CGARS, sez. I, sentenza 2021-03-11, n. 202100204
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Pubblicato il 11/03/2021
N. 00204/2021REG.PROV.COLL.
N. 00915/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 915 del 2017, proposto dalle signore L V, S M B, A G, A C, R S, M B e V A, rappresentate e difese dall'avvocato G R, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Guglielmo Oberdan n. 5;
contro
Comune di Castellammare del Golfo in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M B M, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Nunzio Morello 40;
nei confronti
I.P.A.B. “Istituto Regina Elena e V E I”, in persona del legale rappresentante p.t. e Commissario Straordinario della stessa, non costituiti in giudizio;
Regione Siciliana, Presidenza della Regione Siciliana ed Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato presso la cui sede distrettuale, in Palermo, via Villareale n.6, sono ex lege domiciliati;
per la riforma della sentenza n. 2122 del 4.9.2017, resa dal T.A.R. Sicilia di Palermo, Sez. III^;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni regionali e del Comune di Castellammare del Golfo;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 23 febbraio 2021 - svoltasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. n. 137/2020 - il Cons. Carlo Modica de Mohac;
Vista la richiesta di passaggio decisione senza discussione presentata dall'Avvocatura dello Stato con nota di carattere generale a firma dell’Avvocato distrettuale del 2 febbraio 2021;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con nota prot. n. 36467 dell’1 ottobre 2013 l’Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro della Regione siciliana chiedeva al Comune di Castellammare del Golfo il parere del Consiglio Comunale in ordine all’estinzione dell'istituzione pubblica di assistenza e beneficienza "Istituto Regina Elena e V E I di Castellammare del Golfo" (d’ora in poi denominata, per brevità, I.P.A.B.), con consequenziale subentro dell'Amministrazione comunale in tutti i rapporti attivi e passivi nonché nella titolarità del rapporto d'impiego con i dipendenti già facenti capo all'Ente assistenziale.
Sia la Giunta Municipale (deliberazione n. 398 del 5 dicembre 2013) che il Consiglio comunale (deliberazione n. 93 del 10 dicembre 2013) esprimevano parere sfavorevole in ordine all'ipotesi di devoluzione di ogni rapporto attivo e passivo dell'I.P.A.B. in capo al Comune.
Non ostante ciò , con decreto presidenziale n. 179 del 10.5.2016, il Presidente della Regione disponeva l’estinzione della I.P.A.B. in questione, stabilendo la devoluzione al Comune di “ogni rapporto attivo e passivo” e l’”assorbimento” del personale dipendente in capo all’Ente locale;e con decreto assessorile n. 1227 del 31.5.2016 il competente Assessore regionale nominava un “Commissario Straordinario” con il compito di provvedere alla immediata esecuzione del D.P. n. 179 del 10.5.2016.
2. Con ricorso innanzi al Tar di Palermo, il Comune di Castellammare del Golfo impugnava i predetti decreti e gli atti e provvedimenti ad essi presupposti, consequenziali e comunque connessi, chiedendone l’annullamento per le conseguenti statuizioni reintegratorie e di condanna.
Lamentava:
1) con il primo mezzo di gravame, violazione e falsa applicazione dell’art. 62 della l. n. 6972 del 1890 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, deducendo che nei decreti impugnati non v’è menzione dei pareri negativi espressi dal Consiglio comunale e dalla Giunta Municipale , e che difetta - nei predetti decreti - anche qualsiasi motivazione in ordine alle ragioni che hanno condotto l’Amministrazione regionale a discostarsene;
2) con il secondo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 5, del d.l. 24.6.2014 n. 90, convertito in l. 11.8.2014 n. 114, nonché dell’art. 34, comma 2, della l.r. 9.5.1986 n. 22 e dell’art. 248, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, deducendo che l’automatico trasferimento del personale della I.P.A.B. nei ruoli organici dell’Ente locale confligge con i limiti posti dalla vigente normativa in materia di contenimento della spesa per le assunzioni a tempo indeterminato negli enti locali;
3) e con il terzo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del d.lgs. 30.3.2001 n. 165, dell’art. 3 del d.P.R. 10.12.1957 n. 3, dell’art. 5 del d.l. 10.11.1978 n. 702 e degli artt. 5 e 6 della l. 20.3.1975 n. 70, nonché eccesso di potere per carenza istruttoria e difetto di motivazione, deducendo che il previsto assorbimento del personale deve essere interpretato “in maniera costituzionalmente orientata”, con conseguente passaggio all’ente locale solamente del personale che sia stato reclutato tramite pubblico concorso ;e che pertanto i decreti impugnati vanno annullati nella parte in cui non provvedono in conformità.
Nel contesto argomentativo del suddetto terzo mezzo di gravame, il ricorrente Comune chiedeva che fosse sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, co. 2, della l.r. n. 22/1986 per contrasto con gli artt. 81, 97, comma 1 e 3, 117 e 119 della Costituzione, deducendo che l’automatico subentro dell’ente locale in tutti i rapporti attivi e passivi dell’I.P.A.B., a prescindere dalla verifica dei limiti di spesa per le assunzioni e della modalità di assunzione del personale, confligge con i principii e con le disposizioni introdotte dalle predette norme costituzionali.
Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione regionale si opponeva all’accoglimento del ricorso di primo grado.
Con ricorso per motivi aggiunti il Comune impugnava gli atti consequenziali ed esecutivi in epigrafe indicati, ribadendo le censure formulate col ricorso principale.
Si costituivano in primo grado altresì le intimate signore L V e S B, dipendenti della I.P.A.B, che chiedevano il rigetto del ricorso;nonché, mediante un atto d’intervento ad opponendum , le signore A G, A C, R S, M B e V A, anch’esse dipendenti della I.P.A.B., che si associavano alla richiesta di rigetto del ricorso.