CGARS, sez. I, parere definitivo 2016-03-01, n. 201600235
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Numero 00235/2016 e data 01/03/2016
REPUBBLICA ITALIANA
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Adunanza delle Sezioni riunite del 12 gennaio 2016
NUMERO AFFARE 02469/2011
OGGETTO:
Ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana proposto da Tiemme S.r.l., avverso l'ordinanza d’ingiunzione pagamento oneri concessori 30 ottobre 2007 n. 15/11/2007/SUAP e autorizzazione del 19/3/2007 n. 61/SUAP del comune di Caltanissetta. Domanda di sospensione;
LA SEZIONE
Viste le relazioni n. 35108/214.08.8 del 14/11/2011 e 21291 del 23 ottobre 2014 con le quali la Presidenza della Regione Siciliana - Ufficio Legislativo e Legale- ha chiesto il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere E M A N;
Premesso:
La società “Tiemme srl”, con sede in Caltanissetta, in persona del legale rappresentante Sig.ra Tuminelli Maria Loretta, rappresentata e difesa dall’avvocato Vincenzo Avanzato, con atto notificato a mezzo dell’Ufficiale Giudiziario al Comune di Caltanisetta in data 18/3/2008 (trasmesso alla Presidenza della Regione Siciliana con raccomandata a/r del 19/3/2008) ha proposto ricorso straordinario per l’annullamento- previa sospensione- dell’ingiunzione di pagamento adottata dal Responsabile Unico Attività Produttive del 30/10/2007 n. 15/11/2007 SUAP, notificata in data 22/11/2007, con cui si ingiunge alla ricorrente il pagamento della complessiva somma di Euro 45.517, 76 per oneri di urbanizzazione inerenti l’attività di ristorazione di un immobile sito in contrada Decano del comune di Caltanissetta.
La ricorrente chiede, altresì, l’annullamento del provvedimento autorizzatorio 19/3/2007 n. 61/ SUAP, trascritto alla Conservatoria RR.II il 21/3/2007 al numero 4731/3690, nella parte in cui determina gli oneri di urbanizzazione in Euro 44.513,73, comprensivi di interessi legali.
Nel ricorso si chiede anche l’accertamento del diritto a “non dover corrispondere alcun onere di urbanizzazione al comune di Caltanissetta”.
La ricorrente, premette di avere prodotto in data 15/3/2006 al comune di Caltanissetta istanza ai sensi dell’art. 13 della legge 47/85 per la realizzazione di opere in un fabbricato rurale esistente nonché, per eseguire lavori di completamento consistenti nella realizzazione della sistemazione esterna, del sistema fognario etc.., e per l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di ristorazione da svolgersi in detto immobile.
Con l’impugnato provvedimento di autorizzazione la società restava obbligata ad eseguire a proprio carico le opere di sistemazione del lotto interno ed al pagamento degli oneri di urbanizzazione.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1) Violazione di legge sotto il profilo della violazione degli artt. 22 e 45 della legge regionale del 27 dicembre 1978 n. 71 e dell’art. 2, comma 4 e dell’art. 3, comma 5 del D.A 10/3/1980 n. 67 ( in GURS 26/4/1980 n. 17)
2) Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti e dell’erroneità dei presupposti.
Secondo la ricorrente, i provvedimenti impugnati sono illegittimi in quanto determinano gli oneri urbanistici secondo astratte tabelle parametriche senza tenere conto del D.A 10/3/80 n. 67 che prevede all’art 3 che, nel caso di attività artigianali ed industriali disciplinate dall’art. 22 della l.r 71/78, tutti gli oneri ivi indicati sono a totale carico del concessionario.
Nel ricorso si richiama la circolare dell’Assessorato Territorio ed Ambiente 4 luglio 1980 n. 3 nella parte in cui chiarisce “che per le attività industriali disciplinate dall’art. 22 della legge 27 dicembre 78 n. 71 non trovano applicazione le tabelle parametriche, in quanto le spese di urbanizzazione sono a carico degli operatori economici” e il parere 526/93 del C.G.A che si esprime in modo conforme.
La ricorrente afferma di avere realizzato a propria cura e spese tutte le opere di urbanizzazione previste nel provvedimento autorizzativo e che la strada interpoderale esistente in contrada Decano, anche per espressa affermazione della amministrazione, è di proprietà dei frontisti.
L’amministrazione di Caltanissetta non ha inviato alcun atto inerente il gravame.
Considerato:
Il ricorso, regolare sotto il profilo fiscale, appare ricevibile, in quanto all’atto di ingiunzione di pagamento perché proposto entro il termine di 120 giorni dalla data che la ricorrente indica per la notifica, e in quanto al provvedimento autorizzativo del 19/3/2007 n. 61 SUAP, impugnato oltre i termini previsti, perché trattasi di controversia concernente l’ an e il q uantum delle somme dovute a titolo di contributo in dipendenza di norme di legge e regolamentari.
La giurisprudenza, difatti, ritiene che tali ultime controversie rientrino nella categoria dei diritti soggettivi azionabili nei termini di prescrizione (Cons. di Stato, sez.V, 10 luglio 2003 n. 4102), giacché l’amministrazione, nella determinazione delle somme dovute a titolo di contributo non esercita poteri autoritativi discrezionali, ma compie attività di mero accertamento della fattispecie in base a parametri fissati da leggi e regolamenti.
Con sentenza 17 ottobre 2002, (sez. IV n. 5678) il Consiglio di Stato ha statuito che “ le relative controversie dunque, rientrano nella categoria di quelle attinenti l’impugnativa di atti paritetici, investe diritti soggettivi e non è sottoposta ai termini decadenziali propri dei giudizi impugnatori”.
Tali controversie, per il disposto dell’art. 133 lett.f) del codice del processo amministrativo sono devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.
L’Ufficio Legislativo e legale con la prima relazione (n. 35108 del 14/11/2011) si era espresso per l’inammissibilità del gravame, conclusione non condivisa dal Consiglio di Giustizia Amministrativa che con parere n. 24695 del 31.1.2012 ha ritenuto superata la precedente giurisprudenza dello stesso Consiglio a seguito della entrata in vigore della l.n. 21/7/2000 n. 205.
Rileva il Consiglio, nel citato parere che “ può rilevarsi che l’asserita specialità del rito – da vagliarsi rispetto a quello giurisdizionale ordinario, e non invece rispetto a quello a quello per ricorso straordinario, giacchè l’esperimento di quest’ultimo è frutto di un’insindacabile scelta della parte ricorrente – sebbene sussistente alla data di entrata in vigore del cit. art.35 ( ciò che rende ragione del precedente di queste Sezioni Riunite 2 ottobre 2001, n. 434/99, andato in diverso avviso), è del tutto cessata, quantomeno, con l’entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205.
La specialità di cui all’art.16 della citata legge 10/1977, consisteva nella peculiare possibilità per il giudice di disporre, “ oltre i mezzi di prova previsti dall’art. 44, primo comma, R.D 26 Giugno 1924 n. 1054”, “ altresì le perizie di cui all’art.27, R.D 17 agosto 1907, n. 642”. Ebbene, con l’art. 16 della successiva legge n. 205/2000, detta peculiarità non è più tale, giacché- mediante una novella dello stesso art. 44, cit.- la possibilità di “ disporre consulenza tecnica” è stata resa generale nel processo amministrativo ”.
Né osta all’ammissibilità del ricorso l’ulteriore rilievo che si tratterebbe di un’azione di mero accertamento .
Superato il rilievo di inammissibilità, l’Ufficio legislativo ritiene, con parere condivisibile, nel merito il ricorso non meritevole di accoglimento.
L’assunto della società ricorrente è fondato sulla pretesa violazione da parte del Comune della disciplina prevista per gli interventi produttivi in verde agricolo, come interpretata, in sede consultiva dal Consiglio di Giustizia Amministrativa con parere 562/1993 del 19/10/1993, nella parte in cui prevede che per le attività artigianali ed industriali non trovano applicazione le tabelle parametriche, in quanto le spese di urbanizzazione sono a carico degli operatori economici.
La ricorrente fonda la sua pretesa dunque, sulla errata applicazione dell’art. 22 della legge 71/78 e succ. modifiche.
Ciò posto, il Collegio è chiamato a pronunciarsi sulla corretta applicazione della normativa in materia, al fine di verificare le effettive condizioni in cui la ricorrente si trovi con riferimento alla disciplina.
L’art. 22 della l.r. 71/78 e succ. mod. e integrazioni recante “ interventi produttivi nel verde agricolo” stabilisce che:
1-“ Nelle zone destinate a verde agricolo dai piani regolatori generali sono ammessi impianti o manufatti edilizi destinati alla lavorazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici locali ovvero allo sfruttamento a carattere artigianale di “risorse naturali locali” tassativamente individuate nello strumento urbanistico ”.
2. “ Le concessioni edilizie rilasciate ai sensi del comma 1 devono rispettare le seguenti condizioni:
a) rapporto di copertura non superiore ad un decimo dell’area di proprietà proposta per l’insediamento;
b) distacchi tra fabbricati non inferiori a m.10;
c) distacchi dai cigli stradali non inferiori a quelli fissati dall’art. 26 D.P.R 16 dicembre 1992, n. 495;
d) parcheggi in misura non inferiore ad un decimo dell’area interessata;
e)rispetto delle distanze stabilite dall’art. 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78 come interpretato dall’art. 2 della legge regionale 30 aprile 1991 n.15;
f) distanza dagli insediamenti abitativi ed opere pubbliche previsti dagli strumenti urbanistici non inferiore a metri duecento, ad esclusione di quanto previsto nella lettera c).
3. Previa autorizzazione delle amministrazioni competenti nelle zone destinate a verde agricolo è consentito il mutamento della destinazione d’uso dei fabbricati realizzati ovvero realizzati anteriormente al 1967 con regolare concessione edilizia, a destinazione ricettivo-alberghiera e di ristorazione ovvero per l’insediamento di attività di “ bed and breakfast”, agriturismo ed annesse attività di ristorazione ove sia verificata la compatibilità ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di tutte le prescrizioni igienico sanitarie. La destinazione ricettivo alberghiera e di ristorazione cessa automaticamente allorché cessi la relativa attività ”.
Tale essendo il dato normativo, consegue che il predetto art.22, comma 1 della l.r. 71/78 trova applicazione solo per precise tipologie di insediamenti produttivi ed artigianali esplicitamente indicati.
Evidenzia, in proposito la giurisprudenza, che la definizione contenuta nel predetto art. 22, comma 1, riguarda essenzialmente “interventi edilizi a scopi industriali” (T.A.R Palermo, Sez. II, 25/02/1988, n. 176), “impianti produttivi a carattere artigianale ed industriale”, ovvero “ unità produttive a carattere artigianali industriali di modeste dimensioni nelle quali è privilegiato in processo produttivo strettamente collegato alla lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici ed allo sfruttamento delle risorse naturali” (cfr. T.A.R Catania sez, I, 09/01/1987, n. 5);in particolare, l’insediamento di impianti e manufatti nel verde agricolo era stato ritenuto possibile, in forza della primigenia normativa, “solo eccezionalmente ed allorquando ciò trovi giustificazione nell’esigenza, ritenuta prioritaria di consentire il prevalente utilizzo, nel ciclo produttivo, di risorse naturali e materie prime provenienti dallo sfruttamento del fondo a carattere zootecnico (C.G.A sez. Giur. 2/10/1997 n. 370).
La destinazione di impianto produttivo in verde agricolo, con riferimento alla formulazione contenuta nell’art. 22 della l.r. n. 71/78, fa leva dunque sulla specifica destinazione dell’impianto stesso;in altri termini deve trattarsi di impianti destinati a cicli di lavorazione e trasformazione che riguardino prodotti agricoli e zootecnici locali ovvero risorse naturali della zona, tassativamente indicate nello strumento urbanistico.
La questione è stata affrontata da questo Consiglio, che prendendo le mosse dalla considerazione che né dall’ordinamento giuridico statale, né da quello regionale, si evince una nozione unitaria ed univoca di “insediamento produttivo” evidenzia che occorre fare riferimento, di volta in volta, alla specifica ratio sottesa alle singole disposizioni legislative nelle quali si trova l’impiego di detta espressione lessicale, al fine di determinarne l’esatto ambito di operatività.
Secondo il parere richiamato la nozione va intesa in senso ampio allorquando gli insediamenti godono di finanziamento pubblico (stante la disposizione dell’art. 35 della successiva l.r.30/1997e dell’art. 89, comma 3 della l.r.6/2001) e invece in senso restrittivo, allorquando gli insediamenti conseguano ad iniziative private che non godono di provvidenze pubbliche ( parere 649/02).
Ciò detto, passando alla specifica questione sottoposta al collegio, appare evidente che trattandosi di un ristorante ad iniziativa privata, composto da una grande sala pizzeria con 80 posti a sedere (vedi certificato di agibilità 7 agosto 2007), l’ intervento edilizio della ricorrente non può essere ricompreso nel regime di cui all’art. 22 citato.
E’ il caso di evidenziare che lo stesso Assessorato Territorio ed Ambiente, interpellato sul punto dal Comune di Partinico, con nota prot.13176 del 13/6/2012 ha ritenuto che la destinazione di ristorazione, separata dalla destinazione ricettivo alberghiera non possa farsi rientrare nelle disposizioni dell’art.22 legge 71/78 per il tenore letterale della disposizione.
Quanto all’art. 45 l.r. 71/78, che demanda ad apposito Decreto assessoriale la determinazione degli oneri di urbanizzazione, non può parimenti ritenersi applicabile alla fattispecie in esame, riguardano esclusivamente agli insediamenti industriali ed artigianali ricadenti in verde agricolo, a conferma di ciò la circolare n. 3/80 del 4 luglio 1980 dell’Assessorato territorio ed Ambiente concernente “ criteri per la determinazione dei contributi previsti dall’art. 45 della l.r. 27/12/78 n. 71” che disciplina distintamente le fattispecie concernenti gli impianti artigianali, industriali ed agli insediamenti turistici, espressamente prevedendo soltanto nelle prime due ipotesi che non trovano applicazione le tabelle parametriche, in quanto le spese di urbanizzazione sono a carico degli operatori economici.
Quanto sopra ritenuto il ricorso è da ritenersi infondato.
La decisione nel merito del gravame assorbe l’esame dell’istanza di sospensione cautelare.