Corte d'Appello Roma, sentenza 14/11/2024, n. 3927
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
SEZIONE LAVORO E PREVIDENZA
composta dai Signori Magistrati
Dott. G R - Presidente est.
Dott.ssa F D V A - Consigliere -
Dott.ssa B M S - Consigliere -
all'esito dell'udienza del 14 novembre 2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1918 del Ruolo Generale Affari Contenziosi del 2021, vertente
TRA
DEL SUD , rappresentata e Parte_1 Parte_2 difesa dall'avv. F M elettivamente domiciliata in Roma, Viale Mazzini 119 giusta procura in calce al ricorso
APPELLANTE
E
rappresentata e difesa dall'avv. B M Controparte_1
domiciliata in Roma, Largo Olgiata, isola 105 in. 2/6
APPELLATA
OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 5017/2021 pubblicata il
25.5.2021 e notificata il 28.5.2021
Conclusioni delle parti: come da rispettivi atti
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il ricorso di primo grado l' del Sud Sudan adiva Parte_1
il Tribunale in funzione di giudice del lavoro convenendo in giudizio
[...]
proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 9387/2019 Controparte_1
del 20.11.2019, avente ad oggetto il pagamento, in favore della parte opposta, di euro 116.991,00 a titolo di stipendi, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla maturazione del credito al saldo, nonché le spese legali per euro
2.135,00 oltre accessori.
L'Ambasciata della Repubblica del Sud Sudan rappresentava di aver impiegato come agente diplomatico, nello specifico con la qualifica di CP_1
“Secondo segretario” di legazione, dal 29 settembre 2014 fino al 13 maggio 2019, data in cui la dipendente aveva sostenuto di essere stata licenziata da parte del
Ministero degli Esteri sudanese tramite un avviso di interruzione di servizio di diplomatici.
In via preliminare, parte ricorrente contestava il difetto di giurisdizione del giudice italiano ai sensi dell'art. 11 paragrafo 2.b.i. della Convenzione dell'ONU sulle immunità giurisdizionali degli Stati di New York del 2 dicembre 2004, il quale, recependo, il principio dell'immunità ristretta, detta una specifica disciplina per i contratti di lavoro con riferimento a soggetti che svolgono mansioni pubbliche ovvero rivestono la qualifica di agente diplomatico. Ciò premesso, egli chiedeva al Tribunale: “A) IN VIA PREGIUDIZIALE IN RITO, dichiarare con sentenza ex art. 420 IV° co. c.p.c. il difetto di giurisdizione del giudice italiano ai sensi e per gli effetti dell'art. 11 paragrafo 2.b.i. della
Convenzione dell'ONU sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni fatta a New York il 2 dicembre 2004 e ratificata dall'Italia con l. n° 5 del 14 gennaio 2013 e per l'effetto revocare il decreto ingiuntivo opposto;
B) in via subordinata nel merito, accertare e dichiarare che l'importo totale degli emolumenti ad oggi dovuti dall'Ambasciata del Sud Sudan in Italia nei confronti della Signora , a seguito dell'impiego della seconda Controparte_1
presso la prima in qualità di agente diplomatico, grado di Secondo Segretario,
a far data dal 29 settembre 2014 al 31 luglio 2018, è pari alla somma di sole 5 mensilità di stipendio relative a Marzo, Aprile, Maggio, Giugno e Luglio 2018 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge;
C) Accertare e dichiarare altresì che l'opposta ad oggi si e' rifiutata di accettare l'offerta di pagamento formulata in data 16 gennaio 2020 da parte dell'Ambasciata opponente avente ad oggetto il pagamento delle mensilita' di cui al punto B) delle conclusioni del presente atto, al netto di interessi legali e rivalutazione;
D)
Per l'effetto accogliere l'opposizione e revocare il decreto ingiuntivo opposto, perché infondato in fatto e diritto;
E) Condannare l'opposta alla rifusione delle spese di lite”;
Si costituiva chiedendo in via preliminare il rigetto Controparte_1 dell'istanza di revoca del decreto ingiuntivo opposto, la concessione della provvisoria esecuzione del medesimo, ovvero, in subordine, dato l'espresso riconoscimento parziale del debito, l'esecuzione provvisoria parziale per euro
33.000,00 e per l'effetto la conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Il primo giudice, a conclusione dell'istruttoria, ha ritenuto infondato il ricorso in opposizione così decidendo: “ - rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 9387/2019 (R.G.39343/2019);
- condanna parte soccombente al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi €
5.868,00, oltre iva e cpa come per legge.”.
In particolare, il giudice di prime cure, preliminarmente, ha rilevato
l'infondatezza dell'eccezione di difetto di giurisdizione in ragione della materia del giudizio ritenendo pacifico che oggetto esclusivo della causa fosse il riconoscimento delle pretese patrimoniali maturate nel corso del rapporto lavorativo intercorso fra un agente diplomatico e la opponente Sul Parte_1
punto, il Tribunale ha richiamato le Sezioni Unite della Cassazione, ordinanza
n. 4882 del 27/02/2017, le quali hanno ritenuto che “In tema di controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze di Stati esteri o enti internazionali ad essi equiparati (nella specie, dipendente di ambasciata), sussiste la giurisdizione del giudice italiano [...] anche quando, pur avendo ad oggetto lo svolgimento di attività strettamente inerenti alle predette funzioni, la decisione richiesta al giudice italiano attenga solo ad aspetti patrimoniali, quali il pagamento di differenze retributive, e non sia pertanto idonea ad incidere sull'autonomia e le potestà pubblicistiche dell'ente, sempre che non ricorrano le ragioni di sicurezza ex art. 2, lettera d), della Convenzione ONU del 2 dicembre 2004”.
Nel merito, il primo Giudice, a seguito dell'istruttoria documentale, rilevata la mancata contestazione di parte appellante, in maniera espressa e specifica, dei documenti in atti e il contestuale riconoscimento del debito dell' a Parte_1
favore della lavoratrice, di cinque mensilità non corrisposte, ha ritenuto che, pur essendo pacifico l'intervento, in data 30.8.2018 della “chiamata finale” nei confronti di per il rientro a Juba presso il Quartier Generale del CP_1
Ministero degli Affari Esteri del Sud Sudan, non è tuttavia stata fornita la prova dell'effettiva cessazione dell'incarico di parte appellata alla data del 31.7.18, ritenendo detta diffida non comprovante automaticamente la mancata prosecuzione da parte della lavoratrice della prestazione lavorativa.
Con atto di appello l'Ambasciata della Repubblica del Sud Sudan ha impugnato la sentenza di primo grado per i seguenti motivi: I) difetto di giurisdizione del giudice italiano;
II) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2729 c.c. in relazione agli art. 2719 c.c. e 215 c.p.c.;
III) Violazione dell'art. 2 L. 604/1966.
Parte appellante, in via pregiudiziale, con il primo motivo di gravame ha lamentato il difetto di giurisdizione del Giudice italiano, deducendo
l'insufficiente esame da parte del Tribunale di prime cure, della Convenzione dell'Onu sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni del 2.12.2004, ratificata in Italia con l. n. 5 del 14 gennaio 2013, in particolare della fattispecie prevista dall'art. 11 par.
2.b.i., il cui esame, vista la richiamata qualifica di agente diplomatico in capo all'odierna appellata, avrebbe portato all'accoglimento dell'eccezione di difetto difetto di giurisdizione già sollevata dall'opponente. Il primo Giudice – ritiene l'appellante – avrebbe pertanto errato nel valutare esclusivamente la circostanza che la controversia vertesse su questioni puramente patrimoniali, omettendo così di considerare la ricorrenza nel caso di specie dell'ipotesi (formale) di cui alla succitata norma.
Con il secondo motivo, l' invocando la violazione dell'art. 2729 c.c., Parte_1 ha lamentato poi l'erroneità della sentenza laddove il Giudice di prime cure avrebbe “omesso di considerare una serie di elementi indiziari che, se valutati, avrebbero determinato una decisione diversa a favore dell'odierna appellante”.
In particolare, parte appellante ha ritenuto che il Giudice di primo grado avrebbe errato per non aver ritenuto provata la circostanza che la signora avesse CP_1
cessato la propria attività lavorativa alla data del 31 luglio, in quanto lo stesso,
attraverso un ragionamento di tipo presuntivo avrebbe dovuto dedurre: a) che
l'appellata fosse già stata destinataria, prima del 30 agosto 2018, di almeno un'altra precedente chiamata per far ritorno al Quartier generale a Juba, sulla base di due produzioni documentali (all. 2 del fascicolo di parte opposta e all. 5 del ricorso in opposizione);
b)che i 40 diplomatici licenziati tramite l'avviso di licenziamento ed interruzione di servizio di diplomatici (doc. n. 6 di parte opponente), tra cui l'appellata, fossero da considerarsi “assenti senza permesso”
e destinatari di “ripetuti appelli” come si evince dal contenuto del documento prodotto. Sulla scorta di tale ragionamento presuntivo, il Giudice di prime cure avrebbe pertanto dovuto inferire che l'ultimo mese di lavoro dell'appellata non poteva che essere stato luglio 2018 e che dunque, verosimilmente, la data del 31 luglio dovesse essere considerata quella in cui effettivamente l'opposta aveva cessato il proprio incarico. Deduce l'appellante che tali presunzioni si sarebbero dovute ricavare anche dal mancato disconoscimento dei sopra citati documenti da parte della CP_1
Con l'ultimo motivo di gravame, l' lamenta infine la violazione Parte_1 dell'art. 2 l. 604/1966, per aver il Giudice ritenuto dovute le somme successive al 13 maggio 2019, in considerazione dell'asserita mancata prova del perfezionamento della volontà di risoluzione del rapporto di lavoro in capo al datore di lavoro. Rileva infatti parte appellante, che il Primo Giudice non avrebbe tenuto conto del fatto che la lavoratrice, avendo proceduto all'impugnazione stragiudiziale (cfr. pag. 2 del doc. n. 3 parte opposta, fascicolo monitorio) avrebbe dimostrato di essere venuta certamente a conoscenza
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
SEZIONE LAVORO E PREVIDENZA
composta dai Signori Magistrati
Dott. G R - Presidente est.
Dott.ssa F D V A - Consigliere -
Dott.ssa B M S - Consigliere -
all'esito dell'udienza del 14 novembre 2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1918 del Ruolo Generale Affari Contenziosi del 2021, vertente
TRA
DEL SUD , rappresentata e Parte_1 Parte_2 difesa dall'avv. F M elettivamente domiciliata in Roma, Viale Mazzini 119 giusta procura in calce al ricorso
APPELLANTE
E
rappresentata e difesa dall'avv. B M Controparte_1
domiciliata in Roma, Largo Olgiata, isola 105 in. 2/6
APPELLATA
OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 5017/2021 pubblicata il
25.5.2021 e notificata il 28.5.2021
Conclusioni delle parti: come da rispettivi atti
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il ricorso di primo grado l' del Sud Sudan adiva Parte_1
il Tribunale in funzione di giudice del lavoro convenendo in giudizio
[...]
proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 9387/2019 Controparte_1
del 20.11.2019, avente ad oggetto il pagamento, in favore della parte opposta, di euro 116.991,00 a titolo di stipendi, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla maturazione del credito al saldo, nonché le spese legali per euro
2.135,00 oltre accessori.
L'Ambasciata della Repubblica del Sud Sudan rappresentava di aver impiegato come agente diplomatico, nello specifico con la qualifica di CP_1
“Secondo segretario” di legazione, dal 29 settembre 2014 fino al 13 maggio 2019, data in cui la dipendente aveva sostenuto di essere stata licenziata da parte del
Ministero degli Esteri sudanese tramite un avviso di interruzione di servizio di diplomatici.
In via preliminare, parte ricorrente contestava il difetto di giurisdizione del giudice italiano ai sensi dell'art. 11 paragrafo 2.b.i. della Convenzione dell'ONU sulle immunità giurisdizionali degli Stati di New York del 2 dicembre 2004, il quale, recependo, il principio dell'immunità ristretta, detta una specifica disciplina per i contratti di lavoro con riferimento a soggetti che svolgono mansioni pubbliche ovvero rivestono la qualifica di agente diplomatico. Ciò premesso, egli chiedeva al Tribunale: “A) IN VIA PREGIUDIZIALE IN RITO, dichiarare con sentenza ex art. 420 IV° co. c.p.c. il difetto di giurisdizione del giudice italiano ai sensi e per gli effetti dell'art. 11 paragrafo 2.b.i. della
Convenzione dell'ONU sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni fatta a New York il 2 dicembre 2004 e ratificata dall'Italia con l. n° 5 del 14 gennaio 2013 e per l'effetto revocare il decreto ingiuntivo opposto;
B) in via subordinata nel merito, accertare e dichiarare che l'importo totale degli emolumenti ad oggi dovuti dall'Ambasciata del Sud Sudan in Italia nei confronti della Signora , a seguito dell'impiego della seconda Controparte_1
presso la prima in qualità di agente diplomatico, grado di Secondo Segretario,
a far data dal 29 settembre 2014 al 31 luglio 2018, è pari alla somma di sole 5 mensilità di stipendio relative a Marzo, Aprile, Maggio, Giugno e Luglio 2018 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge;
C) Accertare e dichiarare altresì che l'opposta ad oggi si e' rifiutata di accettare l'offerta di pagamento formulata in data 16 gennaio 2020 da parte dell'Ambasciata opponente avente ad oggetto il pagamento delle mensilita' di cui al punto B) delle conclusioni del presente atto, al netto di interessi legali e rivalutazione;
D)
Per l'effetto accogliere l'opposizione e revocare il decreto ingiuntivo opposto, perché infondato in fatto e diritto;
E) Condannare l'opposta alla rifusione delle spese di lite”;
Si costituiva chiedendo in via preliminare il rigetto Controparte_1 dell'istanza di revoca del decreto ingiuntivo opposto, la concessione della provvisoria esecuzione del medesimo, ovvero, in subordine, dato l'espresso riconoscimento parziale del debito, l'esecuzione provvisoria parziale per euro
33.000,00 e per l'effetto la conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Il primo giudice, a conclusione dell'istruttoria, ha ritenuto infondato il ricorso in opposizione così decidendo: “ - rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 9387/2019 (R.G.39343/2019);
- condanna parte soccombente al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi €
5.868,00, oltre iva e cpa come per legge.”.
In particolare, il giudice di prime cure, preliminarmente, ha rilevato
l'infondatezza dell'eccezione di difetto di giurisdizione in ragione della materia del giudizio ritenendo pacifico che oggetto esclusivo della causa fosse il riconoscimento delle pretese patrimoniali maturate nel corso del rapporto lavorativo intercorso fra un agente diplomatico e la opponente Sul Parte_1
punto, il Tribunale ha richiamato le Sezioni Unite della Cassazione, ordinanza
n. 4882 del 27/02/2017, le quali hanno ritenuto che “In tema di controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze di Stati esteri o enti internazionali ad essi equiparati (nella specie, dipendente di ambasciata), sussiste la giurisdizione del giudice italiano [...] anche quando, pur avendo ad oggetto lo svolgimento di attività strettamente inerenti alle predette funzioni, la decisione richiesta al giudice italiano attenga solo ad aspetti patrimoniali, quali il pagamento di differenze retributive, e non sia pertanto idonea ad incidere sull'autonomia e le potestà pubblicistiche dell'ente, sempre che non ricorrano le ragioni di sicurezza ex art. 2, lettera d), della Convenzione ONU del 2 dicembre 2004”.
Nel merito, il primo Giudice, a seguito dell'istruttoria documentale, rilevata la mancata contestazione di parte appellante, in maniera espressa e specifica, dei documenti in atti e il contestuale riconoscimento del debito dell' a Parte_1
favore della lavoratrice, di cinque mensilità non corrisposte, ha ritenuto che, pur essendo pacifico l'intervento, in data 30.8.2018 della “chiamata finale” nei confronti di per il rientro a Juba presso il Quartier Generale del CP_1
Ministero degli Affari Esteri del Sud Sudan, non è tuttavia stata fornita la prova dell'effettiva cessazione dell'incarico di parte appellata alla data del 31.7.18, ritenendo detta diffida non comprovante automaticamente la mancata prosecuzione da parte della lavoratrice della prestazione lavorativa.
Con atto di appello l'Ambasciata della Repubblica del Sud Sudan ha impugnato la sentenza di primo grado per i seguenti motivi: I) difetto di giurisdizione del giudice italiano;
II) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2729 c.c. in relazione agli art. 2719 c.c. e 215 c.p.c.;
III) Violazione dell'art. 2 L. 604/1966.
Parte appellante, in via pregiudiziale, con il primo motivo di gravame ha lamentato il difetto di giurisdizione del Giudice italiano, deducendo
l'insufficiente esame da parte del Tribunale di prime cure, della Convenzione dell'Onu sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni del 2.12.2004, ratificata in Italia con l. n. 5 del 14 gennaio 2013, in particolare della fattispecie prevista dall'art. 11 par.
2.b.i., il cui esame, vista la richiamata qualifica di agente diplomatico in capo all'odierna appellata, avrebbe portato all'accoglimento dell'eccezione di difetto difetto di giurisdizione già sollevata dall'opponente. Il primo Giudice – ritiene l'appellante – avrebbe pertanto errato nel valutare esclusivamente la circostanza che la controversia vertesse su questioni puramente patrimoniali, omettendo così di considerare la ricorrenza nel caso di specie dell'ipotesi (formale) di cui alla succitata norma.
Con il secondo motivo, l' invocando la violazione dell'art. 2729 c.c., Parte_1 ha lamentato poi l'erroneità della sentenza laddove il Giudice di prime cure avrebbe “omesso di considerare una serie di elementi indiziari che, se valutati, avrebbero determinato una decisione diversa a favore dell'odierna appellante”.
In particolare, parte appellante ha ritenuto che il Giudice di primo grado avrebbe errato per non aver ritenuto provata la circostanza che la signora avesse CP_1
cessato la propria attività lavorativa alla data del 31 luglio, in quanto lo stesso,
attraverso un ragionamento di tipo presuntivo avrebbe dovuto dedurre: a) che
l'appellata fosse già stata destinataria, prima del 30 agosto 2018, di almeno un'altra precedente chiamata per far ritorno al Quartier generale a Juba, sulla base di due produzioni documentali (all. 2 del fascicolo di parte opposta e all. 5 del ricorso in opposizione);
b)che i 40 diplomatici licenziati tramite l'avviso di licenziamento ed interruzione di servizio di diplomatici (doc. n. 6 di parte opponente), tra cui l'appellata, fossero da considerarsi “assenti senza permesso”
e destinatari di “ripetuti appelli” come si evince dal contenuto del documento prodotto. Sulla scorta di tale ragionamento presuntivo, il Giudice di prime cure avrebbe pertanto dovuto inferire che l'ultimo mese di lavoro dell'appellata non poteva che essere stato luglio 2018 e che dunque, verosimilmente, la data del 31 luglio dovesse essere considerata quella in cui effettivamente l'opposta aveva cessato il proprio incarico. Deduce l'appellante che tali presunzioni si sarebbero dovute ricavare anche dal mancato disconoscimento dei sopra citati documenti da parte della CP_1
Con l'ultimo motivo di gravame, l' lamenta infine la violazione Parte_1 dell'art. 2 l. 604/1966, per aver il Giudice ritenuto dovute le somme successive al 13 maggio 2019, in considerazione dell'asserita mancata prova del perfezionamento della volontà di risoluzione del rapporto di lavoro in capo al datore di lavoro. Rileva infatti parte appellante, che il Primo Giudice non avrebbe tenuto conto del fatto che la lavoratrice, avendo proceduto all'impugnazione stragiudiziale (cfr. pag. 2 del doc. n. 3 parte opposta, fascicolo monitorio) avrebbe dimostrato di essere venuta certamente a conoscenza
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