CGARS, sez. I, sentenza 2024-06-03, n. 202400397

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2024-06-03, n. 202400397
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202400397
Data del deposito : 3 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/06/2024

N. 00397/2024REG.PROV.COLL.

N. 00588/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 588 del 2022, proposto da
Curatela del Fallimento -OMISSIS- Delegazione Regionale per la Sicilia, in persona del Curatore Fallimentare pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato F I L V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Assessorato Regionale Istruzione e Formazione Professionale, in persona dell’Assessore pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 3328/2021, resa tra le parti

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato Regionale Istruzione e Formazione Professionale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2024 il Cons. M A P F e uditi per le parti gli avvocati come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, la -OMISSIS- – -OMISSIS-– Delegazione Regionale per la Sicilia domandava l’annullamento del D.D.G. del 26 aprile 2017 n. 2742 e dei relativi atti prodromici con i quali l’Assessorato Regionale dell’Istruzione e della Formazione Professionale: a) ha revocato l’accreditamento disposto con il precedente D.D.G. del 22 luglio 2016 n. 3990 per lo svolgimento nella Regione Siciliana delle attività riconosciute di orientamento e/o formazione in relazione alla tipologia ed agli ambiti e ivi meglio specificati in relazione alle sedi operative identificate con il C.I.R. ACA073;
b) ha annullato il C.I.R. ACA073 assegnato;
c) ha interdetto con effetto immediato lo svolgimento di qualsivoglia attività di orientamento e/o formazione professionale nell’ambito della Regione Siciliana, salvo quanto previsto dall’art. 16 co. 2 primo capoverso del D.P.R.S. n. 25 dell’1 ottobre 2015.

La ricorrente, con apposita istanza depositata il 17 luglio 2017, invocava, inoltre, la tutela cautelare di cui all’art. 56 c.p.a. che il Presidente del T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, negava con il decreto monocratico del 17 luglio 2017 n. 988, fissando la camera di consiglio del 14 settembre 2017 per la trattazione della domanda cautelare dinanzi al collegio.

A quella data, l’-OMISSIS- e l’Avvocatura dello Stato davano atto dell’intervenuta sentenza n. 102/2017 di fallimento della ricorrente pronunciata dal Tribunale di Palermo – sez. Fallimentare ed il T.A.R. dichiarava l’interruzione del processo.

Il giudizio veniva in seguito riassunto dalla Curatela Fallimentare con il dichiarato intento di ottenere l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento impugnato nell’ottica di una futura ed eventuale pretesa risarcitoria da avanzare nei confronti dell’Assessorato Regionale dell’Istruzione e della Formazione Professionale.

L’Assessorato Regionale eccepiva l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse conseguente alla dichiarazione di fallimento della ricorrente.

Con sentenza n. 3328/2021 pubblicata in data 1 dicembre 2021, il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, sez. I, in accoglimento dell’eccezione sollevata dall’Assessorato Regionale, dichiarava il ricorso improcedibile, compensando per intero fra le parti le spese processuali.

Con ricorso notificato il 30 maggio 2022 e depositato il 17 giugno 2022 la Curatela del Fallimento -OMISSIS- – Delegazione Regionale per la Sicilia domandava la riforma della predetta sentenza, sostenendo di avere un interesse concreto ed attuale all’esame dei motivi di ricorso non esaminati dal T.A.R. e sui quali insisteva.

L’Assessorato Regionale dell’Istruzione e della Formazione Professionale si opponeva all’accoglimento dell’appello in quanto infondato in fatto e in diritto.

L’appellante replicava alle difese dell’Amministrazione, insistendo nell’accoglimento dell’appello con delle memorie conclusive.

All’udienza pubblica del 17 aprile 2024, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, dopo avere udito i procuratori delle parti in causa presenti, tratteneva l’appello in decisione.

DIRITTO

I. – Il primo motivo di appello.

I.

1. Con il primo motivo di appello si lamenta l’erroneità della sentenza appellata nella parte in cui non ha ritenuto sussistente un interesse all’accertamento della dedotta illegittimità del controverso provvedimento amministrativo impugnato.

I.

2. Secondo l’adito T.A.R., ai sensi dell’art. 15 co. 3 lett. a) del regolamento per l’accreditamento dell’anno 2015 “l’Amministrazione dispone la revoca dell'accreditamento dell'organismo nei seguenti casi: a) stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’articolo 186 bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e successive modifiche ed integrazioni, o nei casi in cui sia pendente un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”.

Pertanto, essendo stata dichiarata fallita con sentenza del 31 luglio 2017 n. 102 dal Tribunale di Palermo – sez. Fallimentare, la ricorrente non avrebbe potuto ottenere alcuna utilità dall’annullamento del provvedimento impugnato, posto che l’accreditamento sarebbe stato comunque revocato a cagione del dichiarato fallimento.

Né, peraltro, la ricorrente avrebbe indicato valide ragioni alla decisione nel merito del ricorso, non potendosi, secondo l’adito T.A.R., ritenere sufficiente l’affermazione in una mera prospettiva risarcitoria dell’interesse della Curatela Fallimentare all’accertamento dell’illegittimità del provvedimento impugnato, considerato che il fallimento è stato dichiarato il 2 agosto 2017 e, quindi, in data pressoché coeva al provvedimento di revoca impugnato (D.D.G. 26 aprile 2017 n. 2742), sicché “ l’accreditamento sarebbe stato comunque revocato a cagione del dichiarato fallimento ”.

I.

3. L’appellante ritiene che la pronuncia sia erronea poiché il fallimento sarebbe stata una conseguenza della mancata presentazione del concordato preventivo con continuità aziendale dipendente, a sua volta, dalla negata concessione dell’invocata tutela cautelare monocratica da parte del Presidente del T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo.

Il regolamento per l’accreditamento 2015, infatti, ammetteva la possibilità di proseguire l’attività di formazione anche in caso di concordato preventivo con continuità e poiché l’unica attività dell’-OMISSIS- era proprio la formazione professionale, era necessaria la sospensione cautelare del provvedimento impugnato per poter presentare la proposta di concordato al Tribunale Fallimentare di Palermo entro il termine del 25 luglio 2017, assegnato ai sensi dell’art. 161 co. 6 L.F..

La concessione dell’invocata tutela cautelare avrebbe, invero, consentito la presentazione del concordato preventivo con continuità aziendale e, di conseguenza, la prosecuzione dell’attività ed il ripianamento dei debiti che avevano determinato lo stato di dissesto economico in cui l’Associazione versava a causa, a suo dire, dell’omesso pagamento delle somme alla medesima spettanti a titolo di contributi da parte della Regione Siciliana.

I.

4. L’Assessorato Regionale ritiene insussistenti i presupposti per un accertamento dell’illegittimità dell’impugnato provvedimento poiché lo stato di difficoltà economica era tale da determinare il fallimento dell’Associazione a distanza di pochissimo tempo dalla revoca dell’accreditamento. Donde, la conclusione secondo cui l’accreditamento sarebbe stato revocato, comunque, a causa della situazione economica dell’Associazione culminata con la sentenza di dichiarazione di fallimento.

I.

5. Il motivo di appello è fondato.

I.

5.1. Come noto, per costante giurisprudenza amministrativa, nel giudizio amministrativo non è consentito adire il giudice al solo fine di conseguire l’accertamento della legalità e della legittimità dell'azione amministrativa, se ciò non si traduca anche in uno specifico beneficio (adeguatamente dedotto ed argomentato) in favore di chi agisce in giudizio, poiché l'interesse a ricorrere è condizione dell'azione e corrisponde ad una specifica utilità o posizione di vantaggio che attiene ad uno specifico bene della vita, contraddistinto indefettibilmente dalla personalità e dall'attualità della lesione subita, nonché dal vantaggio conseguibile dal ricorrente (ex multis Cons. Stato, sez. VII, sent., 13 dicembre 2022, n. 10922;
Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2016, n. 265).

Pertanto, l'interesse a ricorrere è condizione dell'azione e corrisponde ad una precisa utilità o posizione di vantaggio che attiene ad uno specifico bene della vita, contraddistinto indefettibilmente dalla personalità e dall'attualità della lesione subita, nonché dal vantaggio ottenibile dal ricorrente (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2022, n. 6001).

Sulla consistenza dell’interesse al ricorso è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che ha affermato: “ Il codice del processo amministrativo fa più volte riferimento, direttamente o indirettamente, all’interesse a ricorrere: all’art. 35, primo comma, lett. b) e c), all’art. 34, comma 3, all’art. 13, comma 4-bis e, in modo più sfumato, all’art. 7, 31, primo comma, sembrando confermare, con l’accentuazione della dimensione sostanziale dell’interesse legittimo e l’arricchimento delle tecniche di tutela, la necessità di una verifica delle condizioni dell’azione (più) rigorosa. Verifica tuttavia da condurre pur sempre sulla base degli elementi desumibili dal ricorso, e al lume delle eventuali eccezioni di controparte o dei rilievi ex officio, prescindendo dall’accertamento effettivo della (sussistenza della situazione giuridica e della) lesione che il ricorrente afferma di aver subito. Nel senso che, come è stato osservato, va verificato che “la situazione giuridica soggettiva affermata possa aver subito una lesione” ma non anche che “abbia subito” una lesione, poiché questo secondo accertamento attiene al merito della lite ” (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 9 dicembre 2021, n. 22).

A fronte, dunque, di un interesse a ricorrere legittimante il proposto gravame inizialmente dichiarato e comprovato dalla dedotta lesione della sfera giuridica di colui il quale agisce in giudizio, la persistenza della condizione dell’azione deve presumersi sussistere sino a quando non siano introdotti in corso di causa elementi tali da giustificare un mutamento di opinione oppure allorché il ricorrente espressamente dichiari di non avere più interesse alla decisione.

Nel primo caso, infatti, il giudice deve rilevare l’incidenza degli elementi di fatto o di diritto sopravvenuti sull’utilità che da un eventuale accoglimento della proposta azione potrebbe conseguire il ricorrente.

Nel secondo caso, invece, nessun accertamento deve essere condotto, costituendo jus receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale, nel caso di espressa dichiarazione del ricorrente di non aver più alcun interesse alla decisione del ricorso, il giudice non può decidere la controversia nel merito, né procedere di ufficio, né sostituirsi al ricorrente nella valutazione dell'interesse ad agire, ma solo adottare una pronuncia in conformità alla dichiarazione resa (Consiglio di Stato, sez. IV, 06/07/2023, n.6612).

Ed invero, nel processo amministrativo, in assenze di repliche e/o diverse richieste ex adverso , vige il principio dispositivo in senso ampio, nel senso che la parte ricorrente, sino al momento in cui la causa viene trattenuta in decisione, ha la piena disponibilità dell'azione e può dichiarare di non avere interesse alla decisione, in tal modo provocando la presa d'atto del giudice, il quale, non avendo il potere di procedere di ufficio, né quello di sostituirsi al ricorrente nella valutazione dell'interesse ad agire, non può che dichiarare l'improcedibilità del ricorso ( ex multis , Consiglio di Stato, sez. V, 15 novembre 2021 n. 7598;
22 giugno 2021, n. 4789).

Pertanto, se la dichiarazione di persistenza di interesse da parte del ricorrente non preclude le verifiche del caso in ordine all’effettiva sussistenza della condizione dell’azione in esame, l’opposta dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione ad opera del ricorrente determina ipso iure l’esito del giudizio, potendo soltanto il giudice amministrativo prenderne atto e dichiarare l’improcedibilità della proposta azione.

I.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi