CGARS, sez. I, sentenza 2017-05-30, n. 201700258

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2017-05-30, n. 201700258
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 201700258
Data del deposito : 30 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/05/2017

N. 00258/2017REG.PROV.COLL.

N. 00922/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 922 del 2012, proposto dal Comune di Palermo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato A M I, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dello stesso Comune in Palermo, piazza Marina 39;

contro

Condominio di via Montepellegrino 72, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato R L, con domicilio eletto presso lo studio Lavinia Maccarone in Palermo, via XII Gennaio 16;

nei confronti di

Carige Assicurazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati A G e D C, con domicilio eletto presso lo studio A G in Palermo, via Noto 12;

New Panoramic Costruzioni s.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del TAR SICILIA – PALERMO, Sezione II, n. 916/2012, resa tra le parti, concernente ingiunzione al Condominio di pagamento di oneri concessori.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2017 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati A. M. Impinna, R. Rotigliano su delega di R.Lania, e D.Calloni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 Il Comune di Palermo rilasciava alla New Panoramic Costruzioni s.r.l. le concessioni edilizie n. 337 del 6 dicembre 1988 e n. 135 dell’8 marzo 1990, in forza delle quali veniva edificato l’immobile sito nella Città alla via Montepellegrino n. 72.

A distanza di tempo, il successivo 11 febbraio 2011 lo stesso Comune notificava all’amministratore del Condominio di Via Montepellegrino n. 72 la comunicazione di avvio del procedimento per il pagamento della somma di € 216.263,33 a titolo di oneri concessori -comprensivi di penale e interessi legali- per le concessioni rilasciate circa 21 anni prima, oneri mai pagati dalla società costruttrice. E di lì a poco notificava al Condominio il provvedimento del dirigente del Servizio Concessioni e Autorizzazioni - Settore Urbanistica ed Edilizia n. 465395 del 21 giugno 2011, con il quale s’ingiungeva il pagamento degli oneri suddetti, aggiornati con il calcolo attualizzato degli interessi per la complessiva somma di € 217.465,87.

Il Condominio proponeva pertanto ricorso al T.A.R. per la Sicilia, notificato il 26 ottobre 2011, avverso quest’ultimo provvedimento, deducendone l’illegittimità con tre distinti motivi di diritto.

Si costituivano in giudizio il Comune di Palermo, senza peraltro depositare scritti difensivi, e la Carige Assicurazioni s.p.a., che all’epoca del rilascio delle concessioni aveva emesso la polizza fideiussoria per la società costruttrice.

La domanda cautelare proposta con il ricorso veniva accolta in considerazione della lunghezza del lasso temporale intercorso tra il rilascio delle concessioni e la richiesta comunale di pagamento dei relativi oneri.

2 All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale adìto con la sentenza n. 916/2012 in epigrafe accoglieva il gravame, reputandone fondato e assorbente il motivo con il quale era stata dedotta la prescrizione del credito comunale.

Il T.A.R. disponeva la trasmissione di copia della sentenza alla Procura Regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana.

3 Seguiva avverso tale sentenza la proposizione del presente appello da parte dell’Amministrazione soccombente, che sottoponeva a critica gli argomenti con i quali il Tribunale aveva scrutinato favorevolmente l’impugnativa avversaria.

Resistevano all’appello il Condominio e la soc. Carige Assicurazioni, che opponevano l’inammissibilità dei motivi d’appello, in quanto eccezioni nuove dedotte per la prima volta nel secondo grado di giudizio, e comunque la loro infondatezza (oltre che, il Condominio, la nullità dell’atto di appello).

Alla pubblica udienza dell’11 maggio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

4 L’appello merita accoglimento nei limiti che si vedranno.

5 Il Collegio rileva preliminarmente l’infondatezza delle eccezioni di nullità dell’appello sollevate dalla difesa del Condominio.

5a L’atto di appello reca una precisa indicazione, nel testo della procura ad litem apposta a margine della sua prima pagina, degli estremi della sentenza con esso impugnata. E l’oggetto dell’appello era anche, del resto, agevolmente identificabile attraverso una disamina complessiva del suo contenuto, con la conseguenza che non esisteva alcun impedimento od ostacolo al pieno dispiegarsi del contraddittorio tra le parti in questo secondo grado di giudizio.

5b Quanto al supposto difetto di rappresentanza che inficerebbe il medesimo atto introduttivo, è la stessa difesa condominiale a dare atto che la procura ad litem risulta rilasciata dal Sindaco in carica: sicché la circostanza formale che il suo nominativo sia stato erroneamente indicato nell’intestazione dell’atto di appello non possiede alcuna attitudine viziante.

5c Infine, la lettura dell’appello rivela come lo stesso rechi delle specifiche e puntuali critiche avverso la sentenza di primo grado: ne consegue che esso non può essere fondatamente contestato per la loro mancanza.

6 Sempre in via preliminare, il Collegio deve prendere atto della mancanza di una rituale riproposizione da parte del Condominio, originario ricorrente, delle sue doglianze rimaste assorbite dalla pronuncia di primo grado.

L’art. 101, comma 2, C.P.A. stabilisce, come noto, che “ Si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello o, per le parti diverse dall’appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio ”.

Orbene, nella memoria del Condominio del 7 marzo 2013 i motivi dell’originario ricorso sono stati richiamati unicamente nel contesto, solo ricognitivo, della narrativa introduttiva (paragrafo “Il giudizio di primo grado e l’appello del Comune di Palermo).

Nella seconda parte dello stesso scritto difensivo (pag. 5 e segg.), quella di natura argomentativa, non compare, invece, una riproposizione delle censure assorbite dal primo Giudice (tantomeno con l’univocità e la puntualità di contenuti che la giurisprudenza richiede al riguardo). L’appellata si limita a contrastare i mezzi dell’appello comunale: e le stesse conclusioni della memoria si esauriscono in una richiesta di rigetto delle domande dell’avversaria, senza sollecitazioni di sorta allo scrutinio delle primitive doglianze finite assorbite.

Occorre invece ricordare che l'esame dei motivi assorbiti in primo grado è consentito al Giudice d’appello solo se interviene un'apposita iniziativa della parte interessata. E l’onere di riproposizione dei motivi assorbiti esige, per il suo rituale assolvimento, che la parte appellata indichi specificamente le censure che intende siano devolute alla cognizione del Giudice di secondo grado, all'evidente fine di consentire a quest'ultimo una compiuta conoscenza delle relative questioni, e alle controparti di contraddire consapevolmente sulle stesse. Ne consegue che anche un rinvio, ove indeterminato, alle censure assorbite e agli atti di primo grado che le contenevano, sarebbe inidoneo a introdurre nel thema decidendum del giudizio d'appello i motivi in tal modo evocati (Sez. V, 18 settembre 2003, n. 5322;
20 ottobre 2004, n. 6876;
24 gennaio 2007, n. 250;
19 settembre 2008, n. 4533;
Sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4313;
Sez. IV, 3 marzo 2009, n. 1219;
l’interpretazione è stata confermata anche sotto l’impero del vigente Codice del Processo amministrativo: cfr. ad es. Sez. V, 16 gennaio 2013, n. 251;
19 luglio 2013, n. 3934;
11 febbraio 2014, n. 661;
Sez. IV, 19 settembre 2012, n. 4974;
22 novembre 2013, n. 5551;
Sez.III, 6 giugno 2011, n. 3371;
13 maggio 2011, n. 2908;
21 febbraio 2012, n. 918).

In definitiva, pertanto, i motivi d’impugnazione di prime cure finiti assorbiti dalla decisione in epigrafe in carenza di una rituale riproposizione devono intendersi rinunziati a mente dell’art. 101, comma 2, C.P.A..

7 Venendo ai contenuti dell’appello comunale, questi possono essere illustrati nei seguenti termini.

Con il primo motivo l’Amministrazione eccepisce che il Condominio originario ricorrente con la nota del 21 settembre 2011 avrebbe riconosciuto il proprio debito nei confronti del Comune, così rinunciando, giusta l’art. 2937 cod.civ., a far valere la prescrizione.

Il secondo e subordinato motivo riguarda i soli costi di costruzione. Il Comune deduce che per i relativi oneri il corso della prescrizione prenderebbe a maturare non dal rilascio della concessione (come ritenuto dal T.A.R.), bensì solo dall’ultimazione dei lavori di costruzione. E poiché nella fattispecie i lavori non potrebbero dirsi ancora terminati, in difetto di presentazione da parte del privato della certificazione di fine lavori, la prescrizione non avrebbe nemmeno iniziato a decorrere.

8a Il Collegio, concentrando l’attenzione sul primo di tali mezzi, deve subito disattendere l’obiezione delle appellate circa l’inammissibilità dell’eccezione con esso veicolata quale novum asseritamente vietato in appello dall’art. 104 C.P.A..

Quest’ultimo dispone, invero, che “ Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall'articolo 34, comma 3, né nuove eccezioni non rilevabili d'ufficio .”

La giurisprudenza dominante della Corte di Cassazione insegna, però, che la rinuncia alla prescrizione, integrando solo un’eccezione in senso lato, può essere rilevata anche d’ufficio, purché i fatti su cui essa si fonda siano stati ritualmente acquisiti al processo (in termini cfr. Cass. civ., Sez. VI, 25 novembre 2015, n. 24113;
Sez. III, 1° marzo 2007, n. 4804;
II, 14 maggio 2003, n. 7411;
7 febbraio 1996, n. 963).

Ciò posto, non è in discussione che nel giudizio di primo grado la nota del Condominio del 21 settembre 2011 fosse stata ritualmente prodotta dal Comune agli atti di causa.

Poiché, pertanto, giusta la condivisibile giurisprudenza appena ricordata, la rilevabilità della rinuncia alla prescrizione non è subordinata all’eccezione di parte ma può avvenire anche d’ufficio, in proposito il divieto di nova in appello è fuori causa.

8b Per completezza, il Collegio rileva che il divieto appena detto è stato infondatamente richiamato anche sotto un altro profilo.

La difesa del Condominio ha eccepito che, poiché il Comune in primo grado aveva fatto riferimento unicamente alle concessioni edilizie del 1988 e 1990, il suo richiamo nell’atto d’appello anche alla “ ulteriore richiesta di variante … del 18.08.1990 ” avrebbe integrato una inammissibile “domanda nuova”.

In contrario è tuttavia agevole obiettare, sul punto, che tale richiamo non configura una domanda nuova: questo già per la decisiva ragione che il Comune con il proprio appello non ha introdotto alcuna nuova pretesa di oneri contributivi sul presupposto della variante anzidetta, tant’è che ha riconosciuto che la medesima non era mai stata assentita (la difesa comunale ha menzionato tale richiesta di variante solo per tentare di trarne argomento sul piano della decorrenza del termine prescrizionale).

9 Il primo motivo di appello, oltre che ammissibile, è anche fondato, la nota condominiale del 21 settembre 2011 potendo effettivamente essere qualificata come una rinuncia ad avvalersi della prescrizione del credito comunale.

9a A questo proposito giova ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte di legittimità, in tema di prescrizione le trattative per comporre bonariamente una vertenza, non avendo quale precipuo presupposto l'ammissione totale o parziale della pretesa avversaria, e non rappresentando quindi ex se un riconoscimento del diritto altrui ai sensi dell'art. 2944 c.c., non hanno efficacia interruttiva né possono importare rinuncia tacita a far valere la prescrizione medesima, poiché non costituiscono fatti incompatibili in maniera assoluta con la volontà di avvalersi della causa estintiva dell'altrui diritto, come richiesto dall'articolo 2937, comma 3, del c.c., a meno che, però, dal comportamento di una delle parti non risulti il riconoscimento del contrapposto diritto di credito, e si accerti che la transazione tra loro è mancata solo per questioni attinenti alla liquidazione del credito, e non anche all'esistenza di tale diritto (cfr. Cass. civ., Sez. II, 28 gennaio 2015, n. 1587;
III, 21 dicembre 2011, n. 27930;
1° marzo 2007, n. 4804).

Da qui la necessità che le specifiche trattative svolte vengano sottoposte nella prospettiva indicata a una verifica in concreto, e non in astratto, guardando al modo in cui le stesse siano state condotte e alle ragioni del loro esito negativo.

La stessa giurisprudenza insegna, inoltre, che la rinuncia tacita ad avvalersi della prescrizione, ai sensi dell'art. 2937, comma 3, c.c., deve risultare da un comportamento del tutto incompatibile con la volontà di opporre la causa estintiva, ossia una condotta non altrimenti interpretabile se non nel senso di ritenere non estinto il diritto altrui (Cass. civ., Sez. II, 21 marzo 2011, n. 6397;
III, 29 novembre 2012, n. 21248).

9b Ciò premesso, con riferimento ai contenuti della nota condominiale in discussione si può rilevare quanto segue.

Nella nota, dopo la rituale premessa che “ i condomini a maggioranza hanno nominato un legale al fine di resistere ad eventuali giudizi ”, veniva affermato : “ I sig.ri Condomini chiedono di conoscere le modalità per poter eseguire il pagamento personalmente e direttamente alla tesoreria del Comune ”. E in coerenza con ciò l’amministratore del Condominio sottolineava nella stessa nota di allegare “ elenco nominativo dei proprietari dell’immobile con le relative tabelle millesimali di proprietà al fine di consentire al Vs. ufficio la ripartizione individuale degli oneri di concessione dovuti …”.

Dal che si desume con sufficiente evidenza come la nota esprimesse da parte del Condominio un riconoscimento del credito comunale riguardante gli oneri concessori oggetto di causa, credito la cui esistenza non solo non veniva messa in discussione, ma trovava conferma nella contestuale manifestazione dell’intenzione dei Condomini di onorarlo.

Unico temperamento alla disponibilità manifestata dai condomini era, difatti, nella loro mera richiesta all’Ente “ di ridurre il più possibile la penale calcolata ad 1/3 ed i relativi interessi legali ”. Il che, però, non soltanto riguardava voci solamente accessorie, ma non condizionava la disponibilità condominiale all’integrale pagamento degli oneri costituenti la sorte capitale dovuta (tant’è che la proposizione della nota, qui appena trascritta, “ … al fine di consentire al Vs. ufficio la ripartizione individuale degli oneri di concessione dovuti ”, si concludeva con le eloquenti parole “ calcolando eventuali riduzioni di cui alla richiesta ”).

9c Se si ha riguardo, dunque, ai contenuti testé esposti alla luce dei principi giurisprudenziali di cui al paragr. 9a, può effettivamente concludersi che la nota condominiale del 21 settembre 2011 si configurava come una rinuncia ad avvalersi della prescrizione del credito comunale.

La nota, infatti, non poneva in discussione la debenza degli oneri concessori né il loro ammontare, esprimendo l’incondizionata intenzione dei condomini di eseguire il relativo pagamento.

Di conseguenza, diversamente da quanto sostenuto dalle appellate, il Condominio non si era “ limitato a proporre una trattativa al solo fine di evitare lunghe cause legali ”, bensì aveva sostanzialmente riconosciuto il contrapposto diritto di credito comunale;
e il mancato accordo bonario tra le parti era dipeso non già da questioni attinenti all’esistenza del credito, ma solo dalla mancata intesa sull’ammontare delle voci accessorie di penali e interessi.

Dal riconoscimento condominiale del diritto altrui emergeva pertanto, come “ da un fatto incompatibile con la volontà di valersi della prescrizione ”, la rinuncia tacita a far valere quest’ultima.

9d Ne discende che la sentenza impugnata, che aveva giudicato fondato il motivo della prescrizione del credito comunale, deve essere riformata, e tale motivo respinto.

10a Al Collegio rimane a questo punto unicamente da prendere posizione sulla deduzione subordinata della CARIGE secondo la quale, “ anche a voler ritenere che il Condominio abbia rinunciato al proprio diritto di far valere la prescrizione del credito del Comune di Palermo, … la rinuncia non può in alcun modo essere opposta a Carige Assicurazioni s.p.a .”

Il fideiussore si richiama, in proposito, alle previsioni dell’art. 2939 c.c. (“ opponibilità della prescrizione da parte dei terzi ”), il quale recita: “ La prescrizione può essere opposta dai creditori e da chiunque vi ha interesse, qualora la parte non la faccia valere. Può essere opposta anche se la parte vi ha rinunziato. ” E ne desume che nei confronti di esso garante, che nel primo grado di giudizio aveva parimenti fatto valere la prescrizione (memoria del 29 dicembre 2011, pag. 5 e segg.), le somme richieste dal Comune col provvedimento impugnato dovranno in ogni caso ritenersi, appunto, prescritte.

10b La richiesta della CARIGE, che non ha dato adito a controdeduzioni, risulta meritevole di accoglimento, stante il chiaro tenore della previsione codicistica allegata a suo fondamento.

10c E questa conclusione vale, per la stessa CARIGE, rispetto all’intero ammontare del credito comunale, che nei suoi (soli) riguardi deve reputarsi integralmente prescritto.

Diversamente da quanto dedotto con il secondo motivo del presente appello, infatti, per gli oneri concessori riflettenti i costi di costruzione non può dirsi che la prescrizione non prendesse a maturare dal rilascio della concessione ma solo dall’ultimazione dei lavori.

La giurisprudenza dominante, già puntualmente richiamata dal primo Giudice, è appunto nel senso che anche per quanto concerne il costo di costruzione il termine di prescrizione cominci a decorrere sin dal momento del rilascio della concessione edilizia (C.d.S., Sez. IV, 16 gennaio 2009 n. 216;
6 giugno 2008, n. 2686;
V, 13 giugno 2003, n. 3332). E questa interpretazione, dalla quale non sono state offerte ragioni per discostarsi, è stata anche recentemente confermata con la sentenza della Sez. IV del Consiglio di Stato 10 giugno 2014, n. 2945, che ha ribadito le seguenti lineari osservazioni.

La disposizione dell’art. 11 della legge n. 10 del 1977, in tema di “Versamento del contributo afferente alla concessione”, stabilisce quanto segue: “La quota di contributo di cui al precedente articolo 6 è determinata all’atto del rilascio della concessione ed è corrisposta in corso d’opera con le modalità e le garanzie stabilite dal comune e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione delle opere”.

Da tale norma si desume, invero, che il fatto costitutivo dell’obbligo giuridico del titolare della concessione edilizia, di versare il contributo previsto, è rappresentato dal rilascio della concessione medesima, ed è a tale momento, quindi, che occorre aver riguardo per la determinazione dell’entità del contributo, divenendo il relativo credito certo, liquido o agevolmente liquidabile ed esigibile.

Né alcun rilevo in senso contrario può assumere la circostanza che al Comune sia espressamente riconosciuta la facoltà di stabilire modalità e garanzie per il pagamento del contributo, atteso che l’atto di imposizione non ha carattere autoritativo ma si risolve in un mero atto ricognitivo e contabile, applicativo di precedenti provvedimenti di carattere generale, e la sua mancata tempestiva adozione non implica alcun potere dell’Amministrazione di differire il suo diritto di credito, configurandosi piuttosto come mancato esercizio del diritto stesso, idoneo a far decorrere il periodo di prescrizione.

Alla luce delle considerazioni esposte, non può trovare accoglimento il primo motivo di appello, essendo ampiamente trascorso il termine decennale di prescrizione, decorrente dal rilascio della concessione edilizia .”

11 In conclusione, l’appello del Comune di Palermo deve trovare accoglimento nei confronti del Condominio, mentre con riferimento alla specifica posizione della soc. Carige Assicurazioni vale quanto appena osservato nel paragr. 10a e seguenti.

Nella peculiarità della vicenda, tuttavia, in cui la genesi del contenzioso va ricondotta essenzialmente alla lunga inerzia fatta segnare dall’Amministrazione nel far valere il proprio credito, si rinvengono ragioni idonee a giustificare la compensazione tra le parti delle spese processuali del doppio grado.

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