Corte Cost., sentenza 11/01/2019, n. 6

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E'illegittimo, in relazione agli artt. artt. 3, 5, 116, della Costituzione, l'art. 1, comma 851, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 nella parte in cui non prevede, nel triennio 2018-2020, adeguate risorse per consentire alla Regione autonoma Sardegna una fisiologica programmazione, nelle more del compimento secondo i canoni costituzionali, della trattativa finalizzata alla stipula dell'accordo di finanza pubblica. Ciò nella considerazione che lo Stato ponga in essere una leale collaborazione con le autonomie territoriali nella gestione delle politiche di bilancio.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

Sul provvedimento

Citazione :
Corte Cost., sentenza 11/01/2019, n. 6
Giurisdizione : Corte Costituzionale
Numero : 6
Data del deposito : 11 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Ritenuto in fatto

1.- La Regione autonoma Sardegna, con ricorso spedito per la notifica il 27 febbraio 2018, ricevuto il 5 marzo 2018 e depositato l'8 marzo 2018, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 851, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, recante "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio2018-2020", per violazione degli articoli 3, 5, 116, 117 e 136 della Costituzione e degli artt. 7 e 8 della L.Cost. 26 febbraio 1948, n. 3, recante "Statuto speciale per la Sardegna".

L'art. 1, comma 851, della L. n. 205 del 2017 stabilisce che "nell'anno 2019, nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Sardegna che tenga conto, tra l'altro, delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017, anche in considerazione del ritardo nello sviluppo economico dovuto all'insularità, è riconosciuto alla Regione Sardegna un contributo pari a 15 milioni di euro".

1.1.- La ricorrente premette che nella medesima legge di bilancio per il 2018 sono presenti altre disposizioni che hanno regolato i rapporti economici tra lo Stato ed altre autonomie speciali e che sarebbero chiaro indice di un trattamento di maggior favore accordato dallo Stato a dette autonomie. Si tratterebbe dell'art. 1, comma 815, secondo il quale "a decorrere dall'anno 2018 alla Regione Friuli-Venezia Giulia non si applicano le disposizioni in materia di patto di stabilità interno di cui all'art. 1, commi 454 e seguenti, della L. 24 dicembre 2012, n. 228", che fissano importanti contributi alla finanza pubblica da parte delle Regioni ad autonomia speciale;
dell'art. 1, comma 816, che prevede lo stanziamento di 120 milioni di Euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, affinché lo Stato possa ridefinire l'accordo di finanza pubblica sottoscritto in data 23 ottobre 2014 con la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, valevole per un triennio;
dell'art.1, comma 817, che ha riformato il regime di compartecipazione fissa alle entrate erariali della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, ampliandone il numero e le aliquote rispetto al regime precedente, a vantaggio della Regione;
infine, dell'art. 1, comma 841, ove si prevede che, "nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione autonoma della Valle d'Aosta che tenga conto, tra l'altro, delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017, gli accantonamenti a carico della Regione autonoma della Valle d'Aosta a titolo di concorso alla finanza pubblica sono ridotti di 45 milioni di Euro per l'anno 2018, 100 milioni di Euro per l'anno 2019 e 120 milioni di Euro annui a decorrere dall'anno 2020".

La ricorrente rammenta inoltre che la Regione Siciliana e la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e le due Province autonome avevano già beneficiato di un ampliamento degli spazi finanziari, in ragione rispettivamente delle previsioni di cui all'art. 1, comma 509, della L. 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019) e di cui all'art. 1, commi 406 e seguenti della L. 23 dicembre 2014, n. 190, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)".

Inoltre, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Regione autonoma Sardegna hanno stipulato in data 21 luglio 2014 un "accordo in materia di finanza pubblica", con il quale è stato regolato il rapporto economico-finanziario tra lo Stato e la Regione e successivamente, il 10 dicembre 2015, lo Stato e la Regione sono addivenuti ad un ulteriore "accordo ... per il coordinamento della finanza pubblica nell'ambito del procedimento di attuazione dell'art. 8 della L.Cost. 26 febbraio 1948, n. 3 ...". Contestualmente, la "commissione paritetica", istituita ai sensi dell'art. 56 dello Statuto d'autonomia, ha licenziato il testo delle norme di attuazione del novellato art. 8 del medesimo Statuto, recepito dal D.Lgs. 9 giugno 2016, n. 114 (Norme di attuazione dell'articolo 8 dello Statuto speciale della Regione autonoma Sardegna - L.Cost. 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di entrate erariali regionali).

Nondimeno, prosegue la Regione autonoma Sardegna, appena diciassette mesi dopo la stipula e quindici mesi dopo il suo recepimento da parte del legislatore statale, l'art. 1, comma 680, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)", senza essere preceduto da alcuna revisione dei predetti accordi, avrebbe imposto nuovi contributi di finanza pubblica a carico della Regione autonoma Sardegna, e tale obbligo sarebbe stato ulteriormente aggravato con l'art. 1, commi 392 e seguenti della L. n. 232 del 2016.

1.2.- La ricorrente osserva inoltre che, già prima dell'entrata in vigore della L. n. 208 del 2015, aveva ripetutamente chiesto allo Stato di addivenire alla stipula di un nuovo accordo di finanza pubblica, specificamente rivolto al triennio 2017-2019 o al successivo triennio 2018-2020, evidenziando anche che la Sardegna, diversamente dalle altre Regioni italiane, non aveva ancora ripreso un sentiero di crescita economica dopo la forte crisi che aveva investito l'Italia dal 2009, mostrando la maggiore riduzione del prodotto interno lordo (PIL) tra tutte le aree territoriali (meno 11,3 per cento tra il 2008 e il 2015). Parimenti si osservava che a partire dal 2012 (primo anno di applicazione degli accantonamenti di finanza pubblica) erano stati sottratti alla disponibilità della Regione 33 miliardi di Euro di entrate proprie stabilite dalle norme statutarie e, quindi, a partire dal 2018 la Regione autonoma Sardegna chiedeva di rientrare in possesso di tali quote, in modo da superare il regime degli accantonamenti nel quadro di un nuovo accordo di finanza pubblica che tenesse conto della capacità fiscale e contributiva dei diversi territori italiani.

La Regione autonoma Sardegna evidenzia che tuttavia tali richieste non avrebbero trovato seguito da parte dello Stato, mentre gli accordi di finanza pubblica avrebbero dimostrato di avere ben poca capacità di garantire una minima stabilità temporale dei rapporti economico-finanziari tra le parti, mentre di contro lo Stato si sarebbe sottratto all'accordo con la Regione, senza formulare adeguate controproposte alle sue richieste.

1.3.- Al fine di chiarire ulteriormente il contesto del presente ricorso, la ricorrente espone che le somme effettivamente liquidate alla Regione, al netto dei contributi di finanza pubblica, sarebbero passate da 4,906 miliardi di Euro nell'anno 2006 a 5,836 miliardi di Euro nell'anno 2010 e sono pari a 6,707 miliardi di Euro nell'anno 2016, e che i più recenti dati del PIL regionale pubblicati a dicembre 2017 dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e le variazioni annuali registrate dal 2008 al 2016 mostrerebbero un arretramento della ricchezza prodotta in Sardegna (meno 9,4 per cento) più accentuato rispetto al centro-nord (meno 4,8 per cento) e al Mezzogiorno nel suo complesso (meno 9,0 per cento). In sostanza, la stessa ripresa maturata negli ultimi anni si sarebbe mostrata particolarmente fragile: negli anni 2014, 2015 e 2016 il PIL della Regione autonoma Sardegna sarebbe cresciuto complessivamente dello 0,7 per cento, rispetto all'1,6 per cento dell'intero Mezzogiorno e al 2,2 per cento del centro-nord.

Il "ritardo dello sviluppo economico dovuto all'insularità" menzionato dalla stessa disposizione impugnata, troverebbe effettivo riscontro nella differenza tra il PIL pro capite registrato dagli ultimi dati disponibili dell'ISTAT relativi all'annualità 2016, laddove, posto come livello "100" il PIL pro capite dell'Italia intera, i dati disaggregati su base territoriale (per le sole autonomie speciali) vedrebbero il centro-nord al livello "117,8", la Sardegna al livello "72,4", la Valle d'Aosta al livello "126,1", la Provincia autonoma di Bolzano al livello "153,2", la Provincia autonoma di Trento al livello "126,3", il Friuli-Venezia Giulia al livello "109,4" e la Sicilia al livello "61,8".

2.- Con riguardo alla disposizione impugnata, la Regione autonoma Sardegna riconosce che, a prima lettura, essa non sembrerebbe pregiudizievole, in quanto attribuisce alla ricorrente, per l'esercizio finanziario 2019, un contributo economico pari a 15.000.0000,00 di euro, sicché parrebbe trattarsi di una previsione di favore. Nondimeno, evidenzia che la esiguità della somma prevista sarebbe palesemente del tutto inadeguata a sovvenire alle esigenze regionali, e tanto più si manifesterebbe tale se parametrata ai maggiori contributi riconosciuti alla Regione autonoma Valle d'Aosta dalla medesima legge impugnata, nonché allo spazio finanziario riconosciuto alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, sempre previsto dalla legge di bilancio per il 2018.

L'inadeguatezza si appaleserebbe inoltre se posto a confronto con i contributi di finanza pubblica che la Regione autonoma Sardegna versa allo Stato in forza della legislazione vigente, che sarebbero pari per il 2018 ad Euro 683.996.000.

Osserva ulteriormente la ricorrente che il contributo di 15 milioni di Euro è previsto non per l'anno 2018, bensì per il solo 2019. Poiché esso è erogato "nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Sardegna", secondo la medesima risulterebbe evidente che tale provvidenza sarebbe destinata a precedere la ridefinizione dei rapporti economici tra le parti, e che quindi non potrà aversi (e comunque non potrebbe sortire effetti) prima dell'esercizio di bilancio 2020. Tanto starebbe a significare che lo Stato, attraverso questa disposizione di legge, avrebbe prorogato per due annualità lo status quo;
avrebbe ex lege rifiutato la stipula di accordi di finanza pubblica con la Regione prima del 2020 (o comunque con produzione di effetti concreti prima dell'esercizio di bilancio 2020), se non addirittura prima del 2021 (tenuto conto della programmazione economica triennale del bilancio statale);
avrebbe unilateralmente e definitivamente escluso ogni contributo per le annualità 2018 e 2020 e fissato in soli Euro 15.000.000,00 per l'annualità 2019 il proprio contributo in favore della Regione autonoma Sardegna, pur riconoscendone espressamente le peculiari difficoltà economiche;
non avrebbe tenuto in alcun conto i contributi di finanza pubblica già imposti alla Regione nonché il contributo di finanza pubblica, tuttora da definire nel dettaglio, secondo l'art. 1, comma 680, della L. n. 208 del 2015 e l'art. 1, commi 392 e seguenti, della L. n. 232 del 2016, secondo quanto previsto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 154 del 2017. Con la ulteriore conseguenza che prima del 2020 (se non del 2021) non ci sarebbe alcuno spazio di effettiva negoziabilità nei rapporti fra Stato e Regione ed ogni richiesta regionale di rinegoziare gli strumenti finanziari impositivi tuttora vigenti nei confronti della Regione autonoma Sardegna dovrebbe ritenersi preclusa ex lege.

2.1.- Secondo la ricorrente tali circostanze lederebbero l'autonomia economico-finanziaria regionale e, di conseguenza, le prerogative costituzionali e statutarie della Regione, di cui agli artt. 7 e 8 dello Statuto d'autonomia ed all'art. 117, terzo comma, Cost. Infatti, determinando (o, comunque pianificando) un ritardo di almeno due anni nel confronto collaborativo con la Regione, il legislatore statale le avrebbe impedito di esercitare la propria autonomia economico-finanziaria garantita dallo statuto speciale, nonché di esercitare la sua competenza in materia di "coordinamento della finanza pubblica", ostacolando anche la rinegoziazione dei contributi vigenti e degli altri strumenti statali che gravano sulle finanze regionali.

La Regione autonoma Sardegna rammenta che il principio di leale collaborazione "richiede un confronto autentico ... sicché su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche" (sent. n. 154 del 2017) e che "una condotta meramente passiva, che si traduca nell'assenza di ogni forma di collaborazione, si risolverebbe in una inerzia idonea a creare un vero e proprio blocco procedimentale" e costituirebbe un "indubbio pregiudizio per il principio di leale collaborazione e per il buon andamento dell'azione amministrativa" (sent. n. 219 del 2013).

Nel caso di specie, tale effetto sarebbe determinato direttamente dalla legge, che cristallizzerebbe una sorta di "condotta di blocco" certamente illegittima (sull'illegittimità delle "leggi di blocco" si richiama la sentenza n. 198 del 2004).

2.2.- Secondo la ricorrente la violazione del principio di leale collaborazione, di cu agli artt. 5 e 117 Cost., degli articoli 7 e 8 dello Statuto e dell'art. 117, terzo comma, Cost., si verificherebbe anche sotto un diverso profilo, in quanto la legge impugnata non stanzierebbe alcuna somma per finanziare un nuovo accordo, escludendo a priori alcun effettivo margine di negoziabilità, come invece prescritto dalla Corte nella sentenza n. 19 del 2015, e ribadito nella più recente sentenza n. 154 del 2017 (si richiama in particolare il punto 4.4.1 del Considerato in diritto).

L'effettiva possibilità di un negoziato, secondo la ricorrente, sarebbe invece negata dalla norma impugnata, per la semplice ragione che essa non prevederebbe risorse per consentirla, non risultando somme specificamente stanziate nel bilancio dello Stato a copertura di un eventuale accordo con la Regione autonoma Sardegna prima del 2020. Accordo che non potrebbe non tener conto dell'entità economica delle componenti da negoziare previste dalla norma, in particolare l'attuazione della sentenza di questa Corte n. 77 del 2015, il contributo per il ritardo nello sviluppo economico dovuto all'insularità e la definizione dei saldi finanziari complessivi tra lo Stato e la Regione medesima.

2.3.- La ricorrente lamenta ulteriormente la violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 Cost., degli articoli 7 e 8 dello statuto d'autonomia e dell'art. 117, terzo comma, Cost., anche in riferimento all'art. 136 Cost., in quanto lo Stato avrebbe violato quanto imposto con la sentenza n. 154 del 2017 e cioè di stipulare un accordo relativo ai reciproci rapporti economico-finanziari. La ricorrente rammenta che in questa decisione la Corte ha sottolineato che il principio di leale collaborazione "... richiede un confronto autentico, orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria delle regioni con l'indefettibile vincolo di concorso di ciascun soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilità, sicché su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche".

2.4.- La Regione autonoma Sardegna ritiene altresì violato il principio di leale collaborazione, gli articoli 7 e 8 dello Statuto d'autonomia e l'art. 117, terzo comma, Cost, anche in riferimento al principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. e all'art. 116 Cost.

Sostiene al riguardo la ricorrente che la somma stanziata di soli 15 milioni di Euro (e solamente per l'anno 2019) sarebbe del tutto inidonea a fronteggiare il ritardo nello sviluppo del sistema economico-sociale dell'isola o a compensare lo svantaggio derivante dall'insularità, paragonata alle ingenti somme stanziate nel bilancio regionale 2018. Inoltre, si prosegue, il vizio d'irragionevolezza si coglierebbe anche in forza della contraddittorietà tra lo stanziamento effettuato e le finalità indicate dalla legge, che non sarebbero legate a un singolo intervento, bensì alle più generali necessità collegate allo stato di insularità e al ritardo nello sviluppo economico dell'isola, espressamente riconosciuti dallo stesso legislatore.

Infine, secondo la Regione autonoma Sardegna costituirebbe un elemento sintomatico dell'irragionevolezza della disposizione impugnata la sua particolare esiguità in riferimento all'ammontare dei contributi di finanza pubblica (sia temporanei che indefiniti nel tempo) già imposti alla Regione: evidenzia al riguardo che il contributo di finanza pubblica complessivamente imposto alla Regione per il solo anno 2018 sarebbe pari ad Euro 683.996.000. Quanto invece ai contributi di finanza pubblica già oggetto di determinazione unilaterale e preventiva da parte del legislatore statale e in attesa di ripartizione tra le autonomie speciali ai sensi degli artt. 1, comma 680, della L. n. 208 del 2015, e 1, commi 392 e seguenti, della L. n. 232 del 2016, la ricorrente espone che il Sottosegretario agli affari regionali, con nota prot. n. (...) del 31 gennaio 2017, ha formulato per conto dello Stato un'ipotesi di accordo che prevede: con riferimento alla legge di bilancio per il 2016, un concorso alla finanza pubblica pari a 96 milioni di Euro per l'anno 2017 e a 137 milioni di Euro a decorrere dal 2018;
con riferimento alla legge di bilancio per il 2017, un concorso alla finanza pubblica pari a 1,7 milioni di Euro per il 2017, a 27,3 milioni di Euro per il 2018 e a 81,9 milioni di Euro a decorrere dal 2019. La somma dei contributi sarebbe quindi pari a più di 164 milioni di Euro per il 2018 ed a più di 218 milioni di Euro dal 2019. Il contributo previsto dalla disposizione censurata sarebbe quindi meno del 7 per cento di tali ulteriori oneri, mentre, se si sommassero i contributi di finanza pubblica già imposti alla Regione con quanto previsto dalla menzionata proposta del gennaio 2017, il contributo elargito dallo Stato non arriverebbe all'1,8 per cento di quanto la Regione deve restituire per tali cause.

I suddetti dati renderebbero evidente, per la Regione autonoma Sardegna, l'assoluta irragionevolezza di una previsione di favore di entità irrisoria e tale irragionevolezza ridonderebbe nella lesione dell'autonomia finanziaria regionale, garantita dagli artt. 7 e 8 dello Statuto e 117, comma 3, Cost.

2.5.- Infine, la Regione ricorrente lamenta altresì la lesione degli artt. 3 e 116 Cost., in riferimento alla violazione del principio di parità di trattamento tra le autonomie speciali, stante il forte disallineamento tra le somme stanziate a favore della Regione autonoma Sardegna e quelle stanziate a favore delle altre autonomie speciali (15 milioni di Euro per la ricorrente, 240 milioni di Euro in un biennio per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e 265 milioni di Euro per la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aôste).

Premette al riguardo la ricorrente di non contestare affatto la previsione di adeguati spazi finanziari alle altre autonomie speciali, né di aver alcun interesse a che tali spazi vengano resecati. Parimenti, la medesima riconosce che, all'esito del confronto collaborativo con le diverse autonomie speciali, potrebbero essere stipulati accordi di finanza pubblica di diverso contenuto ed essi potrebbero determinare rapporti finanziari reciproci e altre prerogative d'autonomia differenti tra Regioni.

Motivo della doglianza sarebbe invece il fatto che lo Stato avrebbe programmato le risorse per il comparto delle autonomie speciali dimostrando di essere pronto a stipulare accordi di finanza pubblica, secondo effettivi margini di negoziabilità, solo con alcune di esse, mentre per la Sardegna, per le ragioni già esposte, la disposizione impugnata avrebbe di fatto e di diritto escluso ogni possibilità di effettiva negoziazione dei rapporti economico-finanziari.

Richiama ulteriormente quanto affermato dalla Corte nella sentenza n. 154 del 2017, laddove, rilevando "la peculiarità dell'accordo concluso con le autonomie della Regione autonoma Trentino-Alto Adige", che ha giustificato "l'isolata menzione" di quel solo accordo nella legge di bilancio per il 2016, nondimeno ha ribadito "il principio dell'eguale riconoscimento e della parità di posizione di tutte le autonomie differenziate, rispetto alle richieste di contribuire agli equilibri della finanza pubblica". Sicché, anche se, all'esito delle negoziazioni, si potrebbe determinare l'effetto di accordi aventi "specifici e concreti contenuti" di diverso tenore, la programmazione finanziaria statale dovrebbe comunque garantire "eguale riconoscimento" e "parità di posizione" tra le autonomie speciali.

Diversamente, secondo la Regione autonoma Sardegna, tanto non sarebbe accaduto nel caso di specie, considerando il trattamento riservato alle altre autonomie speciali dalle disposizioni contenute nella medesima legge di bilancio.

La ricorrente menziona, per la sua particolare significanza, il trattamento riservato alla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aôste. Osserva in proposito che la struttura della disposizione che concerne detta autonomia speciale (art.1, comma 841 della L. n. 205 del 2017) sarebbe in tutto simile a quella della disposizione impugnata (art.1, comma 851): sono parimenti richiamate le sentenze della Corte n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017 e la previsione normativa sarebbe concepita "nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione". Tuttavia, solo per la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aôste è prevista la riduzione degli accantonamenti a suo carico senza limitarsi a prevedere una modesta erogazione aggiuntiva;
inoltre, la riduzione è immediatamente operativa e non si rinvia l'intervento all'esercizio 2019.

3.- Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, deducendo la manifesta infondatezza del ricorso.

Il Presidente del Consiglio dei ministri rammenta che la Corte, con la sentenza n. 77 del 2015, ha implicitamente circoscritto temporalmente all'anno 2017 l'efficacia dell'articolo 16, comma 3, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), il quale assicura un concorso alla finanza pubblica per l'importo complessivo di 1.575 milioni di Euro a decorrere dall'anno 2015, mediante accantonamenti a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali. Tale limite temporale sarebbe stato successivamente prorogato al 2018 dall'articolo 1, comma 415, della L. n. 190 del 2014. Pertanto, a decorrere dal 2019, il concorso alla finanza pubblica, previsto dall'articolo 16, comma 3, del D.L. n. 95 del 2012, cesserà di essere dovuto. Il legislatore, prosegue la parte resistente, ferma la piena volontà di applicare correttamente le sentenze della Consulta, si scontrerebbe però con la necessità di considerare gli effetti dirompenti in termini di finanza pubblica, derivanti dall'esecuzione della citata sentenza n. 77 del 2015, in un'ottica che non potrebbe essere scevra dalle valutazioni in merito alle specificità finanziarie delle singole autonomie territoriali.

Il sopravvenuto quadro giuridico recato anche dalle sentenze della Corte n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017 imporrebbe quindi, secondo la difesa erariale, una nuova definizione dei complessivi rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione autonoma Sardegna e, a tal proposito, il legislatore sarebbe intervenuto medio tempore con l'art. 1, comma 851, della L. n. 205 del 2017.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri la disposizione impugnata sarebbe espressione del contemperamento dell'esigenza del coordinamento della finanza pubblica con il rispetto del principio della leale collaborazione: il legislatore, nonostante l'impatto sulla finanza pubblica che dovrà fronteggiare in virtù dell'applicazione della sentenza n. 77 del 2015, avrebbe comunque riconosciuto, per l'anno 2019, alla Regione autonoma Sardegna un contributo di 15 milioni di euro, nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la ricorrente, anche in considerazione del ritardo nello sviluppo economico dovuto all'insularità.

Il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che tale disposizione, certamente qualificabile come norma di favore per la ricorrente, rappresenterebbe un unicum nella legge di bilancio 2018 - insieme all'art. 1, comma 841, relativo alla riduzione degli accantonamenti nei confronti della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aôste - non essendo rinvenibile un simile atteggiamento del legislatore anche nei confronti delle altre autonomie speciali.

Per tali motivi la parte resistente afferma di non comprendere quale possa essere l'interesse ad agire della ricorrente in un giudizio che mirerebbe a rimuovere una disposizione che in alcun modo comporterebbe effetti peggiorativi per i saldi finanziari della Regione ma che, al contrario, terrebbe anche conto del ritardo nello sviluppo economico della stessa dovuto all'insularità.

3.1.- Quanto all'asserita violazione del principio di leale collaborazione, che la ricorrente rinviene nella preventiva e unilaterale determinazione del contributo ostativa per un eventuale percorso negoziale, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che la norma impugnata contemplerebbe un effettivo margine di negoziabilità dell'importo, che potrà essere concordato nelle successive fasi dialogiche del percorso di definizione dei reciproci rapporti finanziari Stato-Regione. Il legislatore, conscio dell'opportunità di negoziare il carico finanziario richiesto alla Regione autonoma Sardegna, avrebbe quindi adottato una norma dispositiva e quindi derogabile qualora le parti dispongano diversamente;
essa non conterrebbe alcuna imposizione unilaterale e preventiva di misure a carico della ricorrente.

In ogni caso, la difesa statale osserva che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, lo Stato non si sarebbe mai sottratto al confronto, come sarebbe dimostrato dalle riunioni tenute presso la Presidenza del Consiglio dei ministri nell'anno 2017, nel corso delle quali, considerate le proposte della Regione ricorrente, non si sarebbe riscontrato un confronto realmente orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria di quest'ultima con gli indefettibili vincoli di finanza pubblica.

3.2.- Per quanto concerne l'asserita esiguità del contributo previsto, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che il relativo importo sarebbe frutto di una valutazione politica, e che la Regione autonoma Sardegna avrebbe realizzato un consistente miglioramento della propria situazione finanziaria, grazie alla modifica dell'ordinamento finanziario previsto, a regime dall'anno 2010, dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)".

Al riguardo, evidenzia che le entrate derivanti dal nuovo ordinamento finanziario risultano incrementate a decorrere dall'anno 2010 di circa 2.830 milioni di Euro annui, a fronte di oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale (sanità, trasporto pubblico locale e continuità territoriale) pari complessivamente a circa 1.300 milioni di euro, e quindi con un saldo positivo di circa 1.500-1.600 milioni di Euro annui.

3.3.- La difesa statale osserva infine che la Regione autonoma Sardegna beneficerebbe - unica tra tutte le autonomie speciali - della restituzione delle riserve istituite per gli anni dal 2014 al 2018 dall'art. l, comma 508, della L. 27 dicembre 2013, n. 147, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)", con la finalità di assicurare il concorso delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano all'equilibrio dei bilanci e alla sostenibilità del debito pubblico, con impatto favorevole per il bilancio regionale pari a circa 240 milioni di Euro annui dal 2014 al 2018.

4.- La Regione autonoma Sardegna ha presentato memoria in vista dell'udienza pubblica.

In replica alle deduzioni difensive del Presidente del Consiglio dei ministri la ricorrente contesta che la necessità manifestata dallo Stato di sovvenire ai maggiori oneri recati dalla sentenza della Corte n. 77 del 2015 possa essere tutelata comprimendo la autonomia finanziaria regionale, dato che dallo stesso ordito normativo si sarebbe potuto già dedurre (ed in tal senso si sarebbe limitata la Corte costituzionale a "leggere" il dettato) l'intenzione del legislatore di limitare temporalmente il suddetto contributo di finanza pubblica e che comunque, trattandosi di contributo imposto con legge del 2012 e oggetto della pronuncia della Corte già nel 2015, lo Stato avrebbe avuto numerosi anni di tempo per rimediare al venire meno di tale fonte, senza quindi che tale necessità possa attualmente costituire una valida ragione per congelare i rapporti finanziari con la ricorrente sino a tutto il 2020.

Non sarebbe quindi comprensibile secondo la Regione, come possa oggi lo Stato dolersi di una propria scelta legislativa, erroneamente leggendo la sentenza n. 77 del 2015 quasi come fosse una "sentenza di spesa". Parimenti, la ricorrente non ritiene comprensibile come tale vicenda normativa e giurisprudenziale, conclusa da tempo, possa essere indicata quale ratio giustificatrice di una previsione che mortificherebbe l'autonomia economico-finanziaria regionale.

4.1.- In merito a quanto affermato dal Presidente del Consiglio dei ministri, secondo il quale la disposizione impugnata sarebbe una "norma di favore" e che la Regione autonoma Sardegna non avrebbe interesse a impugnare, la ricorrente rammenta che, per costante giurisprudenza costituzionale, il giudizio promosso in via principale è condizionato alla mera pubblicazione di una legge che si ritenga lesiva della ripartizione di competenze, a prescindere dagli effetti che essa abbia prodotto (sono richiamate le sentenze n. 195, n. 235, n. 237 e n. 245 del 2017) e, quanto alla sussistenza di un interesse attuale e concreto a proporre l'impugnazione, per conseguire, attraverso la pronuncia richiesta, un'utilità diretta e immediata, la Regione autonoma Sardegna richiama quanto esposto in ricorso, laddove si sarebbe evidenziato che tale disposizione precluderebbe la ridefinizione dei rapporti finanziari con lo Stato prima dell'esercizio di bilancio 2020, senza che prima di tale data la ricorrente possa sperare in altri contributi economici oltre i 15 milioni così stanziati.

Da tale effetto prodotto dal comma 851 impugnato, secondo la Regione autonoma Sardegna, si dovrebbe desumere l'interesse ad impugnare della ricorrente, in quanto, si sostiene, l'annullamento di tale disposizione escluderebbe ogni possibilità, per l'amministrazione statale, di rifiutare o ritardare la stipula di un accordo di finanza pubblica con la Regione.

4.2.- La ricorrente evidenzia inoltre che nelle riunioni tecniche finalizzate alla stipulazione di un accordo di finanza pubblica con lo Stato, questi non avrebbe mai manifestato effettivamente l'intenzione di addivenire ad un accordo, non formulando alcuna proposta che recasse sensibili miglioramenti rispetto a quanto prospettato inizialmente e che tenesse conto delle richieste regionali.

4.3.- Infine, in relazione all'obiezione del Presidente del Consiglio dei ministri secondo la quale la fissazione del contributo sarebbe frutto di una valutazione politica, correlata al fatto che la Sardegna avrebbe realizzato un consistente miglioramento della propria situazione finanziaria, grazie alla modifica dell'ordinamento finanziario previsto, a regime dall'anno 2010, dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)", la Regione autonoma Sardegna obietta che le entrate tributarie spettanti alla medesima, al netto degli accantonamenti (correlati agli obblighi di finanza pubblica gravanti sulla Regione), non solo non sarebbero aumentate dal 2010, ma sarebbero diminuite di circa 390 milioni di euro, mentre sarebbe in costante aumento il costo netto del servizio sanitario regionale.

5.- Ha presentato memoria anche il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il resistente, richiamate le argomentazioni già svolte nell'atto di costituzione, evidenzia, in ogni caso, che secondo la costante giurisprudenza della Corte sarebbero legittime le riduzioni delle risorse regionali, a condizione che non comportino uno squilibrio tale da compromettere le complessive esigenze di spesa e, in definitiva, da pregiudicare l'adempimento dei compiti affidati alla Regione e che grava sul deducente l'onere probatorio circa l'irreparabile pregiudizio lamentato, da soddisfarsi dimostrando, anche attraverso dati quantitativi, l'entità dell'incidenza negativa delle riduzioni di provvista finanziaria sull'esercizio delle proprie funzioni.

5.1.- Obietta che l'asserito squilibrio sarebbe illustrato dalla Regione attraverso richiami riferiti a generali considerazioni di tipo quantitativo, senza alcuna illustrazione di dettaglio specifico.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, pertanto, non assumerebbe alcun rilievo la documentazione depositata successivamente al ricorso laddove i dati sarebbero forniti in forma aggregata e sintetica;
essa comunque sarebbe riferita al 2018, e quindi non sarebbe idonea a valutare le modalità di svolgimento del confronto nell'anno 2017.

5.2.- Infine, per quanto concerne l'asserita esiguità del contributo previsto, il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia che il relativo importo sarebbe frutto di una valutazione politica che ha tenuto conto dell'evolversi della situazione finanziaria a seguito della modifica dell'ordinamento finanziario regionale, in ragione del quale le entrate derivanti dal nuovo ordinamento finanziario risultano incrementate a decorrere dall'anno 2010 di circa 2.830 milioni di Euro annui, a fronte di oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale (sanità, trasporto pubblico locale e continuità territoriale) pari complessivamente a circa 1.300 milioni di euro, quindi con un saldo positivo di circa 1.500 - 1600 milioni di Euro annui.

Considerato in diritto

1.- Con il ricorso indicato in epigrafe la Regione autonoma Sardegna ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 851, della L. 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), in riferimento agli artt. 3, 5, 116, 117 e 136 della Costituzione e agli artt. 7 e 8 della L.Cost. 26 febbraio 1947, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

L'art. 1, comma 851, della L. n. 205 del 2017 stabilisce che "nell'anno 2019, nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la regione Sardegna che tenga conto, tra l'altro, delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017, anche in considerazione del ritardo nello sviluppo economico dovuto all'insularità, è riconosciuto alla regione Sardegna un contributo pari a 15 milioni di euro".

1.1.- La ricorrente lamenta che la disposizione impugnata riconosce per l'intero triennio 2018-2020 un contributo economico pari a Euro 15.000.000,00.

Si tratterebbe di una somma particolarmente esigua, sia in raffronto a quanto riconosciuto dalla medesima legge di bilancio in favore delle Regioni autonome Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia e della Regione siciliana, sia con riguardo ai contributi di finanza pubblica che la Regione autonoma Sardegna versa allo Stato in forza della legislazione vigente. Essi sarebbero pari per il 2018 a Euro 683.996.000,00 "oltre a quelli, pari a circa 600 milioni di Euro in un triennio, che ... sono ancora sul tavolo della negoziazione tra le parti, in quanto previsti dall'art. 1, comma 680, della L. n. 208 del 2015, nonché dall'art. 1, commi 392 segg., della L. n. 232 del 2016".

Dato che il contributo previsto dalla norma impugnata è riconosciuto "nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la regione Sardegna", risulterebbe evidente come tale erogazione sia destinata a precedere la ridefinizione dei rapporti economici tra le parti, ridefinizione che non potrebbe aversi e che, comunque, non potrebbe sortire effetti prima della fine del triennio.

Ciò starebbe a significare che lo Stato, attraverso questa disposizione: a) avrebbe prorogato per il triennio la situazione di mancato adeguamento delle risorse spettanti alla Regione autonoma Sardegna previste dallo statuto speciale e dall'art. 27 della L. 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione), a fini di riequilibrio dell'insularità;
b) avrebbe rifiutato la stipula di accordi di finanza pubblica con la Regione autonoma fino alla fine del triennio;
c) avrebbe unilateralmente e definitivamente escluso per le annualità 2018 e 2020, e fissato in soli Euro 15.000.000,00 per l'annualità 2019, il proprio contributo in favore della Regione autonoma Sardegna, pur riconoscendone espressamente le peculiari difficoltà economiche;
d) non avrebbe in alcun modo tenuto conto dei contributi di finanza pubblica già imposti alla Regione, nonché del contributo di finanza pubblica tuttora da definire nel dettaglio ai sensi dell'art. 1, comma 680, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)", e dell'art. 1, commi 392 e seguenti, della L. 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), secondo l'orientamento espresso da questa Corte con la sentenza n. 154 del 2017.

Da tali considerazioni si ricaverebbe che, prima della fine del triennio, non vi sarebbe alcuno spazio di effettiva negoziabilità nei rapporti fra Stato e Regione. Inoltre, ogni richiesta regionale di rinegoziare le riserve, gli accantonamenti e i contributi sine die o imposti su profili di spesa non cofinanziati, attualmente previsti a carico della Regione autonoma Sardegna, sarebbe preclusa ex lege, in difformità dagli orientamenti più volte espressi da questa Corte.

Il concreto pregiudizio derivante dalla mancata restituzione delle riserve erariali e da contributi, accantonamenti e ritardi nel riconoscimento dell'insularità contrasterebbe con l'autonomia economico-finanziaria regionale, presidiata dalle norme statutarie e da quelle costituzionali.

Lo Stato, in tal modo, si sottrarrebbe a un autentico confronto, necessario affinché "ciascuna delle parti coinvolte sia astretta da un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche" (vengono a tal fine citate le sentenze n. 154 del 2017, n. 82 e n. 19 del 2015 di questa Corte).

Nel caso di specie la legge impugnata realizzerebbe una sorta di "condotta di blocco" del procedimento di accordo, costituzionalmente illegittima (viene in proposito richiamata la sentenza n. 198 del 2004 di questa Corte).

In forza dei principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale (viene citata la sentenza n. 19 del 2015 di questa Corte), la preventiva e unilaterale determinazione del contributo delle autonomie speciali alla manovra di finanza pubblica, per essere conforme a Costituzione e compatibile con gli statuti d'autonomia, dovrebbe lasciare un effettivo "margine di negoziabilità" alle Regioni autonome, da svilupparsi in tempi ragionevoli.

Malgrado i tempi risalenti del nascere della questione, non vi sarebbero "somme specificamente stanziate nel bilancio dello Stato a copertura di un eventuale accordo con la Regione Sardegna prima del 2020", se non il citato, saltuario, contributo di Euro 15.000.000,00 per il solo esercizio 2019.

La ricorrente richiama quanto affermato da questa Corte, con la sentenza n. 154 del 2017, riguardo al principio di leale collaborazione: esso "richiede un confronto autentico, orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria delle regioni con l'indefettibile vincolo di concorso di ciascun soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilità, sicché su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche". Nel caso di specie, per le ragioni sopra illustrate, risulterebbe giuridicamente impossibile per la ricorrente formulare proposte in termini di finanza pubblica, in quanto lo Stato, in forza della specifica disposizione impugnata, si sarebbe radicalmente sottratto al confronto con la Regione autonoma Sardegna.

Alla luce di quanto esposto, la norma impugnata contrasterebbe anche con l'art. 136 Cost., per violazione del giudicato costituzionale.

Essa violerebbe altresì il principio di ragionevolezza: l'esiguo stanziamento, per il solo esercizio 2019, non potrebbe essere utilmente impiegato in un'azione di sistema per garantire lo svolgimento delle funzioni regionali, fronteggiare il ritardo nello sviluppo economico-sociale dell'isola e compensare lo svantaggio derivante dall'insularità.

La Regione ricorrente richiama dati analitici del proprio bilancio per raffrontarli, sotto il profilo quantitativo, alla lamentata esiguità del contributo, evidenziandone l'intrinseca irragionevolezza in relazione alla "contraddittorietà tra lo stanziamento effettuato e le finalità indicate dalla legge, che non sono legate a un singolo intervento, bensì alle più generali necessità collegate allo stato di insularità e al ritardo nello sviluppo economico dell'isola, espressamente riconosciuti dallo stesso legislatore".

Infine, costituirebbe un elemento sintomatico dell'irragionevolezza della disposizione impugnata la sua particolare esiguità in riferimento all'ammontare dei contributi di finanza pubblica (sia temporanei che indefiniti nel tempo) imposti alla ricorrente, nonché all'ammontare dei contributi di finanza pubblica già oggetto di determinazione unilaterale e preventiva da parte del legislatore statale e in attesa di ripartizione tra le autonomie speciali, ai sensi degli artt. 1, comma 680, della L. n. 208 del 2015 e 1, commi 392 e seguenti, della L. n. 232 del 2016. Il contributo erogato dallo Stato per l'esercizio 2019 costituirebbe appena il due per cento del contributo alla finanza pubblica imposto alla Regione autonoma per il 2018, pari a Euro 683.996.000,00.

Risulterebbe parimenti evidente la lesione dell'autonomia finanziaria della Regione autonoma Sardegna, confrontando il contributo attribuitole per il 2019 con quelli ottenuti dalle altre autonomie speciali per il triennio di programmazione 2018-2020.

Per i suddetti motivi la norma impugnata sarebbe in contrasto con il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5, 116 Cost., con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., con l'art. 117, terzo comma, Cost. (coordinamento della finanza pubblica) e con gli artt. 7 e 8 dello statuto reg. Sardegna. Inoltre, violerebbe l'art. 136 Cost., con riferimento alle sentenze n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017.

1.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene l'infondatezza del ricorso, evidenziando come la sentenza n. 77 del 2015 di questa Corte abbia circoscritto temporalmente l'efficacia dell'art. 16, comma 3, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 135, in relazione all'art. l, comma 454, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)", cosicché il contributo prescritto a carico delle autonomie speciali, e con esso l'accantonamento, sarebbe cessato nel 2017, limite temporale successivamente prorogato al 2018 dall'art. l, comma 415, della L. 23 dicembre 2014, n. 190, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)".

A decorrere dal 2019, secondo la sentenza n. 77 del 2015 di questa Corte, il contributo alla finanza pubblica previsto dall'art. 16, comma 3, del D.L. n. 95 del 2012 dovrebbe cessare, mentre a decorrere dall'anno 2019 il concorso alla finanza pubblica di tutte le autonomie speciali, con l'eccezione della Regione autonoma Trentino Alto-Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e Bolzano, definito con specifico accordo, sarebbe complessivamente pari a Euro 1.260.000.000,00 annui. Nulla escluderebbe che tutti detti enti possano rivendicare una rideterminazione del concorso in virtù del sopravvenuto quadro giuridico: in tal caso l'effetto finanziario della sentenza n. 77 del 2015 ammonterebbe a Euro 1.575.000.000,00 annui a decorrere dall'anno 2019.

Il legislatore, ferma la piena volontà di applicare correttamente le sentenze di questa Corte, si scontrerebbe con la necessità di considerare gli effetti dirompenti, in termini di finanza pubblica, derivanti dalla citata sentenza n. 77 del 2015, in un'ottica che "non può essere scevra dalle valutazioni in merito alle specificità finanziarie delle singole autonomie territoriali".

In tale contesto, il Ministro dell'economia e delle finanze, per effetto dell'art. 17, comma 13, della L. 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), dovrebbe assumere le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'art. 81 Cost. e quindi di garantire il rispetto dei saldi di finanza pubblica.

Se, da un lato, la lettura dell'art. 16, comma 3, del D.L. n. 95 del 2012, secondo la sentenza n. 77 del·2015 di questa Corte, indurrebbe a ritenere il concorso alla finanza pubblica cessato a decorrere dal 2019, dall'altro, la successiva sentenza n. 154 del 2017 avrebbe confermato il potere dello Stato di prevedere il concorso alla finanza pubblica anche a carico delle autonomie speciali.

Il quadro giuridico derivante dalle evocate pronunce imporrebbe una nuova definizione dei complessivi rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione autonoma Sardegna, come sarebbe confermato dalla formulazione dell'art. l, comma 851, della L. n. 205 del 2017.

La norma impugnata rappresenterebbe il contemperamento "sia dell'esigenza del coordinamento della finanza pubblica ex articolo 117, terzo comma, sia del rispetto del principio della leale collaborazione. Invero, il legislatore, nonostante il dirompente impatto in termini di finanza pubblica a cui è chiamato a far fronte in virtù dell'applicazione della sentenza n. 77 del 2015, ha comunque riconosciuto, per l'anno 2019, alla regione Sardegna un contributo di 15 milioni di euro, nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la ricorrente, anche in considerazione del ritardo nello sviluppo economico dovuto all'insularità".

Tale disposizione sarebbe norma di favore per la ricorrente, "non essendo rinvenibile un simile atteggiamento del legislatore anche nei confronti delle altre autonomie speciali. Non si comprende infatti quale possa essere l'interesse ad agire della ricorrente in un giudizio che mira a demolire una disposizione che in alcun modo comporta effetti peggiorativi per i saldi finanziari della Regione ma che, al contrario, tiene conto del ritardo nello sviluppo economico della stessa dovuto all'insularità".

La normativa sarebbe conforme al principio consensualistico inerente alle manovre di finanza pubblica, poiché i rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali sono regolati dal principio dell'accordo, inteso, tuttavia, come vincolo di metodo, e non già di risultato, e declinato nella forma della leale collaborazione, dovendo le parti porre in essere un confronto autentico e realmente orientato al superiore interesse pubblico di conciliare, nei limiti del possibile, l'autonomia finanziaria della Regione con gli indefettibili vincoli di finanza pubblica, nel rispetto di quelli europei.

Il metodo dell'accordo, secondo il resistente, dovrebbe essere quindi concepito come uno strumento di bilanciamento tra l'autonomia finanziaria degli enti territoriali e l'esigenza di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica che anche le Regioni speciali sono tenute a osservare per preservare l'equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche, anche per garantire l'unità economica della Repubblica: "nel considerare sia gli equilibri di finanza pubblica sia la necessità di addivenire alla stipula di una intesa con la regione Sardegna, il legislatore ha ritenuto opportuno riconoscere medio tempore un contributo, previsto esclusivamente a titolo di acconto, nei limiti della disponibilità finanziaria. La norma contempla un effettivo margine di negoziabilità dell'importo, che potrà essere concordato nelle successive fasi dialogiche del percorso di definizione dei reciproci rapporti finanziari Stato-Regione".

Sarebbero inconferenti i richiami operati dalla ricorrente alle sentenze di questa Corte in materia di accordi Stato-Regioni, nonché le argomentazioni relative alle ipotesi di concorso alla finanza pubblica, perché, nel caso di specie, non sarebbe stata prevista alcuna imposizione unilaterale e preventiva di misure a carico della ricorrente.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione, lo Stato non si sarebbe sottratto al confronto, "come dimostrato dalle riunioni tenute presso la Presidenza del Consiglio nell'anno 2017, nel corso delle quali, considerate le proposte della Regione, non si è riscontrato un confronto realmente orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria della Regione con gli indefettibili vincoli di finanza pubblica".

Per quanto concerne l'asserita esiguità del contributo previsto, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri la quantificazione dello stesso sarebbe frutto di una valutazione politica, in quanto la Regione autonoma Sardegna avrebbe realizzato un consistente miglioramento della propria situazione finanziaria: "le entrate derivanti dal nuovo ordinamento finanziario risultano incrementate a decorrere dall'anno 2010 di circa 2.830 milioni di Euro annui, a fronte di oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale (sanità, trasporto pubblico locale e continuità territoriale) pari complessivamente a circa 1.300 milioni di euro, con un saldo positivo di 1.500/1600 milioni di Euro annui".

La Regione, inoltre, avrebbe beneficiato, unica tra tutte le autonomie speciali, "della restituzione delle riserve istituite per gli anni dal 2014 al 2018 dall'articolo l, comma 508, della L. n. 147 del 2013 ... con impatto favorevole per il bilancio regionale pari a circa 240 milioni di Euro annui dal 2014 al 2018".

2.- Ai fini dello scrutinio di ammissibilità del ricorso e dello scrutinio di merito delle questioni proposte, è utile ricordare, sotto il profilo storico, normativo e giurisprudenziale, le tappe della cosiddetta "vertenza entrate" della Regione autonoma Sardegna, da cui prende le mosse l'impugnativa.

Dopo una consensuale istruttoria finanziaria svolta di concerto con la Ragioneria generale dello Stato e culminata nell'emanazione dell'art. 1, commi 836 e 837, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)", la Regione autonoma Sardegna ha assunto a proprio carico, con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio, il finanziamento del Servizio sanitario, del trasporto pubblico locale, nonché delle funzioni relative alla continuità territoriale.

È stato, inoltre, assoggettato a revisione l'ordinamento finanziario regionale, disciplinato dall'art. 8 dello Statuto di autonomia, al fine di rendere attuale lo strumento di garanzia dell'autonomia economico-finanziaria della Regione, in coerenza con le riforme della fiscalità che avevano reso inadeguata la precedente compartecipazione ai tributi erariali. Con l'art. 1, comma 834, della stessa L. n. 296 del 2006, il legislatore, attraverso il procedimento previsto dall'art. 54 dello statuto di autonomia, ha modificato l'art. 8 del medesimo statuto, aumentando la citata compartecipazione.

Contestualmente, lo Stato ha devoluto alla Regione ulteriori Euro 25.000.000,00 (comma 835), a fronte, come detto, del finanziamento integrale del sistema sanitario nazionale sul territorio sardo, "senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato" (comma 836), e ha trasferito alla Regione anche "le funzioni relative al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le funzioni relative alla continuità territoriale" (comma 837).

Il comma 838 ha fissato un "tetto" progressivo agli oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione del nuovo art. 8 dello statuto reg. Sardegna per le annualità 2007 (Euro 344.000.000,00), 2008 (Euro 371.000.000,00) e 2009 (Euro 482.000.000,00), specificando che la nuova compartecipazione della Regione autonoma Sardegna al gettito dei tributi erariali sarebbe entrato a regime dall'anno 2010.

Successivamente all'entrata in vigore del riformato art. 8 dello statuto di autonomia, è sorta una vasta controversia tra la medesima Regione e lo Stato, concernente la relativa attuazione. In sintesi, il contenzioso ha riguardato i seguenti profili: a) la mancata esecuzione del riformato art. 8, attraverso la stipula di un accordo relativo alla capacità di spesa regionale nel contesto del Patto di stabilità interno. Con ricorso per conflitto di attribuzione iscritto al r. confl. enti n. 8 del 2011, la Regione autonoma Sardegna ha censurato la mancata attuazione del suddetto art. 8 per la parte inerente alla riscossione delle maggiori compartecipazioni a fronte dell'avvenuta imposizione del contributo finalizzato al rispetto, in termini macroeconomici, del patto di stabilità. Il conflitto è stato dichiarato inammissibile in quanto "una lettura corretta della nota della RGS dimostra che lo Stato non ha inteso sottrarsi all'accordo attraverso una controproposta chiusa al successivo confronto con la Regione, che possa intendersi come "imposizione" o presa di posizione in senso preclusivo al raggiungimento di un atto consensuale. Lo Stato si è mantenuto nell'ambito delle proprie prerogative costituzionali, non eccedendo dai propri poteri in materia di coordinamento della finanza pubblica" (sentenza n. 118 del 2012). Con la medesima pronuncia è stato precisato, tuttavia, che l'accordo tra le parti "non potrà che realizzarsi all'interno dello spazio finanziario delimitato, in modo compensativo, dalle maggiori risorse regionali risultanti dalla entrata in vigore dell'art. 8 dello statuto (con decorrenza dal 1 gennaio 2010 per effetto dell'art. 1, comma 838, della L. n. 296 del 2006) e dalla riduzione della spesa conseguente alla applicazione del patto di stabilità 2011 (tabella 1 allegata all'art. 1, comma 131, della L. n. 220 del 2010). È infatti di palmare evidenza che proprio il principio inderogabile dell'equilibrio in sede preventiva del bilancio di competenza comporta che non possono rimanere indipendenti e non coordinati, nel suo ambito, i profili della spesa e quelli dell'entrata. Le norme richiamate costituiscono, nel loro complesso, il quadro normativo di riferimento della finanza regionale della Sardegna. Il combinato delle suddette disposizioni in materia di entrata e spesa compone dunque la disciplina delle relazioni finanziarie tra Stato e Regione autonoma";
b) la possibilità per la Regione di procedere autonomamente all'accertamento delle proprie competenze fiscali e in particolare quelle derivanti dal riformato art.

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