Corte Cost., sentenza 20/05/2008, n. 162
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E' infondata, in relazione agli artt. 3, 24, 102, 104 e 108 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-quinquies del decreto-legge 31 marzo 2005, n. 44 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 31 maggio 2005, n. 88) poiche', in materia di rendita catastale, l'introduzione di una norma di interpretazione autentica retroattiva non e' irragionevole ed in tale ipotesi non viola il diritto di difesa e le attribuzioni del potere giudiziario. *Massima redatta dal Servizio di documentazione economica e tributaria.
E' infondata, in relazione all'art. 3 Cost, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-quinquies del decreto-legge 31 marzo 2005, n. 44 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 31 maggio 2005, n. 88) poiche' in materia di rendita catastale, non ha creato un regime particolare per le centrali elettriche, anzi, ha riportato le stesse nell'ambito della tipologia dei beni cui sono state sempre accomunate quindi, la norma censurata non solo non viola il principio di uguaglianza, ma anzi tende ad affermarlo, proprio perche' toglie ogni dubbio sulle modalita' di determinazione della rendita catastale anche con riguardo a tali aziende. *Massima redatta dal Servizio di documentazione economica e tributaria.
E' infondata, in relazione all'art. 53 Cost, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-quinquies del decreto-legge 31 marzo 2005, n. 44 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 31 maggio 2005, n. 88) poiche' con riguardo al trattamento tributario degli immobili, secondo il disposto codicistico, tutto cio' che viene collegato al suolo in unita' strutturale - qualunque sia la natura dello stabilimento - acquista natura immobiliare. *Massima redatta dal Servizio di documentazione economica e tributaria.
E' inammissibile, in relazione agli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 3- del decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701 - e 74 - della legge 21 novembre 2000, n. 342 - poiche' solo nel decreto ministeriale si parla di termini entro cui l'amministrazione deve provvedere alla determinazione della rendita catastale definitiva, e le censure di legittimita' investono solo tale particolare profilo su cui non sussiste lo specifico collegamento con una norma di legge rispetto alla quale, soltanto, e' consentito il sindacato di legittimita' costituzionale da parte di questa Corte. *Massima redatta dal Servizio di documentazione economica e tributaria.
Sul provvedimento
Testo completo
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza del 13 luglio 2006, la Commissione tributaria
regionale dell'Emilia-Romagna ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24,
53, 97, 102, 104 e 108 della Costituzione, questioni di legittimita'
costituzionale: a) dell'art.
1-quinquies del decreto-legge 31 marzo 2005, n.
44 (Disposizioni urgenti in materia di enti locali), convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 31 maggio 2005, n. 88 sia
nella parte in cui, avendo sostanzialmente efficacia retroattiva, violerebbe
il principio di ragionevolezza, del diritto di difesa e delle attribuzioni
del potere giudiziario, sia nella parte in cui tratterebbe in maniera
disomogenea fattispecie sostanzialmente identiche senza alcun criterio
apparente di ragionevolezza;
b) dell'art. 1, comma 3, del decreto
ministeriale 19 aprile 1994, n. 701 (Regolamento recante norme per
l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e
delle conservatorie dei registri immobiliari), e dell'art. 74 della legge 21
novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale), nella parte in cui, non
prevedendo un termine a pena di decadenza per la determinazione della
rendita catastale, esporrebbero indefinitamente il contribuente all'azione
della Amministrazione finanziaria.
Riferisce la Commissione rimettente che il 13 dicembre 2005 l'Agenzia del
territorio - Ufficio di Ferrara - ha proposto appello avverso la sentenza
della Commissione tributaria provinciale di Ferrara, con la quale, in
accoglimento del ricorso proposto dalla societa' C.E.F. s.p.a., era stata
determinata la rendita catastale di una unita' immobiliare (centrale
elettrica) di proprieta' della ricorrente in ? 196.395, previo annullamento
della rendita catastale di ? 2.026.576, determinata per il computo di tre
turbine installate all'interno dell'immobile.
L'appellante ha chiesto la riforma della decisione impugnata, fondando
tale richiesta sulla previsione normativa introdotta con l'art.
1-quinquies
del decreto-legge n. 44 del 2005, che risolve alla radice la questione circa
la valutazione dei beni strumentali inseriti nell'immobile per la
determinazione della rendita catastale.
2. - La prima questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla
rimettente riguarda l'art.
1-quinquies del decreto-legge n. 44 del 2005,
inserito dalla legge di conversione n. 88 del 2005, per contrasto con gli
artt. 3, 24, 53, 102, 104 e 108 della Costituzione, nella parte in cui,
"avendo sostanzialmente efficacia retroattiva, si pone al di fuori degli
ordinari criteri di ragionevolezza, ed in violazione del diritto di difesa e
delle attribuzioni del potere giudiziario".
Il rimettente ritiene che non vi sia dubbio circa la legittimita' delle
norme retroattive interpretative, come piu' volte sottolineato dalla Corte
costituzionale, ma evidenzia che, nel caso di specie, il legislatore abbia
inciso sul concetto di bene immobile travalicando ogni criterio di
ragionevolezza. In nessun caso, infatti, l'art. 4 del regio decreto-legge 13
aprile 1939, n. 652 (Accertamento generale dei fabbricati urbani,
rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio
urbano), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249,
puo' essere esteso nella sua interpretazione fino a ricomprendere nel
concetto di beni immobili elementi (come le turbine) che rappresentano solo
uno strumento della attivita' produttiva. La norma, pertanto, lungi
dall'essere interpretativa, introdurrebbe un nuovo concetto di bene
immobile, estendendo tale categoria anche ai beni strumentali necessari per
l'esercizio dell'impresa.
Sotto il profilo della dedotta violazione del diritto di difesa e delle
attribuzioni del potere giudiziario, la norma si porrebbe non come variante
del senso letterale della norma, ma come presupposto per l'applicazione
concreta dell'art. 4 del citato regio decreto nei soli contenziosi
attualmente pendenti, instaurati dalle societa' che gestiscono centrali
elettriche.
Ad avviso della rimettente, la questione sarebbe rilevante, dato che
l'appello dell'Agenzia del territorio si basa esclusivamente sulla
applicazione di detta norma che, se dichiarata incostituzionale, inciderebbe
sul merito della controversia.
3. - La seconda questione di legittimita' costituzionale riguarda sempre
l'art.
1-quinquies del decreto-legge n. 44 del 2005, per la violazione degli
artt. 3 e 53 della Costituzione, nella parte in cui "tratta in maniera
disomogenea fattispecie sostanzialmente identiche senza alcun criterio
apparente di ragionevolezza". Afferma la rimettente che la norma censurata
limita espressamente la sua efficacia interpretativa ai soli soggetti che
esercitano centrali elettriche e, pertanto, creerebbe una disparita' di
trattamento tra i contribuenti che esercitano l'attivita' di centrali
elettriche e i contribuenti che tale attivita' non svolgono. Inoltre, alla
luce della nuova definizione a fini fiscali del concetto di bene immobile,
nel quale rientrerebbero i beni strumentali delle centrali elettriche, non
si comprende per quali motivi gli altri contribuenti che esercitino
attivita' simili mediante uso di beni strumentali funzionalmente connessi
con la loro attivita' imprenditoriale restino esclusi dal campo di
applicazione della norma.
4. - La terza questione di legittimita' costituzionale riguarda la natura
perentoria o ordinatoria del termine di rettifica della rendita catastale ed
ha a oggetto l'art. 1, comma 3, del decreto ministeriale 19 aprile 1994, n.
701 e l'art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342, i quali vengono
denunciati per violazione degli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione.
L'art. 1, comma 3, del decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701,
dispone che "tale rendita rimane negli atti catastali come "rendita
proposta" fino a quando l'ufficio non provvede con mezzi informatici o
tradizionali, anche a campione, e comunque entro dodici mesi dalla data di
presentazione delle dichiarazioni di cui al comma 1, alla determinazione
della rendita catastale definitiva (...). Per il primo biennio di
applicazione delle suddette disposizioni, il predetto termine e' fissato in
ventiquattro mesi a partire dalla data fissata dal provvedimento indicato al
comma 1".
A sua volta, l'art. 74, comma 1, della legge n. 342 del 2000 dispone che
"a decorrere dal 1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o
modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci
solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell'ufficio del
territorio competente, ai soggetti intestatari della partita".
Secondo il giudice a quo, in difetto di una espressa previsione
normativa, vi sarebbe incertezza se il termine indicato dalla norma di cui
sopra sia ordinatorio o perentorio. Qualora le norme censurate dovessero
essere interpretate nel senso di non assegnare alcun termine perentorio alla
amministrazione finanziaria, ne discenderebbe un contrasto di esse con i
principi costituzionali di uguaglianza, di tutela del diritto di difesa, e
di buon andamento della pubblica amministrazione. Il contribuente, infatti,
si troverebbe indefinitamente esposto all'azione accertatrice dell'Agenzia
del territorio.
La questione avrebbe rilevanza nel giudizio a quo, atteso che, nella
specie, la notifica della rettifica del valore della rendita catastale e'
intervenuta oltre il termine di dodici mesi dalla dichiarazione:
quest'ultima, infatti, e' stata presentata in data 20 luglio 1999 e la
rettifica e' intervenuta in data 1 dicembre 2003.
5. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo
che le questioni di legittimita' costituzionale sollevate siano dichiarate
inammissibili ed infondate.
Secondo l'Avvocatura erariale, l'affermazione dell'ordinanza secondo la
quale sotto il profilo del diritto di difesa e delle attribuzioni del potere
giudiziario, la norma non lascia spazio alcuno, giacche' si pone non come
variante del senso letterale della norma, ma come presupposto per
l'applicazione concreta dell'art. 4 del regio decreto-legge n. 652 del 1934
nei soli contenziosi attualmente pendenti, instaurati dalle sole societa'
che gestiscono centrali elettriche, non sarebbe idonea a sorreggere la
dedotta violazione degli artt. 24, 53, 102, 104 e 108 della Costituzione, in
quanto non verrebbe evidenziato in quale modo la legge di interpretazione
autentica violerebbe "il diritto di difesa e delle attribuzioni del potere
giudiziario".
Quanto alla dedotta violazione dell'art. 3 Cost., per l'irragionevolezza
della norma censurata, la questione sarebbe manifestamente infondata.
Infatti l'affermazione secondo cui "in nessun caso (...) l'art. 4 del regio
decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652 puo' essere esteso nella sua
interpretazione fino a ricomprendere nel concetto di beni immobili, beni
(come nel caso delle turbine) che rappresentano solo uno strumento della
attivita' produttiva", sarebbe contraddetta dalle divergenti interpretazioni
che della norma avrebbe dato la giurisprudenza. Al riguardo, un'esaustiva
ricostruzione di tali vicende sarebbe contenuta nella (recente) sentenza 7
giugno 2006 n. 13319 della Corte di cassazione, con la quale il giudice di
legittimita' ha dato applicazione al censurato art. l-quinquies. Secondo
l'Avvocatura generale, da tale sentenza potrebbe dedursi che l'intervento
del legislatore con una disposizione di interpretazione autentica, lungi dal
costituire una imposizione retroattiva di una nuova disciplina, avrebbe
avuto l'unico scopo di porre fine ad un contenzioso derivante da una lettura
non univoca della disposizione contenuta nell'art. 4 del regio decreto-legge
n. 652 del 1939. Proprio l'esistenza di tali divergenze interpretative
escluderebbe dunque che si possa essere creato alcun affidamento in capo ai
contribuenti.
Quanto al ritenuto contrasto dell'art. l-quinquies del decreto-legge n.
44 del 2005 con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui tratterebbe
in