Corte Cost., sentenza 23/12/2019, n. 288
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Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2, del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133 (Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia) relativamente all'applicabilità dell'«addizionale» applicabile a coloro che operano nei settori creditizio, finanziario e assicurativo, convertito, con modificazioni, nella legge 29 gennaio 2014, n. 5, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 53 e 77, secondo comma, della Costituzione, in quanto l'imposta censurata supera il vaglio della connessione razionale perché in un contesto complesso come quello contemporaneo, dove si sviluppano nuove e multiformi creazioni di valore, il concetto di capacità contributiva non necessariamente deve rimanere legato solo a indici tradizionali come il patrimonio e il reddito, potendo rilevare anche altre e più evolute forme di capacità, che ben possono denotare una forza o una potenzialità economica.
Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.
Sul provvedimento
Testo completo
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 5 luglio 2018, la Commissione tributaria regionale (CTR) del Piemonte ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 53 e 77, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2, del D.L. 30 novembre 2013, n. 133 (Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la B.I.), convertito, con modificazioni, nella L. 29 gennaio 2014, n. 5.
La norma è censurata nella parte in cui dispone che, "in deroga all'articolo 3 della L. 27 luglio 2000, n. 212, per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013, per gli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87, per la B.I. e per le società e gli enti che esercitano attività assicurativa, l'aliquota di cui all'articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è applicata con una addizionale di 8,5 punti percentuali".
1.1.- Le questioni sono sorte nell'ambito di un giudizio che trae origine dal ricorso proposto dalla società finanziaria denominata O.S. spa avverso il silenzio-rifiuto formatosi sulla istanza di rimborso dei tributi da essa versati, ai sensi del citato art. 2, comma 2, del D.L. n. 133 del 2013, a titolo di "addizionale" all'imposta sui redditi delle società (IRES) dovuta per il 2013.
Nei confronti della sentenza di rigetto pronunciata in primo grado, la società ricorrente ha interposto appello, ribadendo i motivi posti a fondamento della domanda di rimborso, compendiati nei dubbi di legittimità costituzionale della disposizione denunciata prospettati in riferimento agli artt. 3, 53 e 77, secondo comma, Cost.
1.2.- La CTR del Piemonte, diversamente dal giudice di prime cure, ritiene che tali dubbi siano non manifestamente infondati.
Il giudice a quo anzitutto rileva che il gettito dell'"addizionale" introdotta dalla norma censurata è stato destinato alla copertura delle minori entrate derivanti dall'abolizione, prevista dall'art. 1, comma 1, dello stesso D.L. n. 133 del 2013, della seconda rata dell'imposta municipale propria (IMU) per l'anno 2013 su una "molteplicità di immobili".
Quindi evidenzia, da un lato, che di tale abolizione avrebbero beneficiato tutti i proprietari, a prescindere dal reddito da essi posseduto. Dall'altro, che le imprese creditizie, finanziarie e assicurative tenute al versamento dell'"addizionale" non sarebbero state, nel corso del 2013, "economicamente più forti" degli altri soggetti passivi dell'imposta in parola.
1.2.1.- Sulla scorta di queste premesse, il Collegio rimettente prende le mosse dalla dedotta violazione degli artt. 3 e 53 Cost., che sarebbero lesi in quanto l'art. 2, comma 2, del D.L. n. 133 del 2013 - nel circoscrivere l'applicabilità dell'"addizionale" da esso istituita a coloro che operano nei settori creditizio, finanziario e assicurativo - avrebbe determinato una irragionevole discriminazione qualitativa dei redditi.
Al riguardo, la CTR piemontese osserva, innanzitutto, che il presupposto impositivo dell'IRES è rappresentato dal solo reddito complessivo netto prodotto, assumendo pertanto rilievo, perché sorga l'obbligazione tributaria, esclusivamente l'aspetto quantitativo e non invece il settore produttivo nell'ambito del quale opera il soggetto passivo dell'imposta.
Nello specifico, la norma censurata violerebbe il principio di eguaglianza tributaria di cui agli artt. 3 e 53 Cost. in quanto la circostanza che le imprese creditizie, finanziarie e assicurative siano sottoposte "a stretta vigilanza pubblica" non comporterebbe "necessariamente" che esse versino in una situazione di fatto diversa da quella in cui si trovano gli altri soggetti obbligati al versamento dell'IRES e idonea a giustificare la sperequazione tra le due categorie.
La soggezione alla vigilanza pubblica non sarebbe difatti sintomatica di una particolare "ricchezza" degli unici soggetti passivi incisi dalla censurata "addizionale" e, dunque, di una capacità contributiva maggiore - del resto nemmeno suffragata da "analisi ... empiriche" - di quella espressa, a parità di reddito, dagli altri soggetti passivi dell'IRES.
Il trattamento differenziato riservato dalla norma denunciata solo ad alcuni soggetti sarebbe irragionevole, a parere della Commissione rimettente, anche sotto un altro profilo.
La considerazione che le imprese gravate dall'"addizionale" non sarebbero soggetti "economicamente più forti degli altri", valutata unitamente alla sopra evidenziata circostanza per cui dell'abolizione della seconda rata dell'IMU avrebbero beneficiato "tutti i proprietari" di "una molteplicità di beni immobili", a prescindere dal reddito da essi posseduto, non consentirebbe, infatti, neppure di ritenere che la disposizione oggetto dell'odierno scrutinio sia volta al perseguimento di una finalità solidaristica e redistributiva.
Di qui il lamentato vulnus agli artt. 3 e 53 Cost., che non potrebbe d'altronde essere escluso soltanto in forza del carattere transitorio della misura impositiva oggetto della censura.
L'art. 2, comma 2, del D.L. n. 133 del 2013 si porrebbe in contrasto anche con l'art. 77, secondo comma, Cost., per difetto dei requisiti di necessità e urgenza.
In proposito, la CTR piemontese osserva che le situazioni straordinarie che legittimano il ricorso alla decretazione d'urgenza dovrebbero preesistere all'esercizio del potere legislativo.
Nel caso di specie, invece, l'"addizionale" sarebbe funzionale a soddisfare un'esigenza - segnatamente consistente nella necessaria copertura finanziaria del minor gettito derivante dall'IMU - che non preesisteva all'adozione del D.L. n. 133 del 2013: essa è stata, infatti, determinata contestualmente dallo stesso Governo, il quale, per realizzare una propria "scelta politica", con il precedente art. 1, comma 1, del medesimo d.l. ha, appunto, abolito la seconda rata dell'IMU per determinati immobili, fabbricati e terreni.
1.3.- È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o, comunque, manifestamente infondate.
1.3.1.- L'eccezione d'inammissibilità è basata sull'asserito difetto di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza della questione sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost.
Sarebbe, in particolare, lacunosa l'argomentazione inerente alla natura temporanea del prelievo oggetto del presente incidente di legittimità costituzionale: il giudice rimettente, difatti, avrebbe sostenuto, in maniera apodittica, senza in alcun modo motivare sul punto, che tale natura non sarebbe idonea a "sanare" la dedotta disparità, laddove, invece, la transitorietà dell'"addizionale" concorrerebbe a "circoscrivere l'aggravio di imposta ad una cerchia specifica di contribuenti".
1.3.2.- Nel merito, le questioni sarebbero, in ogni caso, non fondate.
L'Avvocatura ritiene anzitutto insussistente la violazione degli artt. 3 e 53 Cost.
La irragionevole disparità di trattamento di cui si duole la CTR del Piemonte non sarebbe ravvisabile, dal momento che, per un verso, i redditi prodotti dai soggetti passivi incisi dalla norma censurata esprimerebbero una differenziata capacità contributiva e per altro verso, l'aggravio d'imposta derivante dall'art. 2, comma 2, del D.L. n. 133 del 2013 sarebbe transitorio e giustificato anche da una finalità solidaristica e redistributiva.
Sotto il primo aspetto, la difesa statale - dopo aver richiamato la sentenza n. 21 del 2005, in cui questa Corte, con riferimento alle "aliquote differenziate previste, in materia di Irap, per i settori bancario e assicurativo", ha, tra l'altro, affermato che una previsione siffatta "rientra ... pienamente nella discrezionalità del legislatore, se sorretta da non irragionevoli motivi di politica economica e redistributiva" - sostiene che diversi sarebbero, nella specie, gli indici dai quali evincere la maggiore capacità contributiva delle imprese creditizie, finanziarie e assicurative.
Tali indici sintomatici sarebbero, nello specifico, desumibili dal fatto che l'esercizio dell'attività da parte di tali imprese presuppone il rilascio di specifiche autorizzazioni: queste difatti, da un lato, implicherebbero l'accertamento della stabilità patrimoniale e finanziaria dei soggetti interessati, i quali, pertanto, disporrebbero di una "comprovata forza economica";
dall'altro, comporterebbero una riduzione della concorrenza, determinando di fatto una limitazione dell'accesso ai mercati di riferimento. Mercati peraltro caratterizzati dalla prestazione di servizi pressoché necessitati e conseguentemente meno esposti, rispetto ad altri, al rischio della perdita di clientela anche a fronte della eventuale traslazione su di essa dei maggiori costi fiscali sopportati.
Sotto il secondo aspetto, afferente alla natura temporanea e alla finalità solidaristica e redistributiva dell'"addizionale" censurata, la difesa statale rimarca che tale prelievo è stato circoscritto all'anno d'imposta 2013 ed è strettamente correlato all'abolizione della seconda rata dell'IMU, con la quale condividerebbe pertanto lo scopo di sostenere il mercato immobiliare e di alleviare il carico fiscale di "ampie fasce di contribuenti" in un periodo di congiuntura economica critica.
In questa prospettiva, d'altro canto, l'Avvocatura ritiene che sia privo di pregio l'assunto del giudice a quo secondo cui l'abolizione appena detta avrebbe avvantaggiato tutti i contribuenti a prescindere dal loro reddito: da essa sono stati, infatti, esclusi - secondo il disposto dell'art. 1, comma 1, del D.L. n. 133 del 2013 - gli "immobili espressivi di elevata capacità contributiva da parte dei loro possessori", sicché la platea dei beneficiari dello sgravio fiscale sarebbe stata, in realtà, circoscritta, in base a un criterio oggettivo coerente con la natura di imposta reale propria dell'IMU.
Anche la questione sollevata