CGARS, sez. I, sentenza 2021-04-08, n. 202100297

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2021-04-08, n. 202100297
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202100297
Data del deposito : 8 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/04/2021

N. 00297/2021REG.PROV.COLL.

N. 00642/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 642 del 2018, proposto dalla
Regione Siciliana - Assessorato regionale beni culturali e identità siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Villareale, n. 6;

contro

A P, rappresentato e difeso dall'avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (sezione I) n. 393/2018;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli artt. 4 d.l. n. 84 del 2020 e 25 d.l. n. 137 del 2020;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor A P;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 marzo 2021 il Cons. Maria Immordino, considerato presente, ex art. 4 comma 1, penultimo periodo, d.l. n. 28/2020 e art. 25 d.l. 137/2020, l'avvocato M C e vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione presentata dall'Avvocatura dello Stato con nota di carattere generale a firma dell’Avvocato distrettuale del 2 febbraio 2021;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1.Oggetto dell’appello in epigrafe è la sentenza n. 393/2018, del TAR Sicilia, Sezione staccata di Catania, che ha accolto il ricorso per l’annullamento del decreto n. 6411, del 26 aprile 1998, con il quale l’appellante Assessorato aveva dichiarato di particolare interesse storico ed architettonico, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1 e 3, L. n. 1089/1939, e art. 2, l.r. n.80/1977, il complesso edilizio di proprietà del ricorrente denominato “ ex villa de Pasquale”, e sottoposto, altresì, a vincolo indiretto, ex art. 21 della medesima legge n. 1089/1939, i terreni adiacenti, anch’essi di proprietà dell’odierno appellato.



1.1. Con il ricorso introduttivo il ricorrente eccepiva:

- quanto al vincolo diretto, violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili (difetto di motivazione, illogicità ed ingiustizia manifeste, travisamento dei fatti), evidenziando e documentando con relativa produzione fotografica come il manufatto fosse ormai in disuso ed in pessimo stato di conservazione;

-quanto al vincolo indiretto sui terreni adiacenti alla villa, violazione e falsa applicazione dell’art. 21 della L. n. 1089/1939, eccesso di potere sotto vari profili (difetto di motivazione e sviamento), evidenziando sia l’impossibilità di tutelare, per tale via, il miglior godimento (attraverso il mantenimento della destinazione a verde) del complesso immobiliare;
sia la circostanza che il vincolo indiretto sulle aree circostanti l’edificio fosse stato imposto nel perseguimento di finalità di tutela paesaggistica, naturalistica ed urbanistica estranee, pertanto, all’interesse pubblico di salvaguardia dell’aspetto esterno dell’immobile sotteso, invece, al relativo potere di imposizione.



1.2. Il Giudice di prime cure ha accolto il primo motivo di ricorso afferente l’illegittimità del vincolo diretto, ritenendolo fondato “ ... sotto il dedotto profilo della manifesta irragionevolezza del gravato provvedimento di imposizione del vincolo architettonico, in relazione all’insufficienza dell’istruttoria svolta e della motivazione resa, nonché all’obiettiva sproporzionalità tra l’estensione del vincolo e le pretese esigenze di protezione del pregio artistico e architettonico del bene, nel caso di specie non rinvenibili alla luce della documentazione prodotta dalle parti in giudizio ”, dalla quale emergeva “ lo stato di totale abbandono dell’immobile, pressoché ridotto a poco più di un rudere grezzo e fatiscente, attesa la compromissione di tutte le pareti esterne dell’edificio, (in parte persino mancanti), nonché il suo inserimento in un contesto naturalistico trascurato, apparentemente privo di qualsiasi pregio ”;
ed ha assorbito gli altri due motivi di ricorso afferenti all’illegittimità del vincolo indiretto.



2. La sentenza è stata gravata con l’appello in epigrafe.

Nel giudizio di appello si è costituito il signor P A, con memoria difensiva, con la quale, nell’ipotesi di accoglimento dell’appello, vengono riproposti i motivi di ricorso relativi all’illegittimità del provvedimento impugnato (anche) nella parte in cui impone vincolo indiretto sulle aree circostanti, assorbiti con la sentenza gravata.

Nell’udienza del 18 marzo 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.



3.L’appello, affidato ad un unico articolato motivo, è fondato solo in parte e va accolto, pertanto, nei limiti di cui si dirà di seguito, mentre nella restante parte va respinto.

L’appellante denuncia l’errore in cui sarebbe incorso il Giudice di prime cure, non sussistendo il dedotto difetto di motivazione, risultando, diversamente, il provvedimento annullato sorretto da una congrua e puntuale motivazione, sia con riferimento all’imposizione del vincolo diretto, sia quanto al vincolo indiretto.



3.1. Con specifico riferimento all’imposizione del vincolo diretto, il Collegio ritiene che la motivazione sottesa al decreto n. 6411 del 26/04/1996 sia congrua e puntuale, risultando dettagliatamente descritti il pregio architettonico ed artistico del complesso edilizio conosciuto come “ ex villa de Pasquale”, “ esempio significativo ”, come sottolinea il suindicato decreto, “ di architettura padronale eoliana dell’inizio del XIX sec ”. Una volta ricostruite le origini storiche dell’edificio, collocandolo tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, il provvedimento di vincolo ne descrive puntualmente la struttura “ in cui una serie di ambienti di servizio e la cappella di famiglia dedicata all’Addolorata, si sviluppano alle spalle dei principali ambienti residenziali prospicienti sul terrazzo panoramico ”. “ Tali ambienti secondari ” – si legge nel provvedimento – “ sono limitati da altri due terrazzi perpendicolari al primo che affacciano a loro volta verso la principale direttrice panoramica tramite due quinte murarie con grandi arconi. Tali quinte murarie furono aggiunte probabilmente in un secondo tempo al preesistente organismo architettonico, al fine di dare una immagine più unitaria e più architettonicamente compiuta di un complesso architettonico molto articolato ed al fine di sottolineare e valorizzare ulteriormente lo straordinario panorama che si osserva da questo luogo ”.

Quanto all’assunto, cui è pervenuto il Giudice di prime cure, circa l’assenza nel bene vincolato di elementi di pregio artistico e architettonico tali da giustificare il vincolo di tutela, nel provvedimento annullato si evidenziava come il complesso immobiliare fosse caratterizzato “ dall’abbinamento di volumi architettonici estremamente semplici ed un articolato sistema di elementi architettonici, in parte stabili ed in parte temporanei, che costituiscono delle zone di filtro tra l’interno e l’esterno. Infatti, non solo lungo il terrazzo laterale antistante la cappella, ma anche davanti ai magazzini posti alla quota inferiore e sul retro del complesso, vi è una successione di “puliere” (tozze colonne in muratura tipiche della architettura eoliana) collegate tra loro al piede da muretti e “bisoli” in muratura ed in testa da architravi lignei, che a loro volta in estate sostenevano una struttura di copertura in incannucciato ”. E venivano, altresì, messi in risalto, il ricco sistema di elementi fissi o temporanei riscontrabili sul terrazzo principale, caratterizzato da una alternanza di elementi murari finemente cesellati ed elementi lignei;
l’esistenza sulla facciata di “pinnacoli”, vale a dire elementi decorativi in muratura oggi riscontrabili in pochi esempi rimasti, ma molto diffusi in passato a Lipari;
la cappella (all’epoca impropriamente destinata a fienile), caratterizzata all’esterno dalle sobrie linee dell’architettura religiosa rurale di Lipari, da un impianto ad aula con abside semicircolare e copertura a botte;
la presenza, all’interno dell’abside, di un altare policromo.

Da una lettura del provvedimento emerge, quindi, con estrema chiarezza come lo stesso sia stato annullato erroneamente per insufficienza dell’istruttoria svolta e della motivazione sottesa.

La sentenza fa leva per annullare il provvedimento impugnato anche sullo stato di abbandono in cui versava l’edificio al momento dell’imposizione del vincolo, praticamente ridotto, come eccepito dal ricorrente, a poco più di un rudere grezzo e fatiscente, in conseguenza, anche, del danneggiamento di tutte le pareti esterne (in parte persino mancanti).

Si tratta di un’argomentazione non condivisibile, alla luce di quel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “ lo stato di degrado del bene non è incompatibile con una valutazione di interesse storico-artistico-architettonico: invero, un manufatto in condizioni di degrado ben può costituire oggetto di tutela storico-artistica, sia per i valori che ancora presenta, sia per evitarne l'ulteriore degrado ” (Cons. St., sez. VI, n. 3560/2015). In particolare, più di recente è stato affermato l’irrilevanza ex se (Cons. St., sez. I, n. 1999/2020) dello “ stato di parziale distruzione o di cattiva manutenzione o conservazione di un bene ”, il quale “ non osta alla dichiarazione di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, restando rimesso all'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione preposta all'imposizione e gestione del vincolo la valutazione dell'idoneità delle rimanenze ad esprimere il valore che si intende tutelare ” (Cons. St., sez. VI, n. 1779/2015). La valutazione in ordina all’apposizione del vincolo di tutela (paesaggistico, monumentale, archeologico …) costituisce, quindi, “ espressione di discrezionalità particolarmente lata della pubblica amministrazione, perché implica l’applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche specialistiche caratterizzate da ampi margini di opinabilità, sulla quale non è ammesso un sindacato di merito del giudice, ma solo l’esame di eventuali vizi di legittimità ”, non sindacabile dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità, il travisamento dei fatti ( Cons. St., sez. I, n. 1958/2020;
C.G.A.R.S.., sez. giur., n. 145/2020). Tale ampia discrezionalità è contemperata dall’obbligo motivazionale rinforzato, a salvaguardia sia della trasparenza dell’azione amministrativa, sia delle posizioni giuridiche soggettive del cittadino. Ebbene, nella fattispecie de qua, come si è già avuto modo di evidenziare, il provvedimento impugnato è sorretto da una puntuale e articolata motivazione.

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