Corte d'Appello Venezia, sentenza 29/01/2024, n. 34
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Testo completo
RG nr. 417/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA- sezione Lavoro
Composta dai Magistrati
Dr. Gianluca ALESSIO Presidente
Dr. Piero LEANZA Consigliere
Dr. Lorenzo PUCCETTI Consigliere rel. ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa promossa in appello con ricorso depositato in data 12 giugno 2021, da
INPS (CF 80078750587), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per procura generale in atti a rogito notaio Notaio
Fantini, rilasciata in Roma in data 23/01/2023, dall'avv. Daniela Guarino (pec: avv.daniela.guarino @postacert.inps.gov.it), appellante contro
DE TA (C.F. [...]), rappresentata e difesa in forza di procura allegata al ricorso di primo grado dagli avv.ti Nyranne Moshi (pec: nyranne.moshi@milano.pecavvocati.it), Daniela Palmieri (pec: daniela.palmieri@milano.pecavvocati.it) e Ivan Assael (pec: ivan.assael@milano.pecavvocati.it), appellata
Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Venezia n. 485/2020 d.d.
14.12.2020, non notificata.-
In punto: indennità di maternità assistenti di volo, computo discriminatorio della voce retributiva “indennità di volo”.-
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CONCLUSIONI
INPS
“voglia l'adita Corte d'Appello di Venezia, in riforma dell'impugnata sentenza n.
485/2020 emessa e pubblicata il 14.12.2020 dal Tribunale di Venezia, Sezione lavoro nel giudizio R.C.L. n. 1775/2020 – non notificata,
- rigettare tutte le domande di parte opponente appellata;
- condannare IN TA:
• alla restituzione di quanto percepito per rimborso spese legali relative al primo grado di giudizio, il tutto maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria;
• al pagamento dei compensi, dei rimborso forfettario delle spese e degli accessori di legge nonché delle spese sostenute e anticipate nei due gradi di giudizio
DE TA:
“rigettare l'appello proposto da Inps, in persona del legale rappresentante, avverso la sentenza 485/2020 e con conseguente conferma della stessa. confermare la sentenza n. 485/2020 del Tribunale di Venezia, anche con diversa motivazione”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con l'impugnata sentenza il giudice del lavoro del Tribunale di Venezia confermava il decreto d.d. 09.09.2020 che accoglieva il ricorso ex art. 442 c.p.c.
(poi riqualificato come ricorso ex art. 38 del Dlgs. n. 198/2006) depositato in data 30.04.2020 con il quale IN TA - dipendente di AIR DOLOMITI
s.p.a. dal 10.04.2006, con mansioni di assistente di volo, assente per un primo congedo per maternità dal 26.05.2010 al 23.08.2011 e, quindi, per un secondo congedo per maternità dal 10.08.2012 al 06.11.2013 – aveva chiesto di accertare l'illegittimità e la natura discriminatoria del comportamento dell'istituto previdenziale nella liquidazione e nell'erogazione della indennità di maternità calcolata, non sulla base della retribuzione media globale giornaliera, così come stabilito dagli artt. 22 e 23 del Dlgs. n. 151/2001, ma sulla retribuzione assoggettata a prelievo contributivo e fiscale, conteggiando
l'indennità di volo sia per la parte fissa che per quella variabile, solo nella misura
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del 50% chiedendo, quindi, di rimuovere gli effetti della condotta discriminatoria mediante condanna dell'istituto previdenziale alla corresponsione delle differenze retributive come indicato nelle conclusioni del ricorso sia in via principale che in via subordinata.
L'impugnata sentenza confermava il decreto che accertava il carattere discriminatorio della condotta censurata, consistente nell'erogazione in misura ridotta dell' indennità di maternità con condanna dell'Istituto a pagare alla ricorrente € 29.186,31 oltre le spese di lite (nella misura di € 2.550,00 più accessori), con distrazione a favore dei difensori antistatari.
Anche le spese di lite della fase di opposizione (liquidate nella misura di €
2.200,00 più accessori) venivano poste a carico dell'INPS con distrazione a favore dei difensori anticipatari av.tt. MOSHI Nyranne e PALMERI Daniela.
In motivazione il giudicante accertava la natura discriminatoria della condotta, siccome serbata in violazione degli artt. 22 e 23 del T.U. n. 151/2001, richiamando conforme giurisprudenza di legittimità e di merito con rigetto delle eccezioni preliminari di “decadenza, prescrizione e carenza di attualità”, avendo la lavoratrice esercitato l'azione antidiscriminatoria ex art. 38 del Dlgs. n.
198/2006 e “trattandosi di rimedio speciale, diretto ad ottenere l'importo richiesto, non già direttamente quale trattamento di maternità, bensì quale mezzo di rimozione degli effetti della discriminazione”.
2. Impugna la sentenza l' INPS formulando due (2) distinti motivi di gravame, domandando altresì la restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della sentenza tanto a titolo di integrazione della maternità quanto di spese legali.
2.1. Con il primo motivo contesta innanzitutto la mancanza di motivazione circa le proprie eccezioni relative alla inammissibilità del ricorso per comportamento discriminatorio ai sensi dell'art. 38 del Dlgs. n. 198/2006 per carenza dei presupposti applicativi di indifferibilità ed urgenza.
2.2. Con il secondo motivo reitera l'eccezione di decadenza ex art. 47 del. D.p.r. n.
639/1970 per non essere stata la domanda proposta entro il termine di un (1) anno) da calcolarsi dalla data del “riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”.
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Ribadisce, altresì, l'eccezione di prescrizione annuale prevista dall'art. 6 della l.
n. 138/1943
Ingiustamente, afferma, l'impugnata sentenza ha ritenuto non applicabili dette disposizioni in ragione della sola presunta natura discriminatoria senza tenere conto che il diritto previdenziale della lavoratrice era preesistente alla condotta pretesa discriminatoria.
3. Costituendosi in giudizio DE TA difende l'impugnata sentenza e richiama le pronunce n. 20673/2020 nonché n. 27552/2020 della Suprema Corte nella parte in cui confermano la presenza di discriminazione di genere nella fattispecie derivante dall'inclusione di tutte le voci retributive nella base di calcolo dell'indennità di maternità ed invoca a proprio favore giurisprudenza di merito adesiva alle proprie tesi in ordine all'inapplicabilità del regime decadenziale e prescrizionale ai profili discriminatori (diversi da quelli concernenti la liquidazione delle prestazioni previdenziali).
Quanto all'arresto della Cassazione n. 25400/2021 censura l'equiparazione tra la discriminazione subita dai lavoratori a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato e la tutela della lavoratrice madre.
E' vero che “le due norme utilizzano il medesimo termine “discriminazione” per definire le due situazioni, ma non può certo sfuggire all'interprete come primo caso riguardi condizioni di parità derivanti da un contratto e la seconda l'azione del legislatore per dare attuazione ai principi costituzionali (art. 37 Costituzione
e artt. 21, 23, 33 e 34 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea).
Non è possibile porre sullo stesso piano una normativa basata su un accordo sindacale e l'attuazione di principi di rango costituzionale diretti a ristabilire una situazione di equilibrio tra i cittadini dell'Unione. Il fine perseguito dalla normativa sulla discriminazione di genere, in attuazione dei principi costituzionali sopra ricordati, comporta la necessità di dettare un'interpretazione estensiva che permetta l'affermazione del principio di non discriminazione basata sul sesso”. Viene poi criticato il ragionamento della Corte espresso al punto 14 della citata sentenza, laddove viene proposta l'equiparazione “tra indennità di maternità e indennità di malattia. Questa affermazione contraddice tutta la precedente giurisprudenza di legittimità che ha sempre affermato la netta
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distinzione tra i due trattamenti sia in relazione alle norme che li regolano che agli scopi perseguiti”. Errato anche “porre a confronto il soggetto discriminato con categorie che non hanno subito alcuna discriminazione, arrivando al punto di scrivere che altrimenti si produrrebbe uno squilibrio al contrario. La Corte sembra però dimenticare che la situazione iniziale è fortemente squilibrata in danno del soggetto discriminato che, in caso di accoglimento delle proprie ragioni, non otterrebbe alcun vantaggio indebito, ma semplicemente verrebbe riportato in pari con le altre categorie di lavoratori”.
3.1. Sul primo motivo di gravame replica che il ricorso introduttivo è stato proposto nelle forme del rito ordinario, la riqualificazione dell'azione è stata effettuata
d'ufficio dal Tribunale che ha ritenuto la necessità di procedere con il procedimento speciale a fronte delle specifiche domande svolte dall'attrice.
Non è
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