CGARS, sez. I, sentenza 2021-10-11, n. 202100843
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Pubblicato il 11/10/2021
N. 00843/2021REG.PROV.COLL.
N. 00233/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 233 del 2020, proposto dalla Regione Siciliana - Assessorato regionale beni culturali e identità siciliana, Regione Siciliana - Dipartimento regionale beni culturali e identità siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;
contro
A V, rappresentato e difeso dall'avvocato F G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di San Giovanni La Punta non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima) n. 2026/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A V;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 settembre 2021 il Cons. S R M;
Nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La controversia riguarda il decreto 21 giugno 2017 n. 2869, con il quale il Servizio tutela e acquisizioni del Dipartimento beni culturali e identità siciliana della Regione Siciliana ha ingiunto alla signora A V il pagamento dell’indennità di euro 15.851,88 e la relativa nota di trasmissione, datata primo agosto 2017 n. 37700.
2. La signora A V ha presentato ricorso davanti al Tar Sicilia – Catania, chiedendo:
- l’annullamento dei suddetti atti e deducendo due motivi, uno incentrato sull’intrasmissibilità delle conseguenze dell’abuso rispetto a chi non lo ha commesso e l’altro sull’erronea quantificazione della somma dovuta;
- l’accertamento della formazione del provvedimento implicito d’accoglimento su istanza di condono ex legge n. 47 del 1985 del 30 aprile 1986 n.13397/98;
- l’accertamento del diritto all’emissione della concessione edilizia (permesso) su istanza di condono ex legge n. 47 del 1985 del 30 aprile 1986 n.13397/98.
3. Il Tar ha accolto in parte il ricorso con sentenza 19 agosto 2019 n. 2026 ritenendo fondato il motivo di impugnazione relativo all’intrasmissibilità agli eredi, e assorbendo i rimanenti motivi, mentre ha respinto la domanda di accertamento.
4. L’Amministrazione ha appellato la sentenza davanti a questo CGARS con ricorso n. 233 del 2020.
5. Nel corso del giudizio di appello si è costituita la signora A V.
6. All’udienza del 23 settembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
7. L’appello è meritevole di accoglimento.
8. In via pregiudiziale è infondata l’eccezione di inammissibilità per omessa notifica al Comune.
Ai sensi dell’art. 95 c.p.a. l’impugnazione è notificata, nelle cause scindibili, alle parti che hanno interesse a contraddire.
Il Comune non ha interesse a contraddire l’impugnazione dell’Amministrazione regionale rispetto al capo di sentenza che annulla, per intrasmissibilità, il decreto, adottato dalla stessa, di ingiunzione dell’indennità.
9. Sempre in via pregiudiziale neppure è meritevole di accoglimento l’eccezione in rito di mancato deposito della sentenza gravata ai sensi dell’art. 94 c.p.a.
Parte appellante, infatti, non ha depositato la sentenza gravata.
L’art. 94 c.p.a. dispone che “ nei giudizi di appello, di revocazione e di opposizione di terzo il ricorso deve essere depositato nella segreteria del giudice adito, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall'ultima notificazione ai sensi dell'articolo 45, unitamente ad una copia della sentenza impugnata e alla prova delle eseguite notificazioni .”.
Secondo un orientamento “ nel processo amministrativo l'omesso deposito di copia autenticata della sentenza oggetto di impugnazione non determina l'improcedibilità ovvero l'inammissibilità del gravame, la quale può essere invece dichiarata laddove non venga prodotta alcuna copia della sentenza resa a definizione del giudizio di primo grado ” (Cons. St., sez. VI, 19 febbraio 2019, n. 1136, così anche sez. VI, 17 novembre 2020 n. 7133).
Ritiene tuttavia il Collegio che nel caso in esame non si possa dichiarare l’inammissibilità dell’appello.
La parte appellante è infatti incorsa in un errore materiale, dovuto alla circostanza di aver depositato in questa fase del giudizio l’ordinanza istruttoria adottata dal Tar in luogo della sentenza gravata.
In considerazione del ravvisato errore materiale, il Collegio ritiene l’appello ammissibile e procede all’acquisizione di copia della sentenza gravata dal sistema informatico della Giustizia amministrativa, che consente di reperire la pronuncia di primo grado, agevolmente e con certezza circa la sua autenticità, senza onerare a tal fine parte appellante e senza differimenti della decisione (in termini Cons. St., sez. IV, 13 luglio 2020 n. 4488). Del resto “ l’art. 94 c.p.a., nel disporre che nel giudizio di appello, unitamente al gravame, deve essere depositata anche una copia della sentenza impugnata, non richiede che si tratti necessariamente di una sua copia autentica, come invece è previsto espressamente dall’art. art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. ” (Cons. St., sez. VI, 17 novembre 2020 n. 7133)
10. Superate le questioni pregiudiziali, può essere affrontato il merito del giudizio, che ha quale unico oggetto il tema della censura accolta in primo grado sull’intrasmissibilità dell’indennità agli eredi.
Si precisa infatti che non risultano ritualmente riproposti davanti a questo Giudice i motivi non esaminati in primo grado.
Ai sensi dell’art. 101 comma 2 c.p.a. i motivi non esaminati possono essere infatti riproposti dalla parte appellata con “ memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio ”.
Nel caso di specie entrambe le memorie di parte appellata sono state depositate oltre il termine di sessanta giorni di cui all’art. 46 c.p.a.
Né è stato proposto appello incidentale avverso il capo della sentenza con il quale è stata respinta la domanda di accertamento.
Ne deriva che il thema decidendum oggetto del potere cognitorio di questo giudice è limitato allo scrutinio del ricorso in appello, che si appunta sull’interesse dell’Amministrazione regionale alla riforma della pronuncia nella parte in cui il Tar ha accolto la doglianza relativa all’intrasmissibilità dell’indennità paesaggistica, così annullando il provvedimento di irrogazione della medesima (mentre devono essere qualificate come mere difese le argomentazioni dedotte avverso i motivi di ricorso di primo grado non esaminati dal Tar, che quindi non saranno scrutinate in quanto detti motivi non sono stati ritualmente riproposti dalla controparte).
11. Con il ricorso in appello l’appellante ha impugnato la sentenza in epigrafe indicata deducendo:
- la violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, a cagione del fatto che il motivo accolto dal giudice di primo grado, pur facendo riferimento all’intrasmissibilità della sanzione, non richiamerebbe l’art. 7 della legge n. 689 del 1981 ma il solo art. 3;
- l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha affermato la natura sanzionatoria e non ripristinatoria dell’indennità paesaggistica, con conseguente violazione dell’art. 167 comma 5 del d. lgs. n. 42 del 2004;
- che, in ogni caso, anche a ritenere che l’indennità paesaggistica abbia natura sanzionatoria, la signora Vinciguerra dovrebbe essere qualificata come autrice dell’illecito, atteso che l’art. 167 comma 5, del D.lgs. n.42/04 qualifica come “ trasgressore ” “ il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi ”.
11.1. Si premette, quanto al primo motivo di appello, che può essere superata la censura di inammissibilità per asserita violazione della corrispondenza fra chiesto e pronunciato in quanto le argomentazioni spese nel ricorso introduttivo comprendono anche il profilo accolto, laddove si deduce che “ coobbligato chi è proprietario della cosa che legittima la sanzione, al momento della violazione;mai gli aventi causa ”, con riferimento all’acquisizione dell’immobile attraverso un asta pubblica da parte della signora Vinciguerra.
11.2. Nel merito il ricorso in appello merita di essere accolto.
Non può infatti trovare ingresso nella disciplina dell’indennità paesaggistica di cui all’art. 167 comma 5 del d. lgs. n. 42 del 2004 l’intrasmissibilità prevista per le sanzioni amministrative pecuniarie dall’art. 7 l. n. 689/1981 (che deriva dalla qualificazione della somma dovuta quale sanzione amministrativa), avendo l’istituto in esame una portata afflittiva solo parziale, così da determinare la non applicazione l. n. 689/1981.
Piuttosto il Collegio ritiene, in linea con