CGARS, sez. I, sentenza 2022-12-02, n. 202201245

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2022-12-02, n. 202201245
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202201245
Data del deposito : 2 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/12/2022

N. 01245/2022REG.PROV.COLL.

N. 00411/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 411 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'Avvocato S L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa – Direzione generale per il personale militare, non costituito in giudizio;

Ministero della Difesa, Carabinieri Comando interregionale Culqualber, Carabinieri Comando provinciale Catania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione Terza) n. 732/2022, resa tra le parti, pubblicata il 14 marzo 2022, pronunciata nel giudizio per l'annullamento

a) del decreto del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, n. M_D GMIL REG2021 0292103 in data 21 giugno 2021, con cui era disposta la sospensione disciplinare dall’impiego per sei mesi;

b) della relazione finale dell’inchiesta formale a cura dell’ufficiale inquirente n. 143/36 in data 29 marzo 2021 e la proposta di sanzione n. 37/14-2020 in data 26 aprile 2021;

c) della determina del Comandante della Regione Carabinieri Sicilia, Comando provinciale di Catania, n. 264/41-2020 in data 26 giugno 2021, con cui era respinto il ricorso gerarchico proposto dall’interessato verso la sanzione disciplinare del rimprovero;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, del Comando Carabinieri interregionale Culqualber e del Comando Carabinieri provinciale Catania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2022 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I – Ai fini della decisione della presente controversia è necessario riassumere brevemente la vicenda che ne ha dato origine.

In data 21 gennaio 2020, la Compagnia Carabinieri di Catania depositava un’informativa presso la Procura della Repubblica - Tribunale di Catania, a carico dell’odierno appellante, che dava origine all’iscrizione di procedimento penale, poi archiviato per assenza, nelle fattispecie sottoposte, della procedibilità d’ufficio.

In data 8 gennaio 2021, il Comandante della Sezione Tribunali del Reparto Sevizi Magistratura di Catania, acquisiti gli atti del procedimento penale, con la contestazione degli addebiti n. 90/7-2020 (notificata all'interessato in data 9 gennaio 2021), avviava nei confronti dell’interessato un procedimento disciplinare di corpo, per l'eventuale irrogazione di una sanzione disciplinare diversa dalla consegna di rigore, contestando formalmente le violazioni degli art. 713 e 732 del d.P.R. n. 90/20. In data 11 febbraio 2021, l’interessato avanzava richiesta di accesso alla documentazione amministrativa in relazione alle predette contestazioni, che era accolta, sicché, in data 11 febbraio 2021, depositava delle memorie scritte, con le quali rilevava un errore materiale in relazione al numero di protocollo e al periodo di riferimento in cui si erano verificati i fatti, riportato nell'avvio, l'infondatezza di quanto contestatogli. Pertanto, il Comandante, valutate le giustificazioni addotte dal sovrintendente, i precedenti disciplinari e di servizio del militare e quanto disposto al punto 4 dall'art. 1355 del Codice dell'Ordinamento militare, con la comunicazione di conclusione del procedimento disciplinare n. 96/11-20206, notificata all'interessato in data 11 marzo 2021, infliggeva la sanzione disciplinare di corpo del “rimprovero", per aver posto in essere una serie di comportamenti inadeguati al suo status militare, tale da rendersi “responsabile di molestie nei confronti della ex compagna ( omissis ) concretizzatisi con innumerevoli telefonate e messaggi diretti alla medesima, procurandole un notevole disagio di natura psicofisica”;
condotte che avevano determinato “nocumento al prestigio suo personale e dell’istituzione”.

Avverso la sanzione, l’odierno appellante proponeva ricorso gerarchico in data 2 aprile 2021, che era respinto con la determina n .264/41-2020 del 26 giugno 2021.

Parallelamente, in data 18 dicembre 2020, il Comando legione dei Carabinieri Sicilia acquisiva l’avviso di conclusione delle indagini preliminari del 24 novembre 2020, emesso la Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale militare di Napoli, nell’ambito del procedimento penale per le ipotesi di reato di “insubordinazione con ingiuria e minaccia continuata e pluriaggravata” ed “insubordinazione con ingiuria”.

A riguardo, il Comandante interregionale Carabinieri “Culqualber”, in data 12 febbraio 2021, ordinava l’avvio di una inchiesta formale, con addebiti contestati il successivo 13 febbraio 2021 e, acquisita la “relazione finale” redatta dall’Ufficiale inquirente, in data 26 aprile 2021, proponeva di definire il procedimento con l’irrogazione della “sospensione disciplinare dall’impiego” per mesi sei. La Direzione generale, concordava con la suddetta proposta e disponeva, pertanto, la sanzione con il decreto gravato.

Con il ricorso introduttivo del giudizio, l’odierno appellante chiedeva l’annullamento della sospensione dal servizio di sei mesi e del decreto di rigetto del ricorso gerarchico avverso la sanzione del rimprovero, nonché dei relativi atti presupposti. Con la sentenza appellata il T.A.R. rigettava nel merito e integralmente la domanda.

Avverso la sentenza di prime cure, l’istante – premesse le qualità professionali e morali – e ricostruita la vicenda sentimentale a cui l’appellante lega la fattispecie in esame, deduce i seguenti motivi di appello:

violazione dei termini di conclusione del procedimento previsti dall’art. 1392 del d.lgs. n.

66/2010 (Codice dell'ordinamento militare) e dall’art. 1040 del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 (Regolamento);

violazione dell’obbligo di non avviare il procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 1393 del

d.lgs. n. 66/2010 (Codice dell'ordinamento militare) sarebbe incomprensibile per l’appellante quanto determinato dal TAR “la previsione secondo cui il procedimento disciplinare non è promosso nel caso in cui esso riguardi atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio, a prescindere da ogni altro rilievo, si riferisce, ovviamente, alla circostanza esimente in cui una astratta violazione disciplinare risulti giustificata da comportamenti doverosi e sia pertanto insussistente in concreto”, che ignorerebbe i contenuti dell’art. 1393 del d.lgs. n. 66/2010 (Codice dell'ordinamento militare);



3. difetto di motivazione, omesso esame degli scritti difensivi, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti;



4. in ordine alla sanzione disciplinare del rimprovero, violazione dell’art. 1 della l. n. 241/1990, eccesso di potere sotto tutte le forme sintomatiche, violazione dell’art. 1398 del d.lgs. n. 66/2010. Deduce, l’appellante che, ai sensi dell’art. 1398per la sanzione disciplinare in oggetto il procedimento disciplinare deve essere instaurato “senza ritardo”: a) dalla conoscenza dell’infrazione;
b) ovvero dall’archiviazione del procedimento penale. Nel caso in specie, il procedimento sarebbe stato avviato il 19 gennaio 2021, mentre dei fatti (accaduti oltre un anno prima) l’amministrazione avrebbe avuto in realtà piena conoscenza nell’immediatezza degli accadimenti, denunciati alla Procura della Repubblica di Catania e, comunque, con l’archiviazione in sede penale il 16 aprile 2020. Sicché, l’Amministrazione, sarebbe decaduta dall’esercizio dell’azione.

L’appellante allega in giudizio i provvedimenti e le relazioni.

L’Amministrazione si è costituita per resistere. Con memoria precisa, in ordine all’eccepita violazione del termine per l’avvio del procedimento, ex art. 1392 del Codice dell’Ordinamento militare, di non condividere la tesi dell’appellante secondo cui l’Amministrazione avrebbe violato il termine di complessivi 240 giorni dalla conoscenza dei fatti, di cui 180 giorni (art. 1040, comma 1, lett. d), n. 19, del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90) per la conclusione degli accertamenti preliminari e 60 giorni entro cui contestare l’illecito (art. 1392 del d.lgs. n. 66/2010), così invalidando l’azione disciplinare. Innanzi tutto, precisa che il termine non sarebbe perentorio.

Infatti, l’art. 1392, comma 2, prevede: “Il procedimento disciplinare di stato a seguito di infrazione disciplinare deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato, entro 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari, espletati dall'autorità competente, nei termini previsti dagli articoli 1040, comma 1, lettera d), numero 19 e 1041, comma 1, lettera s), numero 6 del regolamento”. Ciò che rileverebbe, dunque, ai fini del presente giudizio non sarebbe il dies a quo del termine di cui all’art. 1040, comma 1, lettera d), numero 19, ma il dies a quo del termine di 60 giorni, che coincide con la conclusione degli accertamenti preliminari. Orbene, facendo applicazioni di siffatte coordinate ermeneutiche, la data 18 dicembre 2020 di acquisizione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari a carico dell’interessato, emesso dalla Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale Militare di Napoli, rappresenterebbe il dies a quo per gli accertamenti preliminari, poi conclusi il 12 febbraio 2021 con l’emissione dell’ordine di inchiesta formale. Pertanto, nella fattispecie oggetto di giudizio il termine di 180 di cui all’art. 1040, comma 1, lett. d), n. 19, del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 sarebbe stato rispettato. Orbene, il giorno successivo, erano poi contestati gli addebiti, dunque entro il termine di sessanta giorni di cui all’art. 1392 del d.lgs. n. 66/10.

L’Amministrazione precisa ancora che il dies quo non potrebbe coincidere con la mera conoscenza dei fatti (in tesi avvenuta in data 15 maggio 2020) in ragione del principio del segreto istruttorio del procedimento penale (ai sensi degli artt. 329 c.p.p. e 326 c.p.;
cita in terminis , Cons. Stato Sez. IV, 24 marzo 2020, n. 2053). Richiama anche la circolare del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri n. 276/139-19-2009 di prot. del 30 ottobre 2018 con cui si indica di evitare il rischio di violare il segreto di indagini in corso.

L’appellante, con memoria di replica ribadisce le proprie ragioni, indicando come fonte un rapporto del 25 aprile 2020 con prot. 30/9-9/2020 trasmesso dal Comandante della Legione Carabinieri Sicilia – Compagnia di Catania Piazza Dante alla Procura militare del Tribunale di Napoli. Assume la tempestività dell’azione dalla conoscenza comunque avvenuta sarebbe coerente con le esigenze indicate dalla Corte costituzionale (nella sent. 27 luglio 2000 n. 375), secondo cui: “i termini per promuovere l’azione disciplinare – e concludere, quindi, il procedimento – mirano a garantire la posizione del dipendente e, al tempo stesso, il buon andamento dell’amministrazione”. sul punto richiama anche la giurisprudenza amministrativa.

Assume ancora l’appellante che l’Amministrazione non potrebbe prospettare la non ostensibilità degli atti all'indagato prima della chiusura delle indagini preliminari, in quanto già la relazione del 25 aprile 2020 conterrebbe allegati coincidenti con quelli della inchiesta formale. Con memoria di replica, inoltre, ribadisce le proprie difese e evidenzia che i fatti contestati avrebbero in vero riguardato vicende sentimentali.

All’udienza del 16 novembre 2022, la causa era trattenuta in decisione.

II – L’appello è infondato.

III – Osserva il Collegio che la questione posta a fondamento della tesi dell’appellante ha trovato una compiuta e recente diamina da parte dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, proprio a seguito della rimessione da parte di questo Consiglio. In tale decisione trova attenta disamina il tema dell’avvenuta conoscenza dei fatti da parte dell’Amministrazione ai fini del decorso dei termini per l’instaurazione del procedimento disciplinare, nonché il tema degli interessi tutelati dalle norme anche alla luce dei principi elaborati dalla Corte costituzionale.

L’assunto di parte ricorrente si palesa smentito dall’Adunanza plenaria n. 14 del 13 settembre 2022.

La decisione menzionata, premette che “In linea generale, può affermarsi che per il personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (e, in particolare, per i militari imputati di fatti penalmente rilevanti), resta fermo il principio generale di “autonomia temperata” del procedimento disciplinare rispetto a quello penale” e che “L’avvio del procedimento disciplinare, anche in pendenza di procedimento penale, costituisce, dunque, la regola nell’impiego pubblico, mentre la sospensione rappresenta l’eccezione, dipendente dalla sussistenza di due distinti presupposti: la natura particolarmente grave della sanzione astrattamente irrogabile all’esito del procedimento;
la particolare “complessità” dell’istruttoria, ovvero la indisponibilità di “elementi conoscitivi sufficienti”;
quegli elementi cioè, come è dato dedurre, che solo le indagini penali ed il successivo dibattimento possono fornire, attesa l’ampiezza e la capacità di acquisizione proprie dei mezzi all’uopo predisposti dall’ordinamento”.

Di seguito precisa che “sia nell’interesse dell’amministrazione” per “una valutazione migliore dei fatti, sia nell’interesse del militare, sottraendolo alle conseguenze di valutazioni disciplinari frutto di incompletezza o frettolosità” ”verrebbero frustrate laddove l’amministrazione fosse costretta ad inseguire ogni esito parziale di quel giudizio, perdendo proprio quella esigenza di più approfondita, completa e complessiva valutazione dei “fatti” che, in via di eccezione, ha permesso di non avviare subito il procedimento disciplinare”.

Ancora si è affermato che: “per un verso, come sussista l’esigenza di una valutazione unitaria di più trasgressioni, perché il “comportamento contrario alla disciplina” deve essere comprensibilmente “rivelato” dalla complessiva condotta del militare e non atomisticamente, attraverso la singola valutazione di ogni specifico episodio;

- per altro verso, come tale modus di valutazione si risolva in una garanzia per il militare ed in un possibile vantaggio per lo stesso in sede di concreta irrogazione e quantificazione della sanzione”.

In tale senso, dunque, deve avvenire la lettura del principio affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza 27 luglio 2000 n. 375: “i termini per promuovere l’azione disciplinare – e concludere, quindi, il procedimento – mirano a garantire la posizione del dipendente e, al tempo stesso, il buon andamento dell’amministrazione”, di modo che “l’azione disciplinare deve iniziare tempestivamente, senza ritardi ingiustificati – o, peggio, arbitrari – rispetto al momento in cui l’amministrazione ha conoscenza della pronuncia irrevocabile di condanna”.

L’individuazione del dies a quo per l’instaurazione o la ripresa del procedimento disciplinare, ai sensi degli artt. 1392, co. 3, e 1393, co. 4, Cod. ord. mil. deve, dunque, essere interpretato nel senso che i termini di cui all’art. 1392 Cod. ord. mil. (“il procedimento disciplinare di stato a seguito di giudizio penale deve essere istaurato “entro 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione” (co. 1) e il medesimo procedimento deve concludersi entro 270 giorni dal medesimo dies a quo (co.3)) e di cui all’art. 1393, co. 4 (alla luce del quale il procedimento disciplinare è “avviato o riaperto entro 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza ovvero dalla presentazione dell’istanza di riapertura”) non possono che presupporre una conoscenza integrale che non può che essere “certa”, “dunque essa deve intervenire – in adesione alla modalità individuata dall’ordinamento per attribuire certezza legale ai provvedimenti giurisdizionali (e non solo: art. 2714 c.c.)”.

Tali conclusioni, “lungi dal costituire un irragionevole ritardo, costituisce invece una evidente garanzia per la completezza e correttezza del giudizio, e ciò sia in favore del dipendente pubblico (militare) sia in favore non già dell’amministrazione/soggetto, ma del valore costituzionalmente tutelato del buon andamento dell’attività amministrativa;
quella medesima esigenza, cioè, che aveva ex ante reso opportuno sospendere il procedimento disciplinare”.

IV – Nella specie che occupa, dunque, non può assumere alcun rilievo quanto dedotto da parte appellante circa l’avvenuta conoscenza dei fatti in via informale, e men che meno possono assumere portata dirimente valutazioni soggettive (del Comandante del corpo) secondo cui si era riscontrata una totale conoscenza dei fatti, ché altrimenti, i termini di avvio verrebbero a farsi dipendere da mere considerazioni soggettive, con conseguente incertezza circa i termini di avvio dei procedimenti .

Ciò che l’Adunanza plenaria ha posto in rilievo e che costituisce principio applicabili di conseguenza alla fattispecie per cui è causa è la necessità che la conoscenza dei fatti rilevanti ai fini dell’instaurazione del procedimento avvenga attraverso gli strumenti formali previsti dall’ordinamento.

Del resto, già il Consiglio di Stato ha affermato che “ l’Amministrazione militare, dal momento in cui ha avuto formale conoscenza dei fatti potenzialmente rilevanti sul piano disciplinare, fruisce, a pena di decadenza, di un periodo di comporto totale di 240 giorni per iniziare il relativo procedimento. … Del resto, gli “accertamenti preliminari”, quale attività amministrativa propedeutica all’eventuale esercizio dell’azione disciplinare (ovvero, in ottica più squisitamente amministrativistica, all’avvio del procedimento disciplinare), non possono che correlarsi ad evenienze puntuali cui ragguagliare il computo dei termini iniziali e finali (pur non perentori): come, invero, tali accertamenti iniziano con “la conoscenza del fatto da parte dell’autorità competente” (così gli articoli 1040, comma 1, lettera d], numero 19 e 1041, comma 1, lettera s], numero 6 del d.p.r. n. 90 del 2010), ossia l’autorità titolare del potere disciplinare, così non possono che concludersi con un formale atto della stessa “autorità competente”, che, appunto, operi una valutazione prognostica circa la potenziale valenza disciplinare delle condotte dell’incolpato, così come accertate ” (Sez. IV, n. 484/2020).

Solo da tale momento, dunque, decorre il successivo (più breve) termine perentorio di 60 giorni per l’effettiva instaurazione del procedimento disciplinare.

V – Svolte siffatte considerazione, emerge con riferimento al caso che occupa che i termini risultano rispettati.

VI - Per quanto concerne il procedimento di irrogazione della sanzione della sospensione (motivo primo del gravame), infatti, rileva che l’acquisizione formale dell’avviso di conclusioni delle indagini preliminari a carico dell’interessato è avvenuto solo in data 18 dicembre 2020 e, dunque, questa deve essere considerata il dies a quo per gli accertamenti preliminari, poi conclusisi in data 12 febbraio 2021 con l’emissione dell’ordine di inchiesta formale. Ne discende il rispetto del termine di cui all’art. 1040, d.P.R. n. 90/2010. il giorno successivo risultano contestati gli addebiti entro il termine di cui all’art. 1392 d.lgs. n. 66/2010.

VII – Per ordine logico con riferimento (in relazione all’ultimo dei motivi elevati) al provvedimento di rimprovero, va precisato che l’invocato art. 1398 del d.lgs n. 66/2010 si limita a disporre che il procedimento disciplinare debba essere instaurato senza ritardo, ancorando, in tal modo, l’esercizio di tale potestà al rispetto del principio di celerità nell’accertamento della condotta illecita, senza però vincolare il superiore gerarchico ad un termine perentorio. L'Amministrazione ha avuto conoscenza completa dei fatti, della richiesta di archiviazione e del relativo decreto, in data 26 novembre 2020;
e conseguentemente, in data 9 gennaio 2021, ha notificato la contestazione degli addebiti all’interessato.

VIII - Ne discende che sono infondate le censure attinenti alla tempestività di instaurazione dei procedimenti di irrogazione delle sanzioni.

IX - Quanto all’asserita violazione dell’obbligo di non avviare il procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 1393, comma 1, secondo e terzo alinea, del d.lgs. n. 66/2010, si evidenzia che, giusto il principio di autonomia tra azione penale e disciplinare, le due ipotesi di sospensione sino all’esito del procedimento penale sono eccezionali – come rilevato dall’Amministrazione appellata - come tali di stretta applicazione.

Dispone la norma invocata dall’appellante, infatti, che “Il procedimento disciplinare non è comunque promosso e se già iniziato è sospeso … nel caso in cui riguardi atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio”. È in vero la stessa narrazione della vicenda da parte dell’istante che esclude la fattispecie descritta dalla norma, non potendosi ricondurre i fatti contestati nell’alveo dello svolgimento delle funzioni da parte dell’interessato, in considerazione della contestazione di comportamenti non consoni al proprio status con riguardo a circostanze personali, anche se posti in essere nei confronti del superiore gerarchico.

X – Il terzo motivo di appello è smentito per tabulas . Infatti, il provvedimento fornisce piena contezza dei presupposti di fatto e di diritto e dell’ iter logico seguito dall’Amministrazione.

La valutazione di biasimo rispetto alla condotta militare prescinde dalla veridicità o meno della ricostruzione dell’appellante, che, in realtà, pretende di incidere sul merito dell’azione disciplinare e delle valutazioni, al di fuori del perimetro di sindacabilità delle stesse.

La motivazione è, al contrario, completa e fondata sull’istruttoria svolta.

XI – Per tutto quanto sin qui ritenuto, pertanto, l’appello deve essere respinto.

XII – In considerazione del principio di soccombenza, l’appellante deve essere condannato al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che sono determinate in complessivi euro 1000,00 (mille/00), oltre accessori di legge se dovuti, a favore dell’Amministrazione appellata.

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