CGARS, sez. I, sentenza 2022-11-28, n. 202201223

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2022-11-28, n. 202201223
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202201223
Data del deposito : 28 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/11/2022

N. 01223/2022REG.PROV.COLL.

N. 00099/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 99 del 2022, proposto dalla
signora -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Caltanissetta, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti,

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Caltanissetta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2022 il Cons. Sara Raffaella Molinaro e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



1. La controversia riguarda l’attività di ristorazione e pizzeria e l’immobile nel quale è svolta, sito in Caltanissetta,-OMISSIS-.



2. La proprietaria, signora -OMISSIS-, ha impugnato la nota 20 luglio 2018, con cui il SUAP di Caltanissetta ha ritenuto irricevibile la scia relativa all’attività di ristorazione e pizzeria, trasmessa dalla ricorrente in data 26 giugno 2018.



3. Con determina n. 429 dell’8 novembre 2018 il SUAP ha dichiarato l’inefficacia dell’ulteriore scia, presentata dalla ricorrente in data 13 settembre 2018, in ragione della mancata sottoscrizione della segnalazione, oltre che in considerazione della mancata indicazione del titolo edilizio relativo alle opere di ampliamento del fabbricato presso il quale l’attività sarebbe stata esercitata.



4. Con ordinanza n. 12 del 24 settembre 2018, l’Amministrazione comunale ha disposto, ai sensi dell’art. 10 comma 1 della legge n. 287 del 1991, la chiusura dell’attività di ristorazione esercitata dalla ricorrente.



5. Con motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato la determinazione n. 429 del 2018 e l’ordinanza n. 12 del 2018.



6. La ricorrente ha poi presentato istanza, ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, ai fini della regolarizzazione dell’immobile presso il quale era stata avviata l’attività di ristorazione.



7. Il Comune ha respinto l’istanza con provvedimento 7 febbraio 2019 n. 14555.



8. Con ulteriori motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato il menzionato provvedimento di diniego nonché il consequenziale ordine di demolizione n. 69 del 5 marzo 2019.



9. Il Tar Sicilia – Palermo, con sentenza-OMISSIS-, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti.

10. La signora -OMISSIS- ha appellato la sentenza davanti a questo CGARS con ricorso n. 99 del 2022.

11. Nel corso del giudizio di appello si è costituito il Comune di Caltanissetta.

12. All’udienza del 16 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

13. L’appello non è meritevole di accoglimento.

14. Con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha respinto i secondi motivi aggiunti proposti in primo grado dall’odierna parte appellante asserendo che “ il provvedimento di diniego è stato motivato anche in ragione del mancato rispetto dell’art. 28 delle N.T.A che impone che, in caso di realizzazione di edifici destinati ad attività commerciali, vadano previsti “in fronte alla strada parcheggi pubblici alberati aventi una superficie non inferiore a 80 mq per 100 mq. di superficie lorda di pavimento ”.

Il motivo è così argomentato:

- “ le statuizioni del Giudice di prime cure si scontrano con un evidente dato fattuale rappresentato, per l’appunto, dall’esistenza di parcheggi pubblici lungo la -OMISSIS-, ovverosia la strada antistante l’esercizio commerciale della Sig.ra -OMISSIS- ”;

- dagli elaborati grafici allegati all’istanza di sanatoria si evincerebbe che il fabbricato in questione dispone di una superficie antistante libera da adibire a parcheggio di 973 mq oltre ai parcheggi pubblici esterni a detta proprietà e nella planimetria depositata al Genio Civile in occasione della realizzazione del pergolato l’area di parcheggio sarebbe segnata;

- “ in ogni caso e senza recesso alcuno da quanto sopra esposto, preme rilevare come l’istanza della Ditta -OMISSIS- potesse essere comunque integrata ”.

14.1. Con il secondo motivo l’appellante ha riproposto le ulteriori censure dedotte in primo grado con motivi aggiunti avverso il provvedimento di diniego 7 febbraio 2019 n. 14555, ritenute assorbite dal Tar. Esse riguardano l’esaurimento delle potenzialità edificatorie dei terreni asserviti al fabbricato, la mancanza della distanza di 15 metri dalla strada di piano, la mancanza del lotto minimo e l’assunto secondo il quale il fabbricato ricadrebbe in parte su area destinata a strada pubblica.

14.2. Il Collegio osserva quanto segue.

Le censure attengono tutte al diniego, adottato con provvedimento 7 febbraio 2019 n. 14555, dell’istanza presentata dall’appellante ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, ai fini della regolarizzazione dell’immobile presso il quale è stata avviata l’attività di ristorazione.

Il Comune, con provvedimento 7 febbraio 2019 n. 14555, ha rigettato l’istanza per le seguenti ragioni:

- il fabbricato sviluppa una nuova volumetria che le particelle catastali interessate hanno già esaurito, a seguito del rilascio di precedenti permessi di costruire;

- il fabbricato non rispetta la distanza di metri 15 dal ciglio della strada prevista dal prg;

- la costruzione ricade sulla particella n. 157, la cui superficie è inferiore al lotto minimo di mq. 2.000;

- non sono previsti parcheggi pubblici su fronte strada;

- il fabbricato ricade in parte su area vincolata a strada pubblica.

Il provvedimento impugnato è quindi plurimotivato.

Con motivi aggiunti presentati al Tar detto provvedimento è stato censurato per molteplici profili.

Il Tar ha scrutinato la censura relativa al mancato rispetto dell’art. 28 delle nta, che impone, in caso di realizzazione di edifici destinati ad attività commerciali, vadano previsti “in fronte alla strada, parcheggi pubblici alberati aventi una superficie non inferiore a 80 mq. per ogni 100 mq. di superficie lorda di pavimento” .

Rilevando che il verificatore ha constatato che gli elaborati a corredo dell’istanza di accertamento di conformità non riportano alcuna indicazione in merito al rispetto di tale prescrizione normativa e che nell’area in esame non sono comunque presenti parcheggi pubblici, come previsti dall’art. 28 nta, il giudice di primo grado ha respinto la censura e ritenuto infondati i motivi aggiunti riguardanti il diniego dell’istanza presentata dall’appellante ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001.

Le altre censure dedotte in primo grado con motivi aggiunti sono state riproposte con il secondo motivo d’appello, che si scrutina di seguito al primo.

Il tema è quello di verificare se non sussiste alcuno dei plurimi motivi addotti dall’Amministrazione per denegare l’istanza presentata dall’appellante.

Con riferimento ai singoli motivi di diniego questo CGARS ha disposto un approfondimento istruttorio, demandando l’incarico allo stesso verificatore nominato in primo grado.

14.3. Con riferimento al parcheggio pubblico il verificatore ha rilevato (in primo grado, ribadendo le conclusioni in sede di approfondimento istruttorio davanti a questo CGARS) che:

- “ la superficie lorda del fabbricato destinato ad attività commerciale è di mq. 152,00 per cui una porzione pari a mq. 121,60 del lotto edificatorio avrebbe dovuto essere destinata (e vincolata all’atto del rilascio del permesso di costruire) per la specifica destinazione di “parcheggio pubblico ”,

- “ gli elaborati a corredo dell’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n.380/2001 non riportano alcuna indicazione in merito al rispetto di tale prescrizione normativa ”;

- “ ad oggi, non sono presenti parcheggi pubblici come previsti dall’art.28 N.T.A. ”.

Quanto accertato dal verificatore contiene elementi sufficienti per ritenere infondato il motivo.

Ai sensi dell’art. 28 delle nta del PRG infatti “ In fronte alle strade esistenti o di progetto, aventi sezione trasversale non inferiore a m. 8, è ammessa la realizzazione di edifici destinati ad attività commerciali”, con la precisazione che “Vanno previsti, in fronte alla strada, parcheggi pubblici alberati aventi una superficie non inferiore a 80 mq. per ogni 100 mq. di superficie lorda di pavimento ”.

Il progetto di realizzazione di edifici destinati ad attività commerciali deve quindi contenere la previsione di realizzazione di parcheggi pubblici alberati per la superficie ivi indicata.

Nel caso di specie “ gli elaborati a corredo dell’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n.380/2001 non riportano alcuna indicazione in merito al rispetto di tale prescrizione normativa ” (così il verificatore).

Né è sufficiente a superare il rilievo il richiamo, contenuto nella memoria depositata il 14 ottobre 2022, al documento depositato il 6 ottobre 2022 (“ osservazioni avverso alle conclusioni del verificatore depositate il 25.08.2022 a firma dell’ing. B G ”).

Innanzitutto l’affermazione circa l’avvenuta indicazione dei parcheggi “ negli allegati grafici della comunicazione ex art.lo 9 con cui si è dato inizio alla realizzazione strutturale dell’opera ”, non è supportata dalla prova che l’istanza presentata ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 contenesse una specifica previsione di realizzazione del parcheggio.

Si legge poi nel documento che “ La destinazione di parte dell’area a parcheggi pubblici è di conseguenza già avvenuta durante l’esercizio dell’attività ristorativa ”. Detta considerazione non è funzionale a superare il rilievo atteso che la concessione ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 ha lo scopo di attestare che una situazione edificatoria di fatto corrisponda, sempre che ricorra la doppia conformità. alle prescrizioni edilizie e urbanistiche (all’epoca dell’abuso e al momento della presentazione dell’istanza), così riallineando le due prospettive. Non è quindi di ausilio il richiamo alla situazione di mero fatto, non accompagnate da un’idonea previsione contenuta nell’istanza di concessione in sanatoria.

Peraltro, se è pur vero che la ditta dispone di aree libere sufficienti per essere destinate a parcheggi pubblici, così come accertato dal verificatore, è altrettanto vero che il Comune non ha potuto che pronunciarsi sull’istanza così come presentata.

Innanzitutto il verificatore ha ritenuto che “ Né tantomeno, la previsione del parcheggio avrebbe potuto essere valutata in maniera virtuale o potenziale, considerato che la realizzazione di un parcheggio pubblico alberato in fronte alla strada, sulla cui utilità il sottoscritto non deve esprimersi, comporta l’esecuzione di rilevanti opere edilizie (demolizione di muri di recinzione, pavimentazione, modifica dei marciapiedi esistenti etc.) che, inevitabilmente, devono essere preventivamente autorizzate o legittimate a posteriori ”.

Nei procedimenti ad istanza di parte infatti è quest’ultima a indicare l’oggetto del potere cognitorio dell’Amministrazione, che non può ingerirsi nella volontà del privato così come esplicitata nell’istanza, con la conseguenza che i poteri istruttori possono esplicarsi solo nel perimetro disegnato con la domanda di avvio del procedimento. Quanto a questi ultimi l’Amministrazione ha rappresentato peraltro come nell’occasione dell’incontro tenutosi fra le parti il 21 gennaio 2019 e della relativa produzione documentale l’appellante non abbia sopperito alle mancanze dell’istanza, non potendo pertanto dolersi del difetto di istruttoria (così dalla memoria depositata il 19 febbraio 2022).

La rilevanza del contenuto della domanda nei procedimenti volti a soddisfare un interesse pretensivo si spiega, da un lato, in ragione della tutela dell’istante, atteso che la libertà di azione del cittadino è anche libertà dall’Amministrazione, non potendo essere coartata la volontà del privato, che può essere invece delusa nel caso in cui non rispetti le previsioni di legge. Dall’altro lato essa è funzionale alla tutela del buon andamento dell’Amministrazione, la cui attività è funzionale alla cura di plurimi interessi, pubblici e privati, e impedisce all’Amministrazione di indugiare nella ricerca di una volontà non espressa dall’istante, a spese della cura degli altri (numerosi) interessi alla medesima intestati.

14.4. Il motivo relativo alla mancanza della previsione del parcheggio ai sensi dell’art. 28 delle nta non essendo stato superato dalle censure dell’appellante è idoneo a supportare il provvedimento di diniego impugnato e qui scrutinato.

Tanto sarebbe sufficiente per respingere la domanda demolitoria avverso il provvedimento 7 febbraio 2019 n. 14555, di diniego dell’istanza presentata dall’appellante ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, senza necessità di scrutinare il secondo motivo di appello, rivolto a censurare le ulteriori ragioni poste a fondamento del diniego impugnato con motivi aggiunti davanti al Tar.

Se un provvedimento amministrativo è sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome infatti, a sostenere la legittimità dello stesso è sufficiente che sia fondata anche una sola di esse, con la conseguenza che diventano irrilevanti, per difetto di interesse, le ulteriori censure, dedotte avverso le altre ragioni opposte dalla pubblica autorità.

14.5. Nondimeno non è meritevole di accoglimento neppure l’ulteriore profilo di censura, contenuto nel secondo motivo di appello, con il quale l’appellante ha dedotto l’infondatezza del mancato rispetto del vincolo stradale.

In particolare in primo grado l’appellante, con motivi aggiunti, ha impugnato il diniego di istanza di sanatoria deducendo, con riferimento all’argomentazione riguardante il vincolo per realizzazione di strada pubblica, la qualificazione del medesimo come vincolo espropriativo, decaduto in ragione del superamento del termine quinquennale decorrente dal 2005.

Si premette che è circoscritta alla natura del vincolo di destinazione a strada pubblica la censura qui in esame, atteso che il thema decidendum del secondo grado di giudizio è limitato nel perimetro già oggetto del giudizio di primo grado.

Sul punto con relazione depositata al Tar il verificatore ha attestato che “ il fabbricato ricade in parte, per circa 13,00 mq., su area destinata a strada pubblica secondo le vigenti disposizioni di P.R.G.

La valutazione è stata effettuata da parte del verificatore attraverso “ la sovrapposizione della planimetria catastale con lo stralcio del P.R.G. pubblicato sul portale WebGIS del SITR del Comune di Caltanissetta e con lo stralcio della sovrapposizione di immagine satellitare su mappa catastale consultabile sul sito VisualTAF ”. Il medesimo ha poi controllato come “ Il risultato di tale verifica è pressoché coincidente con la planimetria redatta dall’Ufficio Tecnico Comunale a seguito del sopralluogo effettuato in data 28.11.2018 ”.

A seguito dell’approfondimento istruttorio il verificatore ha confermato la precedente valutazione.

A fronte di quanto sopra non risultano sufficienti i rilievi di parte appellante in ordine al fatto che il verificatore avrebbe dovuto procedere altrimenti, effettuando una misurazione in loco , non essendo stato invece allegata e comprovata in modo specifico l’erroneità della valutazione dal medesimo effettuata.

Detto ciò, secondo l’appellante il vincolo è di natura espropriativa ed “ è decaduto e perciò anche la previsione di PRG non è più sussistente ”, essendo decorso il termine di efficacia dei vincoli espropriativi.

In termini generali, in seguito a Corte cost. 20 maggio 1999, n. 179, “ si è affermato un indirizzo rigoroso e restrittivo in merito all'individuazione dei vincoli espropriativi, nel senso che avrebbero carattere non "espropriativo", ma solo conformativo, e perciò non sarebbero soggetti a decadenza ed all'obbligo dell'indennizzo, tutti i vincoli di inedificabilità imposti dal piano regolatore, a qualsivoglia titolo, per ragioni lato sensu ambientali”, fra i quali “il vincolo di inedificabilità (c.d. di rispetto) a tutela di una strada esistente ” (Cons. St., sez. IV, 28 marzo 2022 n. 2239).

A fronte di detto orientamento parte appellante non ha allegato né fornito elementi per ritenere che detto vincolo possa in concreto essere qualificato come vincolo espropriativo, dal momento che la censura, come anche la perizia di parte, presuppone la qualificazione del vincolo come espropriativo ma non la giustifica se non facendo generico riferimento al fatto che si tratta di strada secondaria non realizzabile da privati.

Tanto basta per ritenere infondata la censura.

Atteso quanto sopra risultano infatti inconferenti le argomentazioni volte a dimostrare che l’intervento edilizio de quo era assentibile in ragione del regime che caratterizza le zone bianche. E ciò in disparte dalla valutazione circa l’annoverabilità dell’area controversa nell’ambito del centro abitato, o meno, di cui all’art. 9 del d.P.R. n. 380 del 2001, con il diverso regime edilizio che le caratterizza, e che presuppone lo scrutinio in concreto sul posizionamento della strada.

Anche rispetto a tale ultimo aspetto l’appellante ha asserito che si tratta di zona di espansione “ovvero al di fuori del centro abitato”, senza allegare e comprovare nulla di più specifico sul punto, a fronte del fatto che l’Amministrazione ha affermato che l’area è “ situata all’interno della perimetrazione del centro edificato ” approvata con delibera di giunta comunale n. 88 del 6 ottobre 2005 ai sensi dell'art. 4 del d. lgs. n. 285 del 1992 n. 285.

Detta circostanza, benché superflua nel caso di specie, non è irrilevante dal momento che il regime di zona bianca è diverso a seconda che trattasi di zona bianca posizionata nel centro abitato o meno.

In base all’art. 9 del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 380, come recepito dall’art. 4 della l.r. n. 16 del 2016, per vincoli scaduti di cui all’art. 9 del d.P.R. n. 327 del 2001 consente, nei centri abitati, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, ristrutturazione edilizia e gli interventi di cui alla lett. f) del comma 1 dell’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 (“ interventi di ristrutturazione urbanistica quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale ”). Al di fuori del centro abitato sono invece possibili “interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro;
in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà”.

Pertanto, la decadenza del vincolo espropriativo, se fa sorgere l'obbligo dell'Ente di provvedere in merito alla nuova destinazione da dare all’area, determina nelle more l’applicazione la disciplina delle cd. zone bianche e non comporta quindi l’acquisizione automatica di una vocazione edificatoria, se non nei limiti sopra indicati.

Se, come ritiene l’Amministrazione con un’argomentazione non adeguatamente contestata da controparte, l’intervento de quo è posto all’interno del centro abitato, esso non può essere considerato un intervento di ristrutturazione: è lo stesso verificatore a considerarlo infatti un “ intervento di nuova costruzione ”, così superando la qualificazione operata da parte appellante in termini di “ ampliamento ” di precedente costruzione, di cui comunque non è comprovata la riconducibilità nella nozione di ristrutturazione urbanistica, in quanto quest’ultima, pur potendo comprendere qualche modifica della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti, si configura “ solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all'organismo preesistente ” (Cons. St., sez. VI, 12 settembre 2022 n. 7899).

Ne deriva che non può essere utilizzata la qualificazione dell’area de quo come zona bianca a sostegno della conformità dell’intervento edilizio alla disciplina di settore e di superamento del vincolo stradale.

Del resto, ai sensi dell’art. 51 delle nta “ I tracciati stradali di progetto indicati nelle cartografie di piano sono da considerare generalmente prescrittivi ”, con possibilità di variazioni planimetriche in fase esecutiva, senza che ciò comporti l'attivazione di procedure di variante urbanistica, variazioni che allo stato non risultano effettuate.

14.6. Deve quindi essere respinto anche il secondo motivo d’appello, assorbita ogni altra censura in esso contenuta, comunque riguardante il provvedimento di diniego 7 febbraio 2019 n. 14555.

Detto provvedimento, plurimotivato, risulta infatti giustificato almeno dalle due ragioni che sono state scrutinate con riferimento al primo e secondo motivo di appello.

Deve quindi essere confermata la statuizione del giudice di primo grado in punto di reiezione della domanda demolitoria del provvedimento 7 febbraio 2019 n. 14555.

15. In ragione di quanto sopra è altresì infondato il terzo motivo di appello, teso a sostenere l’illegittimità del provvedimento demolitorio in via derivata dall’asserita illegittimità del diniego di concessione in sanatoria.

16. Con il quarto motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti riguardanti la nota 20 luglio 2018 (“ irricevibilità della

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