Corte d'Appello Reggio Calabria, sentenza 05/12/2024, n. 674
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
__________________
La Corte di Appello di Reggio Calabria -Sezione Lavoro- composta dai Signori Magistrati:
1) dott. Massimo Gullino_________ Presidente
2) dott. Eugenio Scopelliti _________ Consigliere rel.
3) dott. Ginevra Chinè _________ Consigliere
Nella causa celebrata con le forme cartolari ex art.127 ter cpc , ha deliberato la seguente
SENTENZA nel procedimento n. 775/2022 R.G.A.C.L., avente ad oggetto l'appello proposto avverso la sentenza
n. 797/2022 emessa in data 30.9.2022 dal Tribunale- GL di Locri e vertente tra
, in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avv. Parte_1
Rosa Lombardo, pec Email_1
APPELLANTE-
E
rappresentato e difeso, per procura in atti, dall'Avv. Giuseppe Macrì (fax: Controparte_1
0964/21857, ovvero PEC . Email_2
APPELLATA -
Conclusioni delle parti: come da rispettivi atti e scritti .
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
con ricorso depositato in data 19 luglio 2018 , premesso di prestare servizio dal Controparte_1
30.03.1979 presso l'AS 9 di Locri, oggi quale Operatore professionale sanitario Parte_1
I Cat. Coll., ha esposto che: non ha percepito la corretta retribuzione del mese di dicembre 2017 per errata corresponsione dell'indennità permessi ex art. 42 D.lgs. 26 marzo 2001 n.151;
per l'esecuzione delle proprie mansioni, è stato obbligato ad indossare una divisa, per come previsto dall'art. 16 del contratto decentrato dell'ex AS di Locri.
Chiedeva pertanto di condannare l' al pagamento in favore del ricorrente, delle Parte_1
differenze retributive a titolo di indennita' permessi dicembre 2017 per un importo di euro di euro
426,01 e di indennità divisa dal 01/07/2013 al 30/06/2018 per un importo di euro 10959,00, oltre accessori e spese, competenze e onorari del giudizio, con distrazione al procuratore antistatario.
Ha resistito l'Azienda sanitaria deducendo in ordine all' indennità di divisa che:
la domanda era generica, non provata ed inammissibile;
in ogni caso il regolamento aziendale sottoscritto nel 2017 non ha efficacia retroattiva;
non era stato dimostrato né il tempo in eccedenza utilizzato quale straordinario, né che l'attività di vestizione e svestizione fosse esuberante rispetto all'orario di lavoro;
inoltre, non era stata fornita la prova che l'azienda avesse imposto di anticipare l'orario di entrata e posticipare l'orario di uscita proprio per la vestizione e svestizione della divisa;
difettava dunque la prova che il dipendente fosse costretto a entrare in anticipo e a uscire in ritardo per indossare e dismettere la divisa, rispetto all'orario di servizio contrattualmente imposto regolarmente retribuito quale orario di lavoro contrattualmente stabilito. Par In ordine all'indennità permessi di dicembre 2017 l' esponeva che la richiesta di differenze rispetto al percepito fosse priva di supporto fattuale e di diritto .
Il GL condannava l'ente a corrispondere al ricorrente a titolo di indennità di permessi, per la mensilità di dicembre 2017, la somma di € 426,01 e a titolo di indennità di divisa dal 1.7.2013 al 30.6.2018, la somma di € 11.264.98;oltre interessi e rivalutazione sino al saldo, con vittoria di spese di lite e di CTU.
Par La sentenza è stata impugnata dall' per i motivi di seguito trattati.
Parte appellata si è costituita spiegando le ragioni che sostenevano la propria domanda ed assumendo la correttezza della decisione che aveva condiviso le sue difese, ha chiesto il rigetto del gravame.
La causa fissata con decreto del Presidente di Sezione per la trattazione con le forme di cui all'art.127 ter cpc alla scadenza del termine, stabilito in corrispondenza del 15.3.2024, è stata assunta in riserva, che il Collegio, preso atto del deposito delle note di trattazione, ha sciolto il 25.10.2024.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In sintesi il primo giudice, ha così motivato il riconoscimento delle differenze retributive vantate dal ricorrente: Par
-- sull'indennità per i permessi l' si era limitata ad asserire che fosse priva di supporto fattuale e di diritto e tale difesa di mero stile non integrava la necessaria contestazione delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della domanda;
- circa l'indennità di divisa, riteneva che vi fosse l'obbligo per l'infermiere professionale di indossare il camice e comunque abbigliamento e calzature idonee a svolgere l'attività di competenza e che dette operazioni di preparazione si svolgessero all'avvio e al termine della giornata lavorativa, anche alla stregua dell'articolo 16 del contratto decentrato dell'ex e che il diritto al ristoro del tempo Parte_2
di vestizione trovi fondamento nella legge, nella contrattazione collettiva e nella giurisprudenza di
legittimità prevalente;
riteneva equo quantificare tale tempo nella misura di 30 minuti giornalieri (15
+ 15).
INDENNITA ' PERMESSI
Par Con il primo motivo l' deduce che:
“è sufficiente leggere la memoria di costituzione e difesa depositata in primo grado per ravvisare la tempestiva contestazione di estrema genericità della domanda e la impossibilità per la azienda sanitaria di svolgere una difesa puntuale in assenza di documentazione/prova sul punto “;
non si è in presenza di un diritto in re ipsa, ma di una posizione giuridica da tutelare solo in presenza di determinati requisiti, requisiti mancanti nel caso di specie;
soccorre la circolare interpretativa della funzione pubblica (non specificata dall'appellante) con oggetto “congedo straordinario retribuito ex art. 42, commi 5 e ss, del d.lgs. n. 151 del 2001 - computabilità ai fini dell'anzianità di servizio e della progressione economica” che richiama la circolare
n. 1 del 2012 del Dipartimento della funzione pubblica secondo cui " i periodi di congedo straordinario non sono computati ai fini della maturazione di ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto e trattamenti di fine servizio, ma, essendo coperti da contribuzione, sono validi ai fini del calcolo dell'anzianità ";
si era pertanto esattamente adempiuto alla propria obbligazione contrattuale, sottraendo dalla indennità da erogare le voci variabili sia dalla voce “tredicesima“che dal “trattamento di fine servizio” periodi coperti da contribuzione figurativa.
Va dato atto che l'appellato ha dichiarato di non accettare il contraddittorio“ sulle questioni sollevate in questo motivo per la prima volta”.
L'eccezione dell'appellato è fondata, posto che nel ricorso introduttivo , dopo avere riportato CP_1
l''art 42 “Riposi e permessi per i figli con handicap grave (legge 8 marzo 2000, n. 53, articoli 4, comma
4-bis, e segg), comma 5 ter del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, esponeva che in applicazione di tale norma “ nel mese di dicembre 2017, ha usufruito di n 20 giorni di permesso la cui indennità avrebbe dovuto essere corrisposta dal datore di lavoro in maniera "corrispondente all'ultima retribuzione".
Al contrario, dalla busta paga di dicembre 2017, risulta che l ha trattenuto la Parte_1
somma di euro 3061,81 e ha pagato erroneamente una indennità (per permessi) di sole euro 2635,80, generando una differenza di euro 426,01 in meno rispetto al dovuto. Il tutto così come risulta dalla seguente Tabella: Tabella A tabellare -1179,75 RIA -48,89 fascia -261,47 indennità radiazioni -68,86
Indennità speciale prof -24,1 indennità vacanza contrattuale -11,17 indennità comuni conglobate -47,69 XIII stipendio -1126,26 XIII fascia -283,39
XIII vacanza contrattuale -10,23 totale -3061,81 Indennità pagata 2635,8 differenze -426,01 “,
A conferma di ciò allegava la busta paga di gennaio 2018 “dalla quale si evince che il ricorrente ha usufruito dei medesimi permessi nella misura di giorni 9;
gli sono state applicate trattenute per euro
738,88, importo che poi (ex art 42 comma 5 ter Dlgs 151/2001) è stato regolarmente ed interamente pagato dal datore di lavoro “, producendo anche per tale mensilità il relativo schema “ nel quale sono
Par evidenziate, dalla stessa , le voci fisse oggetto di indennità ..(omissis)”.
Precisava infine che “nella tabella A sono state incluse le voci di XIII che non sono voci fisse dello stipendio e per le quali non è prevista alcuna indennità. Tuttavia sono state incluse nel conteggio poiché oggetto di doppia trattenuta. Infatti dalla busta paga risulta che prima viene pagata la XIII su 11 mesilità, ma, successivamente, sono applicate ulteriori trattenute;
al contrario avrebbero dovuto pagare la XIII per 12 mesi e poi effettuare la trattenuta ovvero calcolare la XIII su 11 mensilità ma non effettuare alcuna trattenuta “.
Par Ora, a fronte di tale articolata esposizione in fatto e diritto l' nella memoria di costituzione in primo grado si è limitata in ordine alla c.d. indennità per permessi nel dicembre 2017 alla lapidaria affermazione: “Anche la richiesta di indennità , a titolo differenze tra il percepito ed il richiesto, è priva di supporto fattuale e di diritto” .
Tanto in palese violazione dell'onere pacificamente posto a carico della parte convenuta di prendere posizione in presenza di una completa allegazione dei fatti e delle ragioni di diritto posti a fondamento della domanda attorea, che in difetto di specifica e tempestiva contestazione devono ritenersi provati.
Merita perciò piena adesione la impugnata sentenza nella parte in cui ha statuito che:
“a fronte della precisa domanda, l' convenuta si è difesa con una sintetica difesa di mero stile, CP_2
limitandosi a contestare il supporto fattuale e di diritto”;
vi è consolidata giurisprudenza di legittimità sul principio di non contestazione , per il quale il
“convenuto, a fronte di una allegazione da parte dell'attore chiara e articolata in punto di fatto, ha
l'onere ex art. 167 c.p.c. di prendere posizione in modo analitico sulle circostanze di cui intenda contestare la veridicità e, se non lo fa, i fatti dedotti dall'attore debbono ritenersi non contestati, per i fini di cui all'art. 115 c.p.c.” (cfr. Cass. sez. VI, sent. 23/03/2022, n.9439)” ;
nel caso concreto il lavoratore aveva
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