CGARS, sez. I, sentenza 2024-03-18, n. 202400215
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Pubblicato il 18/03/2024
N. 00215/2024REG.PROV.COLL.
N. 00126/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 126 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'Avvocato G S P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Aci Castello, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocato G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione staccata di Catania (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, con cui era rigettato il ricorso proposto per l’annullamento: - del provvedimento emesso dal Comune di Acicastello il 5 giugno 2013 prot. n. -OMISSIS-, con cui era rigettata l’istanza di concessione edilizia presentata dalla interessata il 7 giugno 2012 ed annullato il titolo edilizio, tacitamente assentito ai sensi della l. reg. n. 17/1-OMISSIS-4;
- del preavviso di diniego della pratica edilizia e comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela del titolo edilizio tacitamente assentito, di cui alla comunicazione di inizio lavori del 19 marzo 2013;
- della relazione istruttoria del 2 aprile 2013;
- dell'ordinanza del 21 marzo 2013 n. -OMISSIS-;
- dell'ordinanza di ripristino del 18 luglio 2013 n. -OMISSIS-;
- dell'ordinanza del 18 luglio 2013 n. -OMISSIS-;
- nonché e ove occorra, del Piano Regolatore Generale, delle Norme tecniche di Attuazione e del Piano Particolareggiato di Recupero del centro storico di Acitrezza, approvato con decreto assessoriale del 20 ottobre 2005 e pubblicato sulla G.U.R.S. del 18 novembre 2005 n. 49;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Aci Castello;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2024 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I – Con l’appello indicato in epigrafe, l’istante – premesso di aver verificato, prima di procedere all’acquisto con il proprio figlio, presso l’Ufficio Tecnico Comunale che i due piccoli fabbricati limitrofi tra loro, ricadevano allora (asseritamente, come adesso) all’interno della zona omogenea “A1” del Piano Regolatore Generale, approvato con d.d.g. n. 448/2005, e che il Piano Particolareggiato di Recupero del centro storico di Acitrezza (frazione di Aci Castello), approvato con d.d.g. n. 841/2005, li aveva ulteriormente identificati, ricomprendendoli nell’isolato “Q”, e classificandoli come edifici “G6b” e “G3” - espone che con istanza del 7 giugno 2012, chiedeva (quale usufruttuaria) il titolo edilizio necessario per procedere alla ristrutturazione dei due fabbricati, ed in particolare alla demolizione e ricostruzione del fabbricato più piccolo identificato con la sigla G6b, ed alla manutenzione straordinaria dell’altro fabbricato a due elevazioni identificato come G3.
Aggiunge che l’Amministrazione, decorsi oltre quattro mesi, il 16 ottobre 2012, inviava una richiesta di integrazioni, senza tuttavia indicare alcuna ragione ostativa. L’istante, dunque, evidenzia di aver adeguato il progetto alle richieste della Soprintendenza, e di aver depositato le integrazioni al Comune il 15 febbraio 2013, e, così, ritenendo decorso il termine per la maturazione del silenzio assenso, comunicava, in data 19 marzo 2013, l’inizio lavori ai sensi dell’art. 2 comma 5 della l. reg. n. 17/94. Tuttavia il successivo 21 marzo il Comune, contestando l’inosservanza delle norme e delle prescrizioni del Piano di Recupero del Centro Storico di Acitrezza, ordinava la sospensione dei lavori.
Solo con nota del 16 aprile 2013, il Comune comunicava l’avvio del procedimento di diniego della pratica edilizia, nonché l’avvio del procedimento di annullamento in autotutela del titolo edilizio assentito. Di seguito, in data 5 giugno 2013, emetteva il provvedimento di diniego all’istanza di concessione edilizia, nonché di annullamento in autotutela del titolo edilizio assentito, e, con le ordinanze del 18 luglio 2013 nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-, ordinava, alla interessata, di ripristinare gli immobili nella loro originaria consistenza, imponendo che la ricostruzione dell’immobile già demolito, avvenisse anche sotto il profilo strutturale, con gli stessi materiali preesistenti (con ciò – secondo l’impostazione dell’appellante - contravvenendo alle normative statica e simica).
Riferisce, ancora, che, dopo una articolata interlocuzione col Comune, la ricostruzione dell’immobile demolito è stata portata a compimento nel maggio del 2016. Quanto all’altro fabbricato a due elevazioni del quale era previsto il rifacimento del tetto con la sola modifica della linea di gronda sul lato interno, l’interessata otteneva l’accertamento di conformità ex art. 37 del d.P.R. n. 380/2001, col provvedimento del 23 luglio 2015 numero -OMISSIS- (ciò assume a dimostrazione della legittimità dell’intervento proposto).
Avverso i provvedimenti riportati in epigrafe, l’istante proponeva ricorso, che era respinto dal primo giudice in considerazione:
- quanto alla ricostruzione dell’immobile demolito, che non fossero correttamente maturati i tempi previsti dall’art. 2 della l. reg. n. 17/1-OMISSIS-4, per il silenzio assenso sull’istanza di titolo edilizio;
- quanto agli interventi proposti sull’edificio ad una elevazione fuori terra, che questi non fossero compatibili con lo strumento urbanistico;
- ed ancora che la presentazione della pratica di accertamento di conformità ex art. 37 del d.P.R. n. 380/2001, avesse “… il valore di una forma di sostanziale acquiescenza ”.
Avverso la sentenza di primo grado, l’appellante argomenta, discorsivamente, i motivi di censura di seguito riportati.
- Il provvedimento di diniego/annullamento sarebbe pervenuto dopo ben 105 giorni, con enorme ritardo rispetto al termine fissato in 30 giorni dal comma 8 dell’art. 2 della l. reg. n. 17/1-OMISSIS-4 e con mancanza di una motivazione adeguata;erroneamente la sentenza avrebbe ritenuto che nella specie non fosse trascorso il tempo necessario per la formazione del silenzio assenso, ciò anche in contrasto con quanto espressamente affermato dal provvedimento medesimo, che si qualifica quale annullamento del precedente titolo formatosi.
- Gli elaborati del Piano Particolareggiato di Recupero del Centro Storico di Acitrezza identificano l’immobile come facente parte dell’isolato Q, identificato col numero “4” e classificato come “G6b”;pertanto tale classificazione avrebbe reso legittimo l’intervento proposto, essendo compatibile con l’intervento di demolizione e ricostruzione con ampliamento verticale in allineamento al fabbricato limitrofo, come descritto fino al punto F1b delle NTA;avrebbe errato il primo giudice nel ritenere che gli errori commessi, sia dall’Assessorato Regionale sia dal Comune di Aci Castello quanto all’indicazione dell’are di interesse come G6b, sarebbero stati percepibili dalla interessata con “ la normale diligenza ”, interpretando le regole urbanistiche ed i documenti messi a disposizione dal Comune. Precisa che il decreto dell’A.R.T.A. 841/2005, di approvazione del Piano di recupero, conteneva una modifica alla classificazione, che erroneamente non era trasferita negli elaborati grafici. Tuttavia, tale modifica prevista a pagina 5 del decreto, ove è prescritto che “… farà eccezione a quanto sopra l’edificio classificato G6b, isolato A, n. 4, da classificare nella cat. G2 (conservazione normale) in quanto trattasi di edificio posizionato lungo la cortina edilizia sulla via -OMISSIS- nonché adiacente alla chiesa di San Giovanni e pertanto, pur non costituendo un’emergenza architettonica, si inserisce nell’immagine storicizzata della piazzetta di -OMISSIS-, da mantenere nella sua composizione originaria… ”, faceva appunto riferimento all’isolato “A” e non al “Q”e non risultava trascritta negli elaborati.
Sarebbe acclarato che di tale errore non si sia accorto nemmeno l’Ufficio Tecnico del Comune di Aci Castello, che ha regolarmente pubblicato gli elaborati che, tuttora, identificano l’immobile come G6b.
– Erroneità della sentenza laddove il primo giudice si è pronunziato sull’avvenuta acquiescenza con riferimento all’intervento proposto sull’immobile a due elevazioni fuori terra;invero, con riferimento al fabbricato ricadente nel comparto “Q” del Piano Particolareggiato di Recupero ed identificato col numero 3, e classificato come G3, l’istante aveva chiesto il titolo edilizio per la sua ristrutturazione, consistente nel rifacimento del tetto e nell’innalzamento della linea di gronda sul lato interno di circa 40 cm, a filo della muratura esistente e non oltre un metro dall’estradosso dell’ultimo solaio. A riguardo assume che tale intervento sarebbe compatibile con quanto previsto dalle Norme di Attuazione, che consentono gli interventi descritti fino al punto D1a, essendo, dunque, immotivata l’ordinanza di ripristino. Pertanto, l’istanza di regolarizzazione presentata dall’istante sarebbe stata rivolta al solo scopo di limitare i danni derivanti dal lungo tempo trascorso.
– Erroneità della sentenza, laddove ha concluso per la reiezione della domanda risarcitoria, che viene, dunque, riproposta nella presente sede di appello. A riguardo l’istante evidenzia di aver acquistato gli immobili al prezzo complessivo di -OMISSIS-0.000,00 € col preciso fine di ristrutturarli e destinarli a pubblici esercizi, da gestire in proprio o concedendoli in affitto a terzi;il comportamento della pubblica amministrazione avrebbe enormemente ritardato l’utilizzo commerciale degli immobili;infatti, ella aveva stipulato il contratto (registrato il 12 settembre 2012), con una società per la durata di sei anni, al canone di 12.000,00 euro annue, da corrispondere dal mese di giugno 2013 (prevedendo tale termine quale data di ultimazione dei lavori);nel 2016 concludeva, altresì, un ulteriore contratto con la medesima società e dal 2019, col contratto di locazione del 30 gennaio, registrato al n. 235, l’interessata iniziava a percepire il canone locativo mensile, pattuito in 2.500 € al mese, che pertanto costituirebbe parametro per il calcolo del danno derivante dal non aver potuto utilizzare l’immobile dal 2013;pertanto chiede il risarcimento del danno consistente – in considerazione dei cinque anni e cinque mesi trascorsi - nell’importo di 162.500 €, che - al netto delle imposte pari al 21 % come da cedolare secca - condurrebbe all’importo netto di 128.375,00 €, oltre all’ammontare delle spese documentalmente sostenute per la ricostruzione dell’immobile, ammontanti a 96.301,00 €.
Con ulteriore memoria precisa le proprie difese.
Si è costituito il Comune appellato, evidenziando che:
- quanto all’edificio n. 3/Q - fabbricato a due elevazioni n. 3 del comparto Q del P.P.R. classificato A/4 (edificio storico di interesse minore) con grado di trasformabilità G3 trasformazione parziale (interventi consentiti fino a D1 “ ristrutturazione edilizia normale ”) - il progetto originario prevedeva la ristrutturazione e cambio di destinazione d’uso da residenza a pubblico esercizio (attività di ristorazione) e la fusione del fabbricato n. 3 con il fabbricato n. 4;le modifiche poste in essere dall’odierna appellante configuravano un aumento dell’altezza sul fronte interno (con conseguente aumento del volume) non previsto nelle norme del P.P.R. del centro storico di Acitrezza, pertanto l’intervento edilizio proposto dalla ditta per la parte afferente all’edificio n. 3/Q non sarebbe conforme alle prescrizioni del P.P.R. del centro storico di Acitrezza;
- quanto all’edificio n.