Corte d'Appello Catanzaro, sentenza 16/07/2024, n. 598

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Catanzaro, sentenza 16/07/2024, n. 598
Giurisdizione : Corte d'Appello Catanzaro
Numero : 598
Data del deposito : 23 maggio 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano Corte D'Appello di Catanzaro Sezione Previdenza ed Assistenza
La Corte, riunita in camera di consiglio, così composta:

1. dott.ssa Gabriella Portale Presidente

2. dott.ssa Barbara Fatale Consigliere rel.

3. dott.ssa Giuseppina Bonofiglio Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa in grado di appello iscritta al numero 516 del Ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2023 e vertente TRA
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (I.N.P.S.), (C.F.
80078750587), in persona del Presidente in carica pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati Mariagrazia Carnovale, Silvia Parisi, Francesco Muscari
Tomaioli, Maria Teresa Pugliano, in virtù di procura generale alle liti per atto del notar Roberto Fantini, Rep. 37590 del 23.1.2023, elettivamente domiciliato presso
l'Avvocatura Inps di Catanzaro, Via Milano n. 17 appellante E
SE RI (C.F. [...]), elettivamente domiciliato, in Viale
Madonna degli Angeli n. 60, presso lo studio dell'Avv. Angelina Astorino, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce alla memoria di costituzione in appello
appellato Avente ad oggetto: appello avverso sentenza del Tribunale di Crotone. Accertamento negativo di indebito
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per l'appellante: <<…accogliere il presente ricorso per i motivi sopra esposti e, per l'effetto, riformare la sentenza appellata, rigettando la domanda spiegata da SE RI, con vittoria di spese, diritti ed onorari di entrambi i gradi. >>;
per l'appellato: <1) Respingere l'odierno Atto di Appello perché infondato sia in fatto che in diritto e confermare la Sentenza 866/2022 emessa dal Tribunale di Crotone;
2) Condannare l'appellante al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio>> FATTO E DIRITTO
§1
Il tribunale di Crotone, Giudice del lavoro, decidendo sul ricorso proposto da SE
RI nei confronti dell'Inps - finalizzato all'accertamento negativo del diritto dell'INPS alla ripetizione delle somme versate in suo favore a titolo di ASPI n.730035/2014 dall'8/1/2014 al 28/9/2014 (richieste dall'Istituto con missiva del 30/4/2019 in atti) - “Accerta e dichiara l'insussistenza dell'obbligo della parte ricorrente di ripetere le somme erogatele dall'INPS, a titolo di ASPI n.730035/2014, 1


dall'8/1/2014 al 28/9/2014. Condanna l'INPS al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 1.800,00 per compensi professionali, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge, da versarsi in favore dello Stato”, alla luce delle seguenti argomentazioni: “In tema di indebito, anche previdenziale, ove l'accipiens chieda l'accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito egli deduce necessariamente in giudizio il diritto alla prestazione già ricevuta, ossia un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrispostogli dal convenuto, sicché egli ha l'onere di provare i fatti costitutivi di tale diritto” (Sez. Un., n.18046/2010).
Come precisato da Cass., sez. lav., n.198/2011, il suddetto principio trova applicazione in quanto nel provvedimento di recupero emesso in via amministrativa dall'ente previdenziale siano richiamati i tratti essenziali della richiesta di restituzione, quali gli estremi del pagamento e l'indicazione, sia pure sintetica, delle ragioni che non legittimerebbero la corresponsione delle somme erogate, in modo da consentire al percettore della prestazione previdenziale/assistenziale, presunto debitore, di effettuare il necessario controllo sulla sua correttezza.
Tanto premesso, nel caso di specie non è applicabile il suesposto principio, atteso che dalla lettura della missiva impugnata dalla parte ricorrente non si comprendono le ragioni della richiesta di restituzione. Il provvedimento di recupero, infatti, richiama genericamente gli accertamenti contenuti in un verbale ispettivo dell'INPS del 24/2/2017, senza tra l'altro specificare se da tali accertamenti sia derivato il disconoscimento di un rapporto lavorativo della parte ricorrente e quale specifico rapporto sia stato disconosciuto (elementi che l'Istituto avrebbe dovuto inserire nella missiva in argomento, soprattutto perché dagli atti di causa non risulta che il verbale ispettivo del 24/2/2017 sia mai stato notificato alla parte ricorrente). A questo si aggiunga che l'INPS, nella memoria di costituzione nel presente giudizio, fa erroneamente riferimento ad un provvedimento del 15/4/2019 in atti che recupera una prestazione previdenziale (ASPI n.730365/2013) inconferente e diversa da quella oggetto della presente controversia, sostenendo che tale prestazione sarebbe diventata indebita in virtù del disconoscimento del rapporto di lavoro tra la parte ricorrente e la ditta individuale DI di LO CO effettuato con il verbale ispettivo di cui si è detto sopra. Da quanto precede discende che, nella fattispecie in esame, grava sull'Istituto l'onere di dimostrare la sussistenza dei fatti costitutivi del diritto alla ripetizione del presunto indebito previdenziale oggetto della missiva del 30/4/2019 impugnata dalla parte ricorrente. Ciò chiarito, questo Giudice ritiene che tale onere non sia stato assolto dall'INPS, in quanto il disconoscimento del rapporto lavorativo (tra l'altro, di soli 17 giorni, come si evince dal verbale ispettivo in atti) tra la parte ricorrente e la ditta individuale DI di LO CO (rapporto cessato in data 31/3/2013: vedi “UNILAV” in atti) potrebbe al più giustificare il recupero dell'ASPI n.730365/2013 (erogata dall'8/4/2013 al 26/12/2013, come si evince dalla missiva del 15/4/2019), ma non anche dell'ASPI n.730035/2014 (corrisposta dall'8/1/2014 al 28/9/2014) oggetto del presente giudizio (essendo quest'ultima stata erogata in conseguenza della
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