Corte Cost., sentenza 21/04/2005, n. 162
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E' illegittimo, in relazione agli artt. 117, 118 e 119 Cost., l'art. 4, comma 83, della legge n. 350/2003 nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro delle attivita' produttive, in materia di sostegno finanziario alle imprese artigiane, sia emanato previa intesa con la Conferenza Stato-regioni.
E' infondato in relazione agli artt. 117, 118 e 119 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 82 e 83, della legge n. 350/2003, in materia di finanziamento delle imprese artigiane, perche' dopo la legge costituzionale n. 3/2001 non e' stato creato alcun fondo nuovo dallo Stato, ma si e' incrementato solo quello gia' normalmente previsto ne' si e' disposto in ordine alla sua gestione, che rimane di carattere regionale.
Testo completo
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 24 febbraio 2004, e depositato nella
cancelleria di questa Corte il successivo 4 marzo (reg. ric. n. 33 del
2004), la regione Emilia-Romagna ha impugnato numerose disposizioni della
legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004), censurando, tra
l'altro, l'art. 4, commi 82 e 83, per violazione degli articoli 117, 118 e
119 della Costituzione.
La norma denunciata prevede, al comma 82, che " le disponibilita' del
fondo di cui all'art. 37 della legge 25 luglio 1952, n. 949, e successive
modificazioni, sono incrementate di 10 milioni di euro per l'anno 2004 per
agevolare i processi di internazionalizzazione ed i programmi di
penetrazione commerciale promossi dalle imprese artigiane e dai consorzi di
esportazione a queste collegati ". In base al comma 83, " le modalita', le
condizioni e le forme tecniche delle attivita' di cui al comma 82 sono
definite con decreto del Ministro delle attivita' produttive di concerto con
il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'art. 21, comma 7,
della legge 5 marzo 2001, n. 57".
L'art. 37 della legge 25 luglio 1952, n. 949, ha istituito un fondo per
il concorso nel pagamento degli interessi sulle operazioni di credito a
favore delle imprese artigiane, mentre l'art. 21, comma 7, della legge 5
marzo 2001, n. 57, ha previsto la possibilita' di utilizzare le
disponibilita' di questo fondo anche per agevolare il sostegno finanziario
ai processi esportativi delle imprese artigiane e ai programmi di
penetrazione commerciale e di internazionalizzazione promossi dalle imprese
stesse e dai consorzi export a queste collegati.
La regione osserva che con la norma denunciata la legge finanziaria per
il 2004 avrebbe perpetuato un intervento statale non piu' compatibile con il
nuovo assetto costituzionale conseguente alla legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3.
Secondo la ricorrente, l'artigianato ricade, oggi, nella potesta' piena
delle regioni, e gia' nel vigore del vecchio Titolo V della Parte seconda
della Costituzione le regioni ricoprivano un ruolo preminente nella materia
in questione. Ricorda in particolare la regione Emilia-Romagna che, proprio
in relazione ai contributi a favore delle imprese artigiane, l'art. 12 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, prevede che "le funzioni
amministrative relative alla materia "artigianato", cosi' come definita
dall'articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,
n. 616, comprendono anche tutte le funzioni amministrative relative alla
erogazione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di
qualsiasi genere, comunque denominati, alle imprese artigiane, con
particolare riguardo alle imprese artistiche", mentre il successivo art. 13
conserva allo Stato solo "le funzioni attualmente previste concernenti", tra
l'altro, "eventuali cofinanziamenti, nell'interesse nazionale, di programmi
regionali di sviluppo e sostegno dell'artigianato, secondo criteri e
modalita' definiti con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, d'intesa con la Conferenza unificata".
Ad avviso della regione Emilia-Romagna, la finalizzazione dei contributi
previsti dal comma 82 al sostegno dei programmi di "internazionalizzazione"
delle imprese artigiane non implicherebbe la competenza statale in ordine
alla gestione e alla regolazione del fondo. Difatti, il finanziamento
statale non atterrebbe allo sviluppo dell'intero Paese, riguardando i
programmi elaborati da singole imprese artigiane al fine di una loro
maggiore "internazionalizzazione".
La regione esclude inoltre che il rilievo "macroeconomico" di un
intervento di sostegno del mercato sussista per il solo fatto che
l'intervento afferisca ai rapporti internazionali, come dimostrerebbe
l'attribuzione della materia "commercio con l'estero" alla competenza
concorrente di Stato e regioni. Ne' la competenza statale potrebbe
giustificarsi per la mancanza, nell'intervento in questione, di una
delimitazione territoriale regionale;se cosi' fosse, ne deriverebbe una
"straordinaria confusione di ruoli", perche' le regioni e lo Stato farebbero
le stesse cose, con duplicazioni e distorsioni delle politiche.
I commi 82 e 83 del citato art. 4, contemplando la gestione e la
regolazione statale di un finanziamento finalizzato al sostegno delle
imprese in materia regionale, violerebbero gli artt. 117, 118 e 119 Cost. Ci
si troverebbe in presenza di politiche di sostegno che possono e devono
essere decise e gestite a livello regionale, mancando (oltre al carattere
macroeconomico) qualsiasi esigenza unitaria. In particolare, sarebbe
illegittima la previsione - da parte del comma 83 - di un atto
sostanzialmente regolamentare in materia di competenza regionale piena
(artigianato) o, al massimo, concorrente (commercio con l'estero).
La regione prospetta anche una questione subordinata, per il caso in cui
questa Corte ritenesse legittimo l'intervento di incremento del fondo per il
suo carattere macroeconomico, e quindi per la sussistenza della competenza
statale in materia di tutela della concorrenza. La ricorrente denuncia
infatti i commi 82 e 83 dell'art. 4 per la mancata previsione di meccanismi
di coordinamento con le regioni. Siccome le norme impugnate incidono su una
materia regionale, sarebbe necessario che le funzioni statali di gestione e
regolazione da esse previste siano svolte in modo da tener conto del punto
di vista della regione e da coordinarsi con l'azione che la regione stessa
svolge. Secondo la ricorrente, questa conclusione varrebbe a maggior ragione
ove la Corte ritenesse insussistente il carattere macroeconomico ma
esistente una ipotetica esigenza unitaria, tale da giustificare la gestione
centrale del finanziamento (ma, comunque, non la previsione del decreto
sostanzialmente regolamentare).
2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte si e' costituito il Presidente del
Consiglio dei ministri, concludendo per la non fondatezza delle questioni e
rinviando a successiva memoria l'illustrazione delle conclusioni cosi'
rassegnate.
3. - In prossimita' dell'udienza, la regione Emilia-Romagna ha
depositato una memoria illustrativa per precisare innanzitutto di voler
chiedere a questa Corte non una dichiarazione di illegittimita'
costituzionale della norma denunciata dalla quale derivi la semplice
soppressione del fondo o del finanziamento, ma una caducatoria della
disposizione nella parte in cui le risorse da essa previste non
costituiscono elemento integratore della finanza regionale.
La regione ricorda che l'illegittimita' di finanziamenti diretti a
favore di soggetti privati in materia di competenza regionale e' stata piu'
volte ribadita da questa Corte (sentenze n. 320, n. 423 e n. 424 del 2004 e
sentenza n. 51 del 2005).
Dalla giurisprudenza costituzionale si ricaverebbe inoltre che l'art.
117, sesto comma, della Costituzione si riferisce anche agli atti
"sostanzialmente" regolamentari.
Quanto alla censura subordinata relativa alla violazione del principio
di leale collaborazione, osserva infine la ricorrente che, sempre secondo la
giurisprudenza di questa Corte, il coinvolgimento regionale si rende
necessario anche in caso di norme rientranti in materia di competenza
esclusiva statale ma interferenti con materie regionali (cosi' le sentenze
n. 308 del 2003 e n. 31 del 2005).
4. - Anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una
memoria in prossimita' dell'udienza.
Secondo la difesa erariale l'intervento finanziario delineato dalla
norma censurata sarebbe riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione
("mercati finanziari" e "tutela della concorrenza").
In ogni caso, lo Stato sarebbe portatore di interessi sovraregionali
costituzionalmente riconosciuti, per soddisfare i quali il legislatore
nazionale potrebbe, in assenza di divieti ricavabili dall'art. 119 della
Costituzione, disporre finanziamenti ed interventi diretti.
Osserva inoltre l'Avvocatura che il concorso nel pagamento degli
interessi e' concesso non da un apparato amministrativo dello Stato, ma da
comitati tecnici costituiti in ogni regione e presieduti da un
rappresentante della regione nel cui territorio ha sede l'impresa da
finanziare.
Infine la difesa erariale ricorda che il decreto ministeriale previsto
dall'art. 4, comma 83, della legge n. 350 del 2003 non e' stato sinora
emanato e che in ogni caso lo schema di decreto sara' sottoposto alla
Conferenza Stato-regioni in applicazione di norme di sistema.
Considerato in diritto
1. - La regione Emilia-Romagna ha impugnato, unitamente ad altre
disposizioni della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2004), l'art. 4, commi 82 e 83, il quale prevede, al fine di
agevolare i processi di internazionalizzazione ed i programmi di
penetrazione commerciale promossi dalle imprese artigiane, l'incremento
delle disponibilita' del fondo di cui all'art. 37 della legge 25 luglio
1952, n. 949, e successive modificazioni (cosi' il comma 82), secondo
modalita', condizioni e forme tecniche da definire con decreto del Ministro
delle attivita' produttive, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze (cosi' il comma 83).
La regione, premesso di avere competenza legislativa piena (artigianato)
o, al piu', concorrente (commercio estero) nella materia disciplinata dalla
disposizione denunciata, ritiene che lo Stato non abbia titolo ad effettuare
interventi diretti a favore delle imprese artigiane, neppure per sostenerne
i processi di internazionalizzazione ed i programmi di penetrazione
commerciale, escludendo che lo strumento prefigurato dalla norma abbia una
rilevanza macroeconomica;e lamenta l'attribuzione al Ministro delle
attivita' produttive, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, del potere di disciplinare, con proprio decreto, modalita',
condizioni e forme tecniche delle attivita' ammesse al sostegno finanziario
statale.
Secondo la ricorrente, che deduce la violazione degli articoli 117, 118
e 119 della Costituzione, sarebbero lese le attribuzioni legislative
regionali;sarebbe violato il divieto per lo Stato di intervenire con un
decreto ministeriale in materie in cui esso non abbia competenza legislativa
esclusiva;sarebbe lesa l'autonomia finanziaria delle regioni.
La regione Emilia-Romagna prospetta anche una questione in via
subordinata, per il caso in cui l'intervento di incremento del fondo fosse
ritenuto giustificato per il suo carattere macroeconomico, e quindi per la
presenza della competenza statale in materia di tutela della concorrenza.
Secondo la ricorrente, sarebbe in ogni caso costituzionalmente illegittima
la mancata previsione, nella regolazione e nella gestione del fondo, di
qualsiasi forma di collaborazione con le regioni. Incidendo la norma
impugnata su una materia regionale, le funzioni statali di regolazione e di
gestione del fondo dovrebbero svolgersi in modo da tener conto del punto di
vista delle regioni e da coordinarsi con l'azione che le regioni stesse
svolgono.
2. - La presente decisione concerne le questioni di legittimita'
costituzionale sollevate nei confronti dell'art. 4, commi 82 e 83, della
legge n. 350 del 2003, restando riservata a separate pronunce la decisione
delle altre questioni sollevate con il ricorso della regione Emilia-Romagna.
3. - La questione avente ad oggetto il comma 82 dell'art. 4 della legge
n. 350 del 2003 non e' fondata.
Deve anzitutto escludersi che l'incremento delle disponibilita' del
fondo per agevolare i processi di internazionalizzazione ed i programmi di
penetrazione commerciale promossi dalle imprese artigiane e dai consorzi di
esportazione a queste collegati sia riconducibile alla materia "tutela della
concorrenza", nel suo profilo dinamico e promozionale (art. 117, secondo
comma, lettera e, della Costituzione). Contrariamente a quanto prospettato
dalla difesa erariale, infatti, l'esame della norma censurata dimostra che
il finanziamento in questione non puo' rientrare in questa materia: esso non
e' idoneo ad incidere sull'equilibrio economico generale, essendo privo del
requisito oggettivo dell'"impatto complessivo", tenuto conto anche
dell'esiguita' dei mezzi economici impegnati nel quadro della complessiva
manovra disposta con la legge finanziaria del 2004 (10 milioni di euro per
l'anno 2004) (cfr. sentenza n. 77 del 2005).
L'ambito materiale nel quale interviene la disposizione denunciata e'
l'artigianato. L'art. 117 della Costituzione, dopo la riforma del Titolo V
della Parte II della Costituzione, non annoverando l'artigianato tra le
materie tassativamente riservate alla legislazione statale o a quella
concorrente, implicitamente demanda questa materia alla potesta' legislativa
residuale delle regioni, modificando in tal modo la precedente previsione
costituzionale, che invece assegnava allo Stato il compito di stabilire i
principi fondamentali in materia di artigianato, prevedendo la competenza
concorrente delle regioni. Appartiene pertanto alla competenza legislativa
residuale delle regioni l'adozione delle misure di sviluppo e sostegno
dell'artigianato, e, in questo ambito, la disciplina dell'erogazione di
agevolazioni, contributi e sovvenzioni di ogni genere.
Se il sostegno economico alla internazionalizzazione delle imprese
artigiane e' ormai riconducibile ad una materia di cui al quarto comma
dell'art. 117 della Costituzione, cio' pero' non comporta
l'incostituzionalita' dell'art. 4, comma 82, della legge n. 350 del 2003.
La norma denunciata, infatti, non istituisce un nuovo fondo a
destinazione vincolata, ma si limita ad incrementare le disponibilita' di un
fondo preesistente alla modifica del Titolo V, Parte II, della Costituzione,
in vista del raggiungimento di finalita' ad esso gia' proprie.
Invero, l'art. 37 della legge n. 949 del 1952, nel contesto di un piu'
ampio provvedimento per lo sviluppo dell'economia e l'incremento
dell'occupazione, ha previsto la formazione di un fondo, presso la Cassa per
il credito alle imprese artigiane, per il concorso nel pagamento degli
interessi sulle operazioni di credito a favore delle imprese artigiane,
effettuate dagli istituti e aziende di credito, rimettendo ad appositi
comitati tecnici regionali l'attivita' di concessione dei contributi.
Provvedimenti legislativi successivi hanno di volta in volta conferito
al fondo in questione ulteriori assegnazioni per i vari esercizi finanziari
(cosi', tra l'altro, la legge 31 ottobre 1966, n. 947;il decreto-legge 26
ottobre 1970, n. 745;la legge 24 dicembre 1974, n. 713;la legge 10 ottobre
1975, n. 524;il decreto-legge 30 aprile 1976, n. 156;la legge 30 marzo
1981, n. 119;il decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415).
La legge 5 marzo 2001, n. 57, nel dettare disposizioni in materia di
apertura e regolazione dei mercati, ha assegnato al fondo per il concorso
nel pagamento degli interessi sulle operazioni di credito a favore delle
imprese artigiane una nuova finalita', il sostegno
all'internazionalizzazione. L'art. 21, comma 7, di tale legge prevede
infatti che le disponibilita' del fondo in questione "possono essere
utilizzate anche per agevolare il sostegno finanziario ai processi
esportativi delle imprese artigiane e ai programmi di penetrazione
commerciale e di internazionalizzazione promossi dalle imprese stesse e dai
consorzi export a queste collegati, secondo finalita', forme tecniche,
modalita' e condizioni da definire con decreto del Ministro del commercio
con l'estero, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica".
Su questa linea si pone il denunciato comma 82 dell'art. 4 della legge
n. 350 del 2003: esso pertanto si giustifica, in via transitoria e fino
all'attuazione del nuovo modello delineato dall'art. 119 della Costituzione,
in conseguenza del principio di continuita' dell'ordinamento, piu' volte
richiamato da questa Corte dopo la modifica del Titolo V (cfr., da ultimo,
sentenza n. 255 del 2004), attesa l'esigenza di non far mancare
finanziamenti ad un settore rilevante e strategico dell'economia nazionale,
quello dell'impresa artigiana, al quale la Costituzione (art. 45) guarda con
particolare favore.
4. - Le censure della ricorrente vanno invece accolte con riferimento al
comma 83 del citato art. 4, la' dove viene lamentata la mancanza di forme di
raccordo e di leale collaborazione con le regioni.
Il principio di continuita' giustifica infatti, ancora in via
provvisoria, ed in vista di una considerazione complessiva del settore
dell'artigianato e delle iniziative da finanziare, l'attribuzione al
Ministro delle attivita' produttive della potesta' di definire, di concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze, modalita', condizioni e forme
tecniche delle attivita' ammesse al sostegno finanziario (cfr. sentenza n.
255 del 2004).
E tuttavia, l'articolazione della normativa esige forme di cooperazione
con le regioni e di incisivo coinvolgimento delle stesse, essendo evidente
che l'intervento dello Stato debba rispettare la sfera di competenza
spettante alle regioni in via residuale.
La norma censurata, invece, non prende minimamente in considerazione le
regioni per cio' che attiene all'emanazione del decreto ministeriale di
attuazione. Deve pertanto essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 4, comma 83, della legge n. 350 del 2003, nella parte in cui, in
contrasto con il principio di leale collaborazione, non prevede che il
decreto del Ministro delle attivita' produttive sia emanato previa intesa
con la Conferenza Stato-regioni.
4.1. - Quanto all'ulteriore denuncia, sollevata dalla ricorrente,
concernente la mancanza di forme di raccordo con le regioni nell'attivita'
di gestione delle risorse, si tratta di censura che muove da un inesatto
presupposto ermeneutico.
Il comma 83 del citato art. 4, infatti, non disciplina - ne'
direttamente, ne' indirettamente per il tramite del decreto ministeriale di
attuazione - anche l'attivita' di concreta gestione dell'intervento. Questa
attivita', unitamente a quella di concessione dei contributi e delle
agevolazioni, rientra nella competenza delle regioni, e tale competenza e'
fatta salva dalla norma censurata. Lo si ricava univocamente tanto dal fatto
che il comma 82 individua lo strumento operativo di intervento nel fondo di
cui all'art. 37 della legge n. 949 del 1952, che e' un fondo a gestione
regionale;quanto, piu' in generale, dalle disposizioni contenute negli
artt. 12 e ss. del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, le quali, prevedendo la
competenza delle regioni per tutto cio' che attiene all'erogazione di
contributi in favore delle imprese artigiane, postulano che siano le regioni
stesse a vagliare in concreto i progetti da ammettere al finanziamento
previsto dalla legge, e quindi a coordinare questo sostegno con le
iniziative gia' finanziate con altri strumenti di intervento pubblico.