CGARS, sez. I, sentenza 2021-09-20, n. 202100807
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 20/09/2021
N. 00807/2021REG.PROV.COLL.
N. 00676/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 676 del 2020, proposto dal Consorzio Agrario Interprovinciale di Catania e Messina in liquidazione coatta amministrativa, con autorizzazione all’esercizio provvisorio, in persona del commissario liquidatore e legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. A S, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;
contro
avv.ti A P e S P, rappresentati e difesi dagli avvocati H B e V V, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;
nei confronti
Regione Siciliana - Assessorato Regionale Agricoltura Sviluppo Rurale e Pesca Mediterranea, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;
Regione Siciliana-Serv. I Vigilanza Consorzi di Bonifica, Consorzi Agrari, in persona del Dirigente pro tempore , non costituito in giudizio;
per la revocazione
Visti il ricorso in revocazione e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio degli avvocati A P e S P e della Regione Siciliana - Assessorato Regionale Agricoltura Sviluppo Rurale e Pesca Mediterranea;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 luglio 2021, svoltasi in collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020, il consigliere Giovanni Ardizzone;
Vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione, presentata dall’Avvocatura dello Stato con nota di carattere generale a firma dell’Avvocato distrettuale del 2 febbraio 2021;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Gli originari ricorrenti, avv.ti A P e S P, con istanza del 30 maggio 2018, indirizzata all’Assessorato regionale agricoltura sviluppo rurale e pesca mediterranea, hanno chiesto la revoca dell’esercizio provvisorio dell’attività di impresa del Consorzio agrario interprovinciale di Catania e Messina, nonché la revoca del commissario liquidatore pro tempore;
- premettevano di essere creditori nei confronti del citato Consorzio e che il commissario liquidatore avesse reiteratamente violato la par condicio creditorum.
Pertanto adivano il T.a.r. per la Sicilia, sez. staccata di Catania, chiedendo l’accertamento dell’illegittimità del silenzio della P.A.
Il T.a.r. con sentenza n. 2467/2019 ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile per difetto di giurisdizione e in parte inammissibile per difetto dei presupposti per l’esercizio dell’azione avverso il silenzio.
2. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, in riforma della citata sentenza citata di primo grado, con la sentenza n. 323/2020, ritenuta propria la giurisdizione, ha affermato l’illegittimità del silenzio inadempimento e ordinato all’Autorità di vigilanza di provvedere in ordine alla diffida del 30 maggio 2018 nel termine di giorni 60 dalla relativa comunicazione.
3. Il Consorzio agrario interprovinciale Catania –Messina (d’ora in poi solo consorzio), avverso tale sentenza del Giudice di appello, ha proposto ricorso per revocazione, che riguarda il capo di sentenza relativa all’accoglimento dell’appello nella parte in cui afferma la illegittimità del silenzio inadempimento e ordina all’Autorità di vigilanza di provvedere.
Il ricorrente, infatti, con particolare riferimento all’incidentale domanda cautelare, respinta con ordinanza di questo Consiglio n. 669 del 17 settembre 2020, aveva evidenziato di avere depositato un parallelo ricorso per Cassazione per motivi attinenti la giurisdizione.
3.1. Il ricorso per revocazione è fondato sulle seguenti doglianze:
a) «errata percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio;assunzione della decisione sulla base di un inesistente presupposto fattuale;assenza di prova documentale»;
b) «immediata rilevabilità dell’elemento di fatto mancante e relativo ad un punto non controverso;contraddittorietà della motivazione»;
c) «situazione di fatto non rappresentata in giudizio ed erroneamente percepita come idonea a costituire elemento decisivo delle decisone oggetto della domanda di revocazione;esistenza del rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia impugnata».
Il Consorzio, ricorrente per revocazione, sostiene che la sentenza sia errata poiché il Giudice di prime cure ha accertato la violazione di legge applicando l’art. 9 della legge n. 99/2009 che prevede la revoca del commissario liquidatore che non assicura la conclusione della procedura di liquidazione coatta entro il termine prestabilito. Sostiene che gli originari ricorrenti non avevano sollecitata una revoca sanzionatoria: la causa petendi , cioè l’effettiva posizione giuridica sarebbe stata il diritto di credito di € 350.000,00 da loro vantato nei confronti del medesimo Consorzio. L’obbligo giuridico di provvedere è stato prospettato in ricorso ex art. 117 c.p.a., al fine di ottenere il pagamento del vantato credito, «giammai per inquadrare una sorta di vincolo dell’azione dell’Autorità di vigilanza nei confronti del Commissario liquidatore» . Ritiene, altresì, che «contravvenendo al principio del tantum devolutum quantum appellatum, la valutazione nuova compiuta dal Cga per cui la procedura di l.c.a. del Cai Catania-Messina è retta dalla legge n. 99/2009 è stato l’elemento determinante della decisione assunta - ed oggi sottoposta a richiesta di revocazione – essendo evidente che solo in base ai contenuti di detta norma ex art. 9 cit. legge è stato trovato il modo di costruire un vincolo di revoca neppure ipotizzato in primo grado dagli avv.ti P». Il Giudice di appello, in fase di disamina del fascicolo di causa, avrebbe dovuto dare prova di avere riscontrato le irregolarità costituenti il presupposto per l’applicazione dell’art. 9 della l. n. 99/2009. Avrebbe avuto l’obbligo, altresì, di indicare esattamente i dati della persistente inattività riscontrati, mentre le irregolarità rimangono solamente ipotizzate. Il Giudice di appello sarebbe approdato alla sua determinazione «attraverso una errata percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio».