Corte Cost., sentenza 17/10/2023, n. 190

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Massime1

E' stata dichiarata l'inammissibilità, in riferimento agli articoli 3. 24 e 113 della Costituzione, delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 12, comma 4-bis, del DPR n. 602/1973, come modificato dall'articolo 3-bis del DL n. 146/2021, come convertito, nella parte in cui limita la possibilità di impugnare direttamente il ruolo e la cartella, che si assume invalidamente notificata, solo al ricorrere di determinate fattispecie attinenti a rapporti con la pubblica amministrazione, poiché tale estensione ricade nella discrezionalità del legislatore, auspicando però che il Governo dia efficace attuazione ai principi e criteri direttivi per la revisione del sistema nazionale della riscossione.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

Sul provvedimento

Citazione :
Corte Cost., sentenza 17/10/2023, n. 190
Giurisdizione : Corte Costituzionale
Numero : 190
Data del deposito : 17 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza del 23 gennaio 2023 (r.o. n. 18 del 2023), la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli ha sollevato, nel corso di un giudizio tributario promosso in data 28 luglio 2021 e in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), così come modificato dall'art.

3-bis del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215, in vigore dal 21 dicembre 2021.

1.1.- La suddetta disposizione prevede: «L'estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella che si assume invalidamene notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell'articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».

1.2.- Il giudice rimettente muove dalla premessa che la disposizione richiamata «costituisce norma processuale di immediata applicazione e pertanto ne va fatta applicazione anche nel presente giudizio» in quanto la recente «S.C. a SS.UU. (sent. 06/09/2022, n. 26283)» avrebbe sancito «che tale norma si applica anche ai processi pendenti, qualificandola come una condizione dell'azione di natura "dinamica" e quindi con dimostrazione a carico della parte che deve così dar prova dell'attualità del suo interesse ad agire (e cioè della sussistenza delle ipotesi previste dalla norma stessa)».

2.- La CGT ripercorre, poi, l'iter giurisprudenziale in ordine alla possibilità di impugnazione "diretta" ed "anticipata" di ruolo e cartella, richiamando «la Cass. a SS.UU. (sent. 19704/2015)» che avrebbe affermato «l'immediata impugnabilità del Ruolo in mancanza di notifica della Cartella senza dover necessariamente attendere la notifica di un atto successivo, e ciò in base ad una lettura dell'art. 19 citato, orientata alla tutela del diritto di difesa previsto in Costituzione».

In tale pronuncia sarebbe stata valorizzata la circostanza per cui, a causa dell'esecutività del ruolo non impugnato, il contribuente rischiava di vedersi esposto ad una procedura esecutiva con tutela solo risarcitoria e quindi «"postuma"» dei suoi diritti, sicché «la mancanza/nullità della notifica non inficia di per sé il Ruolo e/o la Cartella, ma rende possibile l'esame del merito della pretesa, in funzione recuperatoria al fine di contestarne l'attualità ad es. per l'intervenuta prescrizione».

3.- Quanto alla rilevanza, la CGT riferisce che le questioni di legittimità costituzionale sarebbero incentrate solo sulla cartella relativa alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) del 2011 pretesa dal Comune di Quarto, in quanto la notificazione sarebbe stata effettuata il 20 ottobre 2012 a familiare convivente, ma non risulterebbe inviata «la debita CAN», con conseguente nullità della stessa, né sarebbero state prodotte in giudizio «notifiche di ulteriori atti che possano avere interrotto la prescrizione».

Il rimettente, poi, precisa che, «applicando la norma», il ricorso sarebbe destinato «ad essere dichiarato inammissibile perché si tratta di impugnativa del c.d. Estratto di Ruolo (rectius: impugnativa immediata del Ruolo a prescindere dalla notifica di un atto) al di fuori delle ipotesi previste dal comma 4 bis».

Se, invece, la norma di cui alla novella dovesse essere ritenuta costituzionalmente illegittima nella parte in cui consente l'impugnativa "diretta" esclusivamente nelle ipotesi in essa previste (pregiudizi sorti nei rapporti con la pubblica amministrazione), il ricorso del contribuente dovrebbe essere accolto.

Ciò, in quanto sarebbe «pacifico che la prescrizione in tema di tributi locali è di 5 anni» e «sul punto la giurisprudenza ritiene applicabile la norma di cui all'art. 2948 cod. civ. per tutti quei tributi che devono "pagarsi periodicamente ad anno" […]» e, dunque, poiché la TARSU sarebbe stata relativa all'anno 2011, in assenza di atti interruttivi notificati, «la relativa pretesa dovrebbe essere dichiarata prescritta».

4.- In punto di non manifesta infondatezza delle questioni, la CGT si sofferma sul vulnus, da parte della norma censurata, del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., delineando rilievi in parte comuni anche alla ritenuta violazione del diritto di difesa, di cui all'art. 24 Cost.

4.1.- Sotto un primo profilo, vi sarebbe violazione del principio di uguaglianza in quanto la tutela giurisdizionale del contribuente avverso la pretesa tributaria risulterebbe «diversa (e deteriore) laddove sia competente il GT rispetto alla tutela accordata innanzi al G.O. per le medesime ipotesi e per le medesime ragioni».

Infatti, per il rimettente, questa Corte, con la sentenza n. 114 del 2018, avrebbe «sancito l'ammissibilità delle opposizioni ex art. 615 cpc (innanzi al G.O.) laddove esse non riguardino "contestazioni del titolo" che invece sono riservate al G.T.».

Tale sentenza si sarebbe «inseri[ta] nel solco delle SS.UU. del 2015 completando la tutela del contribuente», in quanto in tal modo «[i]l Ruolo risultava sempre impugnabile: innanzi al G.T. in mancanza di notifica di un atto (funzione recuperatoria) ed innanzi al G.O. per le questioni successive che non riguardavano più il titolo (in mancanza di impugnazioni l'avvenuta notifica cristallizzava la pretesa tributaria)».

La CGT, quindi, rimarca che «[l]a riforma del 2021 e la successiva interpretazione delle SS.UU. del 2022» avrebbero mutato «notevolmente il quadro», rendendo «oggettivamente più difficoltosa la possibilità di tutela innanzi al G.T.».

Un esempio della tutela affievolita del contribuente si rinverrebbe nell'istituto della prescrizione, in quanto «laddove essa venga fatta valere contro una cartella che si assume non notificata l'impugnativa va fatta al G.T.», ma non sarebbe più possibile «in via immediata» - tranne che nelle ipotesi previste dalla novella - essendo necessario «attendere la notifica di un atto successivo (magari esecutivo) per poter contestare la pretesa (con evidenti rischi di tutela meramente risarcitoria)».

Diversamente, prosegue il rimettente, «laddove si discuta di prescrizione successiva alla notifica della cartella (e non vi sia contestazione di tale notifica) la giurisdizione - come da insegnamento della stessa S.C. - spetta al G.O.».

Osserva la CGT che «[i]n tal caso sarà possibile l'opposizione ex art. 615 cpc e la tutela sarà esperibile immediatamente indipendentemente dalla notifica di un ulteriore atto e sine die (e con tutti i poteri riconosciuti dal codice di rito al G.O.)» e ciò costituirebbe una disparità di trattamento che aggraverebbe anche le possibilità di tutela effettiva.

4.2.- Sotto un secondo profilo, la violazione del principio di uguaglianza si verificherebbe perché le ipotesi previste dalla norma censurata non esaurirebbero tutti i possibili pregiudizi derivanti dal permanere di un'indebita iscrizione a ruolo.

Infatti, per il rimettente l'impugnazione immediata di ruolo e cartella, invalidamente notificati, sarebbe consentita in virtù della nuova norma solo per i tre «pregiudizi» individuati dalla legge, tutti legati ai rapporti del contribuente con la pubblica amministrazione, mentre resterebbero irragionevolmente sforniti di tutela immediata, tra gli altri: a) il pregiudizio riguardante «la stessa possibilità di subire l'esecuzione senza poter preventivamente paralizzare la pretesa (ma dovendosi necessariamente […] affidare ad una tutela di urgenza, in presenza magari di un pignoramento di uno stipendio)»;
b) quello per cui «gli Istituti di Credito (pur non potendo accedere direttamente all'anagrafe tributaria) sono molto attenti ai debiti tributari ed un'impresa che esponesse debiti fiscali in bilancio (anche se risalenti e con indicazione della contestazione degli stessi) vedrebbe senza dubbio peggiorare il suo rating e avrebbe difficoltà per l'accesso al credito, almeno non a condizioni ottimali»;
c) nonché quello relativo a «qualsiasi altro mutuo, anche in favore di soggetti non esercenti attività di impresa».

Per il giudice a quo si dovrebbe riflettere, quanto alla sussistenza di un possibile pregiudizio, anche «[sul]le segnalazioni che a norma del Codice della Crisi d'Impresa le Agenzia Fiscali, l'Inps etc. sono obbligati ad inviare alle Imprese in mora con i pagamenti all'Erario (soprattutto al fine di valutare l'instaurazione di una procedura di Composizione Negoziata della Crisi)»;
ed infatti «anche questo costituisce un campanello d'allarme che condiziona pesantemente l'accesso al credito (v. art. 25 novies C. Crisi Impresa che obbliga i "creditori qualificati" a segnalare l'esistenza di debiti anche di importo non elevato con comunicazione da inviare anche agli Organi di Controllo)».

5.- La CGT deduce anche la violazione dei parametri di cui agli artt. 24 e 113 Cost., in quanto la nuova norma, per come interpretata, comprimerebbe in maniera ingiustificata il diritto di difesa, «costituzionalmente garantito (anche a livello CEDU e di diritto dell'Unione)», facendo «regredire la possibilità di tutela che era stata sancita dalle SS.UU. del 2015».

5.1.- Sotto un primo profilo il rimettente osserva che «nelle ipotesi non contemplate dal comma 4 bis per poter impugnare il Ruolo il contribuente è costretto ad attendere la notifica di un atto successivo che però spesso è un atto esecutivo (ad es. il pignoramento o comunque la minaccia di un atto esecutivo-cautelare come il preavviso di fermo o di ipoteca)». In tali casi, quindi, il contribuente «subi[rebbe] un danno immediato (mancanza di disponibilità del bene: ad es. blocco di parte del suo stipendio) che non può in alcun modo prevenire se non ricorrendo alla tutela cautelare dopo aver subito tale pregiudizio».

5.2.- Sotto un secondo profilo, il giudice a quo denuncia «analoga ed ingiustificata compressione del diritto di difesa […] nelle ipotesi […] in cui non si tutelano tutti i possibili pregiudizi derivanti dall'iscrizione a Ruolo».

6.- Infine, la CGT, da un lato, non misconosce le «ragioni sottese alla norma sotto esame: a seguito delle SS.UU. del 2015 è evidente che il Legislatore si è preoccupato di evitare un proliferare di ricorsi per carichi anche molto risalenti e che a fronte di esazione piuttosto improbabile avrebbero gravato in maniera eccessiva sugli uffici sottraendo risorse preziose e causando il danno economico della possibile condanna al pagamento delle spese di giudizio».

Dall'altro, tuttavia, manifesta «perplessità» per «il fatto che per risolvere tale problema il Legislatore sia intervenuto condizionando pesantemente la possibilità di difendersi in giudizio».

Peraltro, ad avviso della CGT «in concreto il Legislatore avrebbe potuto adottare soluzioni più snelle e con costi irrisori, che comunque sarebbero state rispettose del diritto di difesa» e, in particolare, «si sarebbe potuto prevedere un obbligo di ricorso amministrativo imponendo quindi all'Amministrazione di esprimersi sull'attualità della pretesa (e magari prevedere un'ipotesi di silenzio-accoglimento) […]» oppure «si sarebbe potuto impedire per legge qualsiasi azione esecutiva o cautelare prima della notifica di un nuovo atto ricognitivo».

7.- Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo di dichiarare inammissibili e, comunque, non fondate le questioni.

7.1.- Preliminarmente, l'Avvocatura eccepisce l'inammissibilità «parziale» delle questioni per difetto di rilevanza «laddove il Giudice rimettente sostiene che le ipotesi di cui al citato comma 4-bis non esaurirebbero tutti i possibili pregiudizi correlati ad un'indebita iscrizione a ruolo meritevoli di tutela anticipata».

La CGT, infatti, avrebbe proceduto ad «una elencazione esemplificativa di casi non contemplati dalla legge e rispetto ai quali, a suo avviso, preponderanti esigenze di parità di trattamento (art. 3 Cost.) e di tutela del diritto di difesa (artt. 24 e 113 Cost.) imporrebbero comunque di riconoscere la tutela anticipata».

Tuttavia, per la difesa dello Stato, non sarebbe stato né allegato né dimostrato dal contribuente «alcun ipotetico pregiudizio» asseritamente subito, diverso da quelli tipizzati dal legislatore, ma comunque meritevole di tutela anticipata.

Per l'Avvocatura, dunque, «[i]n un contesto di giurisdizione "soggettiva"» non potrebbe predicarsi la sussistenza di un interesse a ricorrere avverso l'estratto di ruolo «in assenza di una lesione giuridicamente rilevante».

La norma censurata, quindi, non sarebbe «destinata a trovare applicazione nel caso di specie».

8.- Quanto al merito, l'Avvocatura, dopo aver richiamato l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), da parte della Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza 2 ottobre 2015, n. 19704, prosegue evidenziando le ragioni ispiratrici della novella normativa.

Per la difesa erariale tale disposizione avrebbe tratto origine dalla «Relazione finale del 30 giugno 2021 della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria», che avrebbe segnalato «tra le principali problematicità, proprio quella dell'impugnabilità o meno dell'estratto di ruolo».

In particolare, in tale documento sarebbe stata stigmatizzata l'imponente proliferazione dei ricorsi «"avverso gli estratti di ruolo"».

8.1.- L'Avvocatura, quindi, evidenzia «[i] principi affermati da Cass. SS.UU., n. 26283/2022», che avrebbe ritenuto l'immediata applicabilità di tale nuova disposizione ai processi pendenti, in quanto il nuovo art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973, «"selezionando specifici casi in cui l'invalida notificazione della cartella ingenera di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, ha plasmato l'interesse ad agire, condizione dell'azione avente natura 'dinamica' che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione"».

Sarebbe stato superato, allora, il precedente orientamento fondato sul principio «della generalizzata tutela immediata affermato nel 2015», avendo la novella «legittimamente individuato i casi specifici di "azione diretta" avverso il ruolo e la cartella di pagamento che si assuma invalidamente notificata».

8.2.- La difesa dello Stato passa, poi, ad esaminare, nel complesso, le censure di illegittimità costituzionale sollevate dalla CGT sia in relazione al principio di uguaglianza che al diritto di difesa.

8.2.1.- In primo luogo, rappresenta l'assenza di vuoti di tutela per il contribuente, in quanto la nuova norma vieterebbe solo «l'impugnabilità in via "diretta" di ruolo e cartella invalidamente notificati», ma «non anche quella in via "indiretta"». Si porrebbe, quindi, solo un «problema di tempestività della tutela», ossia «se sia legittimo o meno che il contribuente debba attendere l'inizio del procedimento esecutivo per dolersi dell'erronea notifica di eventuali cartelle di pagamento».

8.2.2.- In secondo luogo, per l'Avvocatura, la novella del 2021 si sarebbe «limitata a "conformare" - non già a negare - talune tecniche di tutela concretamente esperibili nel solo caso di avvio dell'esecuzione entro l'anno».

8.2.3.- In terzo luogo, le argomentazioni dell'ordinanza di rimessione non terrebbero conto della peculiare modalità di funzionamento dell'attività di riscossione, che riguarderebbe una «stratificazione di crediti vetusti» e non riscossi, ricompresi nel «c.d. "magazzino della riscossione"» e «non suscettibili di riscossione», rispetto ai quali, dunque, «nessuna iniziativa esecutiva verrà giammai attivata dall'Agente della riscossione». Tali crediti, quindi, sarebbero «soltanto formalmente […] ancora in carico all'Agente della riscossione», dovendosi «definire i rapporti con gli Enti creditori secondo l'attuale meccanismo del c.d. "scalare inverso", basato sull'esame prioritario delle annualità più recenti».

Ciò sarebbe dipeso dalle ripetute proroghe legali dei termini di presentazione delle «comunicazioni di inesigibilità», che si sarebbero susseguite nel tempo (si richiamano in particolare «l'art. 1, comma 684, primo periodo della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 e s.m.i. e l'art. 68, comma 4, del D.L. n. 18/2020 come modificato, da ultimo, dall'art. 4, comma 1, lett. c) del D.L. n. 41/2021»), di cui «da[rebbero] ampiamente conto le due recenti sentenze di codesta Corte n. 66/2022 e n. 51/2019».

9.- Per l'Avvocatura, dunque, l'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973, si sarebbe limitato «a selezionare le impugnative anticipate utilmente decidibili nel merito alla luce del principio generale dell'interesse ad agire», senza pregiudizio per il principio di uguaglianza e per il diritto di difesa, anche perché sarebbe orientamento costante di questa Corte il riconoscere ampia discrezionalità al legislatore in tema di disciplina degli istituti processuali.

Chiarisce la difesa erariale che «[l]a soluzione offerta dalle Sezioni Unite del 2015 […] si inseriva in un contesto ordinamentale profondamente diverso da quello attuale […] in cui non era chiara la possibilità di portare all'attenzione del giudice tributario l'atto di pignoramento».

A tali questioni avrebbe posto rimedio la giurisprudenza di legittimità. Infatti, «con la sentenza n. 13913 del 2017» essa avrebbe riconosciuto la sussistenza della giurisdizione tributaria «in tema di opposizione agli atti esecutivi riguardante l'atto di pignoramento, che sia viziato per omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti)».

Inoltre, prosegue l'Avvocatura, questa Corte «con la nota sentenza n. 114 del 2018 ha risolto definitivamente ogni problema», dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 57, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 602 del 1973, «"nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o dell'avviso di cui all'art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 del codice di procedura civile"».

Non vi sarebbe, in definitiva, nell'attuale quadro ordinamentale alcun vuoto di tutela.

10.- Per la difesa dello Stato, poi, non vi sarebbe alcun contrasto con l'art. 3 Cost., né in relazione al principio di uguaglianza, in assenza dell'indicazione di un «tertium comparationis», e neppure per intrinseca irrazionalità della norma, in quanto non sussisterebbe un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformità di regole procedurali, sicché la differenza delle regole di accesso alla giurisdizione tributaria rispetto a quella ordinaria non integrerebbe di per sé alcun possibile vulnus costituzionale.

L'Avvocatura riporta, quindi, l'affermazione della Corte di cassazione, a sezioni unite, sentenza 6 settembre 2022, n. 26283, dove si osserva che «"l'accesso ridotto alla tutela immediata non incide sul diritto a un processo, poiché resta piena e ampia la tutela generale, presidiata anche dai poteri cautelari del giudice"».

Le finalità della novella sarebbero, dunque, non solo quella di contrastare la prassi di azioni giudiziarie proposte anche a distanza di tempo assai rilevante dall'emissione delle cartelle a fronte «dell'inattività dell'agente per la riscossione», ma anche quella di una riduzione del contenzioso, nella consapevolezza che «"la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera"» (è citata la sentenza n. 155 del 2014 di questa Corte).

Il fine della novella sarebbe stato, quindi, quello di «arginare l'instaurazione […] di una mole di giudizi potenzialmente idonea a pregiudicare la funzionalità del sistema giudiziario nel suo complesso».

11.- La norma censurata, da questo punto di vista, avrebbe inteso «selezionare e tipizzare, compatibilmente con il principio dell'interesse ad agire […] ipotesi in cui la tutela anticipata di merito continua ad essere riconosciuta» e ciò «in ragione della oggettiva sussistenza di un interesse alla immediata reazione giudiziale».

12.- Inoltre, la difesa erariale, anche con riferimento agli «"ulteriori pregiudizi"» derivanti dall'iscrizione a ruolo e che, secondo il giudice a quo, resterebbero fuori dalla "tutela anticipata", rimarca che la citata sentenza n. 26283 del 2022 della Corte di cassazione avrebbe escluso vuoti di tutela anche nel «"pignoramento di crediti"» di cui all'art. 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973: «piena e ampia» resterebbe dunque «la tutela generale del contribuente, presidiata anche dai poteri cautelari del giudice».

12.1.- Peraltro, per la difesa erariale nessun dubbio potrebbe ragionevolmente porsi in relazione alla possibilità per l'imprenditore, «a fronte delle "segnalazioni dei creditori pubblici qualificati" di cui all'art. 25-novies del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza» inviate a lui o all'organo di controllo della società, di contestarle «impugnando le sottostanti cartelle di pagamento che si asseriscano non validamente notificate».

12.2.- Infine, l'Avvocatura conclude precisando che, anche in relazione «ai casi in cui l'esistenza del debito tributario possa rendere più difficile l'accesso al mercato creditizio», il dubbio di costituzionalità potrebbe essere superato «muovendo da una lettura estensiva e adeguatrice del citato comma 4-bis», prospettando, dunque, la possibilità, «avuto riguardo alla ratio di tale norma», di ritenere «la non tassatività delle fattispecie ivi previste».

In tal modo, dunque, il contribuente, ove «riuscisse a dimostrare che la pretesa creditoria» anche se solo formalmente risultante dall'estratto di ruolo, «sia comunque lesiva di una sua specifica situazione giuridica soggettiva», potrebbe agire immediatamente in giudizio per la tutela dei propri diritti, al fine di conseguire «l'accertamento negativo dell'esistenza del credito».

13.- Con ordinanza del 3 febbraio 2023 (r.o. n. 95 del 2023), il Giudice di pace di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 77, 111, 113 e 117 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973, così come modificato dall'art.

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