesta al fine di dimostrare l'effettiva fruizione delle pause
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