Corte Cost., sentenza 18/04/2024, n. 60

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Immobili non utilizzabili né disponibili a seguito occupazione abusiva per la quale sia stata tempestivamente presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale - Esenzione dal pagamento - Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 1

Sul provvedimento

Citazione :
Corte Cost., sentenza 18/04/2024, n. 60
Giurisdizione : Corte Costituzionale
Numero : 60
Data del deposito : 18 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Ritenuto in fatto

1.- Con due ordinanze di identico tenore, iscritte ai numeri 84 e 85 del registro ordinanze 2023, la Corte di cassazione, sezione tributaria, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell' art. 9, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), nella sua formulazione originaria applicabile

ratione temporis , nella parte in cui non prevede l'esenzione dal pagamento dell'imposta municipale unica (IMU) nell'ipotesi di occupazione abusiva dell'immobile che non possa essere liberato pur in presenza di denuncia agli organi istituzionali preposti, per violazione degli artt. 3, primo comma , 53, primo comma , e 42, secondo comma, della Costituzione e dell'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

2.- Riferisce il rimettente che la controversia nasce a seguito di due ricorsi della casa di cura Valle Fiorita srl avverso il silenzio rifiuto opposto da Roma Capitale sull'istanza di rimborso del versamento IMU, rispettivamente per le annualità 2013 e 2014, relativo a un immobile di proprietà della suddetta società, occupato abusivamente da terzi a partire dal dicembre 2012. Tale società aveva dimostrato che erano state attivate tutte le necessarie iniziative per prevenire l'occupazione dell'immobile («dalla predisposizione della chiusura a mezzo blocchetti di cemento delle aperture [...] alla attivazione di un servizio di sorveglianza privata ancorché non armata sin dal mese di marzo 2012») e che aveva altresì provveduto a denunciare immediatamente all'autorità preposta l'avvenuta sua occupazione abusiva e tuttavia, benché fosse stato disposto un sequestro preventivo dell'immobile da parte del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Roma nell'agosto 2013, lo stesso non aveva avuto esecuzione per motivi di ordine pubblico.

Secondo il giudice

a quo , dunque, casa di cura Valle Fiorita srl era proprietaria dell'immobile, ma al contempo ne aveva perduto il possesso, sicché non sussisterebbe il presupposto per l'applicazione dell'imposta di cui era stato chiesto il rimborso, atteso che la predetta società - pur avendo ottenuto un decreto di sequestro preventivo dall'autorità giudiziaria che aveva ipotizzato il reato di occupazione abusiva di immobile sanzionato dall' art. 633 del codice penale - non era riuscita a ripristinare il «contatto materiale con il bene». Dalle indagini giudiziarie risultava infatti che gli occupanti avevano modificato i locali occupati, installando tra l'altro cancellate volte a limitare l'accesso all'immobile.

Stante la mancata esecuzione del provvedimento di sequestro, casa di cura Valle Fiorita srl ha proposto, in data 21 ottobre 2013, ricorso innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo ai sensi dell'art. 34 CEDU;
con la sentenza 13 dicembre 2018 , Casa di cura Valle Fiorita srl

contro

Italia, la Corte EDU ha accolto le istanze della società e condannato lo Stato italiano al risarcimento del danno, affermando che la mancata esecuzione del provvedimento di sequestro preventivo era riconducibile alla previsione di cui al primo capoverso del primo comma dell'art. 1 Prot. addiz. CEDU, secondo cui, l'esercizio reale ed effettivo del diritto alla protezione della proprietà, può «esigere delle misure positive di tutela, in particolare laddove sussista un legame diretto tra le misure che un ricorrente potrebbe legittimamente attendersi dalle autorità e il godimento effettivo da parte di quest'ultimo dei suoi beni», rilevando che tale assunto, combinato con il principio della preminenza del diritto, giustifica l'irrogazione di una sanzione a danno dello Stato che non abbia dato esecuzione ovvero che abbia impedito l'esecuzione di una decisione giudiziaria.

Secondo il giudice rimettente, casa di cura Valle Fiorita srl avrebbe pertanto potuto trasferire la proprietà dell'immobile ma non il possesso, almeno fino a quando lo sgombero degli occupanti abusivi non fosse stato eseguito.

3.- Ritiene il giudice

a quo che non assumerebbe rilevanza l'entrata in vigore, nelle more, dell' art. 1, comma 81, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), che, a decorrere dal 1° gennaio 2023, modificando l' art. 1, comma 759, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), concernente i casi di esenzione dall'imposta municipale propria, ha previsto che «[s]ono esenti dall'imposta, per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte: [...]

g - bis ) gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all'autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli articoli 614, secondo comma, o 633 del codice penale o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale».

Ciò in quanto tale disposizione non potrebbe considerarsi retroattiva, ai sensi dell'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile , in mancanza di indicazioni espresse in tal senso, né potrebbe qualificarsi come interpretativa, perché il contenuto precettivo di essa non si ricollegherebbe ad altra norma preesistente da chiarire o da precisare.

Il dato normativo su cui si baserebbe l'ente impositore per il diniego dell'istanza di rimborso della società sarebbe dunque costituito dai previgenti artt. 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 - secondo cui «[l]'imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all' articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 » - e 9, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2011 , i quali prevedono che «[s]oggetti passivi dell'imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali alla cui produzione o scambio è diretta l'attività di impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi [...]. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto», applicabili

ratione temporis .

Da ciò conseguirebbe che, ai fini impositivi, sarebbe rilevante non già il possesso del bene, bensì solo l'esistenza di un titolo.

4.- Il rimettente sostiene che la questione sia rilevante ai fini della decisione dei giudizi

a quibus , giacché l'eventuale declaratoria d'illegittimità costituzionale della disposizione censurata inciderebbe sul diritto vivente (favorevole all'ente impositore) ormai consolidatosi. Sussisterebbe, difatti, un effettivo e concreto rapporto di strumentalità tra la definizione del giudizio principale e la risoluzione della questione di legittimità costituzionale in quanto il rimettente, ai fini della decisione dei giudizi

a quibus , dovrebbe fare applicazione della disposizione censurata.

5.- Quanto alla non manifesta infondatezza il giudice

a quo dubita, anzitutto, della compatibilità della disposizione in esame con gli artt. 53 e 3 Cost.

In primo luogo, il rimettente ritiene sussistano elementi di contrasto con il principio di capacità contributiva di cui all' art. 53 Cost. e con il principio di uguaglianza tributaria, in base al quale a situazioni uguali dovrebbero corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse dovrebbe corrispondere un trattamento tributario diseguale.

Ritiene il rimettente che, per le annualità d'imposta in cui permane l'occupazione abusiva per scelte degli organi amministrativi preposti allo sgombero degli immobili, il prelievo tributario si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali evocati. Difatti, il possesso legittimante il sorgere della soggettività passiva ai fini IMU, per essere effettivo, presupporrebbe che la cosa rientri materialmente nella disponibilità individuale del possessore, di talché quest'ultimo possa esercitare le prerogative discendenti dal diritto ricadente sul bene.

Nella fattispecie in esame, in cui casa di cura Valle Fiorita srl, proprietaria dell'immobile, è stata privata della possibilità di esercitare qualsivoglia diritto sulla cosa, secondo il rimettente l'originaria ricorrente non avrebbe dovuto essere considerata soggetto passivo ai fini IMU, stante l'assenza dei requisiti minimi affinché possa configurarsi una situazione possessoria e, conseguentemente, una capacità contributiva.

Ai fini del verificarsi o meno del presupposto impositivo dell'IMU, nei casi come quello in esame, assumerebbe precipuo rilievo la perdita del possesso in relazione alle dichiarazioni degli organi di polizia che attestino l'impossibilità di sgomberare l'immobile. Se infatti gli organi istituzionali preposti non fossero in grado di difendere il diritto di proprietà costituzionalmente sancito, il proprietario, di riflesso, rimarrebbe senza tutela e quindi senza possesso.

Innanzi a una condizione «patologica» come quella relativa ai

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