Corte d'Appello Bari, sentenza 29/07/2024, n. 928
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE DI APPELLO DI BARI
SEZIONE LAVORO
composta dai magistrati:
Dott. Manuela Saracino - Presidente relatore
Dott. Pietro Mastrorilli - Consigliere
Dott. Luca Ariola - Consigliere ha emesso la seguente
SENTENZA nella controversia di lavoro iscritta sul ruolo generale al n. 531/2022
TRA
RE NT
Rappresentata e difesa dagli Avv.ti C. Mercurio e P. Bavaro
APPELLANTE
E
Azienda Sanitaria Locale BA
APPELLATA contumace
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con sentenza del 4.11.2021 il Tribunale del lavoro di Bari ha rigettato la domanda proposta dall'appellante – la quale, assunta alle dipendenze della ASL BAT mediante contratto di lavoro a termine, aveva prestato servizio presso l'U.O. di Anestesia e
Rianimazione del P.O. di Barletta dal 1.8.2013 al 31.12.2018, con profilo di collaboratore professionale sanitario “infermiere” ed inquadramento nel livello professionale “D” del
c.c.n.l. del comparto Sanità, per poi essere assunta a tempo indeterminato con decorrenza dal giugno 2018, previo superamento di procedura concorsuale bandita con deliberazione del
D.G. n. 1590 del 07.09.2015, modificata con successiva deliberazione n. 428 del 08.03.2016
– volta ad ottenere la declaratoria di nullità e/o illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro a termine e delle successive proroghe, nonché il risarcimento del danno per
l'abusivo ricorso al rapporto di lavoro a tempo determinato, anche di carattere comunitario, ex art. 36, comma 5, d.lgs. n. 165/2001, da liquidarsi nella misura massima prevista dall'art.
32, l. n. 183/2010, oltre che per l'esclusione dalle procedure di progressione orizzontale e per ogni connessa perdita di chances di avanzamento in carriera.
In particolare, la RE aveva dedotto che:
- il contratto di lavoro concluso con la ASL, per effetto delle ripetute proroghe, aveva avuto una durata superiore al limite massimo dei 36 mesi;
- né il contratto, né le relative proroghe riportavano le specifiche ragioni giustificatrici dell'apposizione del termine;
- la ASL aveva illegittimamente escluso i dipendenti in servizio a tempo determinato dalle progressioni economiche orizzontali per il personale del Comparto Sanità.
1.1. A fondamento della decisione, sfavorevole per il ricorrente, il Tribunale ha posto i seguenti rilievi:
- i contratti di lavoro stipulati in ambito sanitario sono sottratti, in virtù dell'art. 10, comma
4ter, d.lgs. n. 368/2001 (introdotto dal d.l. n. 158/2012, convertito in l. n. 189/2012, e poi riprodotto nell'art. 29, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 81/2015), all'applicazione delle disposizioni relative alla disciplina dei contratti a termine in ordine al superamento del limite dei 36 mesi ed alla sussistenza delle ragioni oggettive sottese alle proroghe;
ciò in quanto il legislatore ha ritenuto preminente, rispetto alla tutela di altri diritti, la salvaguardia del diritto alla salute costituzionalmente garantito dall'art. 32 Cost.;
- con riferimento al contratto stipulato dal ricorrente con decorrenza dal 1.8.2013 ed alle successive proroghe, stante l'intenzione del legislatore di operare, con l'art. 10 comma 4ter cit., una liberalizzazione dei contratti a termine del personale sanitario, non vi è alcuno spazio per la tutela risarcitoria, posto che con l'entrata in vigore della suddetta disposizione
è venuta meno l'illegittimità del comportamento dell'azienda sanitaria;
2. Avverso detta pronuncia ha proposto appello la RE.
La ASL BAT non ha resistito.
Acquisiti il fascicolo d'ufficio relativo al primo grado del giudizio e i documenti prodotti dalle parti, all'udienza odierna la causa è stata discussa e decisa come da separato ed
2
infrascritto dispositivo.
3. L'appello è fondato e va accolto per quanto di ragione.
Giova puntualizzare che, per effetto della espressa delimitazione dell'appello alla sola statuizione di prime cure di rigetto della domanda di risarcimento del danno per l'abusivo ricorso a fattispecie di lavoro a tempo determinato, si è formato il giudicato interno sulle restanti statuizioni sfavorevoli al lavoratore, in punto di insussistenza del diritto alla progressione economica e/o di ristoro del pregiudizio economico connesso al mancato avanzamento in carriera.
4.1. In punto di fatto, rileva la Corte che, sulla scorta della documentazione in atti e delle allegazioni contenute negli scritti difensivi, il rapporto di lavoro intercorso tra le parti nel periodo compreso fra il 1.8.2013 ed il 31.12.2018 ha visto una prima sottoscrizione di un contratto di lavoro con decorrenza dall'1.8.2013 al 31.7.2014.
Successivamente, il contratto de quo veniva ancora prorogato dal 01.08.2014 al 31.12.2014.
Il rapporto di lavoro è proseguito in maniera assolutamente continuativa e senza alcuna interruzione di sorta, in virtù di una pluralità di proroghe intervenute nel corso del rapporto di servizio, per i seguenti periodi: dal 01.01.2015 al 28.02.2015, dal 01.03.2015 al
31.12.2015 e dal 01.01.2016 al 30.06.2016.
Di seguito, con delibera del Direttore Generale n. 1151 del 21.06.2016, l'Asl Bari decideva di procedere alla proroga fino al 31.12.2017 di tutti i contratti di lavoro a tempo determinato in scadenza tra maggio e dicembre 2016 (ivi incluso anche il negozio contrattuale dell'odierna appellante), senza alcuna soluzione di continuità.
Alla scadenza, l'Azienda datrice di lavoro accordava all'istante una nuova proroga nella relazione contrattuale in essere, destinata a spiegare la propria efficacia per l'arco temporale compreso tra il 01.01.2018 ed il 31.12.2018.
4.2. Come rilevato in precedenza, il Tribunale di Bari ha reputato legittima l'intera suddescritta sequenza di contratti di lavoro a termine e relative proroghe in virtù di quanto previsto dall'art. 10, comma 4ter, d.lgs. n. 368/2001 (comma introdotto dal d.l. n. 158/2012, convertito in l. n. 189/2012, e poi riprodotto nell'art. 29, comma 2, lett. c), d.lgs. n.
81/2015), con il quale – si legge nella sentenza gravata – il legislatore ha inteso operare «… una vera e propria “liberalizzazione” dei contratti a termine del personale sanitario che risultano stipulati dopo l'11.11.2012».
Invero, il contratto a termine del 1.8.2013, successivamente prorogato fino al 31 ottobre
3
2018, ricadeva ratione temporis nel regime dell'art. 10, comma 4ter, d.lgs. n. 368/2001, a mente del quale «Nel rispetto dei vincoli finanziari che limitano, per il Servizio sanitario nazionale, la spesa per il personale e il regime delle assunzioni, sono esclusi dall'applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato del personale sanitario del medesimo Servizio sanitario nazionale, ivi compresi quelli dei dirigenti, in considerazione della necessità di garantire la costante erogazione dei servizi sanitari e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza. La proroga dei contratti di cui al presente comma non costituisce nuova assunzione. In ogni caso non trova applicazione l'articolo 5, comma
4-bis».
Tale disposizione, abrogata dall'art. 55, d.lgs. n. 81/2015, è stata poi riproposta dall'art. 29, comma 2, lettera c), del medesimo decreto, entrato in vigore il 25.6.2015, il quale ha escluso
l'applicabilità della disciplina del succitato d.lgs. ai contratti a tempo determinato stipulati con il personale sanitario, anche dirigenziale, del Servizio Sanitario Nazionale.
A fronte della chiarezza del riportato dato normativo, correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto ininfluente l'avvenuto superamento del periodo di durata massima di 36 mesi, previsto in linea generale ed ordinaria dal d.lgs. n. 368/2001.
In questo senso si è già espressa questa Corte territoriale, in precedenti pronunce relative a controversie analoghe alla presente, in cui le assunzioni a termine operate dalle Aziende
Sanitarie avevano superato il limite dei 36 mesi (cfr. ex plurimis C.App. Bari, sent. n.
501/2022, pubblicata il 24.3.2022).
4.3. Contrariamente a quanto sostiene parte appellante, non può ritenersi che, anche dopo
l'entrata in vigore del comma 4ter cit. (e poi dell'art. 29, d.lgs. n. 81/2015), sarebbe rimasto intatto il limite massimo dei 36 mesi di impiego a contratto a tempo determinato.
Occorre infatti rammentare che la sentenza della Corte Costituzionale n. 248/2018 ha dichiarato in parte inammissibili ed in parte infondate le questioni di legittimità sollevate in riferimento all'art. 10, comma 4ter, d.lgs. n. 368/2001, e, con specifico riferimento alla questione relativa all'assenza di misure sanzionatorie adeguate - e, quindi, alla prospettata violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione alle clausole 4, punto 1, e 5, punti
1 e 2, dell'Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva n. 1999/70/CE - ha richiamato la sentenza della CGUE 7 marzo 2018, in causa
C-494/16, Santoro, che ha ritenuto la compatibilità con il diritto dell'Unione delle statuizioni contenute nella sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 5072/2016, la quale,
4
dopo aver ribadito il divieto di conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato, ha affermato che il dipendente pubblico, a seguito della reiterazione illegittima dei contratti a termine, ha diritto al risarcimento del danno previsto dall'art. 36, comma 5, d.lgs. n. 165/2001, con esonero dall'onere probatorio, nella misura e nei limiti di cui all'art. 32, comma 5, l. n. 183/2010.
La Corte di Giustizia, nella pronuncia poc'anzi richiamata, ha infatti chiarito che: a)
l'Accordo Quadro non esclude la possibilità che uno Stato membro regolamenti in maniera diversa l'ipotesi di abusivo ricorso ai contratti di lavoro a termine a seconda della
In nome del popolo italiano
LA CORTE DI APPELLO DI BARI
SEZIONE LAVORO
composta dai magistrati:
Dott. Manuela Saracino - Presidente relatore
Dott. Pietro Mastrorilli - Consigliere
Dott. Luca Ariola - Consigliere ha emesso la seguente
SENTENZA nella controversia di lavoro iscritta sul ruolo generale al n. 531/2022
TRA
RE NT
Rappresentata e difesa dagli Avv.ti C. Mercurio e P. Bavaro
APPELLANTE
E
Azienda Sanitaria Locale BA
APPELLATA contumace
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con sentenza del 4.11.2021 il Tribunale del lavoro di Bari ha rigettato la domanda proposta dall'appellante – la quale, assunta alle dipendenze della ASL BAT mediante contratto di lavoro a termine, aveva prestato servizio presso l'U.O. di Anestesia e
Rianimazione del P.O. di Barletta dal 1.8.2013 al 31.12.2018, con profilo di collaboratore professionale sanitario “infermiere” ed inquadramento nel livello professionale “D” del
c.c.n.l. del comparto Sanità, per poi essere assunta a tempo indeterminato con decorrenza dal giugno 2018, previo superamento di procedura concorsuale bandita con deliberazione del
D.G. n. 1590 del 07.09.2015, modificata con successiva deliberazione n. 428 del 08.03.2016
– volta ad ottenere la declaratoria di nullità e/o illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro a termine e delle successive proroghe, nonché il risarcimento del danno per
l'abusivo ricorso al rapporto di lavoro a tempo determinato, anche di carattere comunitario, ex art. 36, comma 5, d.lgs. n. 165/2001, da liquidarsi nella misura massima prevista dall'art.
32, l. n. 183/2010, oltre che per l'esclusione dalle procedure di progressione orizzontale e per ogni connessa perdita di chances di avanzamento in carriera.
In particolare, la RE aveva dedotto che:
- il contratto di lavoro concluso con la ASL, per effetto delle ripetute proroghe, aveva avuto una durata superiore al limite massimo dei 36 mesi;
- né il contratto, né le relative proroghe riportavano le specifiche ragioni giustificatrici dell'apposizione del termine;
- la ASL aveva illegittimamente escluso i dipendenti in servizio a tempo determinato dalle progressioni economiche orizzontali per il personale del Comparto Sanità.
1.1. A fondamento della decisione, sfavorevole per il ricorrente, il Tribunale ha posto i seguenti rilievi:
- i contratti di lavoro stipulati in ambito sanitario sono sottratti, in virtù dell'art. 10, comma
4ter, d.lgs. n. 368/2001 (introdotto dal d.l. n. 158/2012, convertito in l. n. 189/2012, e poi riprodotto nell'art. 29, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 81/2015), all'applicazione delle disposizioni relative alla disciplina dei contratti a termine in ordine al superamento del limite dei 36 mesi ed alla sussistenza delle ragioni oggettive sottese alle proroghe;
ciò in quanto il legislatore ha ritenuto preminente, rispetto alla tutela di altri diritti, la salvaguardia del diritto alla salute costituzionalmente garantito dall'art. 32 Cost.;
- con riferimento al contratto stipulato dal ricorrente con decorrenza dal 1.8.2013 ed alle successive proroghe, stante l'intenzione del legislatore di operare, con l'art. 10 comma 4ter cit., una liberalizzazione dei contratti a termine del personale sanitario, non vi è alcuno spazio per la tutela risarcitoria, posto che con l'entrata in vigore della suddetta disposizione
è venuta meno l'illegittimità del comportamento dell'azienda sanitaria;
2. Avverso detta pronuncia ha proposto appello la RE.
La ASL BAT non ha resistito.
Acquisiti il fascicolo d'ufficio relativo al primo grado del giudizio e i documenti prodotti dalle parti, all'udienza odierna la causa è stata discussa e decisa come da separato ed
2
infrascritto dispositivo.
3. L'appello è fondato e va accolto per quanto di ragione.
Giova puntualizzare che, per effetto della espressa delimitazione dell'appello alla sola statuizione di prime cure di rigetto della domanda di risarcimento del danno per l'abusivo ricorso a fattispecie di lavoro a tempo determinato, si è formato il giudicato interno sulle restanti statuizioni sfavorevoli al lavoratore, in punto di insussistenza del diritto alla progressione economica e/o di ristoro del pregiudizio economico connesso al mancato avanzamento in carriera.
4.1. In punto di fatto, rileva la Corte che, sulla scorta della documentazione in atti e delle allegazioni contenute negli scritti difensivi, il rapporto di lavoro intercorso tra le parti nel periodo compreso fra il 1.8.2013 ed il 31.12.2018 ha visto una prima sottoscrizione di un contratto di lavoro con decorrenza dall'1.8.2013 al 31.7.2014.
Successivamente, il contratto de quo veniva ancora prorogato dal 01.08.2014 al 31.12.2014.
Il rapporto di lavoro è proseguito in maniera assolutamente continuativa e senza alcuna interruzione di sorta, in virtù di una pluralità di proroghe intervenute nel corso del rapporto di servizio, per i seguenti periodi: dal 01.01.2015 al 28.02.2015, dal 01.03.2015 al
31.12.2015 e dal 01.01.2016 al 30.06.2016.
Di seguito, con delibera del Direttore Generale n. 1151 del 21.06.2016, l'Asl Bari decideva di procedere alla proroga fino al 31.12.2017 di tutti i contratti di lavoro a tempo determinato in scadenza tra maggio e dicembre 2016 (ivi incluso anche il negozio contrattuale dell'odierna appellante), senza alcuna soluzione di continuità.
Alla scadenza, l'Azienda datrice di lavoro accordava all'istante una nuova proroga nella relazione contrattuale in essere, destinata a spiegare la propria efficacia per l'arco temporale compreso tra il 01.01.2018 ed il 31.12.2018.
4.2. Come rilevato in precedenza, il Tribunale di Bari ha reputato legittima l'intera suddescritta sequenza di contratti di lavoro a termine e relative proroghe in virtù di quanto previsto dall'art. 10, comma 4ter, d.lgs. n. 368/2001 (comma introdotto dal d.l. n. 158/2012, convertito in l. n. 189/2012, e poi riprodotto nell'art. 29, comma 2, lett. c), d.lgs. n.
81/2015), con il quale – si legge nella sentenza gravata – il legislatore ha inteso operare «… una vera e propria “liberalizzazione” dei contratti a termine del personale sanitario che risultano stipulati dopo l'11.11.2012».
Invero, il contratto a termine del 1.8.2013, successivamente prorogato fino al 31 ottobre
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2018, ricadeva ratione temporis nel regime dell'art. 10, comma 4ter, d.lgs. n. 368/2001, a mente del quale «Nel rispetto dei vincoli finanziari che limitano, per il Servizio sanitario nazionale, la spesa per il personale e il regime delle assunzioni, sono esclusi dall'applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato del personale sanitario del medesimo Servizio sanitario nazionale, ivi compresi quelli dei dirigenti, in considerazione della necessità di garantire la costante erogazione dei servizi sanitari e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza. La proroga dei contratti di cui al presente comma non costituisce nuova assunzione. In ogni caso non trova applicazione l'articolo 5, comma
4-bis».
Tale disposizione, abrogata dall'art. 55, d.lgs. n. 81/2015, è stata poi riproposta dall'art. 29, comma 2, lettera c), del medesimo decreto, entrato in vigore il 25.6.2015, il quale ha escluso
l'applicabilità della disciplina del succitato d.lgs. ai contratti a tempo determinato stipulati con il personale sanitario, anche dirigenziale, del Servizio Sanitario Nazionale.
A fronte della chiarezza del riportato dato normativo, correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto ininfluente l'avvenuto superamento del periodo di durata massima di 36 mesi, previsto in linea generale ed ordinaria dal d.lgs. n. 368/2001.
In questo senso si è già espressa questa Corte territoriale, in precedenti pronunce relative a controversie analoghe alla presente, in cui le assunzioni a termine operate dalle Aziende
Sanitarie avevano superato il limite dei 36 mesi (cfr. ex plurimis C.App. Bari, sent. n.
501/2022, pubblicata il 24.3.2022).
4.3. Contrariamente a quanto sostiene parte appellante, non può ritenersi che, anche dopo
l'entrata in vigore del comma 4ter cit. (e poi dell'art. 29, d.lgs. n. 81/2015), sarebbe rimasto intatto il limite massimo dei 36 mesi di impiego a contratto a tempo determinato.
Occorre infatti rammentare che la sentenza della Corte Costituzionale n. 248/2018 ha dichiarato in parte inammissibili ed in parte infondate le questioni di legittimità sollevate in riferimento all'art. 10, comma 4ter, d.lgs. n. 368/2001, e, con specifico riferimento alla questione relativa all'assenza di misure sanzionatorie adeguate - e, quindi, alla prospettata violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione alle clausole 4, punto 1, e 5, punti
1 e 2, dell'Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva n. 1999/70/CE - ha richiamato la sentenza della CGUE 7 marzo 2018, in causa
C-494/16, Santoro, che ha ritenuto la compatibilità con il diritto dell'Unione delle statuizioni contenute nella sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 5072/2016, la quale,
4
dopo aver ribadito il divieto di conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato, ha affermato che il dipendente pubblico, a seguito della reiterazione illegittima dei contratti a termine, ha diritto al risarcimento del danno previsto dall'art. 36, comma 5, d.lgs. n. 165/2001, con esonero dall'onere probatorio, nella misura e nei limiti di cui all'art. 32, comma 5, l. n. 183/2010.
La Corte di Giustizia, nella pronuncia poc'anzi richiamata, ha infatti chiarito che: a)
l'Accordo Quadro non esclude la possibilità che uno Stato membro regolamenti in maniera diversa l'ipotesi di abusivo ricorso ai contratti di lavoro a termine a seconda della
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