Corte Cost., sentenza 27/06/2024, n. 111

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Con lasentenza n. 111 del 27 giugno 2024, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione degli artt.3 e 53 Costituzione, dell' art. 37, comma 3, del D.L. 21 marzo 2022, n. 21 (convertito in Legge 20 maggio 2022 n. 51), come modificato dall' art. 55 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50 (convertito in Legge 15 luglio 2022 n. 91) e dall'art.1, comma 120, della Legge 29 dicembre 2022 n. 197, nella parte in cui prevede che, in tema di determinazione della base imponibile del contributo straordinario a carico di alcune società operanti nel settore energetico, ai fini del calcolo del saldo indicato nel precedente secondo comma, si assume il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA, anziché assumere il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA e delle accise versate allo Stato e indicate nelle fatture attive.

Sul provvedimento

Citazione :
Corte Cost., sentenza 27/06/2024, n. 111
Giurisdizione : Corte Costituzionale
Numero : 111
Data del deposito : 27 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Ritenuto in fatto

1.- Con cinque ordinanze del 27 giugno 2023 (rispettivamente iscritte ai numeri 142, 144, 145, 146 e 147 del registro ordinanze 2023), in parte di identico tenore, la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, sezione 27 (di seguito: CGT di Roma), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 41, 42, 53 e 117 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 37 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 20 maggio 2022, n. 51, come modificato dall'art. 55 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2022, n. 91.

1.1.- In ciascuna delle ordinanze di rimessione la CGT di Roma espone preliminarmente che le questioni sono sorte nel corso dei giudizi tributari instaurati con i ricorsi proposti da cinque società operanti nel settore energetico (rispettivamente: Engycalor Energia Calore srl nel giudizio di cui al n. 142 reg. ord. 2023;
Kuwait Petroleum Italia spa nel giudizio di cui al n. 144 reg. ord. 2023;
Eni spa nel giudizio di cui al n. 145 reg. ord. 2023;
Eni Global Energy Markets spa nel giudizio di cui al n. 146 reg. ord. 2023;
Esso Italiana srl nel giudizio di cui al n. 147 reg. ord. 2023) avverso il silenzio-rifiuto dell'Agenzia delle entrate sulle richieste di rimborso degli importi corrisposti da ciascuna società «a titolo di "contributo straordinario contro il caro bollette" a carico delle imprese operanti nel settore energetico».

Dopo avere evidenziato che «[l]a ricorrente ha dedotto, sia nell'istanza di rimborso che nel ricorso, l'illegittimità costituzionale dell'art. 37 D.L. 21/2022 sotto molteplici profili», la CGT di Roma si limita a illustrare le argomentazioni delle parti a sostegno della prospettata illegittimità costituzionale della disposizione censurata, concludendo che «[l]a Corte concorda con le suddette considerazioni e ritiene rilevante, posto che la presenza dell'art. 37 D.L. 21/2022 nell'ordinamento giuridico osta al richiesto rimborso, e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della predetta norma secondo i profili dedotti dalla ricorrente».

1.2.- In particolare, evidenzia, innanzitutto, che le società ricorrenti hanno sostenuto l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata per violazione degli artt. 3, 23 e 53 Cost., in quanto il presupposto del contributo straordinario sarebbe stato individuato dal legislatore in modo indeterminato e generico, posto che «i soli elementi essenziali del contributo che il legislatore si è premurato di individuare sono i soggetti passivi e i criteri di determinazione (base imponibile e aliquota)».

Infatti, sebbene dai lavori preparatori tale contributo sembrerebbe volto a «intercettare asseriti "extraprofitti" di cui le imprese del comparto dell'energia avrebbero beneficiato», tuttavia nella disposizione censurata non vi si farebbe mai riferimento, lasciando indeterminato il presupposto del tributo, in violazione dell'art. 23 Cost.

In secondo luogo, risulterebbero violati gli artt. 3 e 53 Cost., in quanto il legislatore avrebbe arbitrariamente determinato i fatti espressivi della capacità contributiva, anche perché i soggetti incisi sarebbero stati individuati «sulla base di un criterio puramente qualitativo», ovvero per il solo fatto di appartenere al mercato energetico.

Inoltre, anche qualora si volesse ritenere che il contributo straordinario abbia avuto la finalità di tassare gli "extraprofitti" maturati dalle imprese energetiche, tuttavia la sua concreta articolazione tecnica si dimostrerebbe del tutto inidonea allo scopo.

Il riferimento all'incremento differenziale tra i saldi IVA, infatti, individuerebbe una materia imponibile non idonea, di per sé, a intercettare margini di "sovraprofitto", perché non consentirebbe di tenere conto di elementi di costo che incidono in maniera significativa sui profitti, come gli oneri di gestione, gli ammortamenti, i differenziali realizzati sui contratti derivati.

Peraltro, poiché il contributo straordinario verrebbe applicato sull'intero fatturato, concorrerebbero alla determinazione della base imponibile anche operazioni estranee all'ambito energetico (come, in particolare, le operazioni straordinarie).

Così come vi concorrerebbero anche le accise, ancorché «non poss[a]no rappresentare in alcun modo un incremento rilevante di "ricchezza" tassabile».

1.3.- Le ordinanze di rimessione evidenziano che anche il periodo temporale preso a riferimento dalla disposizione censurata (1° ottobre 2021-30 aprile 2022) non sarebbe idoneo a intercettare eventuali "extraprofitti" realizzati dalle imprese energetiche.

Intanto, poiché sarebbe un lasso di tempo troppo breve e svincolato dall'anno di esercizio dell'attività, ma soprattutto perché il periodo 2020-2021 era stato condizionato dall'emergenza epidemiologica da COVID-19: le società erano quindi in perdita a causa del calo dei consumi dei prodotti energetici. Nel successivo periodo 2021-2022, vi sarebbe stato, pertanto, solo un incremento della quantità venduta conseguente al ripristino della situazione ordinaria e non lo sfruttamento di una situazione di vantaggio da parte delle imprese energetiche derivante dall'aumento dei prezzi.

1.4.- Viene, inoltre, censurata la disposizione anche per contrasto con l'art. 3 Cost. per violazione del principio di uguaglianza, sia esterna che interna al mercato energetico.

Con riferimento, in particolare, al profilo dell'uguaglianza esterna, sussisterebbe una discriminazione ingiustificata tra le imprese del settore energetico e gli operatori appartenenti agli altri settori merceologici, ad esempio quello bancario-finanziario e farmaceutico, che, pur avendo realizzato consistenti "extraprofitti" durante e dopo la crisi pandemica, non sarebbero colpiti dall'imposta.

Vi sarebbe, inoltre, una discriminazione interna al mercato energetico, perché il contributo graverebbe solo su alcune imprese che operano nel settore energetico, dal momento che, secondo quanto disposto dall'art. 37, comma 2, del d.l. n. 21 del 2022, come convertito e successivamente modificato, sono esenti da imposta gli operatori che hanno realizzato "extraprofitti" per importi inferiori a 5 milioni di euro o in una percentuale inferiore al 10 per cento.

1.5.- Quanto poi al contrasto con gli artt. 42 e 53 Cost., viene evidenziato che il contributo straordinario dovuto dalle società ricorrenti eroderebbe sensibilmente il loro patrimonio, con effetti espropriativi e sacrificando in modo ingiustificato il loro diritto di proprietà.

1.6.- Infine, sarebbe violato anche l'art. 117 Cost. e, in via mediata, l'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo;
si richiama, a tal proposito, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo per concludere che l'imposizione non potrebbe alterare in maniera radicale l'equilibrio tra interesse fiscale e diritto alla tutela proprietaria erodendo in misura eccessiva il patrimonio netto delle società, come sarebbe avvenuto nel caso di specie.

1.7.- Le ordinanze di cui ai numeri 144, 145 e 147 reg. ord. 2023, oltre che riprodurre, in modo identico, gli argomenti posti a fondamento dei dubbi di costituzionalità già illustrati, introducono ulteriori ragioni di censura.

In particolare, le ordinanze di cui ai numeri 144 e 147 reg. ord. 2023, nell'ambito del profilo relativo al contrasto con il principio di uguaglianza, introducono l'ulteriore considerazione che il contributo straordinario si risolverebbe in un aiuto di Stato in favore dei soggetti che operano a monte della catena produttiva, non essendo gli stessi assoggettati al divieto di traslazione;
solo, quindi, chi opera «a valle» resterebbe ingiustificatamente inciso dall'onere impositivo.

Inoltre, pongono in evidenza il fatto che, essendo le parti (rispettivamente: Kuwait Petroleum Italia spa nel giudizio di cui al n. 144 reg. ord. 2023;
Esso Italiana srl nel giudizio di cui al n. 147 reg. ord. 2023) degli «operatori verticalmente integrati», attivi sia nella raffinazione dei prodotti petroliferi che nella successiva immissione in consumo, la base imponibile sarebbe ingiustificatamente aumentata in quanto ricomprenderebbe anche gli importi riscossi a titolo di accise, con effetto discriminatorio rispetto ai diretti concorrenti che, «quando esportano il prodotto, senza dunque immetterlo in consumo, non riscuotono accise in qualità di sostituto di imposta, sicché potranno calcolare il contributo su una base imponibile notevolmente inferiore».

1.8.- Infine, le ordinanze iscritte ai numeri 144, 145 e 147 reg. ord. 2023 censurano anche l'art. 37, comma 8, del d.l. n. 21 del 2022, come convertito e successivamente modificato, per violazione degli artt. 3, 53, 41 e 117, secondo comma, lettera

e ), Cost.

Evidenziano, in primo luogo, che la disposizione censurata, nel prevedere il divieto di traslazione del contributo sui prezzi al consumo, sarebbe priva di ragionevolezza, in quanto non riuscirebbe a delineare concretamente un meccanismo che renda effettivo tale divieto, con conseguente rischio che l'imposta sia sopportata, in definitiva, dai consumatori sotto forma di maggiorazione dei prezzi. In secondo luogo, sostengono che il divieto riguarderebbe solo i «prezzi al consumo» e, pertanto, l'ambito soggettivo di applicazione sarebbe quello delle imprese energetiche che operano nei diretti confronti dei consumatori, mentre resterebbero estranee le imprese collocate a monte del processo e aventi per clienti altre imprese, non i consumatori: vi sarebbe, quindi, una violazione delle norme costituzionali poste a tutela della concorrenza.

2.- In tutti i giudizi si sono costituite le parti private

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