CGARS, sez. I, sentenza 2021-04-14, n. 202100301

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2021-04-14, n. 202100301
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202100301
Data del deposito : 14 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/04/2021

N. 00301/2021REG.PROV.COLL.

N. 01197/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1197 del 2019, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato C B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato presso la cui sede distrettuale è domiciliata per legge, in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;

nei confronti

Ubi Banca s.p.a. non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) n. -OMISSIS-

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dello Sviluppo Economico;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del d.l. 137/2020;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2021 – svoltasi da remoto in videoconferenza - il Cons. Giuseppe Verde. Considerato presente, ex art. 4 comma 1 penultimo periodo d.l. n. 28/2020 e art. 25 d.l. 137/2020, l'avvocato C B e vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione presentata dall'Avvocatura dello Stato con nota di carattere generale a firma dell’Avvocato distrettuale del 2 febbraio 2021;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. La società appellante considera ingiusta la sentenza meglio indicata in epigrafe che ha respinto il ricorso per l’annullamento del provvedimento del Ministero dello sviluppo economico (d’ora in poi solo Mi.s.e.). adottato in data 4 maggio 2018 (trasmesso via PEC il 9 maggio 2018) con il quale è stato revocato il precedente contributo all’investimento riconosciuto nell’anno 2003, erogato nella misura di euro € 937.208,00 oltre rivalutazione ed interessi.



2. Più precisamente,

- con provvedimento n. 123320 del 23/06/2003 il Mi.s.e. concedeva, in via provvisoria ai sensi della l.488/92, all’impresa -OMISSIS-, un contributo in conto impianti di € 1.042.202,00 a fronte di investimenti ammessi in ordinario per l’importo di € 3.343.000,00, erogabile in due quote annuali dell’importo di € 521.101,00 ciascuna, per la realizzazione di un “Nuovo Impianto” per il recupero e la preparazione per il riciclaggio di rifiuti;

- nel tempo alla -OMISSIS- venivano erogate a favore le seguenti somme: € 521.101,00 in data 29 ottobre 2003;
€ 322.386,20 in data 7 dicembre 2006;
€ 93.720,80 in data 9 luglio 2009;
per un totale di euro 937.208,00;

- l’ultima tranche di contributo, nell’attesa di ricevere l’informazione antimafia da parte della Prefettura competente, veniva concessa sotto condizione risolutiva, come previsto dall’art. 11, co. 2, del d.P.R. 252/1998 (oggi, art. 92, co. 3, del d.lgs. 159/2011);

- la relazione finale di spesa veniva valutata con esito positivo;

- l’investimento realizzato una volta ultimato, entrava in funzione in data 20 giugno 2005.

Tuttavia, il contributo concesso nel 2003 dal Mi.s.e. veniva revocato col provvedimento oggetto dell’odierna impugnazione poiché l’informazione antimafia - richiesta alla Prefettura di Catania al momento della ultimazione del programma, ma rilasciata solo in data 20 dicembre 2017 - riscontrava il pericolo di tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata di tipo mafioso capace di condizionare gli indirizzi e le scelte imprenditoriali della società.

3 La società -OMISSIS- impugnava il provvedimento di ritiro del contributo dinanzi al T deducendo le seguenti censure:

I - violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 2 e 3, del d.P.R. 252/1998 – eccesso di potere per arbitrio, carenza di istruttoria e difetto di motivazione;

II - intervenuta prescrizione ordinaria, poiché sono decorsi più di dieci anni dal momento del conferimento del contributo fino a quello in cui ne è stata disposta la restituzione;

III - invalidità derivata dall’illegittima adozione dell’interdittiva prefettizia, allo stato impugnata con ricorso straordinario al Capo dello Stato.



4. Il Ministero si costituiva in primo grado per resistere al ricorso, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del g.a., citando in proposito la giurisprudenza di cui a A.P. 17/2013 e 6/2014, l’assenza di alcun profilo di valutazione discrezionale nella decisione adottata, nonché il carattere provvisorio dell’assegnazione, che è condizionato dal positivo esito dei cd. “controlli antimafia”, operanti - se negativi - come condizione risolutiva ai sensi dell’art. 11, co. 2, del d.P.R. 252/1998.



5. Il T - con l’ordinanza n. 392 del 21 giugno 2018 - accoglieva la domanda cautelare formulata in ricorso, sospendendo l’impugnato provvedimento di revoca con la seguente motivazione: “ Rilevata l’entità del pregiudizio dedotto in ragione della consistenza della somma oggetto di restituzione, pretesa col provvedimento impugnato;

Considerato che la ricorrente dichiara di aver integralmente impiegato molti anni addietro il contributo per la realizzazione dell’investimento, con la conseguenza che oggi non sarebbe nelle condizioni di poter restituire immediatamente l’importo;

Rilevato che la causa determinante l’obbligo di restituzione – ossia, l’informativa interdittiva – è allo stato sub iudice, essendo stata impugnata dalla società ricorrente con ricorso straordinario;

Ritenuto che, nella comparazione fra i due interessi coinvolti nella vicenda in esame, può ritenersi allo stato prevalente quello della parte privata, almeno fino a che non vi sia un pronunciamento sul ricorso avverso l’informativa;
”.



6. I primi giudici dopo aver disatteso l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario hanno – sempre in via preliminare- precisato che l’informazione antimafia che riguarda la società ricorrente è stata impugnata con ricorso straordinario al Capo dello Stato, ma non risulta che tale procedimento sia stato in atto definito: ne consegue che il provvedimento prefettizio, in base ai principi generali del diritto amministrativo, deve essere considerato allo stato valido ed efficace, e dunque idoneo a supportare il provvedimento di revoca del contributo adottato dal Mi.s.e. .



7. Il punto nodale affrontato dal T ha riguardato l’interpretazione dell’art. 92, co. 3, del d.lgs. 159/2011 (“ Decorso il termine di cui al comma 2, primo periodo, ovvero, nei casi di urgenza, immediatamente, i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, procedono anche in assenza dell'informazione antimafia. I contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui all'articolo 67 sono corrisposti sotto condizione risolutiva e i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite ”) e dell’art. 94, co. 2, del medesimo decreto legislativo ( “ qualora la sussistenza di una causa di divieto indicata nell'articolo 67 o gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all'articolo 84, comma 4, ed all'articolo 91 comma 6, siano accertati successivamente alla stipula del contratto, i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, salvo quanto previsto al comma 3, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite ”).



6.1. Il T ha così avuto modo di precisare che l’art. 94 – e segnatamente, la clausola di salvaguardia in esso contenuta, relativa alle “utilità conseguite” – non trovi affatto applicazione con riguardo a contributi, finanziamenti, agevolazioni e altre erogazioni di cui all'articolo 67 (T Catania, IV, 2478/2018), non essendo riscontrabile per l’Amministrazione alcun vantaggio diretto (ossia, alcuna “utilità conseguita”) dalle opere realizzate dal ricorrente, ma trovi applicazione solo nei casi di contratti di appalto con la PA o di concessioni di pubblico servizio (T Catania 210/2019), laddove la revoca della concessione o il recesso dal contratto – se non compensata dal riconoscimento di un rimborso a favore dell’impresa – determinerebbe un ingiustificato arricchimento a favore della parte pubblica .



6.2. Secondo i primi giudici

- la ulteriore censura di difetto di istruttoria e di motivazione, contenuta nel motivo in esame (I motivo) , è infondata, poiché il provvedimento del Ministero è strettamente vincolato alle risultanze dell’informativa antimafia, ed è espressione di una attività priva di alcuna discrezionalità da parte dell’amministrazione agente ;

- il secondo motivo di ricorso è anch’esso infondato. La condizione risolutiva è stata fatta valere col provvedimento di “revoca” oggi impugnato (comunicato il 9 maggio 2018) a distanza di circa nove anni dall’erogazione dell’ultima tranche (avvenuta il 9 luglio 2009);
quindi non può ritenersi a quel momento maturato il termine di prescrizione decennale. Inoltre, tale termine non potrebbe considerarsi decorso anche per un’altra concorrente ragione: la prescrizione si configura quando il titolare del diritto, pur potendone disporre, non lo esercita per un lungo lasso di tempo: nel caso in esame, il diritto alla “revoca” del contributo è divenuto esercitabile solo nel mese di dicembre 2017, allorquando il Ministero resistente ha ricevuta l’informativa prefettizia che rendeva possibile (rectius, obbligatorio) il ritiro del contributo concesso;
pertanto, anche sotto questo profilo, la dedotta prescrizione non può ritenersi esistente
;

- il terzo motivo non può essere scrutinato dal Collegio, dato che il presupposto provvedimento prefettizio contenente l’informativa non è oggetto di impugnazione in questa sede, e si trova allo stato sottoposto al vaglio di legittimità di altro organo. Ne consegue che nessun vizio di invalidità derivata può essere analizzato, né pronunciato, da questo T .

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