CGARS, sez. I, sentenza 2021-03-24, n. 202100243
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Pubblicato il 24/03/2021
N. 00243/2021REG.PROV.COLL.
N. 00650/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 650 del 2017, proposto dal sig. G C, rappresentato e difeso dagli avvocati G I e G I, con domicilio eletto presso il loro studio, in Palermo, viale Libertà n. 171;
contro
Comune di Palermo, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G N, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, piazza Marina 39;
per la riforma
della sentenza n.198 del 26 gennaio 2017 resa dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (sezione I^);
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Palermo;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 23 febbraio 2021 - svoltasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. n. 137/2020 - il Cons. Carlo Modica de Mohac;e udito telematicamente l’avv. G I;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con istanza del 26 giugno 2013, il sig. G C, proprietario di un’area sita nel Comune di Palermo, in via Pergusa (C.da Margifaraci, contraddistinta nel NCT al foglio 53, particelle nn.4116 e 4119), chiedeva il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di tre villette a schiera.
La predetta area - della estensione di mq.300 ed avente una potenzialità edificatoria corrispondente ad un indice di edificabilità pari a 3 mc/mq - ricade in z.t.o. B/4b;e cioè in una zona in cui, in forza dell’art. 10 delle NN.TT.AA del vigente PRG del Comune di Palermo, la nuova edificazione è consentita esclusivamente previa formazione di piani particolareggiati.
Tuttavia nei vari atti che sostengono la domanda giudiziale e negli atti relativi all’istanza di concessione, il sig. C ha sempre fatto presente e più volte ribadito che l’area in questione è di contenuta estensione (inferiore a quella per la quale in zona C si prescrive la pianificazione attuativa), interessata da edificazione ed inserita in un contesto già pienamente urbanizzato, il che - a suo avviso - avrebbe consentito (e consentirebbe) di applicare l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la redazione del piano particolareggiato è superflua.
Ad ogni modo, poiché nel termine di trenta giorni dalla richiesta della concessione, non gli perveniva alcuna richiesta di integrazione documentale, trascorso il termine di cui all’art. 2, comma 5, della l.r. n. 17/94, riteneva che sulla predetta istanza si fosse formato il silenzio-accoglimento.
Senonché, il 18 novembre 2013, l’Amministrazione gli comunicava di aver avviato il procedimento di annullamento in autotutela della concessione edilizia ormai assentita.
A questo punto l’interessato trasmetteva all’Amministrazione ampie e motivate controdeduzioni e chiedeva che il Settore Pianificazione Urbanistica esprimesse il suo avviso in merito alla possibilità di procedere - visto lo stato dei luoghi ed il livello di urbanizzazione raggiunto - in mancanza del piano particolareggiato.
Con nota prot.n. 20517 del 10.1.2014, il predetto ufficio - pur riconoscendo la competenza del “Settore edilizia privata” (e dunque escludendo la propria) in ordine all’adozione del provvedimento conclusivo - rappresentava che a suo avviso sarebbe stato possibile, considerata l’ampia urbanizzazione della zona, procedere al rilascio del titolo abilitativo all’edificazione (dunque procedere ad ulteriore urbanizzazione a mezzo di singola concessione edilizia), a condizione che non venisse superata la volumetria massima consentita.
Nel frattempo, però, il competente Settore edilizia priva aveva già adottato e notificato il provvedimento n.51 del 18 dicembre 2013 con cui l’Amministrazione disponeva l’annullamento in autotutela della concessione.
L’Amministrazione motivava l’annullamento in questione affermando:
- che la domanda progettuale era stata proposta in assenza di piano particolareggiato e dunque in contrasto con l’art.10, comma 2, delle Norme tecniche di attuazione del regolamento edilizio;
- e che il progetto non rispettava le norme sulle distanze e pertanto appariva in contrasto anche con l’art.3 punto 21 delle predette Norme tecniche.
2. Il sig. C impugnava tale provvedimento innanzi al TAR Sicilia Palermo, sez. II^ (con il ricorso r.g. n. 984/2014).
3. Con la sentenza n.982 del 20 aprile 2015, il T.A.R. adito respingeva il ricorso in questione, affermando, tra l’altro:
a) che pur avendo ‘allegato’ la circostanza che l’area è interamente urbanizzata, il ricorrente “non ha fornito sufficienti mezzi di prova che documentino l’assunto”;
b) che il provvedimento di annullamento si fonda anche sul fatto che l’indice di edificabilità operante sul lotto sarebbe stato già interamente ‘sfruttato’ per la costruzione di un fabbricato su un lotto limitrofo, fabbricato che avrebbe già “assorbito” l’intera potestà edificatoria dell’area;e che “su tale assorbente questione il ricorso non ha sollevato alcuna specifica doglianza ”;
c) che l’Amministrazione “ha sottolineato che, allo stato , il progetto non può essere approvato:
- sia perché risulta in contrasto con l’art.10 (comma 2) e con l’art. 3 (punto 21, comma a) delle Norme Tecniche di Attuazione del Regolamento Edilizio, e ciò a cagione del mancato rispetto delle disposizioni relative alle distanze dai confini;
- sia, soprattutto, per l’assorbente ragione che il ricorrente non ha presentato il Piano Particolareggiato, piano attuativo che avrebbe dovuto essere redatto ed approvato - eventualmente su sua richiesta - dal Servizio Urbanistica.
Nella predetta sentenza il TAR ha affermato altresì:
- che “l’Amministrazione non ha inteso negare definitivamente la concessione”, avendo rappresentato che posto che “ … allo stato, il progetto non può essere approvato: (...) soprattutto per l’assorbente ragione che il ricorrente non ha presentato il Piano Particolareggiato, piano attuativo che avrebbe dovuto essere redatto ed approvato - eventualmente su sua richiesta - dal Servizio Urbanistica”;
- e che “poiché il Piano particolareggiato è lo strumento mediante cui è possibile introdurre disposizioni di dettaglio volte a colmare eventuali lacune (e/o correttivi atti a superare eventuali incongruenze) delle Norme Tecniche di Attuazione del Regolamento Edilizio, non si comprende la ragione per la quale il ricorrente non chieda all’Amministrazione di utilizzare ( id est : di redigere ed approvare) tale strumento attuativo attendendo gli esiti provvedimentali di tale richiesta;e verificando se lo pregiudichino definitivamente, per poi eventualmente contestarli”.
4. Alla luce dei chiarimenti provenienti dalla citata sentenza del TAR, con atto extra/giudiziario di diffida e costituzione in mora notificato il 20 maggio 2015, il sig. C invitava l’Amministrazione ad approvare il Piano particolareggiato necessario per l’attuazione dell’intervento edilizio richiesto, con avvertimento che in caso di ritardo (di oltre trenta giorni) avrebbe dato corso alle opportune azioni giudiziarie per la tutela dei suoi diritti, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241/1990.
5. Trascorsi ancora quasi sei mesi, con ricorso notificato nel novembre 2015, il ricorrente chiedeva al TAR di Palermo di dichiarare giudizialmente l’illegittimità del silenzio e dell’inerzia serbati dall’Amministrazione sulla sua domanda, nonché la condanna al risarcimento del danno subito per il ritardo.
6. Con sentenza n.1134 del 6 maggio 2016, il TAR accoglieva in parte la domanda giudiziale del ricorrente, dichiarando l’illegittimità del silenzio e l’obbligo dell’Amministrazione di determinarsi, anche in senso negativo, mediante l’adozione di un provvedimento espresso, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della sentenza o dalla notifica della stessa a cura della parte interessata.
7. Quanto alla domanda risarcitoria, il TAR disponeva la conversione del rito per la trattazione della questione.
E con la sentenza 198 del 26.1.2017, respingeva la domanda giudiziale in questione.
Nel respingere la domanda risarcitoria, il TAR affermava, tra l’altro:
- che “la sentenza n. 982 del 20 aprile 2015 ha riconosciuto la legittimità del provvedimento di annullamento in autotutela della concessione assentita per l’edificazione di tre villette ‘a schiera’ della quale il ricorrente aveva chiesto il rilascio il 26 giugno 2013, di talché, fino a tale data, certamente nessun comportamento colpevole più essere imputato al Comune resistente” ;
- e che, per quanto concerne il periodo successivo , “la domanda di risarcimento del danno, così come formulata e precisata, non può essere accolta perché non vi è alcuna dimostrazione dell’esistenza di un evento dannoso ingiusto, della quantificazione del danno subito e della sua riconducibilità causale all’inerzia della P.A. nella conclusione del procedimento di approvazione del piano particolareggiato che resta, comunque, atto presupposto rispetto all’ottenimento della concessione edilizia al fine della concreta edificabilità del lotto, che è il bene della vita cui aspira parte ricorrente”.
7. Con appello notificato il 14 luglio 2017 (recapitato il 17 luglio 2017), il sig. G C ha impugnato la predetta sentenza e chiede che, in riforma della stessa, l’Amministrazione venga condannata al risarcimento del danno subito per il ritardo procedimentale.
Ritualmente costituitosi, il Comune ha eccepito l’inammissibilità, l’improcedibilità e comunque l’infondatezza del gravame chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
Nel corso del giudizio le parti hanno insistito nelle rispettive domande ed eccezioni.
Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito dell’appello, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO