CGARS, sez. I, sentenza 2015-07-21, n. 201500571

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2015-07-21, n. 201500571
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 201500571
Data del deposito : 21 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00808/2014 REG.RIC.

N. 00571/2015REG.PROV.COLL.

N. 00808/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 808 del 2014, proposto da: G L R, rappresentato e difeso dall'avv. S F, con domicilio eletto presso E B in Palermo, Via Houeln. 4;

contro

Comune di Favara, rappresentato e difeso dall'avv. G R, con domicilio eletto presso G R in Palermo, Via M. Stabile n. 241;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SICILIA - PALERMO: SEZIONE III n. 01634/2014, resa tra le parti, concernente espropriazione definitiva per pubblica utilita' di terreni.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Favara;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2015 il Cons. A A e uditi per le parti gli avvocati I. Scardina su delega di S. Falzone e G. Ribaudo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con deliberazione di GM 339/1996 il comune di Favara approvò il progetto per la costruzione di una scuola elementare da edificarsi su terreno di proprietà della dante causa dell’odierno appellante. In sede di dichiarazione di P.U. fu poi stabilito che l’esproprio dovesse essere ultimato entro 5 anni decorrenti dal 30.12.1998.

Con ordinanza sindacale n. 70 del 12/4/1999 il termine di conclusione della procedura ablatoria fu prorogato di 5 anni.

La proprietà ha impugnato la ordinanza di proroga avanti al TAR Palermo il quale con sentenza 4176/2003 ha dichiarato il ricorso irricevibile.

L’interessata ha proposto avverso tale sentenza un appello a questo Consiglio il quale con decisione 1005/2005 lo ha dichiarato improcedibile per rinuncia.

Successivamente, con determinazione dirigenziale 71 del 23.3.2006 ( comunicata con nota 28184 del 1/7/2006) il comune ha infine espropriato il fondo in controversia.

Il provvedimento ablatorio è stato impugnato con ricorso al TAR Palermo dall’odierno appellante il quale ha in sostanza dedotto la violazione dei termini originariamente stabiliti per la conclusione della procedura.

Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha però respinto il gravame, rilevando che con ordinanza comunale 158 del 30.11.2001 ( non impugnata) i termini di conclusione del procedimento erano stati prorogati per un ulteriore quinquennio.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi all’esame dal soccombente che ne chiede l’integrale riforma deducendo due motivi di impugnazione.

Si è costituito il comune di Favara instando per il rigetto dell’appello.

Le Parti hanno depositato memorie insistendo nelle già rappresentate conclusioni.

All’Udienza del 6 maggio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello non è fondato e va pertanto respinto.

Con la prima parte del primo motivo di impugnazione l’appellante sostiene che la ordinanza comunale n. 158/2001 – con la quale fu prorogato il termine per la conclusione della procedura ablatoria – non è stata mai portata a conoscenza della proprietà, che pertanto non avrebbe mai potuto impugnarla nel termine decadenziale.

Il mezzo non può essere favorevolmente scrutinato.

Come infatti ben chiarito dal TAR, tale ordinanza fu prodotta dal comune nel contesto del giudizio civile instaurato dalla dante causa dell’odierno appellante avanti al Tribunale di Agrigento ed è specificamente richiamata nelle comparse di risposta del comune stesso.

Se a ciò si aggiunge che l’ordinanza risulta anche espressamente richiamata – con riferimento alla seconda autorizzazione all’occupazione di urgenza del fondo - nelle premesse del decreto di esproprio impugnato con l’atto introduttivo del presente giudizio, deve concludersi che risulta dimostrata la acquisizione della piena conoscenza del provvedimento in capo alla proprietà, che avrebbe quindi dovuto tempestivamente contestarlo in giudizio.

Come è stato infatti evidenziato dalla giurisprudenza, secondo le regole generali del processo amministrativo la piena conoscenza dell'atto, al fine del decorso del termine di impugnazione, può ben essere acquisita con forme diverse rispetto a quelle divisate dalla normativa procedimentale di riferimento ( cfr. in tema di appalti V Sez. n. 671 del 2015).

Con la seconda parte del primo motivo l’appellante deduce che l’ordinanza in questione è da considerarsi nulla ( e quindi inefficace nei suoi confronti) in quanto non contiene gli elementi essenziali relativi alle date di inizio e conclusione dei lavori.

Il mezzo non è fondato, in quanto i vizi che secondo l’appellante affliggono il provvedimento di proroga ne potrebbero al più comportare l’annullabilità e non la nullità.

Come è stato infatti chiarito, la nullità del provvedimento amministrativo per difetto assoluto di attribuzione prevista dall'art. 21 septies l. 7 agosto 1990 n. 241 va circoscritta ai soli casi di incompetenza assoluta o di cd. carenza di potere in astratto, ossia al caso in cui manchi del tutto una norma che attribuisca all'amministrazione il potere in fatto esercitato e non anche ai casi di cd. carenza di potere in concreto, ossia di potere, pur astrattamente sussistente, esercitato in assenza dei presupposti di legge. ( cfr. IV Sez. n. 676 del 2011).

Infine l’appellante non può sostenere che l’ordinanza sia stata comunque impugnata, rientrando essa tra gli “atti presupposti” gravati con il ricorso introduttivo.

Nel processo amministrativo, infatti, l'individuazione degli atti impugnati deve essere operata non con riferimento alla sola epigrafe, bensì in relazione all'effettiva volontà del ricorrente, quale è desumibile dal tenore complessivo del gravame e dal contenuto delle censure dedotte, sicchè il generico richiamo, nell'epigrafe del ricorso, alla richiesta di annullamento degli atti presupposti, connessi e conseguenti non è sufficiente a radicarne l'impugnazione, in quanto i provvedimenti impugnati devono essere puntualmente inseriti nell'oggetto della domanda ed a questi devono essere direttamente collegate le specifiche censure, perchè solo l'inequivoca indicazione del petitum dell'azione di annullamento consente alle controparti la piena esplicazione del loro diritto di difesa .

Con il secondo motivo l’appellante deduce che non sussistevano i presupposti per la proroga del termine di conclusione del procedimento, non essendo stata rinnovata la originaria dichiarazione di pubblica utilità, ormai scaduta.

Il mezzo è inammissibile in quanto una volta acclarata la omessa impugnazione del provvedimento nel termine decadenziale ed una volta esclusa la sua nullità, il destinatario dello stesso non può contestarne i contenuti costitutivi.

Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va pertanto integralmente respinto, con integrale conferma della sentenza gravata.

Le spese di questo grado del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in via forfettaria nel dispositivo.

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