CGARS, sez. I, sentenza 2014-01-15, n. 201400002

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2014-01-15, n. 201400002
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 201400002
Data del deposito : 15 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00109/2013 REG.RIC.

N. 00002/2014REG.PROV.COLL.

N. 00109/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 109 del 2013, proposto da:
Svas Biosana S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti N A M, A S, e L T, con domicilio eletto presso Luca Di Carlo in Palermo, via N. Morello, n. 40;

contro

Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, rappresentata e difesa dall'avv. N S, con domicilio eletto presso lo Studio Allotta in Palermo, via Trentacoste, n. 89;
Azienda Sanitaria Provinciale di Catania, Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa, Azienda Sanitaria Provinciale di Messina, Silc S.p.A.;
A S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti A P, R T e S Z, con domicilio eletto presso l’avv. S Z in Palermo, via Francesco Paolo di Blasi, n 16;
Santex S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. Calogero Mattina, con domicilio eletto presso Laura Tedesco in Palermo, via Malaspina, n. 27;

per la riforma

della sentenza del TAR SICILIA -

CATANIA :

Sezione II n. 00049/2013, resa tra le parti, concernente appalto - gara per fornitura ausili per incontinenti – annullamento in autotutela di aggiudicazione.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Vista l’ordinanza di questo Consiglio n. 106 dell’8 marzo 2013 con al quale – riservata la decisione sull’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado – è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata proposta dalla Svas Biosana s.p.a., rinviando alla pronuncia definitiva la decisione sul regolamento delle spese processuali della fase cautelare;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2013 il Cons. Gabriele Carlotti e uditi per le parti gli avvocati N. A. Medina, A. Scuderi, L. Tretola, N. Seminara, F. Tedesco, su delega di C. Mattina, e R. Tumbiolo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. – La Svas Biosana s.p.a. (nel prosieguo: Svas) ha impugnato la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, ha respinto, con compensazione tra le parti delle spese processuali, il ricorso promosso in primo grado dall’odierna appellante, onde ottenere, tra l’altro, l’annullamento della delibera n. 379 in data 31 ottobre 2012 dell’Azienda sanitaria provinciale di Enna (d’ora in poi: Asp), con la quale fu annullata in autotutela l’aggiudicazione, in precedenza disposta in favore dell’odierna appellante, dei lotti 1, 2 e 5 della gara per l’affidamento di contratti di fornitura in somministrazione di ausili per incontinenti, con consegna diretta al domicilio degli aventi diritto e successiva assistenza post-vendita per il quadriennio 2011-2015.

2. – Si sono costituite, per resistere all’impugnazione, la Asp, la Santex s.p.a e l’A s.p.a. (in seguito, rispettivamente: Santex e A). La Svas ha depositato dei documenti (tra i quali alcuni “fogli di lavoro” del Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli);
l’A ha eccepito l’inammissibilità di detta documentazione a norma dell’art. 104, comma 2, c.p.a. e comunque ne ha contestato la rilevanza. L’estromissione dal giudizio di appello della documentazione prodotta dalla Svas è stata richiesta anche dall’Asp.

3. – In esito alla discussione, all’udienza pubblica del 12 dicembre 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. – Per la ricostruzione della complessa vicenda sulla quale si è innestata la controversia può in gran parte attingersi alla compiuta narrativa contenuta nella sentenza impugnata;
deve dunque riferirsi che:

- l’Asp, nella qualità di capofila delle Aziende sanitarie consorziate del Bacino della Sicilia Orientale e, quindi, anche per conto delle Aziende sanitarie provinciali di Catania, Siracusa, Ragusa e Messina, indisse una gara (con bando pubblicato sul supplemento alla G.U.C.E. n. GU/S 223 del 19 novembre 2011 e nella G.U.R.S., parte II, n. 48 del 2 dicembre 2011) per l’affidamento di contratti di fornitura in somministrazione di ausili per incontinenti, con consegna diretta al domicilio degli aventi diritto e successiva assistenza post-vendita, per il quadriennio 2011-2015;

- nella seduta pubblica del 4 aprile 2012 la Commissione di gara individuò le seguenti migliori offerte: a) Svas, per il lotto 1 (Azienda sanitaria provinciale di Catania);
b) Svas, per il lotto 2 (Azienda sanitaria provinciale di Siracusa);
c) Fater s.p.a., per il lotto 3 (Asp);
d) Fater s.p.a., per il lotto 4 (Azienda sanitaria provinciale di Ragusa);
e) Svas, per il lotto 5 (Azienda sanitaria provinciale di Messina);

- con delibera n. 640 del 12 aprile 2012, rettificata con delibera n. 785 del 10 maggio 2012, la stazione appaltante aggiudicò in via provvisoria i lotti nn. 1, 2 e 5 alla Svas;

- con nota, n. 2381, in data 14 maggio 2012, l’Asp comunicò l’intervenuta aggiudicazione definitiva, invitando la Svas a produrre, al fine della stipulazione dei contratti, la documentazione comprovante i requisiti autodichiarati;

- la Svas inviò la documentazione richiesta dall’amministrazione;

- a seguito di sollecito inoltrato dalla Svas, le Aziende Ospedaliere di Siracusa, Catania e Messina, con le delibere n. 743 del 21 giugno 2012, n. 2146 del 28 giugno 2012 e n. 2146/CS del 25 luglio 2012, dichiararono di aderire alle risultanze di gara;

- con nota del 22 giugno 2012, prot. n. 352, l’Asp rappresentò alla Svas che le concorrenti Santex e A avevano mosso delle contestazioni all’intervenuta aggiudicazione e avevano fatto pervenire un’informativa (comunicata alla Asp il 15 giugno 2012), ai sensi dell’art. 243- bis del D.P.R. n. 163/2006, in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale;

- con nota in data 25 giugno 2012 la Svas segnalò all’Asp che tali informative erano tardive in quanto pervenute ben dopo la scadenza del termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale;

- in data 9 luglio 2012 la Svas ebbe accesso alle contestazioni delle imprese controinteressate;

- con nota, n. 4152, dell’8 agosto 2012, l’Asp osservò che i rapporti di prova nn. 4626, 4617, 4628 e 4629, relativi ad alcuni tipi di pannoloni sagomati e rettangolari, rilasciati dal Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli, non risultavano conformi alle disposizioni riportate dal D.M. n. 332/1999, richiamato espressamente nel capitolato speciale d’appalto (CSA), per inidoneità del metodo di prelevamento, essendo stata sottoposta a prova soltanto 1 confezione da 20 pezzi invece di 3 o 4 confezioni;

- con nota del 9 agosto 2012 la Svas rappresentò all’amministrazione che il Laboratorio aveva effettuato gli esami di rito sul prescritto numero di confezioni (ossia, su 4 confezioni) e produsse, a tal proposito, una dichiarazione del legale rappresentante del Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli;

- con nota, prot. n. 4295, del 21 agosto 2012, la stazione appaltante ritenne che le controdeduzioni della Svas fossero amministrativamente esaustive, invitando le Aziende interessate a stipulare i contratti di rispettiva competenza;

- tuttavia, con successiva nota, n. 4437, del 31 agosto 2012, l’Asp richiese alla Svas tutta la documentazione propedeutica al rilascio dei certificati (rapporti di prova), contraddistinti dai nn. 4626, 4627, 4628 e 4629, rilasciati dal Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli, dalla quale potesse evincersi la completa tracciabilità del percorso di analisi a partire dalla richiesta inoltrata al laboratorio, con indicazione dei prodotti da sottoporre a prova e del tipo di prova richiesta, nonché la richiesta di registrazione dei dispositivi in questione;

- in riscontro a detta nota, la Svas produsse pertanto:

a) la copia della richiesta di preventivo al Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli in data 15 dicembre 2011;

b) l’originale dell’offerta ricevuta dal Laboratorio n. 759/R del 19 dicembre 2011;

c) la copia conforme del modulo di accettazione dei campioni del 23 dicembre 2011;

d) la copia del DDT (documento di trasporto) della Svas n. 2411 del 23 dicembre 2011;

e) gli originali dei rapporti di prova nn. 4626, 4627, 4628 e 4629 del 29 dicembre 2011;

f) la copia conforme della fattura n. 971 del 30 dicembre 2011 relativa all’esecuzione dei predetti rapporti di prova;

- la Svas rilevò pure che l’assenza, nella banca dati del Ministero della Salute, dei dispositivi contraddistinti da nn. 62935/R, 62936/R e 62877/R era probabilmente dovuta all’aggiornamento in corso, presso tale Ministero, della nuova ragione sociale della Svas e produsse:

a) la copia conforme all’originale della notifica di conformità per l’immissione in commercio del dispositivo “mutande a rete” del 6 febbraio 1998 (della Farmex s.r.l., poi Svas);

b) la copia conforme all’originale della cartolina postale con timbro di ricezione del Ministero della sanità in data 12 febbraio 1998;

c) la copia conforme della schermata del sito https://nsis.sanita.it in data 8 giugno 2010, relativa ai progressivi di sistema attribuiti al dispositivo medico “mutande a rete” nelle sue quattro misure, a seguito di comunicazione del nuovo confezionamento;

- con nota del 19 settembre 2012, l’Asp comunicò alla Svas l’avvio del procedimento finalizzato all’eventuale annullamento dell’aggiudicazione relativa ai lotti nn. 1, 2 e 5 (avendo la Commissione Tecnica di valutazione ritenuto non esaustiva, e in difformità da quanto richiesto, la documentazione prodotta) e al conseguente scorrimento della graduatoria;

- in pari data (19 settembre 2012) la stazione appaltante invitò le imprese seconde classificate per i lotti nn. 1, 2 e 5 a proporre una miglioria sulle offerte già presentate;

- in data 31 ottobre 2012 la Svas chiese di archiviare il procedimento, motivando le ragioni dell’istanza;

- con deliberazione n. 379 del 31 ottobre 2012, l’Asp annullò la precedente aggiudicazione in favore della Svas, disponendo una nuova aggiudicazione in favore delle seconde migliori offerenti (rispettivamente, l’Artasana per il lotto n. 1, la Silc s.p.a. per il lotto n. 2 e la Santex per il lotto n. 5);

- la predetta deliberazione di annullamento n. 379/2012 fu affidata ai seguenti motivi:

a) la documentazione prodotta dalla Svas non era esaustiva perché carente dei dettagli dei risultati delle prove intermedie effettuate dal Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli, in difformità a quanto richiesto e pure a quanto già prodotto dalla Svas per altri prodotti offerti nell’ambito della medesima procedura;

b) inoltre non corrispondevano alcuni numeri di lotto dei prodotti da sottoporre ad analisi indicati nel DDT n. 2411 e i numeri indicati nei rapporti di prova n. 4627 e 4628 e, in conseguenza della mancata completa produzione dei documenti richiesti alla Svas, la Commissione Tecnica non era stata in grado di verificare la quantità dei prodotti effettivamente sottoposti ad analisi e nemmeno se detta difformità fosse da ricondurre, o no, a un mero errore materiale;

- la Svas adì allora il T.A.R. per la Sicilia, sede di Catania, onde ottenere tutela contro la menzionata delibera n. 379 del 31 ottobre 2012, nonché avverso i verbali della Commissione Tecnica del 6 luglio 2012, del 24 luglio 2012, del 29 agosto 2012 e del 14 settembre 2012, chiedendo anche la declaratoria di nullità dei contratti eventualmente stipulati con le seconde migliori offerenti, deducendo le seguenti censure:

I) violazione della legge regionale n. 5/2009, del decreto assessoriale n. 2/2009 e della circolare assessoriale n. 12127/2007, incompetenza, mancanza di potere, sviamento, travisamento e carenza dei presupposti: con le deliberazioni n. 743 del 21 giugno 2012, n. 2146 del 28 giugno 2012 e n. 2146/CS del 25 luglio 2012, le Aziende sanitarie provinciali di Siracusa, Catania e Messina avevano dichiarato di aderire alle risultanze di gara e a seguito di ciò si era definitivamente consumato il potere dell’Asp di intervenire sugli atti della procedura;
difatti la circolare assessoriale n. 1212/2004 precisava, alla lett. g), che la delega alla rappresentanza nella procedura si sarebbe conclusa con l’adozione dell’atto unico deliberativo di aggiudicazione definitiva della fornitura-servizio nella sua globalità e con la pubblicazione dei relativi esiti della gara;

II) violazione dell’art. 243- bis del D.Lgs. n. 163/2006, dell’art. 1, comma 1, della L. n. 241/1990, dell’art. 97 Cost., del principio del giusto procedimento, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, eccesso di potere per sviamento, travisamento e carenza dei presupposti: nessuna delle imprese concorrenti aveva tempestivamente comunicato l’informativa di cui al citato art. 243- bis né aveva proposto ricorso avverso l’aggiudicazione disposta in favore della società ricorrente e, quindi, l’aggiudicazione originaria era divenuta inoppugnabile;

III) violazione degli artt. 21- octies e 21- nonies della L. n. 241/1990, 97 Cost., del principio del giusto procedimento, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, motivazione apparente, eccesso di potere per sviamento, travisamento e carenza dei presupposti: l’amministrazione non avrebbe indicato l’interesse pubblico posto a fondamento del disposto annullamento in autotutela;
sussisteva, per contro, l’interesse pubblico a confermare l’originaria aggiudicazione in capo alla Svas, atteso il risparmio di risorse pubbliche conseguente, stimabile in circa € 1.500.000,00;
l’annullamento è stato comunque disposto oltre ogni ragionevole limite temporale nonché all’esito di un tortuoso e illegittimo procedimento, senza tener conto dell’esigenza di salvaguardare la situazione soggettiva dell’originaria aggiudicataria;

IV) violazione degli artt. 3 e 4 della L. n. 241/1990, 97 Cost., del principio del giusto procedimento, del principio del legittimo affidamento, eccesso di potere per sviamento, travisamento, carenza dei presupposti e tardività: soltanto in data 31 ottobre 2012 l’Asp aveva deliberato l’annullamento dell’aggiudicazione intervenuta in data 4 aprile 2012;
l’annullamento, peraltro, sarebbe intervenuto nonostante:

a) l’Asp avesse già trasmesso alle Aziende sanitarie provinciali di Siracusa, Catania e Messina la documentazione prodotta dalla Svas per la stipulazione dei contratti e quantunque nessuna impresa avesse proposto ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva;

b) le Aziende sanitarie provinciali di Siracusa, Catania e Messina, con delibere n. 743 del 21 giugno 2012, n. 2146 del 28 giugno 2012 e n. 2146/CS del 25 luglio 2012, avessero dichiarato di aderire alle risultanze di gara;

c) con nota, n. 4295, del 21 agosto 2012, il responsabile unico del procedimento (RUP) avesse ritenuto esaustive le deduzioni formulate dalla Svas;

V) violazione degli artt. 7 e seguenti della L. n. 241/1990, 97 Cost., del principio del giusto procedimento, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, motivazione apparente, eccesso di potere per sviamento, travisamento e carenza dei presupposti: solo con la nota in data 22 giugno 2012 l’Asp aveva comunicato alla Svas l’intervenuta presentazione, da parte delle imprese controinteressate, delle informative di cui all’art. 243- bis del D.Lgs. n. 163/2006 e quest’ultime furono ugualmente esaminate sebbene fosse già decorso il termine di cui al citato art. 243- bis ;
l’amministrazione non avrebbe comunicato alla Svas l’avvio del procedimento né avrebbe tenuto conto dell’affidamento ingenerato nell’originaria aggiudicataria;
l’Asp avrebbe condotto un’istruttoria anomala e di natura inquisitoria, asseritamente alimentata da continue, irrituali e illegittime deduzioni svolte dalle imprese A e Santex;
ciò sarebbe dimostrato, in particolare, dalle seguenti circostanze:

a) l’Asp, con nota n. 4295 in data 21 agosto 2012, ritenne esaustive le deduzioni della Svas, per poi richiedere ulteriore documentazione, con nota del 31 agosto 2012, a seguito delle note presentate dalla Santex e dall’A nelle date del 27, 28 e 29 agosto 2012:

b) l’amministrazione avrebbe ostacolato l’accesso della Svas agli atti relativi al procedimento in autotutela;

c) in data 19 settembre 2012, ancor prima di comunicare l’avvio del procedimento in autotutela alla Svas, l’Asp richiese alle concorrenti seconde classificate la miglioria economica sull’offerta presentata, affermando che l’istruttoria del procedimento in autotutela era già stata definita;

VI) violazione dell’art. 97 Cost., del principio del giusto procedimento, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, motivazione apparente, eccesso di potere per sviamento, travisamento, carenza dei presupposti, incompetenza: l’intervento in autotutela si sarebbe fondato su una lacunosa istruttoria svolta dalla Commissione tecnica, i cui compiti si erano peraltro esauriti con la formulazione del parere reso in sede di gara in data 27 marzo 2012;
l’anomalia dell’istruttoria sarebbe confermata dalle seguenti circostanze:

a) la Commissione, nel verbale in data 6 luglio 2012, stabilì che sarebbe stato necessario acquisire il parere dei servizi legali in ordine alle istanze formulate dalle ditte A e Santex ai sensi dell’art. 243-bis, ma, nella seduta del 24 luglio 2012, la medesima Commissione decise invece di esaminare comunque la documentazione tecnica prodotta dalla Svas;

b) nella riunione del 29 agosto 2012, senza tener conto della nota del RUP n. 4295 del 21 agosto 2012, era stato richiesto alla Svas di produrre ulteriore documentazione tecnica;

c) in data 14 settembre 2012 la Commissione aveva affermato di non essere in grado di esprimere il prescritto parere;

VII) violazione del D.M. n. 332 del 27 agosto 1999, dell’art. 15, punto 3, del CSA, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, motivazione apparente, eccesso di potere per sviamento, travisamento e carenza dei presupposti: la delibera n. 379/2012 non indicherebbe i motivi dell’annullamento dell’originaria aggiudicazione;
il provvedimento non richiama la nota del RUP n. 4295 in data 21 agosto 2012 e la nota della Commissione tecnica in data 14 settembre 2012;
la Commissione tecnica, con parere reso in data 27 marzo 2012, aveva riscontrato la conformità tecnica dei servizi e dei prodotti offerti dalla Svas;
il provvedimento fa riferimento alla presunta violazione dell’art. 15, punto 3, del CSA e afferma che sarebbe stato disatteso il metodo di prelevamento dei campioni da sottoporre ad analisi ( “… considerato che è sta prodotta una sola confezione da 20 pezzi (piuttosto che tre o quattro confezioni) insufficiente per l’esecuzione delle prove richieste con la metodologia prima esposta, conseguendo che i rapporti di prova nn. 4626, 4627, 4628 e 4629, rilasciati dal Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli, non sono conformi alle disposizioni riportate dal decreto ministeriale n. 3329/1999, richiamate espressamente nel capitolato speciale d’appalto e, quindi, sono da ritenere invalidi” ), ma, in realtà, le prove erano state eseguite su 4 confezioni (perché il Laboratorio non avrebbe potuto procedere diversamente e ciò risulterebbe dalla dichiarazione resa al riguardo dal legale rappresentante del Laboratorio medesimo);
l’intervento in autotutela fa anche riferimento alla “tracciabilità del percorso di analisi”, ma il CSA non avrebbe affatto richiesto la “tracciabilità del percorso di analisi”, limitandosi a prescrivere la produzione di certificati redatti secondo le metodiche 001NMC93, 002NMC93 e 003NMC93;
in ogni caso, la copiosa documentazione prodotta dalla Svas avrebbe chiarito ogni residuo dubbio sulla completa “tracciabilità del percorso di analisi”;
l’amministrazione ha fatto anche riferimento alla mancata produzione di “prove intermedie”, ma tali prove erano nella disponibilità esclusiva del Laboratorio e non della Svas;
l’amministrazione, inoltre, ha fatto riferimento a presunte incongruenze (non corrispondenza fra alcuni numeri di lotto dei prodotti da sottoporre ad analisi indicati nel documento di trasporto n. 002411 e altrettanti numeri di lotto indicati nei rapporti di prova) rilevate sui certificati prodotti da Svas Biosana in sede di gara, ma in alcun modo la legge di gara richiedeva alle concorrenti di indicare i numeri di lotto dei prodotti oggetto di analisi (come dimostrato dal fatto che il numero di lotto non era presente nei rapporti di prova delle altre concorrenti);

VIII) violazione degli artt. 54, 55 e 82 d.lgs. n. 163/2006, 13 del CSA, 97 Cost., del principio del giusto procedimento;
eccesso di potere per sviamento e carenza dei presupposti: l’Asp richiese e ottenne dalle seconde migliori offerenti, ancor prima che le stesse risultassero aggiudicatarie, un indebito sconto di valore sufficiente a portare le offerte di tali concorrenti di poco al di sotto di quella in precedenza offerta dalla Svas Biosana;

- l’Asp si costituì ed eccepì l’inammissibilità del ricorso, sollecitando in subordine il rigetto dell’impugnativa nel merito sulla scorta delle seguenti argomentazioni:

a) il ricorso non era stato notificato all’Azienda sanitaria provinciale di Ragusa;

b) la pubblica amministrazione dispone sempre, nel rispetto delle prescrizioni di legge, del potere di intervenire in autotutela sulle proprie precedenti determinazioni;

c) la mancata impugnazione del provvedimento di aggiudicazione non impediva all’amministrazione di intervenire in autotutela sull’aggiudicazione stessa;

d) le ragioni di pubblico interesse poste a fondamento dell’intervento in autotutela furono adeguatamente evidenziate e consistevano, in primo luogo, nell’esigenza di fornire alla popolazione assistita prodotti che avessero regolarmente superato le prescritte prove di idoneità;

e) a differenza di quanto affermato dalla ricorrente, nella nota n. 4295 del 21 agosto 2012 si era affermato che le deduzioni offerte dalla Svas risultavano “amministrativamente esaustive, fatta salva ogni altra attività di ordine tecnico deputata all’organo preposto” ;

f) la Svas aveva trasmesso la documentazione per la stipula del contratto in data 7 giugno 2012 e l’Asp, con nota in data 22 giugno 2012, aveva tempestivamente rappresentato alla ricorrente che, in data 18 giugno, la Santex e l’A avevano formulato contestazioni in merito all’aggiudicazione;

g) la Svas aveva potuto partecipare al procedimento finalizzato all’eventuale intervento in autotutela;

h) nel verbale della Commissione Tecnica in data 14 settembre 2012 si affermava che “la documentazione prodotta dalla Svas Biosana s.p.a. non è esaustiva” e che non consentiva di chiarire le incongruenze rilevate;

h) la richiesta relativa alla “tracciabilità del percorso di analisi” costituiva un soccorso istruttorio per consentire alla ricorrente di chiarire le incongruenze che erano state rilevate;

i) la Svas non aveva interesse a dolersi delle migliorie economiche offerte dalle seconde classificate;

- la Santex chiese il rigetto del ricorso, osservando che:

a) i rapporti di prova relativi ai “pannoloni sagomati e rettangolari” non erano conformi alle prescrizioni ministeriali;

b) nel repertorio della banca dati dei dispositivi medici del Ministero della salute risultavano assenti 10 dei 12 dispositivi offerti dalla Svas;

c) la mancata impugnazione dell’aggiudicazione non impediva all’amministrazione di intervenire in autotutela;

d) a seguito dell’intervento in autotutela, l’Asp aveva ottenuto un prezzo inferiore rispetto a quello offerto dalla Svas;

e) nei rapporti di prova nn. 4626, 4627, 4628 e 4629 si descriveva il campione affermando trattarsi di “confezione integra termosaldata” (e non di una confezione di cartone contenente le almeno 4 confezioni indispensabili per la corretta esecuzione del test);

f) la documentazione prodotta dalla ricorrente non conteneva alcun dato nella colonna “stato del dispositivo”, mentre, ai sensi degli artt. 2 e 3 del D.M. del 20 febbraio 2007, tutti i dispositivi medici utilizzati dal S.S.N. devono essere identificati tramite un apposito numero di iscrizione assegnato dal Ministero della Salute;

g) gli aggiornamenti dei dati aziendali nel sistema informativo del Ministero della Salute avvengono contestualmente all’invio informatico dei dati stessi da parte dell’azienda;

- dal canto suo la A aveva eccepito l’inammissibilità del gravame, sollecitandone, in subordine, il rigetto per i seguenti motivi:

a) il ricorso non era stato notificato all’Azienda sanitaria provinciale di Ragusa;

b) la delega alla rappresentanza nella procedura in favore dell’Asp comprendeva anche l’esercizio del generale potere di autotutela;

c) il decorso del termine di cui al sunnominato art. 243- bis equivale a diniego di autotutela, ma non priva l’amministrazione del potere di provvedere in autotutela successivamente alla scadenza del termine stesso;

d) l’annullamento in autotutela era intervenuto tempestivamente e costituiva espressione dell’interesse pubblico al conseguimento della migliore offerta;

e) la Svas non era titolare di una posizione di affidamento significativa e consolidata;

f) il procedimento in autotutela era stato avviato tempestivamente e l’annullamento non era pregiudicato dalla mancata impugnazione dell’aggiudicazione;

g) nella nota n. 4295 del 21 agosto 2012 si affermava che le deduzioni offerte dalla Svas risultavano “amministrativamente esaustive, fatta salva ogni altra attività di ordine tecnico deputata all’organo preposto” ;

h) la Svas aveva potuto partecipare al procedimento finalizzato all’eventuale annullamento dell’aggiudicazione;

i) la Commissione tecnica può essere legittimamente riconvocata, come si desume dall’art. 84, comma 12, del Codice dei contratti pubblici;

l) i certificati prodotti dalla Svas non dimostravano il rispetto delle metodiche 001NMC93, 002NMC93 e 003NMC93, atteso che, per ogni tipologia di prodotto, risultava sottoposto a test un solo campione prelevato da un’unica confezione di vendita;

m) nel documento di trasporto del 23 dicembre 2011, con riferimento al prodotto “Farmex pannolone sagomato extra”, era indicato il numero di lotto 1141, mentre, per lo stesso prodotto, nel certificato di analisi n. 4627, veniva indicato il numero di lotto 1145;

n) nel documento di trasporto del 23 dicembre 2011, con riferimento al prodotto “Farmex pannolone sagomato plus”, era indicato il numero di lotto 1145, mentre, per lo stesso prodotto, nel certificato di analisi n. 4628, veniva riportato il numero di lotto 1143;

o) a fronte della richiesta di produzione documentale dell’amministrazione, finalizzata a evincere la completa tracciabilità del percorso di analisi, la Svas si era limitata a produrre la domanda di preventivo rivolta al Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli, l’offerta economica ricevuta dal Laboratorio, il modulo di accettazione dei campioni e i quattro rapporti di analisi;

p) era del tutto irrilevante la circostanza che i rapporti di prova offerti dagli altri concorrenti non facessero riferimento alla completa tracciabilità del percorso di analisi, atteso che da tali rapporti non si evinceva il mancato rispetto delle metodiche di analisi;

q) come affermato nel verbale in data 14 settembre 2012, le certificazioni concernenti le prove intermedie erano state “già rese dalla Svas Biosana s.p.a. per altri prodotti offerti nel medesimo appalti e considerati conformi” ;

r) la Svas non aveva alcun interesse a contestare il miglioramento dell’offerta economica da parte delle nuove aggiudicatarie.

5. – Il T.A.R. ha definito la lite con decisione in forma sintetica, avendo ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, in ragione di tale ravvisata infondatezza, il Tribunale ha ritenuto di poter prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità in ordine alla mancata notifica dell’atto di impugnativa all’Azienda sanitaria provinciale di Ragusa.

In relazione agli otto motivi di ricorso, sopra riferiti, il Primo Giudice ha quindi osservato quanto segue:

I) l’art. 24, comma 29, della L.R. n. 2/2007 dispone che “al fine di pervenire a sensibili economie di scala nella fornitura e gestione di beni e servizi, le aziende unità sanitarie locali, le aziende ospedaliere e le aziende ospedaliere universitarie sono tenute a procedere all'acquisizione di beni e servizi in forma consorziata, in ambito provinciale o extraprovinciale, nel rispetto delle direttive impartite dall’Assessorato regionale della sanità” ;
come precisato anche nella circolare assessoriale n. 1212/2004, lett. g), nelle procedure di gara in forma consorziata viene conferita ad una delle Aziende “la delega alla procedura” e la procedura si conclude “con l’adozione dell’atto unico deliberativo di aggiudicazione definitiva della fornitura-servizio nella sua globalità e con la pubblicazione dei relativi esiti della gara” ;
a differenza, però, di quanto ritenuto dalla Svas (primo motivo), tale affermazione non sarebbe da intendersi nel senso che all’Azienda delegata sia inibito l’esercizio del potere di intervenire in autotutela sugli atti del procedimento, posto che la possibilità di intervenire in autotutela è immanente all’esercizio del potere amministrativo e, quindi, a prescindere da ogni indagine in merito al loro effettivo significato giuridico, le deliberazioni n. 743 del 21 giugno 2012, n. 2146 del 28 giugno 2012 e n. 2146/CS del 25 luglio 2012, con cui le Aziende sanitarie provinciali di Siracusa, Catania e Messina dichiararono di aderire alle risultanze di gara, non erano in grado di precludere il legittimo esercizio del potere di autotutela da parte dell’organo amministrativo (ossia l’Asp) deputato ad amministrare la procedura;

II) in ordine al secondo motivo, la mancata presentazione, da parte delle imprese concorrenti, dell’informativa di cui all’art. 243- bis del Codice dei contratti pubblici costituiva soltanto un comportamento valutabile ai fini delle spese di giudizio e delle altre conseguenze di cui all’art 1227 c.c. (v. l’art. 243- bis , comma 5);
mentre la mancata proposizione del ricorso avverso l’aggiudicazione, se, da un lato, determina l’inoppugnabilità dell’aggiudicazione nei confronti del soggetto che abbia omesso di tutelarsi contro il provvedimento, dall’altro, non consuma il potere dell’amministrazione di intervenire in autotutela sull’aggiudicazione medesima;

III) sul terzo motivo di gravame, il provvedimento impugnato fa continuo riferimento alla necessità di assicurare la regolarità della procedura e di fornire, conseguentemente, agli assistiti prodotti adeguatamente certificati e, pertanto, idonei all’utilizzo, di talché l’interesse pubblico posto a fondamento dell’intervento in autotutela risulterebbe esser stato ampiamente evidenziato;
l’annullamento, inoltre, sarebbe stato disposto tempestivamente, atteso che l’aggiudicazione definitiva era stata comunicata in data 14 maggio 2012 e che l’intervento in autotutela si è perfezionato il successivo 31 ottobre, all’esito dei necessari e articolati approfondimenti istruttori;
inoltre non risponderebbe al vero l’affermazione secondo cui l’annullamento avrebbe ingenerato maggiori oneri a carico dell’Amministrazione, posto che - come riconosciuto dalla stessa Svas nella motivazione dell’ottava doglianza - le seconde migliori offerenti avrebbero praticato uno sconto che consentiva all’amministrazione di conseguire un risparmio, ancorché modesto, rispetto all’originaria offerta della Svas;

IV) in ordine al quarto motivo, non risponderebbe al vero che con la nota n. 4295 del 21 agosto 2012 il RUP avesse ritenuto del tutto esaustive le deduzioni formulate dalla Svas;
piuttosto, in detta nota, il direttore del Servizio Provveditorato aveva semplicemente evidenziato che le controdeduzioni risultavano “amministrativamente esaustive… fatta salva ogni altra attività di organo tecnico deputata all’organo preposto” ;

V) in merito al quinto motivo, l’amministrazione aveva tempestivamente comunicato alla Svas in data 22 giugno 2012 che le imprese controinteressate avevano presentato informative ai sensi dell’art. 243- bis ;
l’esame di tali informative aveva comportato l’espletamento di un’articolata istruttoria (v. supra ) e, comunque, ai fini della legittimità dell’intervento in autotutela, sarebbe del tutto irrilevante l’eventuale decorso del termine di cui al citato art. 243- bis ;
la Svas non vanterebbe alcun particolare affidamento, essendo stata tempestivamente informata dell’esistenza delle informative e avendo potuto partecipare attivamente al procedimento finalizzato all’eventuale annullamento dell’aggiudicazione;
non risulterebbe comprensibile l’affermazione della Svas circa la presunta natura inquisitoria del procedimento finalizzato all’adozione dell’annullamento in autotutela, anche tenuto conto che l’istruttoria amministrativa presenta sempre natura inquisitoria, non essendo previsto l’intervento di un organo terzo che valuti in posizione neutrale l’ammissibilità, la rilevanza e la fondatezza dei mezzi istruttori offerti dalle parti;. a prescindere da ulteriori considerazioni, l’affermazione della Svas, secondo cui l’istruttoria sarebbe stata alimentata da irrituali e illegittime deduzioni svolte dalle concorrenti A e Santex, sarebbe sfornita di ogni riscontro probatorio;
in disparte ogni ulteriore considerazione, costituirebbe circostanza non controversa che alla Svas fosse stato tempestivamente consentito di accedere agli atti del procedimento;
la circostanza che in data 19 settembre l’amministrazione avesse richiesto alla Santex e all’A la “miglioria economica sull’offerta presentata” risulterebbe inconducente, essendo chiaro che tali offerte restavano condizionate dal concreto esito del procedimento finalizzato all’eventuale annullamento dell’aggiudicazione originaria;

VI) sul sesto motivo, l’immanenza del potere di autotutela in capo all’organo titolare del potere amministrativo determina, nel caso di procedimento volto all’annullamento di un precedente atto, la reviviscenza delle funzioni degli organi tecnici ausiliari, di talché non potrebbe condividersi l’affermazione della Svas, secondo cui i compiti della Commissione Tecnica si fossero definitivamente esauriti con la formulazione del parere reso in sede di gara in data 27 marzo 2012;
inoltre, condivisibilmente l’amministrazione avrebbe ritenuto di poter prescindere dal parere dei servizi legali, in quanto il motivo che aveva condotto all’annullamento dell’aggiudicazione non involgeva la soluzione di problemi giuridici di particolare difficoltà, ma poggiava essenzialmente sull’accertamento di questioni di fatto;
la Svas avrebbe anche omesso di considerare che, nel verbale del 14 settembre 2012, la Commissione Tecnica aveva affermato che la documentazione prodotta dalla Svas non risultava esaustiva e non consentiva di chiarire le incongruenze rilevate;

VII) in relazione al settimo motivo, a differenza di quanto affermato dalla Svas, la delibera n. 379 del 31 ottobre 2012 indicava in modo puntuale e dettagliato i motivi sottesi all’annullamento dell’originaria aggiudicazione;
il provvedimento non richiamerebbe la nota del RUP n. 4295 in data 21 agosto 2012 e la nota della Commissione Tecnica in data 14 settembre 2012, perché, diversamente da quanto opinato dalla Svas, tali atti non avrebbero un contenuto favorevole alla ricorrente;
le conclusioni alle quali era giunta l’amministrazione erano perfettamente condivisibili, in quanto, sulla base dei rapporti di prova nn. 4626, 4627, 4628 e 4629, non sarebbe possibile affermare che i test fossero effettivamente avvenuti sul numero di campioni prescritti e in conformità alle metodiche stabilite, atteso che in tali documenti si farebbe riferimento ad un solo campione e si descriverebbe una “confezione integra termosaldata” (non una confezione di cartone contenente le diverse confezioni termosaldate indispensabili per la corretta esecuzione del test);
l’amministrazione sarebbe finanche intervenuta per offrire un soccorso istruttorio alla Svas, richiedendo la produzione di documenti che consentissero “la completa tracciabilità del percorso di analisi”;
la Svas si sarebbe invece limitata a produrre la richiesta di preventivo al Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli, l’offerta economica ricevuta dal Laboratorio, il modulo di accettazione dei campioni e i quattro rapporti di analisi, senza produrre i documenti relativi alla prove intermedie e, pertanto, non consentendo all’amministrazione di accertare se le prove di laboratorio fossero effettivamente intervenute sul numero di campioni prescritto dalle varie metodiche;
sarebbe stato onere della Svas attivarsi per ottenere dal Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli la documentazione relativa alle prove intermedie;
la Svas non avrebbe nemmeno consentito all’amministrazione di chiarire l’incongruenza fra i numeri di lotto indicati nel documento di trasporto n. 0023411 e i numeri di lotto indicati nei rapporti di prova n. 4627 e n. 4628;

VIII) era, infine, da reputarsi inammissibile l’ottavo motivo, in quanto, a seguito dell’accertamento della legittimità dell’annullamento dell’aggiudicazione, la Svas era ormai da ritenersi estranea all’ulteriore percorso procedimentale;
pertanto essa non nutriva più un interesse tutelabile giudizialmente a contestare la miglioria dell’offerta economica formulata dalle altre imprese rimaste in gara.

DIRITTO

6. – Come diffusamente evidenziato in narrativa, l’appello della Svas è affidato a nove mezzi di gravame: in particolare, con i primi otto la società appellante formula specifiche critiche alle relative statuizioni della sentenza impugnata (statuizioni delle quali si è dato sopra conto) e con il nono, ed ultimo, motivo la Svas ripropone la domanda volta a ottenere la declaratoria della nullità (o di inefficacia) e di caducazione dei contratti stipulati dalle amministrazioni con le imprese controinteressate.

7. – Si è sopra accennato alla costituzione, in resistenza, della Santex, dell’A e della Asp;
va qui soggiunto che, mentre la Santex ha soltanto contestato nel merito tutti i motivi di appello proposti ex adverso , la A e la Asp hanno anche riproposto in secondo grado l’eccezione di inammissibilità dell’originario ricorso dichiarata assorbita dal T.A.R. Più in dettaglio, le suddette appellate hanno dedotto a sostegno dell’eccezione quanto segue:

- il ricorso introduttivo non fu notificato alla Azienda sanitaria provinciale di Ragusa, ancorché quest’ultima fosse consorziata con le altre Aziende;

- siffatta omissione avrebbe reso l’originaria impugnativa inammissibile, giacché – in forza delle disposizioni normative concernenti le cd. “unioni di acquisto” (in Sicilia, l’art. 5 della L.R. n. 5/2009, recante norme per il riordino del Servizio sanitario regionale e, in particolare, l’art. 5, comma 11, l’art. 24, comma 29, della L.R. n. 2/2007, nonché il D.A. Sanità del 2 novembre 2009) e dei principi enunciati dalla giurisprudenza (v. Cons. Stato, sez. V, n. 1800/2007) – rimarrebbe distinta la soggettività delle aziende costituenti la centrale di committenza (o unione di acquisto), atteso che quest’ultima, avendo natura di un mero modulo organizzativo, sarebbe priva di una propria soggettività, con la conseguenza che, per i fini della rituale instaurazione del contraddittorio processuale, risulterebbe necessario notificare l’impugnativa a tutte le Aziende consorziate, giacché in capo a ciascuna di dette Aziende si imputano soggettivamente i rapporti sostanziali connessi o conseguenti all’espletamento della procedura, giacché ognuna delle Aziende consorziate, e non unicamente la capofila, deve ritenersi alla stregua di un’autorità emanante gli atti impugnati, ancorché adottati, per delega, dalla sola azienda capofila (nella fattispecie, la Asp).

Tanto premesso, e considerata la riserva formulata sul punto in sede cautelare, lo scrutinio dell’eccezione sarebbe logicamente prioritario rispetto a ogni altra questione;
sennonché il Tribunale ha ritualmente omesso di esaminare l’eccezione in parola in ragione della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.

In relazione a quanto appena osservato si rileva che:

- l’eccezione di non integrità del contraddittorio processuale, quand’anche ipoteticamente fondata, giammai potrebbe condurre ad alcuna declaratoria di inammissibilità del ricorso originario, atteso che esso fu comunque notificato all’autorità amministrativa che aveva formalmente adottato l’atto impugnato (nonché alle Aziende di Siracusa, Catania e Messina);
invero, la tesi, patrocinata dalle appellate, che configura le altre Aziende come “autorità emananti per delega”, va difatti rettamente intesa nei suoi risvolti processuali: essa avrebbe potuto condurre, al più, a ritenere che tutte le Aziende provinciali, inclusa quella di Ragusa, dovessero partecipare al giudizio e che, dunque, il Primo Giudice - laddove si fosse accertato il difetto dei presupposti per l’applicazione dell’art. 49, comma 2, c.p.a. – avrebbe dovuto integrare il contraddittorio nei confronti dell’Azienda iblea a norma dell’art. 27, comma 2, c.p.a., ma certamente la valutazione dell’eventuale rilevanza dell’omessa notificazione del ricorso all’Azienda ragusana non avrebbe potuto condurre il T.A.R. a giudicare inammissibile un’impugnativa ritualmente partecipata all’unica autorità emanante l’atto impugnato (sicuramente dal punto di vista formale, ma anche – per quanto si osserverà infra – sostanziale);

- quindi – ove pure l’eccezione, ora riproposta in appello, fosse da accogliere e sempre che il ricorso di primo grado risultasse, in seguito al vaglio di secondo grado, fondato in tutto o in parte o anche soltanto (nell’ipotesi di una possibile conferma della sentenza impugnata con diversa motivazione) infondato (e non “manifestamente infondato”) - allora l’accoglimento dell’eccezione determinerebbe in via consequenziale l’annullamento della pronuncia gravata a norma dell’art. 105, comma 1, c.p.a., con rinvio della controversia al T.A.R.;

- tuttavia, a ben vedere, l’eccezione si presenta manifestamente infondata, attesa la concreta configurazione della gara dedotta in contenzioso: il relativo bando ha difatti avuto ad oggetto cinque differenti lotti per la somministrazione di ausili per incontinenti, uno per ciascuna delle cinque Aziende sanitarie provinciali interessate (segnatamente, il lotto n. 1 per quella di Catania;
il lotto n. 2 per quella di Siracusa, il lotto n. 3 per quella di Enna, il lotto n. 4 per quella di Ragusa e il lotto n. 5 per quella di Messina) e autonome erano anche le offerte presentate dalle imprese partecipanti e pure i contratti da stipularsi in esito alla procedura;
in sostanza, ancorché assoggettate a una medesima lex specialis e sebbene gestite da un’unica stazione appaltante (la Asp), nondimeno le procedure di affidamento, pur condividendo alcuni atti plurimi, risultavano comunque tra loro distinte (tanto che l’annullamento impugnato in prime cure ha riguardato soltanto l’aggiudicazione dei lotti nn. 1, 2 e 5) e scindibili in relazione ai vari lotti e alle differenti Aziende (circostanze e considerazioni che, giova ribadirlo, hanno consentito alla Asp di annullare l’aggiudicazione solo in parte, cioè con riferimento a determinati lotti);

- la Svas concorse alla gara per solo tre lotti (n. 1, n. 2 e n. 5) – in relazione ai quali risultò aggiudicataria – e non anche per il lotto n. 4 relativo all’Azienda sanitaria provinciale di Ragusa e, dunque, correttamente, notificò il primitivo ricorso alla Asp e alle Aziende di Catania, Siracusa e Messina, non avendo alcun interesse a impugnare gli atti di gara nella parte riferibile all’Azienda sanitaria provinciale di Ragusa (ossia per il lotto n. 4 aggiudicato, come il lotto n. 3, alla Fater s.p.a.), posto che il provvedimento gravato, ossia – giova qui ricordarlo - l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione a favore della Svas, non aveva ad oggetto gli altri lotti affidati;

- a sostegno della tesi sull’autonomia degli affidamenti dei vari lotti militano pure specifiche previsioni della normativa di gara e, segnatamente, come osservato dalla Svas, il punto 8 del bando e l’art. 19, lett. b), del relativo capitolato (laddove si è previsto che la cauzione provvisoria fosse commisurata all’importo di spesa stabilito per i lotti per i quali le partecipanti avrebbero concorso) e ancora il predetto art. 19 del capitolato con riferimento all’importo, distinto per ciascun lotto, del contributo da versare all’Autorità di vigilanza;

- inoltre difetta in capo all’Azienda ragusana, non soltanto la qualifica di autorità emanante (essendo tale solo la Asp), ma anche quella di controinteressato, atteso che detta azienda di Ragusa è, a ben vedere, totalmente estranea al contenzioso, qualunque sia il suo esito (non avendo, come sopra chiarito, la Svas partecipato alla gara relativa al lotto corrispondente a detta Azienda né essendo stato detto lotto inciso dal provvedimento in autotutela gravato);

- ancora, va osservato che la gara fu indetta e svolta dalla Asp, in nome e per conto proprio, sebbene su delega delle altre Aziende interessate: queste ultime, peraltro, in quanto mere beneficiarie della procedura di affidamento, una volta preso atto dell’esito della procedura, aderirono alle risultanze della medesima, sul presupposto, per l’appunto, che era stata gestita in modo autonomo dalla Asp (con relativa ed esclusiva responsabilità amministrativa);

- pertanto, l’eccezione in discorso non soltanto non avrebbe potuto determinare alcuna inammissibilità del primitivo ricorso, ma, in concreto, si presenta anche manifestamente infondata.

8. – Può quindi passarsi all’esame dei mezzi di gravame dedotti dalla Svas.

I) con il primo mezzo di gravame, la Svas ribadisce la tesi della carenza di potere (per incompetenza), in capo alla Asp, di intervenire in autotutela dopo l’atto unico deliberativo dell’aggiudicazione definitiva, in quanto la conclusione della gara e l’adesione delle altre Aziende interessate alle risultanze della procedura di affidamento avrebbero determinato la definitiva perdita di efficacia della delega da esse in precedenza rilasciata alla capofila, con conseguente consumazione di ogni potere amministrativo, ivi incluso quello di intervenire in autotutela della Asp deputata ad amministrare la procedura. In sostanza, l’eventuale esercizio dell’autotutela sarebbe spettato, singolarmente, alle Aziende di Catania, Siracusa e Messina e non alla Asp. Il T.A.R. avrebbe male interpretato la censura con la quale non si era posta in discussione la sussistenza del potestà di ritiro in autotutela, ma si era soltanto contestata la titolarità in capo alla Asp della legittimazione soggettiva all’esercizio del relativo potere.

Il motivo è manifestamente infondato: il Tribunale ha ben deciso, laddove ha affermato che le Aziende, beneficiarie degli effetti dell’aggiudicazione (senza tuttavia stipulare alcun contratto con la Svas), non avrebbero potuto impedire l’esercizio dell’autotutela da parte della Asp, attesa la natura immanente di detto potere, previsto in via generale dalla L. n. 241/1990 e, con specifico riguardo alla materia dei contratti pubblici, dall’art. 11, comma 9, del D.Lgs. n. 163/2006 (che ammette l’autotutela fino alla stipulazione del contratto). Difatti, è un principio generale del diritto amministrativo, ora scolpito a chiare lettere dall’art. 21- nonies , comma 1, della L. n. 241/1990, che il potere di annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi illegittimi spetta, sempre e in via generale, all'organo che lo ha emanato e, soltanto nei casi previsti dalla legge, ad altro organo previsto. La Svas non ha indicato il dato positivo che avrebbe legittimato le Aziende interessate, diverse dalla Asp, a intervenire in autotutela su un provvedimento adottato da un’altra amministrazione (giacché una norma del genere non sussiste) e certamente non può ritenersi prevalere sul principio enunciato una circolare assessoriale, giacché - qualunque significato si intenda attribuire alle oscure locuzioni ivi utilizzate – quest’ultima può essere tenuta in non cale se destinata a condurre a un esito applicativo in contrasto con le regole legali che governano, insieme al principio del contrarius actus , l’esercizio dell’autotutela amministrativa. Del resto, pure sul piano del buon senso comune, ancor prima di quello della logica giuridica, appare evidente che se l’esercizio del potere di ritiro in autotutela postula sempre un riesame di provvedimenti in precedenza adottati da un’amministrazione sulla base di atti istruttori compiuti dalla stessa amministrazione, risulterebbe contrario ai principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, che l’annullamento fosse disposto da un altro plesso burocratico (a meno che, per l’appunto, non ricorra un diverso assetto di interessi, sulla base di una valutazione compiuta a monte dal Legislatore, che suggerisca di adottare, in specifici casi, una soluzione difforme, secondo un diverso criterio di allocazione delle competenze). Deve dunque ritenersi che la delega attribuita alla Asp includesse anche l’eventuale esercizio del potere di ritiro in autotutela degli atti adottati dalla medesima Azienda capofila.

Solo per completezza e per colorare quanto già sopra osservato, si aggiunge, in punto di fatto, che non risulta che alcuna delle Aziende consorziate abbia contestato l’operato della Asp né la delibera di annullamento d’ufficio e, in punto di diritto, che, al più, si potrebbe disquisire dell’efficacia dell’annullamento in autotutela, in assenza di una correlativa manifestazione di adesione delle ridette Aziende di Siracusa, Catania e Messina, in forza del principio del contrarius actus : sennonché tale aspetto esorbita dall’oggetto della controversia, giacché nei termini appena esposti, non è stato dedotto dalla Svas e, comunque, quand’anche una ricostruzione del genere fosse ipoteticamente corretta, comunque essa non inciderebbe sul profilo dell’integrità del contraddittorio instaurato, ma soltanto sul profilo della procedibilità del ricorso (procedibilità che, in ogni caso, sussisterebbe in quanto, in linea generale, è suscettibile di impugnativa anche un atto non ancora efficace, qualora esso abbia un contenuto comunque pregiudizievole, anche a prescindere dalla sua efficacia e non può negarsi che l’annullamento di un’aggiudicazione sia idoneo ad arrecare un pregiudizio all’impresa che si veda privata di un’aggiudicazione, quanto meno sotto il profilo del danno all’immagine).

II) Con il secondo motivo di appello, la Svas critica la statuizione con la quale il T.A.R. ha affermato che la mancata presentazione, da parte delle imprese concorrenti, dell’informativa di cui all’art. 243- bis del Codice dei contratti pubblici consisterebbe in un comportamento valutabile soltanto ai fini delle spese di giudizio e delle altre conseguenze di cui all’art 1227 c.c. (v. l’art. 243- bis , comma 5), mentre la mancata proposizione del ricorso avverso l’aggiudicazione, pur determinando l’inoppugnabilità dell’aggiudicazione nei confronti del soggetto che abbia omesso l’impugnazione del provvedimento, non consumerebbe tuttavia il potere dell’amministrazione di intervenire in autotutela sull’aggiudicazione medesima.

Secondo l’appellante il Tribunale, anche in questo caso, avrebbe travisato il significato e la finalità della doglianza formulata in prime cure;
quest’ultima poggiava infatti sulla denuncia della violazione della regola speciale dettata dal comma 4 dell’art. 243- bis del Codice dei contratti pubblici, secondo cui la stazione appaltante, entro quindici giorni dal preavviso di impugnazione, è tenuta a comunicare le proprie determinazioni in ordine ai motivi indicati dall'interessato, stabilendo se intervenire o meno in autotutela, con l’effetto che l’eventuale inerzia equivale a diniego di autotutela. Nello specifico la Svas deduce che, sebbene tardivamente, le imprese controinteressate avevano comunque presentato una comunicazione di cui al comma 1 dell’art. 243- bis e, pertanto, avendo la stazione appaltante serbato su tale istanza un silenzio superiore a quindici giorni, la stessa avrebbe conseguentemente consumato il suo potere di intervento in autotutela.

Anche tale doglianza si presenta manifestamente infondata per due ragioni:

a) è vero che l’art. 243- bis sunnominato detta alcune regole speciali, sorrette da una comune ratio deflattiva del contenzioso, ma esse concernono l’ipotesi in cui il procedimento di preavviso si sia ritualmente instaurato;
nel caso di specie, la stessa appellante ha dedotto che la comunicazione di cui al comma 1 dell’articolo in discorso fu inviata tardivamente (ossia ad inoppugnabilità già maturata);
da ciò consegue che tale comunicazione era inidonea a spiegare gli effetti indicati dall’art. 243- bis , giacché l’inerzia dell’amministrazione, sebbene protrattasi oltre il termine di quindici giorni, non era interpretabile alla stregua di un silenzio-rigetto, per difetto dei requisiti della fattispecie normativa presupposta;

b) in ogni caso, la specialità della previsione – come già accennato – non è tale da impingere sulle regole che governano l’autotutela amministrativa al punto da stravolgerne integralmente la disciplina e, nonostante la difformità dal paradigma normativo, la comunicazione delle imprese controinteressate non era peraltro priva di qualunque rilievo, posto che – atteso l’immanente principio di conservazione degli effetti giuridici – essa, pur non spiegando effetti a norma del succitato art. 243- bis , era comunque suscettibile di considerazione alla stregua di una ordinaria sollecitazione all’esercizio dell’autotutela dell’amministrazione, al di fuori dello schema procedimentale delineato dall’art. 243- bis ;
certamente poi il comma 4 succitato, ove pure il procedimento fosse stato correttamente instaurato (ovverosia, qualora il preavviso fosse stato tempestivamente inoltrato), non avrebbe potuto impedire alla stazione appaltante, anche dopo la formazione del silenzio-rigetto, di intervenire comunque in autotutela, ricorrendone i presupposti.

Devono pertanto condividersi, sul punto, le statuizioni del Primo Giudice.

III) con il terzo mezzo di gravame, la Svas contesta il rigetto, da parte del T.A.R., del corrispondente motivo del ricorso di primo, ribadendo che:

a) l’amministrazione non avrebbe indicato un interesse pubblico idoneo a giustificare l’intervento in autotutela;

b) in ogni caso non si sarebbero considerati, in via comparativa, il contrapposto interesse conservativo dell’appellante né gli esborsi da essa affrontati sul presupposto dell’intervenuta aggiudicazione;

c) in ogni caso sarebbe irragionevolmente lungo il tempo decorso tra l’adozione del provvedimento annullato e il successivo atto di ritiro;

d) difetterebbe, poi, la prova dell’impossibilità di adottare un provvedimento di differente contenuto e meno pregiudizievole per gli interessi della Svas;

e) il beneficio economico, comunque indebito (in violazione dell’immodificabilità delle offerte presentate in corso di gara), ritratto dalla rimodulazione delle offerte delle imprese seconde classificate sarebbe minimo.

Il motivo è manifestamente infondato. Il Consiglio, al cospetto della ripetizione delle medesime lagnanze già esaminate dal T.A.R., ritiene – anche a voler prescindere dalla verosimile inammissibilità di gran parte del motivo (giacché, per l’appunto, meramente ripetitivo degli argomenti già sottoposti al Primo Giudice) – di non doversi discostare da quanto compiutamente statuito nella sentenza impugnata, laddove si è osservato come l’atto di annullamento faccia riferimento alla necessità di assicurare la regolarità della procedura e di fornire, conseguentemente, agli assistiti prodotti adeguatamente certificati e, pertanto, idonei all’utilizzo, di talché l’interesse pubblico posto a fondamento dell’intervento in autotutela risulta, contrariamente a quanto opinato dalla Svas, ampiamente evidenziato e – soggiunge questo Consiglio – i profili esposti dal Tribunale circa la necessità di fornire agli assistiti prodotti certificati (in disparte la diversa questione, che sarà trattata successivamente, dell’effettiva carenza, o no, in concreto dei requisiti prescritti delle forniture offerte dalla Svas), al di là delle considerazioni economiche, sorreggono il giudizio di prevalenza, rispetto agli antagonisti interessi privati, dell’interesse pubblico a somministrare prodotti provvisti delle caratteristiche qualitative stabilite dall’ordinamento;
l’annullamento, inoltre, fu di certo disposto tempestivamente, atteso che l’aggiudicazione definitiva rimonta al 12 aprile 2012 (peraltro, rettificata il successivo 10 maggio) e che l’intervento in autotutela si perfezionò pochi mesi dopo (ossia il successivo 31 ottobre 2012), all’esito dei necessari ed articolati approfondimenti istruttori;
infine, la Svas riconosce che un risparmio, seppur modesto (sebbene i pochi centesimi di costo in meno debbano, ai fini dell’esatta valutazione del risparmio, esser moltiplicati per il volume delle forniture future), la stazione appaltante ha comunque conseguito e siffatta considerazione concorre a rafforzare la valutazione circa la legittimità dell’annullamento;
d’altronde, stante il non lungo tempo trascorso tra l’aggiudicazione e l’annullamento, e tenuto altresì conto della mancata stipulazione dei contratti con le Aziende di Catania, Siracusa e Messina, la Svas certamente non avrebbe potuto lamentare la lesione di alcun affidamento consolidato.

IV) Con il quarto motivo la Svas ha allegato, esattamente come in primo grado (v. supra ), le circostanze le quali, a suo avviso, avrebbero dovuto condurre il T.A.R. a ritenere illegittimo il provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione, in ragione:

a) dell’intervenuta definizione (in senso pretesamente favorevole all’appellante) di detto procedimento di secondo grado per effetto della nota del RUP, n. 4925, del 21 agosto 2012;

b) dell’avvenuta consumazione dei poteri della Commissione Tecnica, in conseguenza della conclusione della procedura.

La doglianza è manifestamente infondata. Con valutazione esente da censure il T.A.R. ha spiegato le ragioni dell’irrilevanza, ai fini delle difese svolte dalla Svas, della citata nota n. 4295/2012 della quale ha anche riferito il contenuto;
siffatta nota del RUP, nella parte d’interesse, certamente non era interpretabile nel senso di un atto caratterizzato dalla definitività (tanto meno nei prospettati termini di un’archiviazione) che la Svas intenderebbe attribuirle, considerata l’espressa riserva, ivi formulata, delle eventuali differenti valutazioni rimesse all’organo tecnico: ad una lettura obiettiva della suddetta nota, emerge insomma con assoluta evidenza come il RUP si sia pronunciato sui soli aspetti amministrativi, di sua esclusiva competenza, lasciando però impregiudicata la questione dell’idoneità tecnica della documentazione prodotta e delle controdeduzioni formulate dalla Svas.

Sotto altro profilo va osservato che, nonostante l’avvenuta conclusione del procedimento di gara, nulla impediva al RUP di avvalersi a fini consultivi, per l’esame e la soluzione delle criticità relative alla verifica della regolarità di quanto prodotto dalla Svas, delle conoscenze specialistiche della Commissione Tecnica. D’altronde è scevra da vizi logico-giuridici la statuizione (rinvenibile nella sentenza nel contesto della motivazione di rigetto del sesto motivo del ricorso originario) secondo cui l’esercizio del potere di autotutela determina la reviviscenza delle funzioni degli organi ausiliari e, anzi, tale assunto trova anche un riscontro legislativo nel tenore del comma 12 dell’art. 84 del Codice dei contratti pubblici, in base al quale, in caso di rinnovo del procedimento di gara a seguito di annullamento dell'aggiudicazione o di annullamento dell'esclusione di taluno dei concorrenti, è riconvocata la medesima commissione (principio che può essere esteso anche al caso – qui ricorrente – del procedimento preordinato al riesame in autotutela di una precedente aggiudicazione).

I precedenti rilievi consentono anche di respingere, in parte, il successivo sesto mezzo di gravame, incentrato sui medesimi argomenti della carenza di potere della Commissione Tecnica (v. infra ).

V) Con il quinto motivo di appello la Svas critica la decisione gravata nella parte in cui il T.A.R. ha respinto la quinta doglianza del ricorso di primo grado (v. supra ). Con la censura in esame la Svas ribadisce che la stazione appaltante sarebbe incorsa in un eccesso di potere per sviamento, ponendosi alla ricerca di errori nella documentazione prodotta dall’appellante, con un accanimento istruttorio anomalo e instaurando, a suo avviso, un rapporto privilegiato e finanche confidenziale con le imprese controinteressate (precedente fornitrici delle Aziende sanitarie).

Il motivo è manifestamente infondato e, ancor prima, inammissibile: esso difatti si compendia nella ripetizione delle circostanze di fatto che, ad avviso della Svas, costituirebbero la prova di un anomalo accanimento nei suoi confronti. Premesso che il tema oggetto dell’approfondimento istruttorio dell’amministrazione era la sussistenza dei requisiti qualitativi degli ausili offerti dalla Svas (e non dunque un profilo marginale della gara), il Collegio osserva che l’unica critica al giudizio espresso dal Tribunale si rinviene, in sostanza, a pag. 25, in fine, dell’atto di appello, ove è scritto: “… non pare proprio che il tribunale potesse sostenere che fosse sfornita di prova l’affermazione che l’istruttoria fosse stata alimentata dalle irrituali ed illegittime deduzioni, appunto, delle predette concorrenti.” . In disparte l’insufficienza di tale assunto a configurare un valido mezzo di gravame (per difetto di specificità), il Collegio si riporta alle condivisibili motivazioni offerte diffusamente dal Primo Giudice nella sentenza impugnata (v. supra ), con le quali si è, tra l’altro, negato che la Asp abbia in alcun modo limitato le garanzie partecipative della Svas. Condividendo pienamente siffatte motivazioni e, conseguentemente, non ravvisando alcuna illegittimità nella condotta della stazione appaltante (con riferimento alla doglianza in esame), il Collegio è unicamente tenuto a soggiungere di non disporre di elementi utili ai fini dell’eventuale segnalazione (altrimenti doverosa) della vicenda ad altre Autorità giudiziarie in relazione alla consumazione degli illeciti adombrati dall’appellante.

VI) Con il sesto motivo di appello, al netto delle questioni già esaminate (v., supra, le considerazioni che hanno condotto al rigetto del quarto mezzo di gravame), la Svas critica la sentenza impugnata nella parte in cui il T.A.R. non avrebbe colto (riconducendo erroneamente il tema a una mera questione di fatto) e stigmatizzato con l’accoglimento del ricorso in parte qua la pretesa contraddittorietà dell’operato della Commissione tecnica sotto un duplice profilo:

a) per aver manifestato, in un primo momento, l’esigenza di ricevere un supporto legale in ordine alle istanze formulate dalle imprese controinteressate a norma dell’art. 243- bis del Codice dei contratti pubblici e per non aver poi richiesto, tuttavia, alcun parere al Servizio legale, senza peraltro motivare in ordine alle ragioni di tale ripensamento;

b) per non aver la Commissione svolto il compito che le era stato affidato, concludendo invece la sua attività istruttoria con un non liquet (avendo cioè affermato, in asserita violazione delle regole del procedimento, di non essere in grado di esprimere alcun parere).

La censura è manifestamente infondata. Invero, l’aver preannunciato e poi non coltivato la richiesta di un supporto giuridico-amministrativo non configura alcun vizio di illegittimità per contraddittorietà. Diversamente si sarebbe dovuto ritenere qualora la Commissione o il RUP avessero effettivamente ottenuto un avviso legale e poi se ne fossero immotivatamente discostati. Invece, nel caso in esame, deve ritenersi che l’amministrazione abbia soltanto abbandonato, nel corso dell’istruttoria, l’intento di richiedere un parere (mai pervenuto, almeno formalmente) che, a ben vedere, avrebbe soltanto inutilmente aggravato il procedimento atteso che:

a) in virtù dei generali e consolidati principi del diritto amministrativo, la stazione appaltante può, come sopra chiarito, sempre annullare in autotutela (ricorrendone i presupposti) un’aggiudicazione, anche a prescindere dalla ritualità del preavviso di ricorso di cui all’art. 243- bis ;

b) i dubbi da sciogliere attenevano principalmente a una quaestio facti afferendo alla valutazione della sufficienza, di una prova documentale (giudicata carente dalla stazione appaltante) in ordine alla natura e alla metodologia delle verifiche compiute dal sunnominato Laboratorio.

La Svas ha inoltre travisato il senso della statuizione avversata, atteso che il Tribunale ha pure segnalato l’omessa considerazione, da parte dell’odierna appellante, della circostanza che, nel verbale del 14 settembre 2012, la Commissione Tecnica aveva affermato che la documentazione prodotta dalla Svas non risultava esaustiva e che non consentiva di chiarire le incongruenze rilevate: ossia, in altri termini, il Tribunale ha osservato che quello che la Svas reputa un illogico non liquet aveva invece la sostanza di un giudizio negativo (per ritenuta non esaustività della documentazione acquisita), derivante proprio dal preteso inadempimento della Svas alle richieste di chiarimenti formulate dall’amministrazione (si ripete: altra questione – che sarà esaminata nell’ambito dello scrutinio dei successivi motivi, v. infra – è, per contro, quella relativa alla correttezza, o no, di detto giudizio di insufficienza dimostrativa della documentazione e delle spiegazioni offerte dalla Svas).

VII) Con la settima doglianza, che investe la questione al centro del contendere, la Svas si duole del rigetto della corrispondente censura formulata in prime cure e ribadisce la tesi dell’illegittimità del provvedimento di annullamento nella parte in cui esso afferma che sarebbe stato disatteso il metodo di prelevamento dei campioni da sottoporre ad analisi, considerando che fosse stata prodotta 1 sola confezione da 20 pezzi (piuttosto che 3 o 4 confezioni) insufficiente per l 'esecuzione delle prove richieste con la metodologia prima esposta, con la conseguenza che i rapporti di prova nn. 4626, 4627, 4628 e 4629, rilasciati dal Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli, non sarebbero stati conformi alle disposizioni del D.M. n. 332/1999, richiamate espressamente nel capitolato speciale d'appalto.

Secondo l’appellante la sentenza sul punto sarebbe da riformare, in quanto asseritamente errata in diritto e in fatto. In particolare, sulla questione, la Svas ha osservato che:

- il CSA, all'art. 15, in merito alla offerta tecnica, prescriveva che a tale offerta dovessero essere allegati: “3) certificati relativi ai singoli prodotti offerti provenienti da laboratori accreditati presso il SINAL, o da un ente che rientra negli accordi internazionali di mutuo riconoscimento con l'organismo nazionale e compreso degli elenchi dell'E.A. (European cooperation of Accreditation) o dall'ILAC (International Laboratories Accreditation), scelto dal concorrente stesso, contenenti i risultati delle valutazioni dei requisiti funzionali secondo le metodiche 001NMC93, 002NMC93, 003NMC03 ... L'inidoneità dei suddetti prodotti, comprovata dal non raggiungimento dei valori indicati nella sotto indicata griglia, comporta l'esclusione dalla fase successiva della procedura" ;

- pertanto, per l'ammissione alla gara le imprese concorrenti erano unicamente tenute a presentare un certificato relativo ai singoli prodotti offerti, rilasciato da un laboratorio accreditato e scelto dalle stesse partecipanti, attestante - attraverso i risultati delle valutazioni dei requisiti funzionali secondo le previste metodiche - l'idoneità degli stessi per l'impiego nell'ambito del Servizio Sanitario;

- l’art. 4 della L. n. 99/2009, al comma l, prevede che: "... al fine di assicurare la pronta applicazione del capo II del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento dei prodotti e che abroga il regolamento (CEE) n. 339/93, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri interessati, provvede ... con uno o più decreti di natura non regolamentare, alla adozione delle prescrizioni relative alla organizzazione ed al funzionamento dell'unico organismo nazionale autorizzato a svolgere attività di accertamento in conformità alle disposizioni del regolamento comunitario ..." e il Ministero dello sviluppo economico, con un primo decreto del 22 dicembre 2009, designò Accredia - nata dalla fusione di SINAL e SINCERT - quale unico organismo nazionale italiano autorizzato a svolgere attività di accreditamento e vigilanza del mercato;
quindi, con un secondo decreto, sempre del 22 dicembre 2009, dettò le prescrizioni relative all'organizzazione e al funzionamento dell'unico organismo nazionale italiano autorizzato a svolgere attività di accreditamento in conformità al regolamento (CE) n. 765/2008;
in particolare, con tale secondo decreto, si è previsto, all'art. 5, che l'organismo nazionale italiano di accreditamento valuti la competenza a svolgere una specifica attività di valutazione della conformità degli organismi di valutazione che ne fanno domanda e, in caso di esito positivo della valutazione, rilasci un certificato di accreditamento relativo alla specifica attività di valutazione della conformità;

- in attuazione di quest’ultima prescrizione, Accredia avrebbe rilasciato un certificato di accreditamento relativo alla specifica attività di valutazione della conformità dei prodotti per l'incontinenza (pannoloni) a soltanto a 4 laboratori, tra i quali il Laboratorio Chimico Merceologico Azienda Speciale della Camera di Commercio di Napoli;
detti 4 laboratori stipularono un’apposita convenzione di accreditamento con Accredia, stabilendo espressamente, in relazione ai prodotti per l'incontinenza, quale fosse la prova da effettuare e la relativa metodica;

- più in dettaglio, il Laboratorio Chimico Merceologico Azienda Speciale della Camera di Commercio di Napoli è accreditato ad eseguire, sui prodotti/ausili per l'incontinenza, 3 prove (ossia quelle riguardanti la velocità di assorbimento di liquido, la cessione di liquido e la capacità di assorbimento specifica di liquido), con applicazione delle rispettive metodiche 001NMC93, 002NMC93 e 003NMC93 di cui al D.M. 27 settembre 1999, e, quindi, l'emissione, da parte del laboratorio del rapporto di prova con marchio Accredia, costituirebbe certificazione dei risultati delle valutazioni dei requisiti funzionali secondo le ridette metodiche;

- il Regolamento (CE) del 9 luglio 2008, n. 765/2008 dispone, inoltre, al 15° considerato che: "... poiché lo scopo dell' accreditamento è attestare in modo autorevole la competenza di un organismo ad eseguire attività di valutazione della conformità, ... E' dunque opportuno prevedere che gli Stati membri si assicurino che gli organismi nazionali di accreditamento siano considerati, nello svolgimento dei loro compiti, esercitare l'autorità pubblica, indipendentemente dal loro status giuridico." ;

- a tal fine l'art. 3 del D.M. 22 dicembre 2009 prevede, al comma l, lett. b), che l'organismo nazionale italiano di accreditamento si conforma ai principi e alle prescrizioni seguenti: "... è dotato di un modello organizzativo atto a garantire che l'accreditamento, indipendentemente dall'utilizzo su base obbligatoria o volontaria previsto, sia effettuato come attività di interesse pubblico." , sicché i soggetti accreditati, al pari dell'organismo nazionale di accreditamento, emettono "valutazione della conformità" dei prodotti nell'esercizio di funzioni pubbliche;

- da ciò discenderebbe che tali certificati, attestanti i risultati delle valutazioni in applicazione delle metodiche avrebbero valenza di dichiarazione di scienza, redatti da pubblici ufficiali, assistiti da pubblica fede e facenti prova, fino a querela di falso;

- la Svas avrebbe pienamente osservato la suddetta prescrizione, avendo ottenuto le certificazioni rilasciate da parte di uno dei laboratori accreditati in Italia, contenenti i risultati delle valutazioni dei requisiti funzionali secondo le metodiche in discorso, attestanti l'idoneità dei prodotti offerti;
siffatti certificati di prova indicherebbero, difatti, che i prodotti offerti dalla Svas rispettavano i valori indicati con il D.M. 27 settembre 1999, n. 332 e, specificatamente, quelli indicati nelle metodiche surrichiamate e ciò troverebbe piena conferma nel tenore dei rapporti di prova dei 4 prodotti in contestazione, in cui si legge che i medesimi rapporti di prova, ai sensi della L. 13 novembre 1940, n. 1767, hanno valore di certificazione pubblica;

- da tutto quanto sopra osservato conseguirebbe che il T.A.R. avrebbe erroneamente statuito che, sulla base dei rapporti di prova nn. 4626, 4627;
4628 e 4629, non fosse possibile affermare che i test fossero effettivamente avvenuti sul numero di campioni prescritti e in conformità alle metodiche prescritte, poiché tali certificazioni, risultando assistiti da pubblica fede ex art. 2700 c.c., erano idonee a far piena prova, di quanto in essi attestato, fino a querela di falso (Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2011, n. 789 e 18 novembre 2011, n. 6072), con la conseguenza che la stazione appaltante avrebbe, pertanto, illegittimamente annullato, in contrasto con la lex specialis di gara, l'aggiudicazione disposta a favore della Svas;

- ancora, il Tribunale erroneamente non avrebbe ritenuto illegittimo il sindacato, compiuto dalla stazione appaltante, sulle modalità di espletamento delle attività di verificazione sui prodotti, che si sarebbe risolto in un’indebita sostituzione dell’Asp all'organismo nazionale di accreditamento, unico soggetto preposto al controllo a norma dell'art. 5, comma 2, del sunnominato D.M. 22 dicembre 2009;

- a conferma di ciò, la Svas richiama la decisione quadro del Consiglio dell'Unione Europea del 30 novembre 2009 n. 2009/905/GAI che, al punto 11), stabilisce che l'accreditamento è accordato dall'organismo nazionale di accreditamento che ha competenza esclusiva a valutare se un laboratorio soddisfi i criteri stabiliti da norme armonizzate e che l'autorità dell'organismo di accreditamento deriva dalla Stato.

In ordine alla medesima questione, la Svas ha altresì osservato che:

- la stazione appaltante avrebbe illegittimamente annullato in autotutela l'aggiudicazione, ritenendo che la documentazione prodotta dalla Svas non fosse esaustiva in quanto mancante dei dettagli dei risultati delle prove intermedie effettuate dal Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli, poiché la normativa di gara non obbligava i concorrenti a presentare le cd. “prove intermedie" , essendo ovviamente sufficiente la certificazione finale che attesta, sino a querela di falso, la regolarità di tutte le fasi intermedie svolte nell'osservanza della metodica imposta in sede di rilascio dell'accreditamento, così che – in applicazione del principio sulla tassatività delle cause di esclusione, di cui all'art. 46, comma l- bis , del Codice dei contratti pubblici - la stazione appaltante non avrebbe potuto escludere la Svas dalla gara per la mancata produzione di un documento non richiesto dalla lex specialis e comunque del tutto inutile tenuto conto dell'intervenuta presentazione del documento conclusivo sull'esito delle prove;

- inoltre i rapporti di prova presentati certificano che i test sono stati eseguiti in conformità alle metodiche prescritte e che la stazione appaltante ricevette dalla Svas tutta la documentazione necessaria a chiarire ogni eventuale dubbio sul numero dei prodotti sottoposti a test;

- difatti la metodica 001NMC93, per verificare la velocità d’assorbimento dei prodotti assorbenti, prevede che la prova sia eseguita su almeno 12 prodotti assorbenti per ogni tipo/formato che si intende sottoporre al test e che i prodotti vadano prelevati da almeno 4 unità di vendita (stabilendo che formano una unità di vendita i prodotti assorbenti contenuti in una stessa confezione) selezionate con il metodo della casualità;
prescrive altresì che dalle 4 unità di vendita selezionate, siano prelevati, con il metodo della casualità, 12 prodotti assorbenti (ossia 3 prodotti per ogni unità di vendita) con il metodo della casualità (lo stesso è stabilito per le altre metodiche, rispettivamente finalizzate alla determinazione della cessione di liquido e della capacità di assorbimento, con l'unica differenza che la prova va eseguita su almeno 6 prodotti, prelevati da almeno 3 unità di vendita (ossia 2 prodotti per ogni unità di vendita), selezionati con il metodo della casualità;

- i rapporti di prova contestati riportano che il test è stato eseguito su "quantità campione: uno." ;
si tratterebbe, secondo la Svas, delle unità di vendita che, nel numero previsto dalla metodica costituiscono il campione da cui prelevare i prodotti;

- per contro, la stazione appaltante e il T.A.R. avrebbero confuso il campione, quale insieme delle unità di vendita, con il singolo prodotto;
d’altronde, la Svas avrebbe anche sottoposto alla Asp il documento di trasporto del 23 dicembre 2001, n. 2411, con cui si attesta di aver consegnato al Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli per i test, 4 unità di vendita, per ciascun ausilio (si indicano infatti il numero dei prodotti contenuti in ciascun unità e il numero totale dei prodotti;
sicché la semplice divisione tra il numero complessivo dei prodotti e il numero di quelli contenuti in ciascun unità, consentirebbe di ottenere il numero delle unità di vendita che costituiva il cd. “campione”);
ancora, nel preventivo del 19 dicembre 2011, relativo all'esecuzione delle prove su ausili per incontinenza, predisposto dal Laboratorio Chimico Merceologico dell’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Napoli, a fronte della richiesta di verifica di conformità dei prodotti avanzata da Svas, si precisava, in merito alle quantità di confezione occorrenti, che, per ogni campione, dovessero essere presentate 4 confezioni commerciali identiche tra loro;
ancora, il direttore tecnico del Laboratorio, per ben due volte (con le note, prot. n. 591, del 7 agosto 2012 e, prot. n. 618, del 3 settembre 2012, rese anche nella forma della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, con assunzione delle relative responsabilità penali per il caso di dichiarazione mendace), ebbe a chiarire che sui rapporti di prova, alla voce “Quantità Campione”, era indicato il valore 1 ( “uno” ) in quanto ogni campione era composto da 4 confezioni commerciali di vendita prescritti dalle metodiche di riferimento;

- sarebbe viepiù inconferente l'argomento, contenuto nella sentenza appellata, secondo cui l’irregolarità del campionamento risulterebbe dal fatto che i campioni fossero stati prelevati da una confezione di plastica termosaldata, anziché da una "scatola di cartone";
trattandosi di un rilievo mai sollevato né dalla Asp né dalla Commissione Tecnica;
peraltro, come sarebbe evidente dalla lettura dei rapporti di prova, la dicitura "confezione integra termosaldata", descriverebbe le singole confezioni di prodotto e non l'intero campione (composto da 4 confezioni identiche di prodotto) analizzato dal Laboratorio (per ognuna delle tre metodologie di analisi);
la scatola di cartone (indicata nel documento di trasporto del 23 dicembre 2011) sarebbe invece l'involucro con cui la ditta di trasporto ha consegnato al Laboratorio i campioni da analizzare (ognuno dei quali composto da 4 confezioni identiche di prodotto);

- infine, riguardo alla contestazione che non sarebbero state prodotte le cd. “prove intermedie”, il Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli avrebbe rilasciato alla Svas soltanto i rapporti di prova conclusivi aventi valore di certificazione pubblica e, quindi, qualora la stazione appaltante avesse ritenuto necessario acquisire ulteriori documenti inerenti a tali certificati, essendo il Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli un soggetto pubblico, avrebbe dovuto semmai richiederla direttamente allo stesso Laboratorio, non potendo certo un soggetto privato pretendere atti interni istruttori di un soggetto pubblico che abbia rilasciato l'atto conclusivo favorevole;
nessun onere si poteva ritenere dunque sussistente in capo alla Svas, tanto più che alla società erano stati richiesti unicamente i documenti che consentissero la completa tracciabilità del percorso di analisi, senza alcuna ulteriore specificazione, ed essa aveva prodotto tutta la documentazione in suo possesso;
mentre non le furono mai richieste le "prove intermedie" alle quali si accenna nel verbale della Commissione Tecnica del 14 settembre 2012 (e, nelle more del procedimento di autotutela, l'amministrazione differì l'accesso);
era quindi da ritenersi illegittimo l'annullamento dell'aggiudicazione disposto per la mancata produzione di una documentazione di cui l'interessato non aveva (e non avrebbe potuto avere) la disponibilità e che, per di più, mai era stata indicata o richiesta in precedenza all’interessata;

- erroneamente la stazione appaltante avrebbe ritenuto necessario acquisire la documentazione sui risultati delle prove intermedie anche per chiarire definitivamente alcune incongruenze in ordine alla non corrispondenza fra alcuni numeri di lotto dei prodotti da sottoporre ad analisi indicati nel documento di trasporto n. 2411 e i numeri di lotto indicati nei rapporti di prova n. 4627 e 4628, dal momento che l’amministrazione avrebbe potuto direttamente chiedere chiarimenti al Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli quale soggetto pubblico;
in ogni caso nemmeno tale circostanza era stata significata alla Svas prima dell'adozione del provvedimento di annullamento, atteso che né la legge di gara né l'evocata normativa di settore imponevano di indicare sui rapporti di prova i numeri di lotto (numeri di matricola) dei prodotti oggetto di analisi, giacché le certificazioni dei laboratori riguardano i prodotti e non i numeri dei lotti e, dunque, per esse rileva il codice del prodotto analizzato (ossia il tipo di prodotto) e non il numero di lotto dello stesso, con la conseguenza che l'eventuale numero diverso di lotto non è indice di un prodotto diverso;

- pertanto, l’incongruenza (frutto di mero errore materiale) tra il numero di lotto presente su alcuni rapporti di prova e il numero di lotto indicato sulla bolla di consegna del prodotto da analizzare era del tutto irrilevante, attesa la presenza sui detti documenti di un identico codice di prodotto, avendo il Laboratorio analizzato il prodotto identificato dal relativo codice e non dal numero di lotto;
d’altra parte, l'irrilevanza del numero di lotto sarebbe confermata dalla circostanza che lo stesso non è presente nei rapporti di prova delle altre imprese concorrenti;

- peraltro, né la stazione appaltante con l'atto di annullamento in autotutela né il Tribunale con la sentenza appellata sono giunti alla conclusione che i prodotti offerti dalla Svas fossero privi dei requisiti prescritti, essendosi limitata la prima a sostenere e a condividere il secondo, che i certificati di conformità prodotti non fossero attendibili e, dunque, vertendo la questione su un punto di fatto (come riconosciuto anche dal Tribunale), il T.A.R. – coerentemente - avrebbe dovuto attivare i poteri istruttori di verificazione per accertare la circostanza ritenuta non del tutto chiara, con la conseguenza che la sentenza appellata sarebbe anche errata per aver il Tribunale omesso ogni forma di attività istruttoria sul punto.

Dell’articolata censura sopra riferita, sia l’A sia l’Asp hanno eccepito la parziale inammissibilità per violazione dello ius novorum , deducendo che in primo grado la Svas non ebbe mai a dedurre il motivo dell’efficacia fino a querela di falso delle certificazioni contestate, in quanto atti pubblici a norma dell’art. 2700 c.c.

Sul merito della censura l’A ha osservato che l’annullamento dell’aggiudicazione è scaturito dalla considerazione dell’omessa offerta, da parte della Svas, di giustificazioni su due punti essenziali, ossia:

1) l’effettivo rispetto delle metodiche valutative degli ausili per incontinenti, laddove dette metodiche prescrivono di sottoporre a test un certo numero di campioni;

2) la non corrispondenza tra i numeri di lotto dei prodotti inviati dalla Svas al Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli e i numeri di lotto indicati nei documenti di trasporto. Sul primo aspetto l’A ha dedotto che dai rapporti di prova prodotti dalla Svas si evincerebbe come, per ogni tipologia di prodotto, fosse stato sottoposto a test un solo campione prelevato da un’unica confezione di vendita e, quindi, in numero inferiore a quello stabilito dalle predette metodiche;
deduce altresì che l’accreditamento non esclude la possibilità che il soggetto accreditato non rispetti le regole tecniche. Sul secondo profilo rileva che la Commissione Tecnica aveva effettivamente richiesto alla Svas di fornire documentazione idonea a ricostruire la completa tracciabilità del percorso di analisi, ivi incluse pertanto le prove intermedie. L’A conclude, infine, affermando che la stazione appaltante aveva richiesto i chiarimenti al fine di “soccorrere” la Svas e non per aggravarne la posizione e che, del resto, la Svas, in altre occasioni, non aveva avuto alcuna difficoltà a produrre la medesima documentazione richiesta.

Anche l’Asp ha svolto, sul merito del motivo, deduzioni difensive analoghe (a quelle dell’A) e ha soggiunto di non aver disatteso alcun onere di richiedere chiarimenti al Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli nell’ambito del sub-procedimento istruttorio avente ad oggetto il “soccorso” in favore della Svas.

Tanto premesso, il Collegio ritiene necessario precisare in via preliminare che:

- la procedura in contestazione soggiace all’applicazione del principio della tassatività della cause di esclusione scolpito dall’art. 46, comma 1- bis , del Codice degli appalti, in quanto siffatta disposizione risulta ad essa applicabile ratione temporis , anche tenendo conto del termine di decorrenza della vigenza della suddetta disposizione in Sicilia per effetto della L.R. n. 12/2011, atteso che la pubblicazione della normativa di gara risale ai mesi di novembre e dicembre 2011 e che, nella normativa di gara, non si accenna né si motiva sull’esercizio dell’eventuale opzione per l’applicazione della disciplina previgente, come pure avrebbe consentito l’art. 31 della citata L.R. n. 12/2011;

- va poi sgombrato il campo dalla questione relativa alla registrazione, presso il Ministero della salute, dei dispositivi “mutandine a rete” nn. 62935/R, 62936/R e 52877/R, dal momento che il provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione, della cui legittimità si controverte, non poggia su tale circostanza;

- non si può inoltre tener conto, ai fini del decidere, degli ultimi documenti prodotti dalla Svas in violazione del divieto dei nova in appello, non ricorrendo alcuna delle ipotesi eccezionali di deroga al divieto di cui all’art. 104, comma 2, c.p.a.

Tanto precisato, occorre accordare priorità logico-giuridica all’esame della questione di parziale inammissibilità della doglianza sollevata dall’A e dall’Asp. Al riguardo il Collegio, pur ravvisando tale inammissibilità parziale e reputando del tutto irrilevante l’insistenza della Svas sull’avvenuto accreditamento (posto che l’accreditamento di per sé non assicura che l’accreditato si attenga alle regole tecniche stabilite per le varie metodiche né preclude il sindacato giurisdizionale sul punto), ritiene comunque infondata la lagnanza della Svas. Ed invero, nella fattispecie, non si controverte della veridicità, o no, di quanto attestato dal Laboratorio Chimico Merceologico di Napoli nei rapporti di prova summenzionati (unica questione che, anche a voler idealmente aderire alle prospettazioni della Svas, imporrebbe la proposizione della querela di falso);
piuttosto il contenzioso verte tutto sull’interpretazione di quanto attestato, ossia attiene all’esegesi del concetto di “campione” utilizzato nei suddetti rapporti o, in altre parole, riguarda la verifica dell’oggetto delle metodiche di analisi compiute dal Laboratorio sunnominato, ossia se esse avessero riguardato, o no, rispettivamente 4 distinte confezioni e 12 prodotti singoli (per una metodica) oppure 2 confezioni e 6 prodotti (per le altre due metodiche).

Sul punto i rapporti nulla attestano e, dunque, nemmeno si pone il problema di un’eventuale proposizione di una querela di falso. Viepiù va segnalato ad abundantiam che in tutti i rapporti ricorre la dizione “Prova non accreditata da Accredia” (ancorché il responsabile del Laboratorio abbia offerto una spiegazione di detta indicazione coerente con le tesi patrocinate dalla Svas).

L’intero impianto argomentativo che sorregge, sotto questo profilo, le difese svolte dall’appellante risulta, pertanto, assai fragile e non convincente.

Tanto chiarito, il Collegio ritiene che la soluzione del dubbio debba dunque trovare soluzione ricorrendo ai normali strumenti di accertamento dei quali può disporre d’ufficio il giudice amministrativo e, dunque, correttamente il Tribunale ha sostenuto che la relativa problematica investa una quaestio facti , con conseguente irrilevanza, anche sotto questo profilo, delle diffuse argomentazioni della Svas dirette a ricostruire il quadro giuridico entro il quale collocare il tema della natura e dell’efficacia delle certificazioni controverse.

Il punto di fatto nemmeno può, peraltro, risolversi tramite la valorizzazione delle dichiarazioni sostitutive rese dal titolare del Laboratorio, giacché di esse non può tenersi conto, costituendo le medesime una prova atipica inammissibile in concreto in ragione della circostanza, segnalata testé, che dette dichiarazioni non rientrano nel perimetro delle attestazioni aventi efficacia di prova legale e perché consistenti in una forma surrettizia di testimonianza e, quindi, come tali elusive della specifica disciplina processuale del corrispondente mezzo di prova (tipico), attualmente prevista dall’art. 63, comma 3, c.p.a. (si segnala, incidentalmente, che il ricorso di primo grado fu introdotto dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice del processo amministrativo) che la Svas avrebbe avuto l’onere, esclusivo, stante il chiaro divieto normativo di un intervento d’ufficio del giudicante, di richiedere in primo grado (ma così non è stato).

Nonostante le precedenti considerazioni il Collegio ritiene di non poter confermare in parte qua la sentenza gravata. Difatti, sebbene nei rapporti di prova non sia stata fatta menzione della esatta consistenza (in termini di numero di confezioni) dei campioni esaminati dal suddetto Laboratorio, sussistono nondimeno indizi gravi, precisi e concordanti della circostanza che le prove in discorso siano state effettuate dal Laboratorio in piena conformità a quanto prescritto dalle relative metodiche. Ed invero, tali indizi possono trarsi dai seguenti elementi:

- nel preventivo del Laboratorio del 19 dicembre 2011 risulta specificato che: “In merito alle quantità di confezione occorrenti, si precisa che per “1 Campione” dovranno essere presentate 4 (quattro) confezioni commerciali identiche tra loro” ;

- in base a tale precisazione la Svas avrebbe dovuto inviare al Laboratorio 4 confezioni per ognuno dei 4 prodotti sottoposti a test e, difatti, nel modulo di accettazione (del 23 dicembre 2011) dei campioni della Svas si trova scritto che i campioni da analizzare furono 4 e che 4 erano le confezioni per ciascuna referenza;

- dal documento di trasporto del 23 dicembre 2011, più volte citato, emerge, per l’appunto, il rispetto di detta richiesta del Laboratorio, atteso che risultano inviati 120 pezzi del pannolone rettangolare (con confezione da 30 pezzi ciascuna), ossia 4 confezioni commerciali, e 80 pezzi per ognuno degli altri prodotti (con confezioni da 20 pezzi cadauna), cioè, ancora, 4 confezioni commerciali e appare quanto meno controintuitivo ipotizzare che la Svas abbia potuto preordinare la redazione di un “falso” documento di trasporto al fine di poter sottrarre, successivamente, i propri prodotti al controllo da effettuare in applicazione delle metodiche di prova (anche a voler prescindere dalla mancanza di qualunque elemento a supporto di una ricostruzione del genere) e il tutto, si badi bene, postulando finanche il concorso all’uopo del personale del Laboratorio che avrebbe dovuto redigere un conforme modulo di accettazione di campioni.

Al cospetto del quadro indiziario appena descritto, non vale invocare le difformità nell’indicazione dei lotti sui rapporti di prova e sul documento di trasporto (difformità consistite nell’aver assegnato ai pannoloni sagomati “Super” e “Plus” lo stesso numero di lotto che, nel documento di trasporto, era attribuito al solo “Super” e al sagomato “Extra” quello del sagomato “Plus”), non soltanto perché si tratta all’evidenza di un mero errore materiale, ma soprattutto perché le descritte difformità non appaiono rilevanti in considerazione della non contestazione degli altri dati identificativi dei prodotti, peraltro compiutamente descritti nei rapporti di prova onde scongiurare qualunque rischio di confusione.

Muovendo dai precedenti rilievi in punto di fatto, il Collegio ritiene dunque che, diversamente da quanto opinato dalla stazione appaltante, la Svas avesse fornito all’Asp sufficienti elementi per ritenere attendibili i rapporti di prova e che, conseguentemente, la società appellante non fosse tenuta a produrre null’altro e non certamente le cd. “prove intermedie” delle metodiche seguite. Quest’ultima considerazione introduce invero l’altra, dirimente, osservazione in diritto incentrata sul fatto che la produzione di dette “prove intermedie” e della documentazione relativa alla “tracciabilità del percorso di analisi” non era prescritta dal CSA e, dunque, l’omessa produzione di siffatti documenti – non nella disponibilità della Svas – mai avrebbe potuto legittimare, alla stregua del principio della tassatività della cause di esclusione, l’adozione di un provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione, come quello impugnato, che, a ben vedere, si è tradotto in una postuma e illegittima integrazione della lex specialis di gara con riguardo, per l’appunto, alle cause di esclusione. D’altra parte, essendo il ridetto Laboratorio un azienda speciale (o comunque una struttura tecnica) della C.C.I.A.A. di Napoli veramente non è dato comprendere la ragione per la quale la stazione appaltante, invece, di insistere nel pretendere dalla Svas l’esibizione di documentazione che quest’ultima aveva affermato di non possedere, non abbia rivolto direttamente tale richiesta al Laboratorio (o alla C.C.I.A.A.), come sarebbe stato certamente consentito qualora la Asp avesse inteso definitivamente sincerarsi, ove ritenuto indispensabile, dell’attendibilità di documenti provenienti da altre amministrazioni (o loro strutture serventi o vigilate).

Il motivo quindi è fondato e, in riforma della sentenza gravata, deve disporsi, in accoglimento dell’originaria impugnativa, l’annullamento dell’atto impugnato in prime cure.

VIII) Con l'ottavo motivo di appello la Svas ha contestato la richiesta di ribasso delle offerte rivolta dalla Asp alle imprese controinteressate, deducendone l’illegittimità perché formulata allorquando le altre concorrenti erano già a conoscenza dell'offerta della Svas e, peraltro, senza alcuna verifica della sostenibilità economica delle offerte migliorative così illegittimamente presentate. In particolare, la Svas contesta la statuizione con la quale il Tribunale ha dichiarato inammissibile la censura di primo grado, in quanto, a seguito del legittimo annullamento dell'aggiudicazione, la Svas, risultando estranea all'ulteriore percorso procedimentale, non avrebbe nutrito alcun reale interesse a contestare le migliorie dell'offerta economica formulata dalle imprese subentranti. La Svas ritiene, per contro, di esser titolare di un interesse tutelabile a proporre la relativa doglianza.

Il motivo di appello è da respingere in ragione della sua manifesta inammissibilità, giacché – qualunque fosse stato l’esito del presente processo – comunque la Svas sarebbe stata (ed è) all’evidenza priva di qualunque interesse a coltivare l’impugnativa in parte qua , atteso che, per effetto dell’annullamento in via giurisdizionale dell’atto di ritiro dell’aggiudicazione (come avvenuto in secondo grado, in forza dell’accoglimento del settimo mezzo di gravame poco sopra esaminato), si è determinata per ciò solo, stante l’effetto espansivo cd. “esterno” della pronuncia (v. l’art. 336, terzo comma, c.p.c.), anche la conseguenza dell’automatica caducazione degli atti successivi del procedimento di gara in contestazione, aventi nell’atto annullato il loro presupposto;
qualora, invece, l’atto impugnato non fosse stato annullato, allora si sarebbe dovuto confermare il ragionamento decisorio che condusse il T.A.R. alla riferita declaratoria di inammissibilità.

IX) Considerazioni analoghe a quella appena svolte conducono a ritenere superfluo (e dunque a reputare insussistente in capo alla Svas il relativo interesse alla coltivazione) anche l’ultimo motivo di appello, con il quale la Svas ha riproposto la domanda di declaratoria della nullità o di inefficacia o di caducazione dei contratti eventualmente e conseguentemente stipulati per l'affidamento della fornitura, per cui è controversia, dall’A, dalla Sile s.p.a. e dalla Santex, in relazione ai lotti nn. l, 2 e 5: difatti, in conseguenza dell’accoglimento del settimo motivo di appello, si è prodotto automaticamente l’effetto di caducazione (qualora i predetti contratti fossero stati già conclusi) del quale si è dato sopra conto e sarà pertanto preciso dovere dell’amministrazione appellata dare attuazione a tale effetto in sede di ottemperanza, spontanea o giudiziale, alla presente sentenza. La pronuncia richiesta dalla Svas è, per contro, preclusa a questo Giudice, atteso che l’art. 122 c.p.a., norma di stretta interpretazione, circoscrive l’esercizio della potestà giurisdizionale di dichiarare inefficace il contratto al solo caso in cui il giudice amministrativo abbia conosciuto dell’aggiudicazione definitiva, annullandola;
questo, tuttavia, non è l’ipotesi che ricorre nel presente giudizio (che ha invece ad oggetto l’annullamento di un atto di ritiro dell’originaria aggiudicazione).

9. - Alla stregua di tutto quanto sopra osservato e considerato, il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione.

10. – Delle spese processuali del doppio grado del giudizio, incluse quelle della fase cautelare in appello, può disporsi l’integrale compensazione tra le parti, in ragione della complessità delle questioni trattate.

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