CGARS, sez. I, sentenza 2022-11-29, n. 202201236
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Pubblicato il 29/11/2022
N. 01236/2022REG.PROV.COLL.
N. 00072/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 72 del 2022, proposto da
F C, rappresentata e difesa dall'Avvocato N G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Maria Marinello in Palermo, via Emerigo Amari;
contro
Comune di Palermo, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda) n. 1746/2021, resa tra le parti, con cui era respinto il ricorso avverso il provvedimento di diniego n. 8 prot. n. 553356 del 3 aprile 2019 e gli atti allo stesso prodromici e/o conseguenziali;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2022 il Cons. S C e uditi per le parti gli Avvocati nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I – L’odierna appellante - premesso di aver presentato domanda di condono edilizio ai
sensi della l. n. 326 del 24 novembre 2003, assunta a prot. n. 12349 del 30 marzo 2004 con certificato di destinazione urbanistica da cui si evince che la particella in interesse ricade in zona territoriale omogenea E1, calcolo delle oblazioni (interamente ritualmente corrisposte), documentazione fotografica, calcoli tecnici, elaborati grafici e, fra l’altro, perizia giurata a firma dell’Ing. Marcello Bono e di aver successivamente, presentato ulteriore e diversa richiesta di autorizzazione ex art. 5 l. reg. n. 37/85 per l’esecuzione di talune opere sempre sullo stesso immobile (istanza assunta al prot. num. 22 8434 del 30 settembre 2005), ottemperando alla richiesta di integrazione documentale in data 10 marzo 2006 (ricevuta n. 38551) – espone che in relazione a tale ultima richiesta, con nota prot. n. 319367 del 5 luglio 2006, il Settore edilizia privata – serv. Concessioni e autorizzazioni edilizie - comunicava al competente U.O. Distretto di prevenzione area igiene e sanità pubblica, ai sensi dell’art. 220 del t.u. leggi sanitarie n. 1265 del 17 luglio 1934, che “l’intervento previsto in progetto risulta compatibile con il vigente strumento urbanistico”.
Espone, altresì, che a tale valutazione, peraltro, seguiva la nota prot. n. 674/PGU del 7 agosto 2006
con la quale il medesimo distretto comunicava il parere igienico – sanitario favorevole.
Pertanto, il Comune di Palermo con provvedimento n. 4397 – 05p/82pr/UNCONCEDI prot. / 2-5-07/C.A. /C.E. del 2 maggio 2007 trasmetteva alla istante la concessione edilizia relativa alla istanza in precedenza dalla stessa formulata.
Lamenta l’appellante che successivamente a tale ultimo atto dai contenuti positivi, l’Amministrazione non aveva comunicato più alcuna determinazione in merito alla istanza di concessione in sanatoria.
Solo dopo oltre quindici anni dalla presentazione dell’istanza di sanatoria l’appellante riceveva il provvedimento di diniego n. 8 prot. n. 553356 del 3 aprile 2019, oggetto di impugnazione e solo dal provvedimento apprendeva dell’esistenza di un preavviso di diniego adottato cinque anni prima (prot. n. 954366 del 24 novembre 2014), che non era recapitato per asserita irreperibilità.
A riguardo, precisa che dalla relata di notifica apprendeva che il preavviso risultava non recapitato perché sarebbe stata all’epoca “sloggiata come riferito dai nuovi proprietari”, circostanza che la stessa contesta.
Con il ricorso di primo grado l’istante impugnava il provvedimento negativo indicato in epigrafe motivato con riferimento al superamento del limite volumetrico di 750 metri cubi, stabilito dall’art. 32, co. 25 l. n. 326/2003.
Con la sentenza di prime cure era respinto il ricorso, poiché il primo giudice riteneva di condividere il calcolo del volume complessivo, pari a mc. 776,75. Escludeva, infatti, che potesse essere detratta la parte di sottotetto non praticabili e non abitabili, non essendovi una separazione, contrariamente a quanto osservato da parte istante, secondo le conclusioni del C.T.U. Invece, non condivideva la detrazione del volume “interrato”, operata dal tecnico incaricato d’ufficio, in quanto giungeva alla conclusione che l’edificio fosse stato realizzato, a seguito di sbancamenti, ad un piano inferiore a quello di campagna.
Avverso la sentenza di prime cure, dunque, l’appellante proporne i seguenti motivi di censura:
1 – error in procedendo ed in iudicando , nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato il ricorso non ritenendo applicabile al caso di specie l’art. 9 co. 19 lett. d) del Reg. edilizio quanto al calcolo dell’altezza;
2 - error in procedendo ed in iudicando , nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato il ricorso ritenendo errata la detrazione del volume interrato operata dal C.T.U. e erroneità della sentenza laddove non ha valutato la concreta conformazione dell’area interessata;
3 - error in procedendo ed in iudicando , nella parte in cui la sentenza impugnata ha valutato la natura vincolata dell’atto impugnato come assorbente i vizi procedimentali per contrasto con i principi del procedimento amministrativo;
Pertanto, in via cautelativa, reitera, ai sensi dell’art. 101 comma 2, i motivi del ricorso introduttivo del giudizio: - 1 – inesistenza e/o nullità della notifica, violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 10 bis , l. n. 241 del 1990 e ss. mm. ii., nonché degli artt. 11 e 11 bis, l. reg. n. 10/91 e ss. mm.;
2 – violazione dei principi di proporzionalità e economia dell’azione amministrativa.
Richiama, in ordine all’importanza dell’art. 10 bis l. n. 241 del 1990 la giurisprudenza del Consiglio di Stato quanto alla funzione della disposizione tesa a consentire un effettivo ed utile confronto dialettico con l’interessato prima della formalizzazione dell’atto negativo, evitando che si traduca in un inutile e sterile adempimento formale (Consiglio di Stato Sez. VI, Sentenza n. 484 del 18 gennaio 2019).
Il Comune non si costitutiva.
La Sezione disponeva una verificazione, disponendo un’anticipazione € 600,00 a carico della parte istante, contestualmente all’ordinanza cautelare di diniego n. 75/2022, per riferire circa:
- l’altezza da applicare per il calcolo del volume del porticato, che occupa la terza elevazione, ai fini della determinazione del complessivo volume dell’edificio, secondo quanto statuito dal Regolamento edilizio del Comune di Palermo;
- la problematica relativa alla quota della superficie del terreno circostante, ai fini del calcolo del volume dell’edificio in sanatoria;
- quant’altro utile in relazione ai rilievi tecnici oggetto di causa;
Il Verificatore ha adempiuto premettendo le norme di interesse del Regolamento Edilizio del Comune di Palermo, che di seguito si ritiene di riportare sin d’ora, per quanto d’interesse: - art. 3, comma 17- Superficie non residenziale (mq): “Per "superficie non residenziale" si intende quella destinata a servizi ed accessori, a stretto servizio delle residenze, misurate al netto delle murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre. Tali superfici riguardano: 1) cantinole, soffitte, locali motore ascensore, cabine elettriche, riserve idriche, locali comuni, centrali termiche ed altri locali similari;2) autorimesse singole o collettive;3) androni di ingresso e porticati liberi non destinati all'uso pubblico;4) logge e balconi”.
- art. 3, comma 19: “a). II volume, ai fini dell’effettiva possibilità edificatoria, va computato sommando i prodotti della superficie lorda di ciascun piano, delimitata dal perimetro esterno delle murature, per l’altezza di interpiano relativa al piano stesso, misurata tra le quote di calpestio dei pavimenti, con esclusione del volume entroterra misurato rispetto alla superficie del terreno circostante secondo la sistemazione prevista dal progetto approvato.
b). Sono altresì esclusi dal calcolo del volume consentito i porticati o porzioni di essi, i balconi, le tettoie, i parapetti, i cornicioni e gli elementi di carattere ornamentale, nonché i volumi tecnici, strettamente necessari a contenere e consentire l'accesso ad impianti tecnici a servizio dell'edificio ed emergenti dalla linea di gronda, quali extra-corsa degli ascensori, vano scala, serbatoi idrici, vasi di espansione dell'impianto di riscaldamento, canne fumarie e di ventilazione.
c) Qualora i porticati non siano d’uso pubblico, gli stessi non rientrano nel calcolo del volume consentito se di superficie non superiore al 20% della superficie coperta dell’unità edilizia a cui afferiscono e comunque con superficie non superiore a mq.30,00.
d) ….. omissis …
e) ….. omissis … La quota di una copertura piana o a tetto è da intendersi quella relativa al rustico dell’estradosso di solaio, dovendosi prescindere dallo spessore degli strati coibenti e della specifica finitura”.
Pertanto, il Verificatore incaricato ha risposto al primo quesito evidenziando che “è stato preliminarmente necessario individuare la posizione del porticato ammesso dal Regolamento edilizio del Comune di Palermo. Questa superficie è pari a 20,00 m2, corrispondenti al 20% della superficie coperta (Art. 3, comma 19, lett. c) del Regolamento Edilizio sopra richiamato) e non può che trovare collocazione in adiacenza al corpo scala dal quale si accede al piano sottotetto;la parte rimanente del sottotetto adibito a porticato deve conseguentemente essere considerata aggiuntiva a quella consentita ed oggetto di sanatoria edilizia”. Sicché “In base alle misure rilevate e alla posizione assunta per l’area di porticato ammessa (…), emerge che il porticato da prendere in considerazione per il calcolo del volume dell’edificio in sanatoria è composto da due porzioni adiacenti caratterizzate da una diversa altezza media. La prima porzione, a sinistra del vano scala …, ha una superficie, misurata al netto delle murature di 9.50m x 5.00m = 47.50 m2 e la sua altezza media interna è pari a 2.63 m;la seconda porzione ha una superficie netta di 4.50m x2.56 m = 11.52 m2 e altezza media interna di 2.91m. Per il calcolo del volume si deve fare riferimento alla quota misurata all’estradosso del solaio di copertura (falda del tetto inclinata) coerentemente con quanto indicato dall’art. 3, comma 19, lettera e) del citato Regolamento Edilizio. Pertanto, sommando all’altezza media interna lo spessore del solaio, che al grezzo, date le luci ordinarie, può essere stimata pari a 21cm (pignatte alte 16cm e caldana da 5cm), il volume del porticato è pari a: 170.60 m3”.
Con riguardo al secondo quesito, il Verificatore ha evidenziato che “Il fabbricato è circondato su tre lati da terreno a quota superiore a quella del piano di calpestio interno del piano terra e il terreno è contenuto da muretti alti circa 80cm e distanti dal perimetro del fabbricato tra 1,70 m e 1,80 m. … al volume totale dell’edificio deve essere sottratto il “…volume entroterra misurato rispetto alla superficie del terreno circostante…”. Nel caso in esame, la quota del terreno è variabile da circa 0,45 m a circa 0,70 m. Il volume interrato risulta uguale al prodotto della superficie lorda del piano terra, pari a 100,00 m2, per un’altezza media del terreno di circa 0,55m. Pertanto, il volume interrato è pari a circa 100,00m x 0,55m = 55,00m3”.
Infine, relativamente al terzo quesito e, dunque, al calcolo del volume complessivo dell’edificio, il Verificatore ha chiarito che “Il volume dei due piani abitabili (terra/seminterrato e primo) è stato determinato considerando la superficie lorda di ogni piano e le altezze di interpiano determinate con le misure in campo”. Pertanto “esso risulta pari a: piano terra: (10.00m x 10.00 m) = 100 m2 x 2.92m = 292.00 m3 piano primo: (10.00m x 10.00 m) = 100 m2 x 2.93m = 293.00 m3”.
Conseguentemente, il volume totale che si ottiene sommando i volumi dei piani abitabili e del porticato sottotetto è pari a 755.60 m3 (piano terra: 292.00 m3 + piano primo: 293.00 m3 + porticato sottotetto: 170.60 m3), al quale va sottratto il volume interrato pari a 55.00 m3, per un totale di 700.60 m3, che – anche includendo il volume che si trova al di sotto della quota media del terreno circostante, e considerata la tolleranza di cantiere del 2% rispetto al volume massimo realizzabile di 750,00m3 – rientra comunque nel limite ammissibile di (750 + 15) m3 = 765 m3.
Il, Prof. Ing. G M, delegato dal Direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Catania, ha dunque chiesto la liquidazione della parcella per un totale di € 2.729,25. A dedurre l’anticipazione disposta dal Collegio
e già versata dal ricorrente, pari a € 600,00
Ad esito della verificazione la parte appellante ha preso atto che il volume calcolato rientra in quello ammissibile ai fini della sanatoria.
All’udienza del 16 novembre la causa è stata trattenuta in decisione.
II – Osserva il Collegio, in via preliminare che, ai fini della decisione della presente controversia, deve essere esaminato per primo – per ordine logico - il terzo motivo di appello, attinente alle violazioni del principio di partecipazione procedimentale.
Infatti, nella specie, il diniego è motivato sulla base di rilievi fattuali che tuttavia, ammettevano una differente lettura da parte dell’interessata, come evidenziato – anche in sede di giudizio – dalle diverse letture date dai tecnici d’ufficio.
Ne discende che la partecipazione al procedimento amministrativo avrebbe consentito alla parte di conferire il proprio apporto al fine della migliore definizione del procedimento e di tutelare la propria posizione.
Non è condivisibile, dunque, la conclusione raggiunta dal primo giudice a riguardo, che ha escluso la rilevanza del dedotto vizio, riconducendolo ad una censura meramente formale.
In questo senso, peraltro, la giurisprudenza amministrativa che ha precisato che: “un’applicazione corretta dell’art.10 bis della legge n.241 del 1990 esige, non solo che l’Amministrazione enunci compiutamente nel preavviso di provvedimento negativo le ragioni che intende assumere a fondamento del diniego, ma anche che le integri, nella determinazione conclusiva (ovviamente, se ancora negativa), con le argomentazioni finalizzate a confutare la fondatezza delle osservazioni formulate dall’interessato nell’ambito del contraddittorio predecisorio attivato dall’adempimento procedurale in questione (Cons. St., sez. I, 25 marzo 2015, n.80 e sez. VI 2 maggio 2018 n. 2615);
- infatti, solo il modus procedendi appena descritto permette che la disposizione di riferimento assolva la sua funzione di consentire un effettivo ed utile confronto dialettico con l’interessato prima della formalizzazione dell’atto negativo, evitando che si traduca in un inutile e sterile adempimento formale (peraltro neppure rispettato nel caso di specie);
- in linea generale va ribadito che, l'istituto del preavviso di rigetto, stante la sua portata generale, trova applicazione anche nei procedimenti di sanatoria o di condono edilizio, con la conseguenza che deve ritenersi illegittimo il provvedimento di diniego dell'istanza di permesso in sanatoria che non sia stato preceduto dall'invio della comunicazione di cui al citato art. 10 bis in quanto preclusivo per il soggetto interessato della piena partecipazione al procedimento e dunque della possibilità di uno apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda” (Cons. St., Sez. VI, n. 484/2019).
Nella specie che occupa, dalla certificazione di residenza prodotta in atti, a differenza dell’assunto dell’Amministrazione, emerge che essa non è mutata. Non è dato conoscere il procedimento seguito per l’accertamento, dunque, dell’asserita irreperibilità. Tale mutamento, peraltro, non risulta da una dichiarazione ufficiale.
Con riguardo a tale ultimo profilo, deve rilevarsi che la cancellazione per irreperibilità dal Comune di residenza avviene non prima di un anno dall'inizio della procedura di cancellazione che, peraltro, nella specie non risulta.
Non vi è, inoltre, agli atti documentazione circa il procedimento ex art. 143 c.p.c. per il perfezionamento della notifica ai fini dell’irreperibilità.
Da quanto sin qui ritenuto, si deve concludere che in questo caso la mancata partecipazione al procedimento, ai sensi dell’art. 10 bis l. n. 241 del 1990, ha, in concreto, impedito all’interessata di poter contribuire all’integrazione della documentazione che l’Amministrazione riteneva necessaria evidentemente ai fini di una valutazione in senso positivo del procedimento. ciò prescindendo peraltro, da una considerazione circa il lunghissimo tempo trascorso dalla presentazione dell’istanza e l’emanazione del provvedimento di diniego, che deve in ogni caso ricondursi al di fuori dei canoni di buona amministrazione.
III – Si può dunque procedere all’esame dei due ulteriori vizi e contestuale vaglio dei motivi di ricorso del primo grado, come reiterati nell’ambito del presente appello.
IV - Con riferimento al calcolo dell’altezza – ai fini della complessiva disamina del volume – di cui al primo quesito rivolto al Verificatore, ritiene il Collegio di dover condividere la modalità di rilievo effettuata dal tecnico incaricato, in ragione delle prescrizioni del Regolamento comunale come sopra menzionato.
V – Quanto poi, alla considerazione dell’interrato, dalla documentazione fotografica in atti e dalle conclusioni del Verificatore, si evince con chiarezza la situazione concreta, rispetto alla quale non trova condivisione la conclusione del primo giudice – peraltro già difforme da quanto considerato dal C.T.U. in primo grado – circa la non detraibilità dell’area delimitata dal muretto di contenimento rispetto all’area circostante.
Infatti, tale area risulta realizzata al fine del contenimento rispetto alla differente quota di terreno e non è riconducibile alla nozione di piano interrato computabile nel calcolo della volumetria.
VI - Ne discende che – sulla base delle conclusioni del Verificatore, come specificate – il volume realizzato rientra in quello assentibile. In accoglimento, dunque, dell’appello ed in riforma della sentenza di primo grado, deve essere accolto il ricorso introduttivo e, pertanto deve essere annullato il provvedimento gravato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.
VII – Le spese seguono la soccombenza e, pertanto, l’Amministrazione è condannata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, determinate in complessivi euro 3000,00 (tremila/00) oltre accessori di legge, da liquidarsi a favore dell’appellante.
VIII – Il Collegio ritiene equo determinare il compenso del Verificatore definitivamente in complessivi euro 2500,00, che sono posti a carico del comune appellato. Da tale somma deve essere detratta la somma di euro 600,00, che – ove anticipata dalla parte appellante – deve essere alla stessa refusa da parte dell’Amministrazione soccombente.