CGARS, sez. I, sentenza 2021-03-23, n. 202100239

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2021-03-23, n. 202100239
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202100239
Data del deposito : 23 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/03/2021

N. 00239/2021REG.PROV.COLL.

N. 00920/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 920 del 2017, proposto da
Corte dei Conti, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;

contro

Dott.ri T B, G C, G C, L S, M G, M G, L P, rappresentati e difesi dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, viale Villa Heloise, 21;

nei confronti

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (Inps) quale ente succeduto all'Inpdap, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Antonino Sgroi, Gino Madonia e Tiziana Giovanna Norrito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gino Madonia in Palermo, via Maggiore Toselli 5;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 1119/2017, depositata il 20/04/2017, non notificata, con la quale è stato accolto il ricorso R.G. n. 691/2009.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei Dott.ri T B, G C, G C, L S, M G, M G e di L P e dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (Inps);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 marzo 2021, tenutasi da remoto ai sensi dell’art.4, d.l. n. 28/2020 e dell’art. 25, d.l. n. 137/2020, il Cons. Maria Stella Boscarino e uditi per le parti gli avvocati l'avv. dello Stato Fabio Caserte e l'avv. G C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



1. L’Amministrazione appellante espone che, con ricorso notificato il 2 aprile 2009, i Dottori Brancato, Carlino, C, Graffeo, Pagliaro, Grillo e Savagnone, magistrati presso la Corte dei Conti in servizio presso le sezioni di controllo, giurisdizionali e la Procura per la Regione Siciliana, chiedevano l’annullamento dei provvedimenti con cui la Corte dei Conti aveva disposto le ritenute per i maggiori contributi previdenziali, ai sensi dell’art.

3-ter della legge n. 438/1992, applicate nel novembre del 2005 (poi sospese e riprese nel 2009), ma con effetto a partire dal 1.1.1993, nonché il riconoscimento dell’insussistenza dell’obbligo di pagare tali contributi e, conseguentemente, la condanna dell’appellante alla restituzione degli importi trattenuti, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali fino al soddisfo.

I ricorrenti eccepivano la prescrizione del diritto dell’Amministrazione di procedere al recupero delle somme relative al periodo contributivo gennaio 1993 - ottobre 1998, ritenendo applicabile l’art. 3, comma 9 della legge n. 335/1995, ai sensi del quale, a decorrere dal 1° gennaio 1996, le contribuzioni di previdenza ed assistenza sociale obbligatoria si prescrivono con il decorso del termine generalizzato di cinque anni.

Argomentavano che, essendo unica l’obbligazione contributiva alla base del rapporto plurilaterale tra datore di lavoro, Ente previdenziale e lavoratore, deve necessariamente esservi un unico termine prescrizionale sia per l’obbligo contributivo che l’Amministrazione ha nei confronti dell’Ente di previdenza che per il diritto dell’Amministrazione di detrarre dalla retribuzione dei propri dipendenti le somme da essi dovute a titolo di contribuzione previdenziale.



2. Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R. Sicilia adito ha accolto il ricorso, ritenendo infondata la pretesa dell’Amministrazione di procedere al recupero delle somme dal 1° gennaio 1993 al 30 ottobre 1998, perché gli originari ricorrenti non erano tenuti a versare all’Ente di Previdenza le somme corrispondenti ai maggiori contributi previdenziali di cui all’art.

3-ter, L. n. 335/1992, stante l’estinzione, per intervenuta prescrizione quinquennale, delle obbligazioni contributive sugli stessi gravanti, avuto riguardo a quanto previsto dall’art. 3, comma 9 della legge n. 335/1995.

Poiché i contributi in questione non potevano essere versati dalla Corte dei Conti, la stessa non poteva effettuare le relative trattenute sugli stipendi dei magistrati ricorrenti.

Il giudice di prime cure ha, al riguardo, escluso la sussistenza di indebito oggettivo, fattispecie che ricorre solo qualora il datore di lavoro, tenuto al versamento dei contributi, abbia omesso di effettuare le relative trattenute sulla retribuzione del dipendente.



3. Appella l’Amministrazione, dolendosi dell’erroneità della decisione, sotto un primo profilo, poiché il diritto dell’Amministrazione di procedere al recupero deriverebbe dal fatto di avere corrisposto a titolo di emolumenti somme in eccedenza rispetto a quelle dovute, con conseguente diritto alla ripetizione, ex art. 2033 c.c., peraltro doverosa, cui è applicabile l’ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.

L’Amministrazione appellante lamenta che il giudice di primo grado avrebbe omesso di considerare un elemento decisivo, ovvero che la Corte aveva versato all’Ente di previdenza - e non trattenuto per sé - le maggiori somme riferite al conguaglio previdenziale afferente il periodo contributivo 1993-1998 e, successivamente, recuperato tali somme, dovute dal dipendente al datore di lavoro.

Infine, si precisa che la Corte ha, con formali atti di interruzione, sin dal 2003, manifestato la chiara intenzione di recuperare le somme indebitamente corrisposte.

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