Corte d'Appello Bari, sentenza 07/03/2025, n. 319
CA Bari
Sentenza
7 marzo 2025
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Sul provvedimento
Testo completo
R.G. 357/2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE di APPELLO di BARI
Prima Sezione Civile
Riunita in persona dei signori Magistrati:
Dott. Michele Prencipe Presidente
Dott.ssa Alessandra Piliego Consigliere
Dott.ssa AR Grazia Caserta Consigliere rel. – est. ha pronunciato la seguente
SENTENZA nel procedimento n. 357/2022 R.G.
TRA
IT LE EO, IT LE, IA DE MA, tutti difesi dall'avv.
NOTARNICOLA GENNARO ROCCO, elettivamente domiciliati in VIA N. PICCINNI, 150 -
70100 BARI, presso il difensore avv. NOTARNICOLA GENNARO ROCCO
ATTORI in riassunzione contro
CITTA' METROPOLITANA DI BARI, difesa dall'avv. NOCCO GIANLUCA, elettivamente domiciliata in VIA NAPOLEONE BONAPARTE, 17/A - 70017 - PUTIGNANO, presso il difensore avv. NOCCO GIANLUCA
CONVENUTA in riassunzione
PER LA RIASSUNZIONE del giudizio sub n. 1003/2011 R.G. Corte d'Appello di Bari a seguito e in virtù dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 37031/2021, del 26.11.2021, con la quale è stata annullata la sentenza n. 1399/2015 della Corte di Appello di BARI, depositata il 07/09/2015.
pagina 1 di 24
All'udienza collegiale del 18/09/2024 la causa è stata riservata per la decisione, sulle conclusioni rassegnate in modalità cartolare.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Questa è la ricostruzione sintetica della vicenda come compiuta dal Giudice remittente nell'ordinanza di rinvio.
<<
1. Nel corso dell'anno 1979, il Comune di Noci autorizzava la Provincia di Bari ad occupare, in via di urgenza, un'area di mq. 6.930, di proprietà di DR TI CE, da destinarsi alla realizzazione di un edificio scolastico da adibire a liceo scientifico. Successivamente
l'Amministrazione comunale emetteva, altresì, il definitivo decreto di esproprio dell'area, stabilendo l'immissione in possesso della Provincia di Bari per la data del 29 agosto 1980. Tutti gli atti ed i provvedimenti amministrativi emessi dal Comune e dalla Provincia venivano, peraltro, annullati dal giudice amministrativo, su ricorso dell'espropriata. Nelle more, in data 1 aprile 1983, l'opera pubblica veniva realizzata, con successivo inserimento della stessa nel nuovo
PRG del Comune di Noci, come «Zona F3 per attrezzature di interesse generale per istruzione».
1.1. Con atto di citazione notificato il 4 novembre 1997, DR TI CE conveniva in giudizio la Provincia di Bari, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per la perdita del bene ormai irreversibilmente trasformato, nonché per il mancato godimento dello stesso dalla data di immissione in possesso e per il deprezzamento della porzione residua.
1.2. Costituitosi
l'ente pubblico - che eccepiva la prescrizione del diritto azionato, nonché il difetto di legittimazione attiva dell'attrice e di legittimazione passiva della Provincia di Bari, dovendo ritenersi legittimato il Comune di Noci - il Tribunale di Bari, con sentenza n. 1496/2010, disattese le eccezioni preliminari della convenuta, la condannava al pagamento della somma di Euro
172.799,48, comprensiva di rivalutazione ed interessi, a titolo di risarcimento per la perdita del suolo e per il mancato godimento del bene dal 4 luglio 1979 (data dell'immissione in possesso da parte dell'Amministrazione) al 4 novembre 1997 (data di notifica dell'atto introduttivo del giudizio).
2. Con sentenza n. 1399/2015, depositata il 7 settembre 2015, la Corte d'appello di Bari rigettava sia l'appello principale della TI CE, sia l'appello incidentale della Provincia di Bari, confermando in toto la decisione di primo grado. …omissis…>> (cfr. la Cassazione nell'ordinanza di rimessione).
pagina 2 di 24 Il gravame di legittimità interposto da parte di AR UI TI, IT TI e IT TI CE, quali eredi di DR TI CE, deceduta nelle more del giudizio di appello, nei confronti della Città Metropolitana di Bari (già Provincia di Bari), era affidato a sei motivi. La resistente replicava con controricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale, affidato a due motivi, ai quali i ricorrenti a loro volta replicavano con controricorso ex art. 371, c.p.c.
La Corte di Cassazione con ordinanza in epigrafe, rigettati il primo e secondo motivo del ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale e dichiarati assorbiti il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso principale, accoglieva il terzo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale, cassava quindi la sentenza impugnata rinviando alla Corte di
Appello di Bari anche per le spese del giudizio di Cassazione.
In particolare, la Corte accoglieva il terzo motivo di ricorso con cui gli odierni riassumenti censuravano l'erroneità della decisione impugnata circa le modalità di determinazione della
<<…la stima del valore del fondo operata dal c.t.u. quadruplicando l'importo dei VAM, attesa la pronuncia di incostituzionalità di tale criterio, resa dalla Consulta con sentenza n. 181/2011...>>.
Accogliendo il motivo di ricorso, la Corte ha infatti precisava che <La valutazione del bene avrebbe dovuto, per contro, essere effettuata - come stabilito dalla Corte Costituzionale - tenendo conto delle caratteristiche essenziali dello stesso «fatte palesi dalla potenziale utilizzazione economica di esso». …>> (cfr. testualmente dalla parte motiva della sentenza della
S.C.). Ha quindi spiegato che <In tema di determinazione dell'indennità di occupazione legittima di terreni agricoli, come pure in caso di risarcimento del danno per l'occupazione usurpativa o appropriativa, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale del criterio del valore agricolo medio (VAM), la stima deve essere effettuata in base al criterio del valore venale pieno, con la possibilità di dimostrare che il fondo, pur senza raggiungere il livello dell'edificatorietà, sia suscettibile di uno sfruttamento ulteriore e diverso rispetto a quello agricolo, tale da attribuire allo stesso una valutazione di mercato che rispecchi la possibilità di utilizzazione intermedie tra queila agricola
e quella edificatoria (Cass. Sez. U., 19/03/2020, n. 7454). Nell'impossibilità legale di dimostrare uno sfruttamento diverso da quello agricolo, pur senza raggiungere la destinazione edificatoria, non potrà che essere applicato, pertanto, che il criterio venale pieno, ossia il valore di mercato del bene, tratto dall'art. 39 della legge n. 2359 del 1865 (Cass., n. 25314/2017; Cass., pagina 3 di 24 19/12/2016, n. 26193).>>. Di conseguenza ha ritenuto erroneo il criterio adoperato dalla Corte
d'appello, sulla scorta della c.t.u., ossia quadruplicando i VAM vigenti al novembre 1997, perché così facendo la Corte territoriale ha assunto a base del calcolo <<…un criterio dichiarato costituzionalmente illegittimo, poiché non conforme alla natura specifica ed alle peculiari caratteristiche del singolo terreno.>> (cfr. testualmente ordinanza di rinvio).
Circa il primo motivo di ricorso incidentale accolto, spiegava inoltre che <<… In materia di espropriazione per pubblica utilità, la necessità di interpretare il diritto interno in conformità con il principio enunciato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, secondo cui l'espropriazione deve sempre avvenire in «buona e debita forma», comporta che l'illecito spossessamento del privato da parte della P.A. e l'irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un'opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all'acquisto dell'area da parte dell'Amministrazione. Sicché il privato ha diritto a chiederne la restituzione, salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno per equivalente. L'occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte della
P.A., allorché il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, integra un illecito di natura permanente che dà luogo ad una pretesa risarcitoria avente sempre ad oggetto
i danni per il periodo, non coperto dall'eventuale occupazione legittima, durante il quale il privato ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal bene sino al momento della restituzione, ovvero della domanda di risarcimento per equivalente che egli può esperire, in alternativa, abdicando alla proprietà del bene stesso. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento del bene, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente, giacchè è solo dalla domanda giudiziale che, per effetto della rinuncia a chiedere la restituzione del bene, nasce il diritto al risarcimento (Cass. Sez. U., 19/01/2015, n. 735).
5.3.2. Ne consegue che è da reputarsi erroneo l'assunto della Corte d'appello, secondo cui - non soltanto il risarcimento del danno per la perdita definitiva del bene, che effettivamente sorge con la rinuncia, operata con la domanda giudiziale, a chiederne la restituzione - ma anche il risarcimento per il mancato utilizzo del terreno stesso non sarebbe configurabile prima della proposizione della domanda risarcitoria. E' evidente, infatti, che, ai sensi dell'art. 2935 cod. civ, siffatto diritto ben avrebbe potuto essere azionato - in relazione alle singole annualità - dai pagina 4 di 24 proprietari del fondo fin dal giorno dell'illegittima occupazione dell'area, per cui il pregiudizio maturato, per tale titolo, fino al 4 novembre 1992 (cinque anni prima della domanda giudiziale) deve ritenersi prescritto.>> (testualmente cit.).
2. Con atto di citazione in riassunzione, gli odierni riassumenti hanno evocato in giudizio la Città
Metropolitana di Bari, in persona del Sindaco Metropolitano p.t. per chiedere di:
“…omissis…
1)- accertare e dichiarare il diritto degli attori in riassunzione a vedersi riconoscere dalla Città
Metropolitana di Bari, a titolo di risarcimento del danno in conseguenza dell'irreversibile trasformazione dell'area già di proprietà di DR TI CE, estesa mq 6.377, in narrativa meglio specificata, il valore venale pieno
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE di APPELLO di BARI
Prima Sezione Civile
Riunita in persona dei signori Magistrati:
Dott. Michele Prencipe Presidente
Dott.ssa Alessandra Piliego Consigliere
Dott.ssa AR Grazia Caserta Consigliere rel. – est. ha pronunciato la seguente
SENTENZA nel procedimento n. 357/2022 R.G.
TRA
IT LE EO, IT LE, IA DE MA, tutti difesi dall'avv.
NOTARNICOLA GENNARO ROCCO, elettivamente domiciliati in VIA N. PICCINNI, 150 -
70100 BARI, presso il difensore avv. NOTARNICOLA GENNARO ROCCO
ATTORI in riassunzione contro
CITTA' METROPOLITANA DI BARI, difesa dall'avv. NOCCO GIANLUCA, elettivamente domiciliata in VIA NAPOLEONE BONAPARTE, 17/A - 70017 - PUTIGNANO, presso il difensore avv. NOCCO GIANLUCA
CONVENUTA in riassunzione
PER LA RIASSUNZIONE del giudizio sub n. 1003/2011 R.G. Corte d'Appello di Bari a seguito e in virtù dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 37031/2021, del 26.11.2021, con la quale è stata annullata la sentenza n. 1399/2015 della Corte di Appello di BARI, depositata il 07/09/2015.
pagina 1 di 24
All'udienza collegiale del 18/09/2024 la causa è stata riservata per la decisione, sulle conclusioni rassegnate in modalità cartolare.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Questa è la ricostruzione sintetica della vicenda come compiuta dal Giudice remittente nell'ordinanza di rinvio.
<<
1. Nel corso dell'anno 1979, il Comune di Noci autorizzava la Provincia di Bari ad occupare, in via di urgenza, un'area di mq. 6.930, di proprietà di DR TI CE, da destinarsi alla realizzazione di un edificio scolastico da adibire a liceo scientifico. Successivamente
l'Amministrazione comunale emetteva, altresì, il definitivo decreto di esproprio dell'area, stabilendo l'immissione in possesso della Provincia di Bari per la data del 29 agosto 1980. Tutti gli atti ed i provvedimenti amministrativi emessi dal Comune e dalla Provincia venivano, peraltro, annullati dal giudice amministrativo, su ricorso dell'espropriata. Nelle more, in data 1 aprile 1983, l'opera pubblica veniva realizzata, con successivo inserimento della stessa nel nuovo
PRG del Comune di Noci, come «Zona F3 per attrezzature di interesse generale per istruzione».
1.1. Con atto di citazione notificato il 4 novembre 1997, DR TI CE conveniva in giudizio la Provincia di Bari, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per la perdita del bene ormai irreversibilmente trasformato, nonché per il mancato godimento dello stesso dalla data di immissione in possesso e per il deprezzamento della porzione residua.
1.2. Costituitosi
l'ente pubblico - che eccepiva la prescrizione del diritto azionato, nonché il difetto di legittimazione attiva dell'attrice e di legittimazione passiva della Provincia di Bari, dovendo ritenersi legittimato il Comune di Noci - il Tribunale di Bari, con sentenza n. 1496/2010, disattese le eccezioni preliminari della convenuta, la condannava al pagamento della somma di Euro
172.799,48, comprensiva di rivalutazione ed interessi, a titolo di risarcimento per la perdita del suolo e per il mancato godimento del bene dal 4 luglio 1979 (data dell'immissione in possesso da parte dell'Amministrazione) al 4 novembre 1997 (data di notifica dell'atto introduttivo del giudizio).
2. Con sentenza n. 1399/2015, depositata il 7 settembre 2015, la Corte d'appello di Bari rigettava sia l'appello principale della TI CE, sia l'appello incidentale della Provincia di Bari, confermando in toto la decisione di primo grado. …omissis…>> (cfr. la Cassazione nell'ordinanza di rimessione).
pagina 2 di 24 Il gravame di legittimità interposto da parte di AR UI TI, IT TI e IT TI CE, quali eredi di DR TI CE, deceduta nelle more del giudizio di appello, nei confronti della Città Metropolitana di Bari (già Provincia di Bari), era affidato a sei motivi. La resistente replicava con controricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale, affidato a due motivi, ai quali i ricorrenti a loro volta replicavano con controricorso ex art. 371, c.p.c.
La Corte di Cassazione con ordinanza in epigrafe, rigettati il primo e secondo motivo del ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale e dichiarati assorbiti il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso principale, accoglieva il terzo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale, cassava quindi la sentenza impugnata rinviando alla Corte di
Appello di Bari anche per le spese del giudizio di Cassazione.
In particolare, la Corte accoglieva il terzo motivo di ricorso con cui gli odierni riassumenti censuravano l'erroneità della decisione impugnata circa le modalità di determinazione della
<<…la stima del valore del fondo operata dal c.t.u. quadruplicando l'importo dei VAM, attesa la pronuncia di incostituzionalità di tale criterio, resa dalla Consulta con sentenza n. 181/2011...>>.
Accogliendo il motivo di ricorso, la Corte ha infatti precisava che <La valutazione del bene avrebbe dovuto, per contro, essere effettuata - come stabilito dalla Corte Costituzionale - tenendo conto delle caratteristiche essenziali dello stesso «fatte palesi dalla potenziale utilizzazione economica di esso». …>> (cfr. testualmente dalla parte motiva della sentenza della
S.C.). Ha quindi spiegato che <In tema di determinazione dell'indennità di occupazione legittima di terreni agricoli, come pure in caso di risarcimento del danno per l'occupazione usurpativa o appropriativa, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale del criterio del valore agricolo medio (VAM), la stima deve essere effettuata in base al criterio del valore venale pieno, con la possibilità di dimostrare che il fondo, pur senza raggiungere il livello dell'edificatorietà, sia suscettibile di uno sfruttamento ulteriore e diverso rispetto a quello agricolo, tale da attribuire allo stesso una valutazione di mercato che rispecchi la possibilità di utilizzazione intermedie tra queila agricola
e quella edificatoria (Cass. Sez. U., 19/03/2020, n. 7454). Nell'impossibilità legale di dimostrare uno sfruttamento diverso da quello agricolo, pur senza raggiungere la destinazione edificatoria, non potrà che essere applicato, pertanto, che il criterio venale pieno, ossia il valore di mercato del bene, tratto dall'art. 39 della legge n. 2359 del 1865 (Cass., n. 25314/2017; Cass., pagina 3 di 24 19/12/2016, n. 26193).>>. Di conseguenza ha ritenuto erroneo il criterio adoperato dalla Corte
d'appello, sulla scorta della c.t.u., ossia quadruplicando i VAM vigenti al novembre 1997, perché così facendo la Corte territoriale ha assunto a base del calcolo <<…un criterio dichiarato costituzionalmente illegittimo, poiché non conforme alla natura specifica ed alle peculiari caratteristiche del singolo terreno.>> (cfr. testualmente ordinanza di rinvio).
Circa il primo motivo di ricorso incidentale accolto, spiegava inoltre che <<… In materia di espropriazione per pubblica utilità, la necessità di interpretare il diritto interno in conformità con il principio enunciato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, secondo cui l'espropriazione deve sempre avvenire in «buona e debita forma», comporta che l'illecito spossessamento del privato da parte della P.A. e l'irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un'opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all'acquisto dell'area da parte dell'Amministrazione. Sicché il privato ha diritto a chiederne la restituzione, salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno per equivalente. L'occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte della
P.A., allorché il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, integra un illecito di natura permanente che dà luogo ad una pretesa risarcitoria avente sempre ad oggetto
i danni per il periodo, non coperto dall'eventuale occupazione legittima, durante il quale il privato ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal bene sino al momento della restituzione, ovvero della domanda di risarcimento per equivalente che egli può esperire, in alternativa, abdicando alla proprietà del bene stesso. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento del bene, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente, giacchè è solo dalla domanda giudiziale che, per effetto della rinuncia a chiedere la restituzione del bene, nasce il diritto al risarcimento (Cass. Sez. U., 19/01/2015, n. 735).
5.3.2. Ne consegue che è da reputarsi erroneo l'assunto della Corte d'appello, secondo cui - non soltanto il risarcimento del danno per la perdita definitiva del bene, che effettivamente sorge con la rinuncia, operata con la domanda giudiziale, a chiederne la restituzione - ma anche il risarcimento per il mancato utilizzo del terreno stesso non sarebbe configurabile prima della proposizione della domanda risarcitoria. E' evidente, infatti, che, ai sensi dell'art. 2935 cod. civ, siffatto diritto ben avrebbe potuto essere azionato - in relazione alle singole annualità - dai pagina 4 di 24 proprietari del fondo fin dal giorno dell'illegittima occupazione dell'area, per cui il pregiudizio maturato, per tale titolo, fino al 4 novembre 1992 (cinque anni prima della domanda giudiziale) deve ritenersi prescritto.>> (testualmente cit.).
2. Con atto di citazione in riassunzione, gli odierni riassumenti hanno evocato in giudizio la Città
Metropolitana di Bari, in persona del Sindaco Metropolitano p.t. per chiedere di:
“…omissis…
1)- accertare e dichiarare il diritto degli attori in riassunzione a vedersi riconoscere dalla Città
Metropolitana di Bari, a titolo di risarcimento del danno in conseguenza dell'irreversibile trasformazione dell'area già di proprietà di DR TI CE, estesa mq 6.377, in narrativa meglio specificata, il valore venale pieno
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