CGARS, sez. I, sentenza 2015-02-27, n. 201500165

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2015-02-27, n. 201500165
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 201500165
Data del deposito : 27 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00352/2014 REG.RIC.

N. 00165/2015REG.PROV.COLL.

N. 00352/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 352 del 2014, proposto da:
Libera Università della Sicilia Centrale Kore di Enna, rappresentata e difesa dall'Avv. Carlo Comande', con domicilio eletto presso Carlo Comande' in Palermo, via Nunzio Morello n. 40;

contro

S V H, rappresentata e difesa dagli Avv. S N e F A, con domicilio eletto presso il secondo, in Palermo, Via Duca della Verdura n.36;

G P, non costituita;

nei confronti di

A A, M C, A G, A M, M M, G N, G O, L P, A S, non costituiti;

Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Palermo, via De Gasperi n. 81;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SICILIA - SEZ. STACCATA DI CATANIA: SEZIONE III n. 02969/2013, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di S V H e di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 novembre 2014 il Cons. A. Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Immordino su delega di Comandè, Di Salvo su delega di Alfano e l’avvocato dello Stato Mango;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Nel 2008 l’Università degli studi di Enna “Kore” ha bandito un concorso per la copertura di un posto di professore ordinario di prima fascia in Sociologia dell’ambiente e del territorio presso la Facoltà di ingegneria e architettura.

All’esito della procedura la commissione ( con 3 voti su 5) dichiarò idonei a pari merito i docenti V H e Paolucci.

Il Rettore però non ha approvato gli atti della commissione rilevando che ai sensi della normativa all’epoca applicabile ( art. 1 comma 2 bis D.L. n. 7 del 2005 più volte prorogato) un solo candidato poteva essere dichiarato idoneo.

Per conseguenza il Rettore - annullata tutta la procedura per irregolarità non sanabile – demandò gli atti ad altra commissione esaminatrice.

I docenti interessati hanno impugnato con separati ricorsi al TAR Catania i provvedimenti del Rettore, rilevando da un lato l’inapplicabilità della normativa ivi invocata alla selezione universitaria in controversia;
dall’altro che in ogni caso l’affare andava rimesso alla medesima commissione perchè questa provvedesse alla individuazione ( tra i due idonei) del candidato più meritevole in assoluto.

Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale – dopo aver acclarato l’applicabilità della norma – ha però accolto nel merito la domanda subordinata.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi all’esame dall’Università la quale ne ha chiesto l’integrale riforma previa sospensione dell’esecutività.

A sostegno dell’impugnazione l’Ateneo ha tra l’altro rilevato che allorchè la commissione ha adottato la decisione finale i commissari hanno espresso ciascuno due voti disgiunti, con un totale di voti espressi di dieci, e dunque non dispari come è invece prassi consolidata nella logica di ogni collegio perfetto.

Si è costituita in resistenza la docente V H, la quale eccepisce l’inammissibilità di una integrazione postuma della motivazione del provvedimento tutorio.

Si è altresì costituito il Ministero dell’Università.

Con ord.za n. 250 del 2014 questo Consiglio ha accolto l’istanza cautelare.

Le Parti hanno depositato memorie e repliche insistendo nelle già rappresentate conclusioni.

All’Udienza del 13 novembre 2014 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato e va pertanto accolto.

Con il primo e centrale motivo di impugnazione l’Università deduce che ha errato il TAR nel disporre in sostanza l’annullamento del solo segmento finale della procedura, affidandone la riedizione alla medesima commissione esaminatrice, risultando tale scelta contraria ai principi di imparzialità e non contraddittorietà che informano le procedure comparative.

Il mezzo merita positiva considerazione.

Preliminarmente deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha accertato l’applicabilità alla selezione per cui è processo della norma contenuta nell’art. 1 comma 2 bis del D.L. n. 7 del 2005 e più volte prorogata, in virtù della quale in sintesi le procedure di valutazione comparativa per la nomina a professore ordinario dovevano concludersi con l’individuazione di un solo idoneo in relazione a ciascun posto bandito.

Essendo il relativo capo coperto da giudicato interno in difetto di gravame incidentale, della questione non può più quindi utilmente discutersi in questa sede.

Sempre in via preliminare va evidenziato che ai fini della soluzione della presente controversia risulta irrilevante a giudizio del Collegio stabilire il grado di colpa che ha viziato l’operato della commissione esaminatrice o la gravità del vizio inficiante la duplice dichiarazione di idoneità, in quanto il punto nodale da decidere riguarda la sussistenza di un profilo obiettivo di incompatibilità del vecchio organo a porre in essere la riedizione della fase schiettamente valutativa della procedura.

Al riguardo il TAR ha ritenuto – applicando il principio di conservazione – che senza pregiudizi la commissione stessa potesse procedere ad una sorta di ballottaggio, individuando tra i due idonei il candidato prevalente.

Questo Collegio ritiene invece che in concreto fosse giuridicamente impraticabile la via di richiedere ad un organo collegiale - già pronunciatosi sulla scorta di una esame approfondito dei rispettivi titoli per la idoneità di due candidati - di scegliere fra essi quello più meritevole e dunque, per così dire, più idoneo dell’altro.

Come è noto, nel settore dei pubblici concorsi non si rinvengono norme specifiche circa la composizione dell’organo deputato ad espletare il rinnovo di una procedura annullata.

Diversa è la situazione nel settore dei pubblici appalti, ove ad esempio si prevede ( art. 84 comma 2 codice) che nel caso di rinnovo del procedimento a seguito di annullamento sia riconvocata la medesima commissione: ma tale normativa, come questo Consiglio ha già chiarito, non è applicabile analogicamente ai pubblici concorsi ( cfr. CGA n. 280 del 2012).

Ciò premesso, una parte della giurisprudenza afferma che quando in sede concorsuale si debba procedere per ordine del giudice ad una nuova valutazione di candidati l’Amministrazione deve sempre affidare l’incarico ad una nuova commissione, affinché sia garantito che il nuovo giudizio si svolga al di fuori di qualunque condizionamento collegabile alla pregressa vicenda concorsuale. ( cfr. V Sez. n. 3882 del 2009).

In tale prospettiva si precisa che la commissione esaminatrice esaurisce il suo compito con la proclamazione dell’esito della procedura concorsuale, con la conseguenza che, allorché si presenti l’esigenza di compiere nuovi atti integrativi o ripetitivi della procedura, può legittimamente procedersi mediante una commissione costituita a quel determinato fine. ( cfr. IV Sez. n. 3985 del 2007).

Secondo altro indirizzo invece deve ritenersi che legittimamente della commissione esaminatrice di un concorso pubblico, reiterato a seguito di annullamento giurisdizionale, facciano parte gli stessi componenti della commissione nel procedimento annullato, qualora non sia stata mossa alcuna censura nei confronti della composizione dell'organo valutativo nel procedimento annullato.

Infatti, la garanzia d'imparzialità richiesta dalla Costituzione scaturisce dalla qualità di pubblici ufficiali dei commissari, i quali, nello svolgimento della loro attività, sono tenuti a operare nel rispetto dei principi dell'ordinamento e sono responsabili di eventuali danni arrecati al candidato o all'amministrazione per la quale operano, mentre nell'ordinamento non è rinvenibile un principio generale per cui a seguito dell'annullamento giurisdizionale di atti si debba procedere, per ciò solo, al mutamento del titolare dell'organo che li abbia adottati al fine della loro rinnovazione. ( cfr. VI Sez. n. 3896 del 2011).

Al riguardo il Collegio – aderendo ad un orientamento per così dire intermedio – ritiene che la scelta circa la necessità di sostituire o no una commissione di concorso a posti di pubblico impiego dopo l'annullamento del procedimento non si fonda sull'applicazione necessaria di un preciso comando legislativo, ma comporta la valutazione discrezionale delle circostanze che hanno portato all'annullamento degli atti, atteso che in tale ipotesi occorre valutare se le stesse evidenzino problemi tali da diminuire l'autorevolezza dell'organo, e quindi dell'Amministrazione alla quale vengono imputati i suoi atti, sotto i differenti profili dell'imparzialità manifestata e della correttezza delle scelte tecniche adottate. ( cfr. VI Sez. n. 3896 del 2011).

Applicando questo criterio orientativo al caso all’esame, deve rilevarsi che la commissione esaminatrice ha formulato una valutazione finale – sulla scorta dei giudizi espressi sia individualmente che collegialmente dai componenti – di positiva equivalenza tra i due candidati ritenuti meritevoli dell’idoneità e che tale valutazione non esibisce vizi intrinseci ma invece contrasta con la regola generale che impone la nomina di un solo idoneo nei concorsi universitari.

In siffatto contesto deve escludersi che il medesimo organo possa in sostanza rinnegare tale valutazione di parità e formulare invece nuovi giudizi individuali in modo da far prevalere uno dei due candidati.

Osta infatti a tale soluzione il principio di buon andamento dell’attività amministrativa, visto che inevitabilmente per individuare il nuovo vincitore la commissione si troverebbe costretta a modificare nel merito la precedente valutazione ed appunto i giudizi ( sia individuali che collegiali) che la supportano, incorrendo così in una patente contraddizione.

In sostanza, come si è detto sopra, sarebbe irragionevole chiedere allo stesso organo che ha motivatamente formulato un determinato giudizio (esente da mende intrinseche) di rinnovarlo con l’obbligo di pervenire ad un diverso risultato: di talchè l’unica soluzione giuridicamente praticabile nel caso all’esame era in effetti quella di demandare il rinnovo delle procedura valutativa ad altra commissione esaminatrice.

Sulla scorta delle considerazioni ora esposte l’appello va quindi accolto, con integrale riforma della sentenza impugnata e rigetto dei ricorsi introduttivi.

Ogni ulteriore questione resta assorbita in quanto irrilevante ai fini del decidere.

Le spese del giudizio sostenute dall’Università sono poste a carico delle originarie ricorrenti nella misura indicata in dispositivo e per il resto sono compensate tra tutte le Parti.

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