Corte d'Appello Roma, sentenza 03/01/2025, n. 3800

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte d'Appello Roma, sentenza 03/01/2025, n. 3800
Giurisdizione : Corte d'Appello Roma
Numero : 3800
Data del deposito : 3 gennaio 2025

Testo completo



R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI ROMA
SEZIONE CONTROVERSIE LAVORO, PREVIDENZA E ASSISTENZA OBBLIGATORIE in persona dei magistrati:
- dr.ssa Vittoria Di Sario - Presidente -
- dr. Vincenzo Selmi - Consigliere -
- dr. Vito Riccardo Cervelli - Consigliere relatore - all'udienza del 7.11.2024 ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 2250 del Ruolo Generale Affari Conten- ziosi dell'anno 2022, vertente
TRA
Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., rappresentata e difesa, per procura generale alle liti in atti, dagli avvocati Roberto Pessi e Francesco Giammaria, con i quali e presso i quali elettivamente domicilia.
-APPELLANTE-
E
RE IA, VO PI PA, OR CL, rappresentati e difesi, per procura speciale alle liti rilasciata in depositata telematicamente insieme al ricorso di primo grado, dagli avvocati Luigi Panici e Chiara Panici, con i quali e presso i quali elettivamente do- miciliano.
-APPELLATI-
OGGETTO: Appello avverso la sentenza n. 1849/2022, pronunciata dal Tribunale di Roma,
II sezione lavoro e pubblicata in data 25.2.2022.
CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da atti introduttivi del giudizio appello e come da verbale di udienza del 7.11.2024.
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Il Tribunale di Roma, con la sentenza in epigrafe indicata, accogliendo il ricorso congiuntamente proposto da RE IA, VO PI PA e OR CL, ha così statuito: «accerta e dichiara che tra i ricorrenti e BNL – Banca Nazionale del Lavoro spa – Gruppo BNL si è instaurato rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed orario full time con inquadramento nella 2° Area, 3° livello retributivo del CCNL per il settore del Credito dalle seguenti date: dal 01.01.1986 per RE IA;
dal 01.06.2001 per VO PI PA e dal 01.01.2002 per CL OR;
condanna BNL – Banca Nazionale del Lavoro spa – Gruppo BNL al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle differenze retributive esistenti tra quanto dagli stessi percepito anno per anno e la retribuzione loro spettante, retribuzione pari all'importo di euro 2.123,77 al lordo al mese per 13° mensilità lordi mensili, oltre al pagamento dei contributi previdenziali, alla rivalutazione monetaria e agli interessi al saggio legale dalla data di deposito del ricorso (14 ottobre

2020);
accerta e dichiara che il rapporto di lavoro dei ricorrenti è tuttora in essere
».
La Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. interpone appello contro questa decisione, deducendo, a sostegno dell'impugnazione: (A) la nullità della sentenza per difetto di liti- sconsorzio necessario nei confronti dell'INPS ed in subordine, per violazione dell'articolo
112 c.p.c.
;
(B) la violazione o la falsa applicazione dell'art. 32 l. 183/2010;
(C) la violazione
e comunque la falsa applicazione dell'art. 2948 c.c. in relazione alla domanda di accerta- mento dell'imputabilità del rapporto di lavoro alla committente Banca Nazionale del Lavoro
S.p.A.;
(D) l'erroneità della sentenza nella parte in cui a ritenuto inesistenti e illegittimi i contratti di appalto;
(E) l'erronea valutazione in punto di commistione tra personale della
Banca e guardie giurate armate;
(F) il mancato accertamento in concreto dell'interposi- zione di manodopera;
(G) l'erroneità dell'inquadramento riconosciuto dalla sentenza ap- pellata. Sulla base di detti motivi, chiede la riforma della decisione impugnata, rasse- gnando le seguenti conclusioni: «in accoglimento del I° motivo di gravame, dichiarare la nullità dell'im- pugnata sentenza, con ogni conseguente provvedimento;
- in via gradata e nel merito, per i motivi di cui in narrativa, respingere integralmente le pretese avanzate dai sigg.ri IA RE, CL OR e PI

PA VO con il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio, in quanto del tutto infondate in fatto ed in diritto».
Gli appellati, costituitisi con un'unica memoria difensiva, resistono all'appello, argo- mentando sull'infondatezza delle singole censure e chiedendo la reiezione dell'avversa impugnazione.
Ricostituito il contraddittorio nel giudizio di impugnazione e acquisito telematica- mente il fascicolo d'ufficio di primo grado, all'udienza del 7.11.2024 l'appello era discusso come da verbale e deciso come da dispositivo.
2. Il primo motivo di appello, che censura la decisione gravata nella parte in cui ha condannato l'attuale appellante anche al pagamento dei contributi previdenziali ed assi- stenziali sulle differenze retributive riconosciute come dovute ai lavoratori e che ne de- nuncia la nullità per difetto di integrità del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., è fondato.
È pacifico, infatti, che l'INPS non è stato evocato in giudizio in primo grado, sebbene parte necessaria in relazione alla domanda avente ad oggetto la condanna del datore di
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lavoro al pagamento dei contributi obbligatori omessi (Cass. 19.8.2020 n. 17320;
Cass.

9.1.2024 n. 701).
Tale nullità, tuttavia, resta limitata al capo di sentenza avente ad oggetto l'adempi- mento dell'obbligazione contributiva e non si estende alle ulteriori statuizioni della deci- sione gravata che hanno pronunciato su domande in relazione alle quali l'ente previden- ziale non poteva considerarsi contraddittore necessario, ben essendo proponibili unica- mente nei confronti della sola appellante asserita interposta e quindi asserita effettiva da- trice di lavoro.
Nella specie, però, gli stessi lavoratori hanno dichiarato di rinunciare al capo di do- manda avente ad oggetto la condanna della controparte al versamento dei contribuiti pre- videnziali ed assistenziali (cfr. verbale di udienza del 7.11.2024 e pag. 5 della memoria difensiva depositata in appello), sicché la Corte non può pronunciare la remissione dell'in- tera causa al giudice di primo grado, essendo venuta meno la ragione che avrebbe giu- stificato la regressione del processo, con l'ulteriore corollario per cui l'unica statuizione adottabile in questa sede è la riforma della decisione gravata con declaratoria di inammis- sibilità della domanda avente ad oggetto la condanna dell'appellante al versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi.
3. Il secondo motivo di appello lamenta la reiezione dell'eccezione di decadenza ex art. 32 d.lgs. 183/2010.
La censura dell'impugnante non ha pregio.
Nel presente giudizio, infatti, i lavoratori hanno dedotto la sussistenza di un feno- meno interpositorio, chiedendo l'imputazione dei rispettivi rapporti di lavoro in capo a
Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., sicché trova applicazione il principio di diritto per cui il termine decadenziale decorre dal momento in cui è intervenuto un atto o provvedimento scritto da cui si può evincere la cessazione della dissociazione datoriale tra il soggetto che riceve la prestazione lavorativa e il formale datore di lavoro (Cass.

3.5.2024 n. 11901) od anche un atto scritto con il quale il preteso datore di lavoro neghi la titolarità del rap- porto di prestazione d'opera (Cass. 17.12.2021 n. 40652;
Cass.

8.3.2024 n. 6266).
Tali principi di diritto non sono affatto contraddetti, sicché nessun contrasto esege- tico sussiste in senso alla giurisprudenza di legittimità, dalle decisioni invocate dall'appel- lante (Cass. 28.10.2021 n. 30490;
Cass. 17.12.2021 n. 40652), che anzi li confermano, né in senso contrario giova all'impugnante invocare Cass. 25.5.2017 n. 13179, che ri- guarda diversa fattispecie (il cambio di appalto) ed il cui obiter dictum in punto di dies a quo della decadenza nell'ipotesi di interposizione fittizia è stato disatteso e definitivamente superato dai successivi arresti del giudice di legittimità.
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Allo stesso tempo, non è utilmente invocabile l'art. 39, comma 2 d.lgs. 81/2015, trat- tandosi di disposizione espressamente dettata per la diversa ipotesi della somministra- zione, che non è applicabile, neanche astrattamente, alla differente fattispecuie (che qui rileva) dell'appalto illecito, in virtù del carattere di stretta interpretazione delle norme sulla decadenza, non suscettibili di estensione analogica (Cass. 28.10.2021 n. 30490).
Ne consegue la reiezione del motivo di appello in esame, che si limita ad invocare
l'applicazione di principi di diritto diversi da quelli sopra riportati (correttamente applicati dalla sentenza appellata), senza allegare l'esistenza di quell'atto scritto che, secondo l'in- segnamento di legittimità in precedenza richiamato, rappresenta il dies a quo del termine decadenziale e soprattutto senza contrastare, limitatamente alla posizione di PI PA
VO, l'ulteriore ed autonoma ratio decidendi, rappresentata dalla tempestiva impugna- zione della cessazione del rapporto di lavoro con la società formale datrice.
4. Il terzo motivo di impugnazione assume, in dissenso dalla sentenza impugnata, la prescrizione dell'azione volta all'accertamento dell'interposizione illegittima, quanto meno in relazione al lasso temporale antecedente l'anno 2010 (ossia in relazione ai pe- riodi antecedenti il decennio dal deposito del ricorso).
Il primo giudice ha disatteso detta eccezione osservando che non era stata data prova delle dimensioni aziendali delle società che avevano (formalmente) assunto i lavo- ratori, sicché non poteva affermarsi che la prescrizione decorreva in corso di rapporto di lavoro.
L'impugnante critica tale decisione asserendo che dovrebbe dovuto aversi riguardo al concreto atteggiarsi del rapporto di lavoro, che nella specie si caratterizzava per l'as- senza di metus, atteso che i lavoratori avevano agito in giudizio prima che i rispettivi rap- porti lavorativi cessassero.
La censura non è accoglibile, perché si fonda sul fraintendimento del principio invo- cato.
L'impugnante, infatti, appare non aver compreso che il richiamo operato dalla giuri- sprudenza di legittimità al concreto atteggiarsi del rapporto null'altro significa se non che il presupposto della stabilità del rapporto di lavoro deve essere verificato in relazione al concreto atteggiarsi del rapporto stesso nel corso del suo svolgimento, e non già alla stregua della qualificazione
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