CGARS, sez. I, sentenza 2024-03-08, n. 202400186
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Testo completo
Pubblicato il 08/03/2024
N. 00186/2024REG.PROV.COLL.
N. 00768/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 768 del 2020, proposto dalla società
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato S D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Siciliana - Dipartimento ambiente, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato domiciliataria per legge in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;
per la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) n. 02880/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Siciliana - Dipartimento ambiente;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2023 il Cons. Antonino Caleca;
Nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società -OMISSIS- impugnava con il ricorso introduttivo:
a) la nota n. 42111 datata 3 luglio 2018, con cui l’Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, Dipartimento regionale dell'ambiente, non convalidava la richiesta di subingresso e di proroga della concessione demaniale marittima assentita alla dante causa della ricorrente, -OMISSIS-.;
b) la nota n. 84853 del 7 dicembre 2017 con cui l'Ufficio territoriale ambiente, sul presupposto che la società non avrebbe prodotto i documenti richiesti e versato gli importi dovuti a titolo di canoni concessori, comunicava l’avvio del procedimento finalizzato alla revoca della nota n. 31973 del 13 maggio 2016 relativa alla richiesta di subingresso e proroga della concessione demaniale marittima n. 33/2004.
Con ricorso per motivi aggiunti l’appellante impugnava inoltre la nota n. 33380 adottata in data 17 maggio 2019, con cui l'Ufficio Territoriale Ambiente ingiungeva alla società lo sgombero dell'area demaniale dalla stessa occupata, in ragione dei primi provvedimenti adottati.
2. L’amministrazione riteneva di adottare gli atti impugnati in ragione dell’assunto che la ditta non aveva prodotto né la documentazione relativa al pagamento dei canoni concessori per gli anni 2015, 2016 e 2017 (oltre il dovuto conguaglio), né la documentazione relativa all'aggiornamento della pratica di subingresso, né la prescritta polizza fideiussoria con copertura sino al 31 dicembre 2020, come peraltro richiestole con atti formali.
3. Nel provvedimento che conclude il procedimento del 2018 impugnato in via principale si legge, infatti:
“Considerato la verifica negativa da parte dello scrivente Ufficio poiché la Ditta -OMISSIS-, contrariamente a quanto dichiarato con note prot. N. 74642 del 24.10.2017 e prot. N. 86976 del 19.12.2017, non ha prodotto la documentazione con i pagamenti dei canoni concessori degli anni 2015, 2016 e anno 2017 e relativo conguaglio, per gli anni precedenti, nonché la presentazione della documentazione necessaria relativa all'aggiornamento della pratica e del contestuale subingresso, nè tantomeno la polizza fidejussoria di copertura fino al 31.12.2020.
Poiché tali obblighi non sono stati rispettati e considerato che l'inadempienza costituisce Motivo di decadenza, si ritiene per quanto sopra che il, subingresso e la proroga della C.D.M. -n° 33/2004 di mq.500,00 di area Demaniale Marittima per alaggio e varo imbarcazioni nella porzione di -OMISSIS- nel Comune di -OMISSIS-, non sono stati finalizzati e convalidati dallo scrivente Ufficio”.
3.1. Sulla scorta del citato provvedimento veniva, successivamente, emessa l’ordinanza di sgombero impugnata con i motivi aggiunti.
4. Nell’adire il competente T.A.R. l’appellante sosteneva che:
-la documentazione era stata regolarmente prodotta dalla società;
-l'amministrazione avrebbe evidentemente confuso l'istituto del rilascio del titolo concessorio con quello del subingresso nella concessione;
-in ogni caso non sarebbero state rispettate le prescrizioni di cui alla disciplina in materia di decadenza della concessione demaniale;
-gli atti impugnati dovevano considerarsi, altresì, viziati per difetto di istruttoria e difetto di motivazione (anche in relazione al mancato esercizio del soccorso istruttorio).
4.1. Con i motivi aggiunti avverso l’ordinanza di sgombero veniva dedotto che:
-il provvedimento impugnato risultava affetto dai vizi di difetto di motivazione e di difetto di istruttoria, in quanto i pagamenti in contestazione sarebbero stati regolarmente effettuati;
- l'amministrazione non avrebbe osservato la procedura prescritta per l'ipotesi di mancato pagamento dei canoni;
- sussisterebbe, inoltre, il vizio di illegittimità derivata, avuto riguardo alle censure mosse con ii ricorso introduttivo agli atti impugnati con tale gravame.
5. Nel corso del giudizio di primo grado si costituiva l’amministrazione intimata per chiedere la reiezione del ricorso.
6. Il giudice di prime cure, dopo aver disposto una conducente integrazione probatoria, ha dichiarato inammissibile il ricorso per quanto attiene all'impugnazione della nota n. 84853 del 7 dicembre 2017 con cui l'Ufficio territoriale ambiente comunicava l'avvio del procedimento finalizzato alla revoca della nota n. 31973 del 13 maggio 2016 relativa alla richiesta di subingresso e proroga della concessione demaniale marittima n. 33/2004 in ragione della natura endoprocedimentale dell'atto in questione e ha respinto nel resto il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti ritenendoli infondati.
6.1. Il T.A.R., ritenendo ravvisabili nei fatti sopra indicati i reati di cui agli artt. 482 (falsità materiale in certificato amministrativo) e 485 c.p. (contraffazione di una scrittura privata e/o l'alterazione di una scrittura privata vera), ha disposto trasmettersi copia degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina.
7. Ricorre in appello la parte soccombente in primo grado.
Ripercorrendo le argomentazioni difensive già illustrate in primo grado e tenendo conto di presunte favorevoli sopravvenienze maturate in sede penale (viene trascritto il contenuto delle sommarie informazioni testimoniali rese quale persona offesa dalla signora -OMISSIS- e dal fratello della stessa alla polizia giudiziaria in data 15 luglio 2020, rese note al difensore dell’appellante con lettera del 21 luglio 2020, senza che il Collegio possa valutare se, all’epoca della redazione dell’atto di gravame, le persone escusse fossero ancora tenute o meno all’obbligo di non rivelare il contenuto di quanto dichiarato alla P.G.) l’appellante afferma che la sentenza impugnata sarebbe manifestamente ingiusta e meriterebbe perciò di essere integralmente riformata per:
1) aver violato i principi del giusto processo e di equità tra le parti processuali, avallando un’indebita inversione dell’onere della prova in contrasto con l’art. 2697 c.c.;
2) aver ritenuto “falsi” solo sulla scorta delle dichiarazioni rese, peraltro irritualmente, dall’assessorato i documenti che, fino a prova contraria e in assenza di un procedimento di querela di falso o di una pronuncia del Giudice penale, sarebbero invece fidefacenti e non potrebbero perciò essere contestati;
3) non aver effettuato i doverosi approfondimenti istruttori, ove non avesse ritenuto vere le affermazioni dell’amministrazione;
4) aver confuso il procedimento di autorizzazione al subingresso in una concessione già assentita (c.d. richiesta di voltura) con la connessa richiesta di rinnovo.
In diritto, con l’appello si deduce:
- violazione dell’art. 2 c.p.a, dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e dell’art. 41 della CEDU, nonché dei principi di parità delle parti e del giusto processo. A detta di parte appellante, sconfessando quanto emergeva dagli atti di causa, la sentenza si sarebbe limitata a prendere per buono quanto strumentalmente dedotto dall’ente in sede giudiziale, circa il mancato pagamento dei canoni concessori, pur in presenza di quietanze liberatorie che portano timbro e firma della banca presso la quale sono stati eseguiti i pagamenti;
- violazione degli artt. 46, 54 e 55 c.p.a., dei principi del giusto processo e della parità tra le parti in causa – violazione degli artt. 60 e 63 c.p.a.: il Collegio avrebbe erroneamente ritenuto di rinviare per ben due volte la causa, così rimettendo ingiustificatamente in termini l’Amministrazione inadempiente;
-violazione dell’art. 64 c.p.a. e dell’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 77 c.p.a.: il Tribunale avrebbe dovuto fondare il decisum o sulle prove fornite dalla ricorrente, e non anche dalla PA, oppure, al più e in via però residuale, ma senza sopperire o sostituirsi del tutto all’amministrazione nell’assolvimento del proprio onere probatorio, avrebbe dovuto provvedere a integrare l’istruttoria disponendo l’ordine di esibizione di documenti.
Dopo il terzo motivo di appello ora citato, l’appellante ripropone, mediante la mera trascrizione, il ricorso di primo grado e il ricorso per motivi aggiunti.
L’atto di appello prosegue con la reiterazione della richiesta di risarcimento dei danni asseritamente derivanti dall’illegittimo comportamento dell’amministrazione, che avrebbe impiegato un periodo di tempo eccessivamente lungo nell’evadere la richiesta di subingresso e rinnovo della precedente c.d.m.
Per ultimo si chiede di sospendere il presente procedimento in attesa delle risultanze del procedimento penale attualmente pendente dinanzi alla Procura della Repubblica di Messina (-OMISSIS-) che avrebbe a oggetto proprio l’indagine circa la presunta falsità del documento e i soggetti a carico dei quali le condotte considerate penalmente rilevanti andranno eventualmente imputate.